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LA FOLLIA DELLA GUERRA - Lo straordinario Diario di Alfred Hermann Fried, premio Nobel per la Pace (1911)

By Roberto Fantini August 30, 2017 12535

                                                 

                                                                            “7 agosto 1914

                     Un dolore tremendo mi opprime. La guerra mi pesa come se avessi addosso una pietra da un quintale; è come se tutto ciò che nella vita ha valore fosse stato soffocato. Quando mi sveglio al mattino, mi capita sempre lo stesso: per un istante mi sento bene, ma solo per un istante, poi subentra l’idea della guerra e lo stato di benessere scompare, sostituito da un gran peso psichico. Lo stesso mi succede durante il giorno, quando, leggendo o conversando mi dimentico per qualche minuto della situazione: il pensiero della guerra ritorna subito e mi schiaccia.

Per me il mondo ora è completamente diverso. Non è più come prima, come due settimane fa. Come per un incantesimo tutto appare differente. I monti dinanzi alla mia finestra, il verde dei prati, le ville deliziose, tutto mi si presenta come i resti di una vita da me un tempo vissuta ed ora perduta per sempre. Un criminale deve sentirsi così dopo la condanna. Pensa a un mondo esterno pieno di splendore e felicità, dal quale è escluso. Anch’io mi sento come dietro mura di ferro che mi separano dal passato.

Dal 25 luglio, giorno della rottura delle relazioni diplomatiche fra l’Austria e la Serbia, non riesco più né a lavorare, né a leggere un libro. Mi muovo inquieto su e giù senza combinare niente, leggo i giornali e aspetto il numero successivo dei quotidiani. Non è possibile né concentrarmi per lavorare né riflettere. Mi sento peggio di coloro che passivamente accettano quello che sta succedendo: le famiglie che devono separarsi dai loro cari arruolati, l’economia bloccata. Vedo già quello che sta per accadere, tutta la miseria che genererà la guerra appena cominciata e il tempo infinito che durerà, ben più di un anno. Tutto questo mi divora.”

(pp.37-38)

             Potrebbe, forse, questa pagina con cui si apre il diario di Alfred Hermann Fried (La guerra è follia. Diario di guerra di un pacifista austriaco dal 1914 al 1919, Centro Centro Gandhi Edizioni) risultare già ampiamente sufficiente per entrare in contatto con le dimensioni profonde della sua anima di generoso e sempre coerente pacifista, caratterizzate, in maniera particolarmente pronunciata, da:

-          viscerale empatia nei confronti della sofferenza umana;

-          naturale tendenza a sentirsi moralmente responsabile verso coloro che più sono colpiti dalle sventure;

-          lucidità intellettiva nitida e penetrante;

-          capacità clinica di lettura dei fatti;

-          attitudini intuitive che, in più casi, acquistano il volto della chiaroveggenza.

Scrive Paul Fussell che, benché ogni guerra possa essere definita “ironica”, risultando sempre “peggiore di quel che ci si aspettasse”, la Grande Guerra - senza alcun dubbio - si impone come la più ironica di tutte le precedenti e anche di tutte le successive, perché nessun evento bellico sarebbe stato in grado di arrivare, in modo tanto radicale e sconvolgente, a capovolgere la stessa “idea di Progresso”.

Ma la follia nazional-militarista di inizio secolo, che ha saputo ubriacare intere opinioni pubbliche e anche nutrite e titolate schiere di intellettuali, non è riuscita minimamente ad intossicare le acutissime capacità di analisi di Fried che, come gli altri pochi veri pacifisti dell’epoca, si è costantemente dimostrato perfettamente consapevole dell’immensità del baratro che si stava aprendo sotto le fondamenta stesse della civiltà moderna, nonché delle incalcolabili rovinose conseguenze che ne sarebbero derivate.

Per molti, infatti, la Grande Guerra ha rappresentato un traumatico squarciarsi di “veli di Maya”, tutto un crollare di mitologie beote, un liquefarsi di deliri statolatrici e di nefandezze parolaie farsescamente titanico-superomistiche.

Per uno spirito saggio come Fried, l’unico immenso stupore che non finirà mai di straziarlo scaturirà dal dover constatare, con incommensurabile amarezza, l’oltremodo prolifico generarsi di mostruosità derivanti dal sonno miope ed ottuso della ragione. E alla ragione insistentemente si riferisce in tutte le pagine del suo straordinario diario, sempre animato da una passione etico-civile incrollabile, che lo spinge a lottare con tutte le sue forze per tentare di dimostrare come il dire NO a quella guerra (e così pure a tutte le guerre) non fosse una stolta forma di ingannevole chimericità degna soltanto di ingenue “anime belle”, ma l’unica strada obbligata indicata da un uso corretto del pensiero inteso sia nel senso più raffinatamente e nobilmente ideale, sia nel modo più sanamente e concretamente pragmatico ed utilitaristico. Per lui, è una “vecchia favola” il ritenere che per far cessare le guerre tutti gli uomini dovrebbero “diventare angeli”. I pacifisti, invece, hanno sempre spiegato - dice - che per liberarsi dalla piaga della guerra occorrerebbe semplicemente “essere egoisti intelligenti” (pp.107-8).

Gli utopisti, - scrive - quelli si badi bene più pericolosi, non sono oggi i tecnici della pace, ma coloro che ripetono la frase “guerra perpetua”. Sono questi che hanno causato la presente sventura mondiale, che impediscono che si concluda e che cercano fin d’ora di far ripiombare il mondo in questa disgrazia.”

E proprio appellandosi all’analisi razionale, Fried denuncia, innanzitutto, la rozza quanto perfidamente abile opera di sistematica propaganda bellicista portata avanti dalle forze governative e dal mondo dell’informazione, nonché da buona parte della “migliore” cultura e delle varie gerarchie ecclesiastiche.

Con tutte le forze - annota a questo proposito nell’agosto 1914 - si cerca di presentare ogni atto compiuto dal nemico come folle, perfido e indegno. Si esagera ogni azione del singolo e la si rinfaccia a tutta la nazione cui appartiene. Non contano più niente i contributi culturali di un popolo, tutti dimenticati nel momento in cui gli si può rimproverare un singolo comportamento scorretto.” (p.39)

Dal punto di vista militare ­- scriverà con gelido quanto amaro realismo quasi quattro anni dopo (8 giugno 1918) - la censura è figlia dell’istinto di sopravvivenza. La guerra e il militarismo non potrebbero sopravvivere per tre mesi se venisse abolita la censura. Solo nascondendo la verità su queste istituzioni si permette loro di continuare ad esistere …” (p.146)

Ma già dall’ottobre del ’14, Fried riesce ad individuare e a smascherare con estrema precisione i meccanismi economico-mediatici che riescono ad esercitare un’enorme influenza sull’intera società, ed anche a fare una raffinata lettura psicologica delle dinamiche che vengono innescate e alimentate dalla efficientissima macchina della guerra.

   “Quando sento parlare le persone così piene di odio nei confronti delle altre nazioni, - scrive nel settembre 1914 - penso sempre che è assolutamente necessario penetrare maggiormente nella psicologia dell’odio tra le nazioni. Questo sembra diffondersi meglio laddove mancano le idee. Riempie il vuoto della ragione. (…) Al posto dell’idea subentra la rappresentazione, ma non una rappresentazione oggettiva, bensì quella influenzata dai sentimenti d’odio, che riprende tutti i dettagli riportati dalla stampa o da altri organi della pubblica opinione. Nella mente della maggior parte delle persone si crea così un’immagine spaventosa, infondata e primitiva dell’altra nazione.” (pp.50-1)

Alfred Hermann Fried dimostra, poi, un’intelligenza critica davvero portentosa non soltanto quando mette allo scoperto le trame e le strategie che hanno prodotto il conflitto in corso e nel denunciare le continue mistificazioni, strumentalizzazioni e manipolazioni dell’informazione e delle coscienze ad opera del potere, ma anche nell’intuire, in maniera limpidissima, le conseguenze disastrose del conflitto, sia in seguito al generale abbrutimento morale e alle immense paludi avvelenate di odio rovesciate negli animi delle popolazioni, sia in seguito alla feroce iniquità dei cosiddetti “accordi di pace”. Le sue valutazioni su quanto si delinea nelle fasi conclusive del conflitto e a conflitto concluso sono sempre esatte e calzanti, caratterizzate da una visione storica ariosa, priva di pregiudizi di qualsiasi tipo e rigorosamente ancorata alla realtà dei fatti. La Germania - a suo parere - avrebbe potuto riprendersi soltanto alle seguenti condizioni:

-          restituendo l’Alsazia-Lorena e lasciando ai suoi abitanti il diritto di decidere le loro futuro;

-          abbandonando i territori occupati ad est e riconoscendo il diritto di autodeterminazione al popolo polacco;

-          pagando equi risarcimenti per i delitti commessi;

-          accettando “apertamente il disarmo e l’applicazione del diritto a livello internazionale”;

-          liberandosi dagli Hohenzollern, dagli junker prussiani, dai pantedeschi, dai militari e militaristi fanatici.

Nello stesso tempo, è fermamente convinto che costringere “al disarmo un solo Stato, mentre gli altri restano armati”, sarebbe stata una vera “mostruosità”. (p.168)

La Germania - scrive - sopporterà quest’umiliazione per tutto il tempo che non potrà fare altro che sopportare” (ivi), preparandosi alacremente al momento in cui sarebbe stato possibile liberarsi dalle imposizioni, in modo tale da rivitalizzare i gruppi militari e nazionalisti solo momentaneamente e apparentemente sconfitti.

Le riflessioni di Fried, infine, hanno anche il pregio di risultare di grande utilità per la corretta comprensione di alcuni aspetti cruciali del pensiero pacifista (non soltanto di inizio secolo XX), mettendone in luce la solida portata speculativa, la scientifica attenzione verso la genesi dei fenomeni bellici, l’incisiva potenza demitizzatrice e smascheratrice, l’ intelligente e responsabile consapevolezza della necessità di un sistematico lavoro costruttivo su più piani, mirante, in primissima istanza, al rinnovamento radicale del tessuto culturale degli interi orizzonti mentali e morali delle coscienze individuali e collettive.

   Insomma, con   La guerra è follia siamo di fronte ad un’opera che arricchisce significativamente il già vasto panorama bibliografico relativo alla Prima guerra mondiale, consentendo di entrare in contatto con una delle voci più ferme e cristalline che si siano battute contro lo scatenarsi e lo svolgersi dell’ignobile mattanza, e permettendo di meglio comprendere le intime, autentiche ragioni che animano e sostengono, nella teoria quanto nella prassi, ogni sincera forma di pacifismo.

Non facile, pertanto, riuscire a ringraziare adeguatamente i promotori ed artefici di questa eccellente iniziativa editoriale, primi fra tutti Rocco Altieri, infaticabile direttore del Centro Gandhi di Pisa (editore dei Quaderni Satyagraha**) e Francesco Pistolato, traduttore e curatore puntualissimo e illuminante dell’opera.

Il volume, inoltre, è corredato da tre pregevoli contributi critici:

Rocco Altieri (Gli intellettuali e la guerra);

Raffaello Saffioti (Se vuoi la pace, educa alla pace); Rosario Greco (In ricordo di Thomas Merton, pacifista nonviolento nel centenario della sua nascita: 1915-2015).

 

 

La guerra è follia. Diario di guerra di un pacifista austriaco dal 1914 al 1919

Alfred H. Fried

Curatore:F. Pistolato

Editore:Centro Gandhi

Collana:Quaderni Satyagraha

Anno edizione: 2015

*Paul Fussell, La grande guerra e la memoria moderna, Il Mulino, Imola, 1984.

** GandhiEdizioni è una casa editrice nata per riempire un vuoto presente nell’editoria italiana sui temi della Pace e della nonviolenza.
Nasce in risposta all’appello dell’ONU contenuto nella risoluzione 52/15 del 1997 dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite che aveva proclamato il 2000 “anno internazionale della cultura della pace” e alla risoluzione 53/25, approvata il 10 Novembre 1998 che proclamava per il 2001-2010 il “Decennio Internazionale per una Cultura di Pace e Nonviolenza per i Bambini del Mondo”.
Il Centro Gandhi onlus organizza corsi di formazione, laboratori educativi, convegni di studio in collaborazione con scuole e università.
Accoglie i maggiori studiosi italiani e internazionali dei conflitti e della pace.
Dispone di una biblioteca specialistica con 30 mila volumi, una videoteca e spazi per le arti, la musica, la pittura e il teatro.
E’ specializzata nello studio dei conflitti moderni e dei metodi per la loro trasformazione nonviolenta.
Pubblica una serie di collane: i Quaderni Satyāgraha,
i classici della spiritualità e del pensiero politico, i manuali di formazione.

GandhiEdizioni svolge la sua attività editoriale senza fini commerciali e senza scopo di lucro.

I Quaderni Satyāgraha sono ideati e curati da Rocco Altieri,
già docente di “Teoria e prassi della Nonviolenza” nel corso di laurea di Scienze per la pace dell’Università di Pisa.

http://www.gandhiedizioni.com/page2/files/category-quaderni-satyagraha.html

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Last modified on Wednesday, 30 August 2017 17:00