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LA SITUAZIONE DEI DIRITTI UMANI NEL MONDO: L’ULTIMO RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL

By Roberto Fantini April 06, 2018 8306

                 

Lo scorso anno il nostro mondo è stato immerso nelle crisi e importanti leader ci hanno proposto una visione da incubo di una società accecata da odio e paura. Ciò ha rafforzato coloro che promuovono l’intolleranza ma ha ispirato ancora più persone a chiedere un futuro di maggiore speranza.

                           Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International

     Sono trascorsi, ormai, quasi 70 anni da quel 10 dicembre del 1948, in cui venne presentata al mondo la Dichiarazione Universale dei diritti umani, destinata per tracciare le coordinate programmatiche entro cui una umanità finalmente liberata dal “flagello della guerra” avrebbe dovuto procedere verso orizzonti sempre più luminosi di libertà, tolleranza e fraterno reciproco rispetto.

Ma un esame anche molto sommario dell’ultimo Rapporto annuale di Amnesty International* ci obbliga dolorosamente a constatare che il tempo in cui i diritti umani potranno diventare ingrediente fondamentale e universale delle esistenze di tutti i membri della “famiglia umana” è ancora un tempo immerso in nebbie dense e ostili.

Nel corso dell’intero 2017, infatti, milioni di persone hanno subito gli effetti rovinosi di diffuse politiche di demonizzazione; numerosi conflitti, sistematicamente alimentati da un sempre fiorente mercato delle armi, hanno continuato a mietere innumerevoli civili, fra cui moltissimi minori; la crisi globale dei rifugiati ha continuato ad essere affrontata dai leader dei paesi ricchi con inadeguata sensibilità e con carente spirito di solidarietà civile.

   Nel 2018, tra l’altro, ricorrono anche 20 anni da quando le Nazioni Unite hanno adottato la Dichiarazione dei difensori dei diritti umani, altro importante documento nato per ­ fornire protezione e sostegno a coloro che scelgono di impegnarsi a favore dei diritti umani. Ma ancora oggi, a distanza di due decenni, chi abbraccia il compito di difendere i diritti umani sa benissimo che, molto spesso, dovrà affrontare le più gravi conseguenze, come è accaduto al Premio Nobel Liu Xiaobo, morto in custodia, il 13 luglio del 2017, per cancro al fegato, dopo che le autorità cinesi gli avevano sistematicamente impedito di ottenere i necessari trattamenti medici.

Il bilancio è quanto mai allarmante: nel corso dell’anno, sono centinaia le attiviste e gli attivisti uccisi e sovente le autorità, piuttosto che schierarsi al fianco delle vittime, hanno preferito tentare di ridurre al silenzio i promotori di campagne e i mezzi di informazione indipendenti. In questa vergognosa repressione, la stessa Amnesty International ha subito minacce al suo lavoro in Ungheria, mentre in Turchia ha subito anche lo sconcertante arresto del suo presidente e della direttrice.

       “I governi pensano di poter dichiarare caccia aperta all’attivismo per i diritti umani: possono chiudere quotidiani, sminuire il lavoro dei giudici e incarcerare attivisti ma noi rifiutiamo di rimanere in silenzio. Se il leggendario attivista cinese Liu Xiaobo ci ha insegnato qualcosa è che dobbiamo dire la verità in faccia al potere proprio quando pare impossibile farlo”, ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International.

La tambureggiante e onnipervadente retorica della sicurezza nazionale e della lotta al terrorismo ha poi continuato ad offrire a molti governi una nobilitante giustificazione per una pericolosa erosione della sfera delle libertà personali, scivolando inesorabilmente verso una condizione caratterizzata dalla presenza di misure sempre più aggressive nei confronti dei diritti delle persone.

Ma il Rapporto di Amnesty International non si limita a fotografare i tanti aspetti inquietanti e drammatici di un mondo ancora imbevuto di pensieri deliranti e di atti di inimmaginabile violenza. Intende anche esortarci a rifiutare di abbandonarci alla rassegnazione e a incoraggiarci a non smettere di costruire una cultura della solidarietà in grado di affrontare le innumerevoli sfide dei nostri tempi e capace di porre a fondamento di qualsivoglia decisione e prassi politiche i valori fondamentali dell’uguaglianza dei diritti e della inviolabilità della dignità di ciascun individuo, indipendentemente da ogni possibile tipo di differenza reale e presunta. Intende invitarci anche a migliorare il nostro livello di generosità, a offrire alle frustrazioni, alle paure e alla rabbia sociale risposte costruttive, non improntate al rifiuto e all’esclusione ed inneggianti a nuovi muri, ma ad una rinnovata e ampliata capacità di dialogo e di empatica collaborazione.

Quest’anno - ha dichiarato Antonio Marchesi, Presidente di Amnesty Italia - la prima chiave di lettura è quella dell’odio: dal discorso d’odio, che avvelena la vita pubblica e la convivenza civile in molti paesi, fino al crimine motivato dall’odio nutrito nei confronti degli appartenenti a determinate categorie di persone, per lo più persone particolarmente vulnerabili che vengono strumentalmente presentate - e di conseguenza viste da molti - unicamente come un problema o, piuttosto, come una minaccia da eliminare. C’è continuità rispetto alla retorica divisiva e alle politiche di demonizzazione che denunciavamo l’anno scorso. Quella retorica e quelle politiche stanno dando i loro frutti. C’è infatti il rischio concreto di una normalizzazione delle discriminazioni massicce ai danni di certi gruppi di persone, minoritari e marginalizzati. Aggiungo che l’ostilità di molti governi tende ad estendersi anche contro chi si schiera a difesa delle vittime: contro organizzazioni della società civile, intimidite e criminalizzate in un numero crescente di paesi. Non solo il “noi contro loro”, ma anche il “noi contro chiunque si metta di traverso”. In Ungheria, pochi giorni fa è stata presentata una proposta di legge che subordina all’autorizzazione preventiva del governo le attività di quelle ONG che il governo stesso ritiene “colpevoli”, in un certo senso, di aiutare i migranti.

   Il Rapporto, sulla base dell’ esame di ben 159 paesi, ci fornisce la più completa analisi della situazione attuale dei diritti umani nel mondo, mettendo in luce come, per milioni di persone, sia sempre più arduo accedere a beni e servizi fondamentali, dall’alloggio al cibo, dall’acqua potabile alle cure mediche. Secondo l’organizzazione umanitaria, di conseguenza, qualora i governi continuassero a non affrontare e a non risolvere adeguatamente i problemi della povertà e delle diseguaglianze, dovremo attenderci tensioni sociali sempre più ampie e cruente.

   “Sotto i nostri occhi - ha concluso Salil Shetty - si fa la storia: numeri sempre maggiori di persone si attivano per chiedere giustizia. Se i leader non riconosceranno i motivi che spingono le loro popolazioni a protestare, sarà la loro rovina. Le persone hanno reso abbondantemente chiaro che vogliono i diritti umani: sta ai governi mostrare di saperle ascoltare”.

*https://www.amnesty.it/rapporti-annuali/rapporto-annuale-2016-2017/

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Last modified on Thursday, 05 April 2018 21:34