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LETTERA APERTA AL DIRETTORE DEL QUOTIDIANO CATTOLICO “L’AVVENIRE” SUL TEMA DELLA MORTE CEREBRALE E DEL TRAPIANTO DI ORGANI

By Roberto Fantini June 12, 2019 5675

                 Sul tema della “morte cerebrale” e della prassi dei trapianti di organi regna, a livello mediatico, la massima indisponibilità ad affrontare e a discutere i numerosi aspetti oscuri, problematici e controversi che da decenni vengono evidenziati da insigni pensatori e scienziati, primo fra tutti il filosofo Hans Jonas, già dalla fine degli anni sessanta dello scorso secolo.

Ma la cosa a mio avviso più sconcertante è constatare come anche la stampa cattolica sia acriticamente allineata sulle posizioni oggi dominanti, caratterizzate da assoluto plauso nei confronti di pratiche che vengono ritenute, senza alcuna ombra di dubbio, scientificamente, eticamente e civicamente encomiabili, nonché degne di essere alacremente promosse.

Caso emblematico è l’articolo apparso (qualche giorno fa) in prima pagina di Popotus, l’inserto dell’ Avvenire destinato ai ragazzi, in cui si racconta con grande enfasi di un trapianto di fegato “donato” da un uomo di 97 anni.

In merito a detto articolo, ho ritenuto doveroso scrivere al direttore del noto “Quotidiano di ispirazione cattolica”, esprimendo assai sinteticamente (e credo assai garbatamente) qualche perplessità e qualche (probabilmente piuttosto scomodo) interrogativo.

In assenza tuttora di risposta, ho deciso di pubblicare sul nostro sito, da sempre sostenitore e fautore del libero pensiero, il testo della mia lettera, nella speranza di riuscire a promuovere un sereno confronto di opinioni e di contribuire ad avviare un costruttivo quanto necessario dibattito scientifico ed etico-teologico.

 

 

 

     Gentile Direttore,

sul numero di Popotus di giovedì 30 maggio, ho avuto la sgradevole sorpresa di imbattermi in una prima pagina occupata quasi per intero da un articolo (“La generosità è senza età”) di elogio nei confronti di coloro (anche molto in avanti con gli anni) che decidono di donare i propri organi a scopo di trapianto.

A tale proposito, mi permetta di farle presente una cosa non certo irrilevante, ma che troppo spesso viene ignorata o taciuta, e cioè che l’evento della cosiddetta donazione degli organi implica necessariamente il fatto che il soggetto donatore non sia in condizioni di morte cardiaca e respiratoria (ossia un vero e proprio cadavere) ma in quella condizione che, in seguito a quanto proposto-imposto dal Comitato di Harvard nel 1968, siamo soliti chiamare “morte cerebrale”, ovvero mancanza di segni oggettivamente registrabili di presenza di funzioni cerebrali.

Ora, le chiedo, perché tanta parte del mondo cattolico (pur non essendoci una posizione dottrinale ufficiale), ivi incluso il giornale da lei diretto, che mostra tanta encomiabile attenzione nei confronti degli embrioni e delle persone in stato vegetativo (anche da decine di anni), non si sente minimamente in dovere di porsi il problema di cosa sia veramente la condizione di coloro che vengono dichiarati (con procedure diverse da paese a paese!) “morti cerebrali” (anche dopo poche ore)?

Cosa le dà, mi chiedo, la categorica certezza che questi pazienti siano veramente privi di ogni forma di coscienza e che la loro anima (sempre che si voglia continuare a prendere in considerazione la sua esistenza) si sia realmente e definitivamente separata dal corpo?

Come può, mi chiedo, da uomo di fede e da uomo di cultura, ritenere che la scienza odierna (spesso ancora tanto discutibilmente positivistica e meccanicistica) possa pretendere di disporre di criteri e di strumenti perfettamente in grado di stabilire con infallibile certezza quando un individuo non sia più degno di essere considerato persona e, di conseguenza, non più doverosamente meritevole di venire come tale rispettato, e pertanto declassabile al livello di cosa inanimata?

Infine: possibile che lei non sia al corrente del fatto che non pochi illustri intellettuali cattolici come, ad esempio, il neonatologo Paul A. Byrne, il filosofo J. Seifert, il neurologo D. Alan Shewmon, la teologa Doyen Nguyen (recentemente impegnati a Roma in un convegno internazionale dal titolo “La Morte Cerebrale. Un’invenzione medico-legale: evidenze scientifiche e filosofiche”) sostengano fermamente, con ricchissime argomentazioni, che la morte cerebrale sarebbe un’invenzione di carattere eminentemente utilitaristico, del tutto priva di fondamenti scientifici e teologici, nata - come lo stesso Comitato di Harvard ebbe a dichiarare - per sollevare la collettività dal peso di tante persone in stato comatoso e di consentire ai medici espiantatori di non essere accusati di omicidio?

Possibile che lei non sia neppure minimamente sfiorato dall’atroce sospetto che l’invenzione della morte cerebrale (che permette di considerare morta una persona con il cuore che batte, il sangue che circola, capace di reagire positivamente a farmaci in caso di malattia, capace di portare felicemente avanti una gravidanza, nel caso di donna incinta) possa rappresentare, al di là della sua filantropica veste esteriore, l’espressione più cinica ed estrema della tanto giustamente deprecata “cultura dello scarto”?

Cordialmente,

Roberto Fantini

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Last modified on Tuesday, 11 June 2019 20:57