L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Kaleidoscope (1457)

Free Lance International Press

This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.

 

June 04, 2020

 

Gli ARANCIONI denunciano l'illegittimità della classe politica (video)

 

Il pensiero economico degli ARANCIONI (video)

June 03, 2020

Roma 2 giugno 2020

 

 

 

 

“Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei” (Antelme Brillatt-Svarin)

Molti possono essere i disturbi alimentari che generano malattie di vario genere, ma tutti sono legati al cattivo stile di vita e alla poca importanza che l’individuo dà ad una giusta e corretta alimentazione. La gente raramente si interessa dei componenti nutrizionali degli alimenti che usa consumare. Saziarsi non equivale a nutrirsi e se gli alimenti sono poveri di alcuni nutrienti le nostre cellule restano affamate. Le cause di questa errata convinzione vanno ricercate nella poca informazione, nella carenza di senso critico, nella tendenza a delegare ad altri il bene supremo della propria salute, e questo non può che generare pesanti conseguenze sul piano fisico, oltre che mentale, morale e spirituale. Ogni azione è figlia di un pensiero che a sua volta è frutto della coscienza e della sensibilità del cuore di un individuo, che riflette il livello del proprio stato evolutivo.  Quindi i disturbi alimentari sono la conseguenza diretta di essere e di vivere della persona immatura, impreparata, superficiale, irresponsabile. Per capire quale sia l’alimento adatto a noi occorre far riferimento alla struttura del nostro organismo che risulta incontrovertibilmente strutturato a nutrirsi come gli animali frugivori e cioè di frutta,verdura, germogli, semi, bacche, radici, cereali integrali, legumi, possibilmente biologici.

Occorre considerare che qualunque alimento privo o scarso di uno o più componenti nutrizionali costringe il nostro organismo ad attingere alle sue riserve generando nel tempo carenze nutrizionali. Allo stesso modo quando facciamo uso di prodotti incompatibili con la nostra natura, come il fumo di sigaretta, caffè, zuccheri industriali, alcol ecc. vengono impegnate le nostre risorse immunitarie per cercare di neutralizzare gli effetti nocivi prodotti. Quando il corpo digiuna è l’anima che ha fame. Se il corpo si ammala è la mente e la coscienza che sono annebbiati. Nell’uccidere gli animati e mangiare i loro cadaveri, l’uomo spegne in se stesso il pensiero positivo e mette a tacere la propria coscienza; questo non può che indebolirlo fisicamente e moralmente e renderlo insensibile verso la sofferenza altrui. Una persona cattiva non baderà se nel suo piatto vi è una creatura che voleva vivere e non essere uccisa, quindi mangerà quello che gli piace piuttosto quello che è giusto e di conseguenza mangerà cose incompatibili con la sua stessa natura e ne pagherà le conseguenze con la malattia, (non tutte le cose che piacciono al nostro palato sono adatte a nutrirci). Mentre una persona buona, sensibile, giusta rifiuterà pasti cruenti e di conseguenza si nutrirà secondo natura umana di esseri miti, pacifici e vegetariani, e di questo ne beneficerà la sua salute fisica, la sua mente, la sua coscienza e la sua anima. Il vero stadio evolutivo di un individuo si determina dal benessere armonico delle sue componenti fondamentali: la salute del corpo, l’equilibrio mentale, la sensibilità del suo cuore e la ricchezza della sua dimensione spirituale.

May 30, 2020

Roma 30 maggio 2020

Tutto dovrà avere una spiegazione in special modo quando la mano destra finge di non sapere quello che fa la mano sinistra

 

 

 

“La prova scientifica”

A distanza di mesi dall’insorgere dei contagi da coronavirus, la progressione è stata fin dall’inizio molto significativa per le prospettive a cui l’intera popolazione andava incontro.            È vero che in Italia la Sanità non aveva la “prova scientifica” che potesse trattarsi di una vera emergenza, quantunque per il ripetersi periodico a distanza di poco più di un lustro , la comparsa di epidemie molto simili, come la “sars e la ”mers” non lasciava presagire qualcosa di diverso.

E’ pur vero che se per ogni preannunciato pericolo dovessimo preparare logisticamente le strutture di prevenzione o di contenimento, non avremmo possibilità di dedicare alla realtà quotidiana le nostre modeste risorse nazionali. Altro però è la preparazione mentale all’ emergenza, non mancando né la cultura, l’intelligenza, né l’esperienza, né l’improvvisazione nonché la creatività tipica del nostro Paese, se fossimo stati almeno meglio informati.

.

Il disorientamento

“Uomo avvisato mezzo salvato” recita un vecchio adagio di saggezza popolare.

Quando infatti si è verificato nella realtà, ciò che in teoria poteva prevedersi, ecco che qui il fallimento è stato pressoché totale. Il disorientamento che è subentrato non è stato soltanto logistico per la mancanza delle idonee strutture sanitarie che ovviamente in Italia non erano approntate, ma soprattutto per le mancate direttive di coordinamento centrale, sia da parte del Governo, sia da parte del Ministero della Salute e dei suoi distretti nazionali

Lo smarrimento è stato tale da ritenere emblematico quello immortalato nel celebre film “Tutti a casa”, dove la confusione generale bloccava ogni iniziativa.

In riferimento all’individuazione della    patologia e ai metodi di cura, anche con il passare del tempo di settimane nonché di mesi, non si è ancora arrivati ad un coordinamento unitario sul tipo di malattia e conseguentemente sulle cure necessarie da adottare per non morire.  

Il medioevale ricorso all’isolamento è stato l’unico rimedio trovato dalle Autorità sanitarie per sottrarci dal contagio dei contatti ravvicinati. Ma per la terapia da individuare e da applicare con urgenza ai cittadini che si presentano in ospedale con la tipica gravità della malattia?

I vari distretti sanitari stanno ancora adattando i sintomi della patologia alle proprie risorse terapeutiche, anziché la malattia alle oggettive necessità di cura. Infatti, a fronte di diagnosi clamorosamente sbagliate, come quella delle polmoniti interstiziali, malgrado il numero elevato di autopsie eseguite nel nostro Paese, non è stata ancora ufficialmente accertata la vera natura delle morti sopravvenute. Quindi, ciò che più conta, le Autorità sanitarie preposte non sono state in condizione di indicare a tutte le strutture ospedaliere il protocollo terapeutico da praticare per la grave forma di tromboflebite diffusa covid-19, da tempo diagnosticata da alcuni encomiabili medici ricercatori.

I ventilatori polmonari

Le iniziative adottate sono state quelle di reperire con l’urgenza di vita o morte, i ventilatori per insufflare ossigeno dei polmoni al fine di migliorare la scarsa capacità di respirazione dei ricoverati in terapia intensiva,  così come tipicamente avviene allorquando è in corso una vera polmonite. Ma se i pazienti non reagivano a questo tipico trattamento, già si doveva dedurre che polmonite non era. Ma di cosa altro allora poteva trattarsi, neppure se ne parlava.

Non solo, ma i vari distretti della Sanità nazionale erano mobilitati all’ inutile approvvigionamento di altri ventilatori polmonari con richiesta di onerose forniture persino dalla Cina. La patologia che però si rifletteva sui polmoni compromettendo la respirazione aveva prima invaso altri presidi tra cui il cuore, oltre che le vene delle gambe e altri organi importanti. Se il cuore non cedeva prima, specie nei più anziani, l’ aggravamento della malattia provocava non la polmonite, ma un’ infiammazione diffusa che a sua volta causava emboli nelle piccole vene e nel tessuto capillare dei polmoni. Dal blocco della circolazione del sangue che ne conseguiva, subentrava la rapida necrosi del tessuto polmonare a valle dell’ostruzione e la morte del malcapitato.

L’ostinazione terapeutica

La risposta sanitaria nazionale di fronte a questa importantissima rivelazione   non vi è stata. La terapia praticata ha continuato al lungo ad essere quella della polmonite interstiziale con i risultati che tutti possiamo constatare. Solo alcuni Enti perlopiù privati, hanno potuto discostarsi da questo protocollo a seguito di una più accurata osservazione di ciò che effettivamente avveniva nell’organismo a causa del devastante effetto del covid-19. Rendendosi conto di questa anomalia polmonare alcuni medici non hanno inteso continuare le cure fino allora adottate. Questi pertanto, sono ricorsi all’ uso di farmaci antinfiammatori e antiaggreganti per evitare la formazione di micro trombi diffusi nei capillari che, come detto, bloccando la circolazione del sangue, causano la morte del tessuto polmonare.               Il risultato è stato eccellente così come rivelano il Dott. Giampaolo Palmacardiologo titolare di un Centro medico di Nocera Inferiore, e il Prof. Maurizio Viecca primario del reparto di cardiologia presso l’ Ospedale Sacco di Milano.

In attesa del perché

Prima ancora del ritorno al   medioevo per sfuggire con l’ isolamento al covid-19, sarebbe stato sufficiente riferirsi ai primi successi terapeutici ottenuti all’ inizio del secolo scorso con un metodo di terapia meno gravoso e più efficace. Si tratta di un tipo di cura basato sulla esperienza e la conoscenza della scienza medica del recente passato a fronte dei positivi risultati ottenuti fin dalla terribile influenza del 1918, denominata “spagnola”. In quegli anni era stato trovato un rimedio di cura, una sorta di vaccino (per rendere l’ idea) mediante iniezione di siero contenente gli anticorpi presenti nel plasma delle persone guarite da quella stessa malattia. La qualcosa ripetuta da alcuni medici anche in questa circostanza, ha portato a guarigione le persone così trattate, prevenendo gli ulteriori irreversibili aggravamenti che hanno causato nel nostro Paese fino adesso, decine di migliaia di decessi. E’ evidente che non si tratta di plasma “leva e metti” tra un paziente e l’ altro perché come è arcinoto, quando hanno luogo le trasfusioni deve essere prima accertata la compatibilità per evitare uno shock anafilattico o altre gravi reazioni di rigetto. Ma questa è prassi medica consolidata.

Le matrioske delle obiezioni

Del tutto pretestuose sono invece, le ’ obbiezioni secondo cui, senza la prova scientifica della terapia da adottare, paradossalmente si arriverebbe a curare ad esempio il cancro, con quelle sostanze di fantasia che periodicamente vengono proposte in deroga ai protocolli terapeutici ufficiali. Ma un conto è il caso di malattie potenzialmente mortali, come appunto quelle degenerative, il cui decorso si protrae per anni; altro invece è quello di una patologia conclamata come il covid-19 il cui aggravamento senza farmaci è sinonimo di morte pressoché certa    nell’ arco di qualche giorno.

La prima domanda che molti cittadini pongono per ora a loro stessi, ma nel futuro la porranno anche ad altri, è perché mai si è continuato a curare i pazienti nello stesso modo sbagliato?  Allo stato delle cose non si intravedono valide ragioni, di fonte a casi di progressiva gravità mortale, per astenersi da differenti e più efficaci terapie in quanto queste non hanno ancora ottenuto la famigerata “prova scientifica”.

Speriamo che poi questa ci venga comunicata per decreto legge. E come si potrebbe mai sopravvivere senza la convalida scientifica di poterlo fare in modo ufficialmente corretto?

Il regista della Luce rimasto nell'ombra torna a far parlare di sè. Si riaccende l'ennesimo caso Caravaggio.

Il Seppellimento di Santa Lucia, l'opera siracusana di Michelangelo Merisi, al centro di una controversia fra Istituzioni ed esperti d'arte, pone l'accento sulla gestione dei patrimoni artistici e della loro fruibilità in sede nazionale.

Nello scenario politico siciliano, già recentemente agitato dalla decisione del Presidente della Regione di affidare l'Assessorato regionale dei Beni culturali e dell'Identità siciliana ad Alberto Samonà, noto esponente leghista, si innesta la causa perorata da Vittorio Sgarbi che vorrebbe inserire la pala d'altare, quale maggiore attrattiva, nell'ambito di una mostra al MART di Rovereto, museo del quale è il presidente.

Il "prestito" del Seppelimento sarebbe la condizione posta dalla Regione Trentino per il finanziamento di un ipotetico restauro della stima di 350.000 euro.

Nonostante il parlamentare Sgarbi sembrerebbe avere ricevuto tutti i nulla osta necessari, da parte delle autorità competenti, allo spostamento dell'opera, rimangono ancora parecchi i pareri sfavorevoli sia in ambito politico, da parte del sindaco di Siracusa, Francesco Italia e dell'Assessore alla cultura, Fabio Granata, nonchè dello storico dell'arte Paolo Giansiracusa, nomen omen, verrebbe da dire, che valuta alquanto rischioso lo spostamento di una Tela di 12 mt quadrati che versa in già precarie condizioni di forma.

Una macchia dovuta all'umidità del luogo in cui è "custodita" l'opera, fra l'incuria delle autorità e l'indifferenza generale, sembra comprometterne il complessivo stato di salute.

Già perchè il telone nomade che vanta ormai la veneranda età di più di 400 anni, nel corso degli anni, è stato soggetto ad una diaspora che ancora non accenna a finire. Pensato per la Chiesa di Santa Lucia al Sepolcro per cui fu concepito (ma che si rivelò successivamente fonte di danni irreparabili per le condizioni ambientali), trasferito poi a Palazzo Bellomo che per 20 anni ha accolto l'opera permettendone una fruizione più ampia ma "denaturalizzata" perchè spodestata del suo habitat naturale e, quindi, della sua autenticità, infine (forse) posizionato nell'attuale Santa Lucia alla Badìa dove quotidianamente paga il prezzo dell'incuria di una gestione inadeguata sommata alla precaria e peculiare configurazione interna che non ne assicura la necessaria visibilità, in senso letterale e metaforico.

E' anche opportuno ricordare che, in realtà, tale collocazione dell'opera è altresì infausta in quanto "occulta" il dipinto di un altro pittore, Deodato Guinaccia anch'esso dedicato alla Patrona aretusea e al suo martirio.

Due quadri per un altare...del resto siamo o non siamo la Terra della Cultura?!

Quindi nuovo viaggio della speranza per restituire "nuova luce" e dignità d'arte ad un capolavoro custodito nel dimenticatoio dei buoni propositi.

Ricatto, compromesso, l'esito di un do ut des del quale non se ne comprendono appieno le dinamiche, fatto sta che, a parere degli esperti, la Regione Sicilia comunque disporebbe dei mezzi necessari alla "cura" del capolavoro senza il bisogno di "elemosinare" una non meglio identificata beneficenza da parte di qualche sponsor del nord.

Già poco più di un anno fa, il tira e molla di Musumeci che non voleva cedere l'Annunziata dell'altro Grande Antonello al Palazzo Reale di Milano si concluse in realtà con il pellegrinaggio della Vergine che, per l'occasione, viaggiò in una preziosa cassetta di legno e permise che la mostra sbancasse il botteghino.

L'ultimo Caravaggio, quello più estremo, sembrerebbe continuare a non trovare pace e l'opera quasi incarnare lo spirito e perpetrare le rocambolesche vicende del suo Autore che morì iseguendo la Grazia promessa da quella Chiesa che prima lo aveva fatto Grande, che poi lo dimenticò, che infine ne barattò la redenzione pegno due dipinti. Quella stessa Chiesa che benedice la Santa e che ignara e indifferente assiste e partecipa al suo martirio nel dipinto che fu commissionato a Caravaggio dal senato della città (come riporta Francesco Susinno) grazie all'intercessone del siracusano Mario Minniti, vecchia conoscenza dei primi anni del pittore e pittore anche lui.

Quella pala d'altare che denuncia la morte che incombe come una taglia sulla testa del pittore, nella rappresentazione enfatizzata dei due becchini in primo piano, sotto il vuote che schiaccia drammaticamente l'opera tutta.

In quel vuoto, secondo la testimonianza di Padre Ippolito Falcone (Siracusa 1623) sarebbe stato richiesto a Michelangiolo da Caravaggio di dipingere un gruppo di angeli ma egli rispose: "Non havendone mai veduti, non so ritrarli"

Chiaro ed inequivocabile manifesto della poetica realistica di Caravaggio, pictor praestantissimus, regista della Luce, inventore della Fotografia, oggi contemporaneo più che mai.

 Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.

La Riflessione!

La luce in fondo al tunnel!

Inutile continuare a piangerci addosso. La nostra economia era già fragile prima della pandemia, figuriamoci ora. Soldi nelle casse dello Stato non ce ne sono, imposte e tasse non arriveranno come preventivate nel bilancio, tutti i settori nessuno escluso hanno enormi difficoltà a ripartire e la disoccupazione avanza. Tutti i settori compreso quello generico che passa sotto il nome “agro-alimentare”. Aziende vitivinicole in ginocchio nel particolare momento in cui i vigneti devono essere “curati” in modo maniacale, il vino delle annate precedenti invenduto, le fatture 2019 non pagate. Agriturismo vuoti senza prenotazioni e tutto l’eno-turismo bloccato. Senza parlare del settore food. Timidi segnali da parte di chi vuol ripartire giungono nelle redazioni ed hanno priorità nella comunicazione. Come quello di Helmuth Köcher patron del Merano Wine Festival così come riportato nel frammento n. 1. Alcuni Hotel si stanno organizzando con progetti studiati per offrire alloggi sicuri (frammento n. 2) e riflessioni sul turismo eno-gastronomico che è tutto da re-immaginare (frammento n. 3).

 

 Frammento n. 1

 
 Helmuth Köcher.

L’Alto Adige in pole position nella ripartenza.

Il Merano Wine Festival (MWF) si farà! Ad annunciarlo il suo dinamico patron Helmuth Köcher. Le date: dal 6 al 10 novembre 2020 nelle storiche sedi di Merano. L’instancabile, intraprendente, efficiente Wine Hunter affronta la nuova sfida nel segno delle formule ormai note e rodate dell’evento food&wine più glamour al mondo, aggiungendo le necessarie gestioni rese particolari dal Covd-19 come la gestione degli afflussi, le distanze, i vari test sanitari. “Merano Wine Festival, back to the roots (ritorno alle origini)”. Così si chiamerà l’edizione novembrina 2020. Non a caso il segnale di ripartenza con il 2020 anno 0. Per il programma ne parleremo più diffusamente nei mesi a venire quando conosceremo i “veri numeri” relativi alla partecipazione dei produttori italiani ed esteri. E come ritorno alle origini quanto di meglio avere come Paese Ospite chi il vino lo ha prodotto per primo: la Georgia.

 

Frammento n. 2

Il progetto Grand Hotel della Salute

Non un progetto di un particolare Hotel ma un’idea di un gruppo di circa venti strutture alberghiere, distribuite lungo lo stivale, da nord a sud isole comprese, a rilanciare l’offerta per un alloggio sicuro e confortevole. Conferenza stampa di Piergiorgio Mangialardi della catena alberghiera Allegroitalia coadiuvato dal Prof. Claudio Zanon del progetto “Motore Salute”. "In un momento così delicato vogliamo mettere a disposizione i nostri spazi per permettere di soggiornare in un luogo sicuro che possa trasmettere benessere attraverso il proprio personale e i servizi offerti. Può inoltre essere un modo per rilanciare il turismo e il mondo dell'ospitalità, così profondamente colpito". Il pacchetto include assistenza medica e infermieristica giornaliera, dieta personalizzata, animazione culturale, palestra e Spa e possibilità di avere personal trainer a disposizione. È evidente che si tratta di un progetto dedicato ad una clientela facoltosa per assicurarla che potrà effettuare la vacanza in sicurezza. I costi? L’unico dato certo proviene dagli hotel della catena presieduta da Piergiorgio Mangialardi: soggiorno per 7 giorni, a partire da 770 euro a persona. Termoscanner con il quale viene quotidianamente misurata la temperatura a dipendenti e clienti, ionizzatori per una pulizia approfondita delle camere e degli spazi comuni, speciali sistemi di erogazione di perossido di idrogeno per la sanificazione di scarpe e valigie. Tutto compreso nel prezzo supergarantito. (fonte Cronache di Gusto a firma Michele Pizzillo).

 

Frammento n. 3

Re-immaginare il comparto food&wine

Quanto emerso dal Food&Wine Tourism Forum, organizzato dall’Ente Turismo Langhe Monferrato Roero che ha proposto una riflessione sul tema della sostenibilità. Finalità del forum: una riflessione sul turismo enogastronomico a seguito della pubblicazione della ricerca di Nomisma (una società che realizza ricerche di mercato e consulenze che non è un acronimo ma ispira il suo operato al significato del nome greco: “il valore reale delle cose”) sulle cose prioritarie da fare finito il lockdown (confinamento): al primo posto riabbracciare i propri cari, al secondo (per il 43% degli intervistati) una cena fuori casa. Quest’ultimo è importante per un settore che va incontro a non poche incertezze e ad una crisi che sicuramente coinvolgerà decine di migliaia di imprenditori. Al Forum hanno partecipato Alessandra Priante, direttore Europa Unwto (l'Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di Turismo), l’albergatore Michil Costa (Hotel La Perla, Corvara-Alta Badia), presidente di Maratona dels Dolomities, Mauro Carbone e Roberta Milano, rispettivamente direttore dell’Azienda turistica e coordinatore scientifico del forum (come moderatori). La ristorazione sta attraversando un momento difficile. È necessaria una grande capacità di adattamento da parte di questo comparto e un’estrema sensibilità nei confronti dei clienti. Diverse le soluzioni per reinventarsi, come il delivery (consegna a domicilio) per esempio, definita “una carezza verso i clienti”. È importante tornare a fare i ristoratori, nel senso classico del termine, perché la differenza si fa dentro un locale. Qualità, ospitalità e prezzi non dovranno cambiare. Per garantire queste caratteristiche serve attenzione da parte di chi ci governa per formalizzare le regole e rendere sostenibile la situazione. “È il momento di fermarsi a riflettere sul futuro, sulla visione di turismo che siamo chiamati a re-immaginare e riprogettare - dicono all’Ente del turismo delle Langhe - Questa crisi accelera l'urgenza di scelte nette nella strategia e azioni concrete conseguenti nell'unica, a nostro avviso, direzione possibile”.(fonte Cronache di Gusto a firma Michele Pizzillo).

Osservo, scruto, assaggio e…penso. (urano cupisti)

May 23, 2020
 video - clicca sull'immagine

 (massima longitudine occidentale d’Europa: lat. 38° 47’ N, long. 9° 30’ O)

Aqui…Onde terra se acaba e o mar comeca

(Luís Vaz de Camões; Os Lusíadas, canto VIII)

Primavera piena a Cabo da Roca su costa atlantica portoghese, ponta mais ocidental do continente europeu come attesta stele con croce, tra turisti in souvenirs e vento sul pianoro del faro. Sporge infatti in Oceano il promontorio ancora più del Finisterre – lassù in Galizia spagnola kilometro zero del cammino di Compostela – nonostante sia questo, in effetti, a portare nome evocatore proprio di fine del mondo.

Sul muretto assorto sopra onde a strapiombo, in mente mi viene – a suggestione forse da tanta luce che scende sul Cabo – l’illuminativa mistica del persiano-islamico Šihāb Sohravardī: nel XII fautore di pensiero orientale, con l’orientamento simbolo-aurora, appunto, di conoscenza interiore; e sulla falsariga ancora poi – d’ambito invece europeo – quello nordico di miti cinema politiche, e l’altro meridiano su cultura solare del vivere in sponde di Mediterraneo. Quanto basta per rilevare allora anche qui – in quest’eccezionale esilio fisico occidentale (dietro terre, avanti solo acque), un’altra risorsa di prospettiva cardinale, da scoprire indagare e valorizzare certo al possibile nella cultura comune del nostro continente.

Tra le varie protagoniste del mito greco a portare il nome d’Ερώπη Europa – la più famosa di tutte la bella principessa di Fenicia rapita da Zeus sotto sembianze di toro – interessa ricordare qui una delle tante Oceanine figlie della coppia d’acqua Oceano e Teti. Mi piace pensare proprio a quest’Europa minore come mitica fonte di quel pensiero d’estremo Occidente di cui ho avvertito possibilità al Cabo de Roca, sede eletta appunto di costa e flutti oceanici. Ma qualsiasi sia l’Europa che ci ha fatti europei, dicunt che il termine possa avere origine semitica, con significato legato al posarsi (del sole) e dunque all’Occidente…

Adottare punti di vista di periferia può risultare in effetti spesso fruttuoso: soprattutto se la banlieu del caso non esce dal continuum solo per convenzione, ma è identità marcata da stacco naturale come ad esempio il Cabo, che pensiero certo non può proprio ignorare. Conferma al riguardo - in fisiologia - pure la visione distolta dell’occhio, meccanismo complesso che fa cogliere al meglio oggetti deboli più difficili comunque da rilevare.

Sotto intensa signoria del sole, la mia meditazione sublima infine in sogno, spingendomi a sorvolare da drone umano tutta Europa a diversa conoscenza. Dal limite indiscusso del Cabo già Promontorium magnum romano, progetto di sfilare allora su tutto il continente fino a doppiarne i limiti questa volta orientali: quelli della già Bisanzio-già Costantinopoli-ora Istanbul su sponda continentale del Bosforo politicamente però Asia…

Pochi giri per provare allora il volo in sogno intorno al faro del Cabo e poi via, verso primi, vicini assaggi d’Europa: Villa Italia in costa di Cascais, regale esilio Savoia umbertino; e la vicina Boca de Inferno dove percuote e penetra le rocce Oceano, letterario-esistenziale utilizzo dell’occultista inglese Aleister Crowley.

Plano finalmente su Lisbona maiolicata d’azulejos, sulle autorevoli decise figure del “Padrão dos Descobrimentos”, il monumento celebrativo delle grandi scoperte dovute a capacità e potenza dell’attività marinara portoghese; dettagliata per tempi e luoghi in planisfero su pavimento della piazza antistante, che neanche turisti intraprendenti riescono a fotografare però in toto, perché vasto e calpestato continuamente da tanti visitatori.

Affronto queste tappe corredato da guantierina di pastéis de nata per virate al gusto crema nelle traiettorie di volo, e sottofondo sonoro di sensuale fado languido al femminile… Ma riflessivo un click mi prende prima di lasciare il Portogallo: la più famosa Europa fu rapita da Zeus in sembianze di splendido bovino, e nella Pega tauromachia locale (a tarda sera di Giovedì quinta feira, a Praça de Touros di Lisbona), cavaleiros e forcados amadores combattono orgogliosamente col toro, senza ucciderlo in armi come nella più nota corrida. Si può trovare allusione creativa – in tale vigoroso tor(n)eare – alla possibilità di riscatto dell’Europa dei popoli, e prova che – pur senza sanguinosi strappi tipo Brexit – con vigorosa presa sul collo taurino è domabile l’irruente governance istituzionale della nostra Comunità di continente?

***

Fin quando permarrà la mia felice condizione di volo onirico, continuerò a proiettare lungo tutto il continente la mia ombra veloce su colline e montagne, pianure e foreste, fiumi e laghi: in un continuum che sogno tutta-natura-non-interrotta da frontiere politiche, invisibili non so se per l’altezza raggiunta o per visione magica abolite; con inizio comunque di tutto al miraggio estremo di Cabo de Roca

Per questo davvero unico start di volo, sempre obrigado Portugal! Sempre grazie, Portogallo!

 Domenico Ienna

© 2022 FlipNews All Rights Reserved