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Benvenuti al Sud? Verso Lampedusa Porta d’Europa

By Domenico Ienna December 24, 2021 1783

 

Isola di Lampedusa (arcipelago delle Pelagie, Agrigento);

Autunno avanzato che non sembra tale, 2021

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Una volta sognai
di essere una tartaruga gigante […]
e tutti si aggrappavano a me […]

Ero una tartaruga che barcollava
sotto il peso dell’amore
molto lenta a capire
e svelta a benedire.[…]

questa testuggine marina
è la terra
che vi salva
dalla morte dell’acqua.

(Una volta sognai, Alda Merini; inaugurazione Porta d’Europa, Lampedusa 28 Giugno 2008).

1. Verso Lampedusa

Spinti/stipati disperati su natanti diversi – di cui già solo i nomi attribuiti evocano rotte incerte/insicure (barchini/barconi/carrette del mare) - come fantasmi scivolano a centurie verso Lampedusa, ingresso Sud condiviso di Italia e Vecchio Continente (35° nord e 12° est circa di coordinate): un nuovo mondo per second life agognata, troppo spesso a rischio in mare di subli-mare in altra vita (per chi crede) troppo presto ultraterrena.

Tra i fari dei Capi Ponente e Grecale e quello del Porto s’apre davvero un altro orizzonte, anche se – gran parte libero su deserto a rocce bianche e polvere rossa marziana – in certi arrivi può apparire spesso in qualche modo familiare. Su suolo proprio tanto accidentato, tenta ribattere l’Ariosto nel Furioso a chi – vista appunto “Lipadusa” – trovava tale isola montuosa e inegual”/“alpestre scoglio”teatro non agibile per scontri a cavallo, come quello Cristiani-Saraceni che il Poeta aveva in loco appunto ambientato.

Tra le rive di Barberìa/Africa settentrionale e Sicilia, “A metà del cammino vi è un'isola chiamata Lampedosa” ebbe a dire in seguito Alonzo de Contreras spagnolo (XVI-XVII secolo), novello Odisseo/seriale maestro d’avventure, che suggestivamente ebbe a rilevare sul Porto “una grandissima torre (volgarmente detta sin dall'antichità Torre d'Orlando) abbandonata che dicesi incantata.”

Oggi l’isola è turismo e supercofine, presidiata a terra da Polizia e Carabinieri, Guardia di Finanza e Costiera invece a mare.

2. Lampedusa da bere

Ad Autunno inoltrato - nel pacchetto Caraibi dietro casa per abbronzature fuori stagione, indubbio ossigeno per economia locale di vacanze e pescato - frequentazioni ancora intense di spiagge (Guitgia, dei Conigli di fronte all’isola omonima) e di scogli (baia Mare Morto); giri d’isola su imbarcazioni turistiche con vista delfini e spaghettate (con possibili soste impreviste transito migranti); frequentazioni d’arabeggianti dammusi riadattati e - a Cala Creta - pure pretesa pizzeria “La più a sud d’Europa; mini-struscio infine in via Roma (orchestrine, shopping e quant’altro) attenuabile forse un po’ visto il contesto, con benestanti in età soprattutto del Nord e tanti giovani vivaci locali… Una Lampedusa moderatamente da bere, osando riciclare l’espressione-tendenze su Milano anni ’80, secolo scorso.

3. Salvezze e naufragi a Lampedusa

Non sembrano trovare invece mai tregua qui da omeriche tenzoni con l’onda, sia respinti/salvati al largo sia – fortunosamente approdati – dopo triage sanitario trasferiti confusi all’hotspot di Contrada Imbriacola; e neppure quando meteo o politiche avversi spingono a ridurre/deviare/smorzare partenze/rotte/speranze, o peggio ancora - a sé stessi malauguratamente perduti – con nomi/senza nomi, diversi si trovano in fine affiancati al cimitero locale .

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Tanti i luoghi/manufatti legati a fughe di salvezza e naufragi, presso cui – anche se solo evocati – continuano a suscitare così pietas, più che mero pietismo.

Al Santuario della Madonna di Porto Salvo storia narrata d’Andrea Anfosso ligure prigioniero dei Saraceni (seconda metà XVI sec.), avventurosamente tornato in patria con l’ausilio di un’immagine mariana scoperta nell’isola. Nell’effigie-sintesi della vicenda, il marinaio innalza a mo’ di vela il sacro dipinto, facendosi sospingere così dal vento a bordo d’improvvisato naviglio . Ma altri racconti aleggiano ancora qui di sbarchi e d’avventure, tra grotte disposte intorno al luogo consacrato .

Sul lungomare in paese - poi - la dinamica fusione Trionfo sul mare” di Geny Scalzo ; le scritte evidentemente antagoniste (probabilmente “Proteggere noi e i nostri confini” e “Proteggere le persone”) vergate/sovrapposte in sequenza incerta al Porto, tra l’ingresso del Molo Favarolo e le tante faccine (fantasmi di chissà quanti viaggi) che animano un murale colorato ; i natanti soccorsi/sequestrati di vario tipo che cigolano ammassati lungo il canale , con senso di naufragio  che cerca di trascolorare però la vita quotidiana del Porto.

In Contrada Cavallo Bianco – menzione di quello perso in battaglia dall’epico Orlando – infine la Porta, detta d’Europa : creazione guarda caso d’un altro Paladino - Mimmo scultore - incrostata di simil-oggetti quotidiani salvati/persi (come le vite) in tanti approdi tentati. Passaggio così aperto verso cielo e mare da togliere/affannare in alternanza il respiro, come capita pure al mare stesso di Lampedusa, che a volte col marrobbio (tsunami minimale) esprime le sue emozioni sulle rive dell’isola.

La grande Pelagia in qualche modo resiste – quando può/quanto può - a non fare di tale sogni soltanto incubi, portando ospitalità mediterranea in angosciose contese tra pietas individuale ed esigenze collettive, iniziative locali e protocolli istituzionali, confini di centro abitato/isola e di Paese/ Continente; anche se capita rilevare comunque in loco qualche controcanto deluso, per disparità di concessioni - ad esempio - in tempo di lockdown (vedi annullamento processione per l’amatissima Madonna di Porto Salvo il 22 Settembre, e l’ospitalità concessa invece al sit-in pro-migranti a inizi d’Ottobre),

Beati comunque coloro che possono esprimersi al riguardo con (relativa) libertà come Pontefice, cantautori, intellettuali e poeti… Chissà se anche a questo alludeva la Merini – tanto ermetica eppure lucida - con “Ero una tartaruga che barcollava/sotto il peso dell’amore/molto lenta a capire/e svelta a benedire”: perché se occorre al riguardo non dimenticare mai le persone quando si fa politica e legislazione, è da promuovere pure nel contempo modi equi di comportamento che – una volta applicati a tutti - costituiscano davvero buona pratica per migranti e comunità di residenti relative.

Proprio come la tartaruga marina allora che, se nei versi di Alda appare salvifica, viene salvata però a sua volta presso l’Isola dei Conigli: là dove Caretta Caretta gode appunto di zona d’ovodeposizione protetta nell’ambito della “Riserva naturale orientata Isola di Lampedusa”.

4. In fine

Tra tanti luoghi frequentati da sbarchi sull’isola, colpisce Cala Pisana per somiglianza forte con sbocco del Tevere a Fiumicino di Roma, là proprio dove in Commedia dantesca l’Angelo addetto imbarca anime per soggiorni sofferti (con speranza però) in Purgatorio: “l'angel di Dio […] sen venne a riva/ con un vasello snelletto e leggero,/ tanto che l'acqua nulla ne 'nghiottiva./ Da poppa stava il celestial nocchiero […] e più di cento spirti entro sediero”…

E vero purtroppo che - prima di salvamenti d’alto mare o presso costa – non mancano di regnare però su scafi affollati d’anime ben altri, meno angelici nocchieri come sembra ricordare sempre l’Alighieri“Caron dimonio, con occhi di bragia/loro accennando, tutte le raccoglie;/batte col remo qualunque s'adagia”.

In sintonia evidentemente con tali richiami, il presente reportage (come facile notare) è stato proposto senza il fulcro essenziale delle vicende, il soggetto/protagonista narrativo cioè delle stesse: ché circostanze drammatiche dei tanti sbarchi tentati o riusciti hanno reso/rendono difficile perfino dar nome a chi soffre o viene a mancare, riducendo così tutti questi a nulla più che naufraghi fantasmi, che s’aggrappano a migliaia ad altre parti del discorso come a scogli…

Ad allusiva riempitura di tale assenza, tre oggetti sono sembrati proporsi con pretesa di dare qualche morale al racconto: una lavatrice, una panchina e una bandiera. Se immagine di disumana solitudine e abbandono sofferti in battello appare qui un relitto di lavatrice, incomprensibilmente abbandonato in una spianata (si fa per dire) desertica di centro isola, non è difficile sentirsi ugualmente piccoli di fronte a tanto mare e tanti drammi, nonché all’enorme panchina verde isolata presso il faro di Capo Grecale: issandosi su di essa a fatica, sembra far parte - infatti - davvero d’un Piccolo Popolo!

Al casotto-ristoro di Cala Madonna infine - d’una bandiera una volta tricolore - sventolano solo brandelli di Verde-speranza aggrappati all’asta; il Bianco e il Rosso chissà dove sono volati, anch’essi persi oramai sul mare…

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