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Intervista a Ernesto Di Serio sul caso Poggi: l’ex comandante del RIS spiega dubbi e criticità delle indagini

By Massimo Blandini December 04, 2025 61

L’intervista che Alessandro Molinari ha condotto su Radio Radio con il generale dei Carabinieri in congedo Ernesto Di Serio, già al vertice del RIS e criminologo con una lunga esperienza alle spalle, ha riportato al centro dell’attenzione uno dei casi giudiziari più discussi degli ultimi vent’anni: l’omicidio di Chiara Poggi e la successiva condanna definitiva di Alberto Stasi. Un dialogo serrato, critico e denso di considerazioni tecniche, scaturito dalle recenti dichiarazioni dell’ex magistrato Stefano Vitelli, il giudice che assolse Stasi in primo grado. La conversazione prende avvio proprio dalle parole di Vitelli, che aveva voluto sottolineare la ragionevolezza del dubbio sulla colpevolezza dell’allora imputato, citando fra l’altro la presenza di un DNA, sotto le unghie della vittima, diverso da quello di Stasi. Molinari chiede subito al generale Di Serio una valutazione su tali dichiarazioni, e il criminologo risponde con fermezza, ricordando come già negli anni passati avesse espresso riserve sulla solidità probatoria che condusse alla condanna definitiva di Stasi. A suo avviso, il procedimento avrebbe risentito di un’impostazione investigativa e giudiziaria che non riuscì a garantire un livello di certezza adeguato alla gravità della conclusione: una condanna che, in Italia, deve essere supportata da prove oltre ogni ragionevole dubbio.

L’ex comandante del RIS afferma che la vicenda, fin dai primi passaggi, presentava elementi di criticità, soprattutto dal punto di vista tecnico. A suo giudizio, il quadro probatorio non sarebbe stato sufficientemente robusto, tanto da averlo portato, in passato, a parlare di una vera e propria “macelleria giudiziaria”. Nel corso dell’intervista torna su più punti cruciali, fra cui l’interpretazione dei reperti genetici, la ricostruzione della finestra temporale del delitto, il ruolo dell’informatica forense nella ridefinizione dell’orario di morte e il dibattito sorto attorno alle condizioni del corpo al momento del ritrovamento. Uno dei nodi affrontati riguarda le ipotesi di contaminazione del materiale genetico. Di Serio si dice stupito dalla tesi secondo cui il DNA ritrovato sotto le unghie di Chiara Poggi potrebbe essere frutto di un contatto successivo alla morte, generato dal trascinamento del corpo. Secondo il generale, tale spiegazione sarebbe incompatibile con la localizzazione del reperto, che risulta più tipica delle situazioni di difesa, quando la vittima tenta di reagire all’aggressione. In quest’ottica, egli ritiene che l’ipotesi contaminativa dovrebbe allora valere anche per il DNA dei familiari, di Stasi stesso o di altri soggetti che avevano accesso alla casa, cosa che però non è emersa.

Il discorso si sposta poi sul movente, o meglio sulla sua mancanza. Molinari ricorda che nei primi due gradi di giudizio Stasi fu assolto anche per l’assenza di un motivo plausibile. Di Serio insiste sul fatto che nessuno dei conoscenti della coppia parlò di tensioni, litigi o ragioni che potessero giustificare un gesto estremo. Quando Molinari introduce l’ipotesi del raptus, il generale risponde ritenendola scarsamente compatibile con il profilo caratteriale descritto all’epoca e con la ricostruzione dei 23 minuti durante i quali, secondo una delle ipotesi formulate dagli inquirenti, Stasi avrebbe potuto compiere il delitto, tornare a casa, pulirsi, riordinarsi e rimettersi al computer per lavorare alla tesi di laurea. Una tempistica considerata da Di Serio irrealistica. Altro momento centrale dell’intervista è la discussione sull’orario della morte. Il generale ricostruisce le fasi della perizia medico-legale, ricordando come la prima valutazione collocasse il decesso in una fascia oraria più tarda rispetto a quella poi ritenuta compatibile con le attività informatiche svolte da Stasi la mattina del delitto. L’emergere dei dati di accensione del computer alle 9.35 portò a una revisione dell’intervallo post mortem, anticipando l’orario del decesso. Per Di Serio, questa revisione sarebbe stata affrettata e non del tutto coerente con le evidenze fisiologiche rilevate inizialmente sul corpo, come lo stato delle macchie ipostatiche, del rigor mortis e della temperatura corporea. Secondo lui, tali parametri avrebbero suggerito una morte avvenuta più tardi nella mattinata, in linea con la prima perizia.

Il criminologo critica anche le successive polemiche sul mancato peso del corpo, spiegando che tale dato assume rilievo soprattutto in caso di persone molto magre o molto corpulente. Nel caso di Chiara Poggi, afferma, non vi sarebbero stati elementi tali da far pensare che questa omissione potesse alterare la stima dell’intervallo post mortem in modo significativo. Molinari conclude ricordando che l’ex giudice Vitelli non ha alcun interesse diretto nella vicenda, essendo ormai distante dal caso e non essendo più in condizione di dover difendere una decisione professionale. Di Serio concorda, auspicando che il sistema giudiziario italiano possa contare su magistrati prudenti, rigorosi e rispettosi del principio del dubbio. L’intervista si chiude con i saluti e con il ringraziamento di Molinari al generale Di Serio per la chiarezza e la disponibilità. Una conversazione intensa, che riapre interrogativi e riflessioni su un caso che continua a suscitare attenzione e discussione pubblica, anche a distanza di molti anni.

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Last modified on Thursday, 04 December 2025 16:50