L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Free mind (198)

Lisa Biasci
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A trent'anni dall'omicidio della giornalista Ilaria Alpi e del suo cameraman Miran Hrovatin, il caso resta un enigma oscuro che continua a sollevare interrogativi. Il 20 marzo 1994, Ilaria e Miran venivano assassinati a Mogadiscio, in Somalia, in circostanze che appaiono tuttora avvolte nel mistero. Nonostante i numerosi tentativi di far luce sulla vicenda, molte domande restano senza risposta, e il caso, noto come "Toxic Somalia", continua a essere oggetto di indagini e polemiche.

Ilaria Alpi, una giornalista del TG3, si era recata in Somalia per documentare la guerra civile che devastava il paese. Appassionata e coraggiosa, Ilaria aveva iniziato a seguire le tracce di traffici illeciti di armi e rifiuti tossici che coinvolgevano l’Italia e la Somalia, sospettando un legame tra questi affari oscuri e i vertici delle istituzioni italiane.

Miran Hrovatin, il cameraman che l'accompagnava, condivideva la sua missione, e insieme stavano raccogliendo prove che, se rivelate, avrebbero potuto scatenare un terremoto politico e giudiziario. Tuttavia, il loro lavoro fu bruscamente interrotto da una raffica di proiettili che pose fine alle loro vite e lasciò molte domande senza risposta.

Ilaria Alpi e Miran Hrovatin vennero uccisi in un agguato a Mogadiscio, poco dopo aver intervistato il sultano di Bosaso, in un contesto che suggerisce una precisa volontà di farli tacere. Le prime indagini furono frettolose e poco trasparenti, e le autorità italiane sembrarono più interessate a chiudere rapidamente il caso piuttosto che a scoprire la verità.

Nel 2000, Hashi Omar Hassan, un cittadino somalo, venne condannato a 26 anni di reclusione come presunto esecutore dell'omicidio, ma la sentenza sollevò immediatamente dubbi, alimentati dalle incongruenze emerse durante il processo e dalle continue pressioni per far luce su altre piste investigative.

Ilaria Alpi stava investigando su un complesso sistema di traffici illeciti tra l’Italia e la Somalia, che coinvolgevano rifiuti tossici e armi. Questi traffici erano facilitati da complicità a diversi livelli, coinvolgendo non solo criminali, ma anche rappresentanti di istituzioni e organizzazioni internazionali. Il termine "Toxic Somalia" rifletteva la gravità della situazione: tonnellate di rifiuti tossici sarebbero stati scaricati illegalmente in Somalia, devastando l'ambiente e mettendo in pericolo la salute della popolazione locale.

La scoperta di questo traffico, unita alla rete di connivenze che Ilaria stava cercando di portare alla luce, potrebbe essere stata la ragione principale della sua eliminazione. Le sue indagini, se fossero state rese pubbliche, avrebbero potuto compromettere persone potenti, sia in Italia che all’estero.

A distanza di trent'anni, il caso Alpi continua a essere un tema scottante e irrisolto. La Commissione parlamentare d’inchiesta, istituita per far luce sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, ha lavorato a lungo per cercare di sciogliere i nodi di questa intricata vicenda. Tuttavia, i progressi sono stati lenti, e molti documenti cruciali restano classificati o inaccessibili.

Recentemente, nuove testimonianze e rivelazioni hanno riacceso il dibattito, suggerendo che la verità potrebbe essere più vicina di quanto si pensi. Hashi Omar Hassan, dopo anni di battaglie legali, è stato definitivamente assolto nel 2016, sollevando ulteriori interrogativi su chi fossero i veri responsabili dell’omicidio.

Tra i nomi più discussi nel corso degli anni ci sono quelli di Mohamed Ali Said, ex capo della polizia somala, e di Giancarlo Marocchino, un imprenditore italiano residente a Mogadiscio, che secondo alcune fonti avrebbe avuto legami con i traffici illeciti su cui Ilaria stava indagando. Tuttavia, nonostante le numerose ipotesi, nessuna di queste piste ha mai portato a una conclusione definitiva.

Il caso Alpi-Hrovatin rappresenta una ferita aperta per l'Italia, un simbolo della difficoltà di ottenere giustizia quando gli interessi in gioco sono enormi. Le domande rimaste senza risposta sono molte: chi ordinò l'omicidio di Ilaria e Miran? Quali verità scomode avevano scoperto? E soprattutto, chi continua a ostacolare la piena luce su questa tragica vicenda?

Nonostante i decenni trascorsi, la memoria di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin continua a vivere nelle inchieste giornalistiche, nei documentari e nei dibattiti pubblici. La loro storia è un monito per tutti coloro che credono nella libertà di stampa e nella ricerca della verità. Ma è anche una richiesta di giustizia che non può essere ignorata.

A trent'anni dalla loro morte, il caso Ilaria Alpi è tutt'altro che chiuso. La lotta per la verità continua, sostenuta dalla determinazione di chi crede che giustizia debba essere fatta, non solo per onorare la memoria di Ilaria e Miran, ma anche per garantire che la libertà di informazione e la ricerca della verità non siano mai messe a tacere da interessi oscuri.

 

ll nostro caro amico Najo Adzovic si trova attualmente ricoverato al Campus Bio-Medico di Roma, a seguito di un infarto che, con ogni probabilità, è stato causato da una grave malattia che lo affliggeva da alcuni anni. Le sue condizioni sono stabili per ora, ma non sappiamo come evolveranno nei prossimi giorni, quando sarà sottoposto a un delicato intervento chirurgico.

Najo è sempre stato un combattente, una persona forte e determinata. Le sue battaglie per i diritti degli ultimi, dei poveri e dei disagiati sono ben note a tutti noi. Grazie a lui, abbiamo avuto l'opportunità di conoscere culture diverse e le vite di persone e famiglie che vivevano separate da noi da un muro invisibile. Najo ha abbattuto quel muro, creando un ponte tra la comunità Rom e la società circostante.

Oggi Najo si trova in una situazione di fragilità, ma per molti di noi è stato un punto di riferimento, non solo per Roma Capitale, per il governo e le forze dell'ordine, ma soprattutto per le associazioni cattoliche e laiche, promuovendo un dialogo diretto tra il Vaticano, la comunità Rom e i cittadini. Najo è un amico con il quale abbiamo imparato a convivere in pace e legalità, favorendo la coesistenza tra il popolo Rom e i cittadini. Senza di lui, la nostra storia sarebbe vuota, priva di speranza per molte famiglie perbene.

Preghiamo affinché torni presto tra noi, per intraprendere insieme un lungo cammino di fratellanza e vero amore verso i nostri simili.

 

L’iscrizione nel registro degli indagati dell’ex procuratore capo della Repubblica di Roma e di altri magistrati presso la procura della Repubblica di Palermo da parte degli inquirenti della procura di Caltanissetta per il presunto insabbiamento delle indagini scaturite dalle confessioni del celebre pentito Tommaso Buscetta sul patto tra la Mafia e società del gruppo Ferruzzi rappresenta un evento solo in parte inatteso per quanti hanno seguito con la dovuta attenzione l’apparentemente irresistibile ascesa di Raul Gardini, non a caso soprannominato “il pirata”.

Non contento di gestire il più grande gruppo saccarifero e agroalimentare italiano grazie al matrimonio con Idina Ferruzzi, l’ambizioso imprenditore romagnolo conquistò, con un vero e proprio colpo di mano, la Montedison, gravitante da sempre nell’orbita della Mediobanca di Enrico Cuccia, un banchiere d’affari molto sui generis e al quale si dice che il patron della Banca commerciale italiana, il compianto Raffaele Mattioli creasse ad hoc questa nuova creatura per tenere a bada le ambizioni del giovane Cuccia che aveva sposato Idea Rivoluzionaria una delle figlie di Beneduce, un uomo vicinissimo a Mussolini che lo volle a capo del costituendo Istituto per la Ricostruzione Industriale, lRI, che aveva in portafoglio la COMIT, il Credito Italiano e il Banco di Roma dopo il dissesto bancario dei primi anni Trenta.

Lo scontro tra Gardini e Cuccia è ben documentato dall’intervento durissimo dell’imprenditore romagnolo che rivendicava la libertà d’impresa contro la logica del “salotto buono” e delle azioni che si pesano e non si contano e che subito dopo lascio’ la sala, voltando platealmente le spalle all’anziano banchiere che voleva replicare al neo proprietario della Montecatini Edison.

Col senno di poi, e’ chiaro che Gardini sottovalutò l’influenza che Cuccia aveva, via Lazard e altre entità della finanza globale, influenza che certo non ebbe poco peso nelle decisioni dell’autorità che sovrintende al mercato delle merci di Chicago che costringe Gardini a liquidare le posizioni che le sue società avevano assunto sul mercato dei cereali, posizioni dalle quali uscì con rilevanti perdite e con un grave danno reputazionale.

Stara’ ai magistrati nisseni stabilire se il patto di cui Buscetta parlò’ direttamente con il magistrato più osteggiato dai suoi stessi colleghi e da buona parte del mondo politico, quel Giovanni Falcone che, pur procuratore generale aggiunto fu costretto ad accettare la ciambella di salvataggio lanciatogli dall’allora ministro della giustizia Claudio Martelli che lo chiamò a Via Arenula, incarico che non lo distolse dalla sua lotta decennale contro la mafia e i suoi addentellati politici e che costo’ la vita a lui a sua moglie e agli uomini della scorta, sorte che toccherà poco dopo all’amico Borsellino e anche in questo caso agli uomini e alle donne della sua scorta.

L’indagine sulla morte di Raul Gardini venne con una certa rapidità classificata come suicidio.

 

E’ la notizia che più ha spiazzato le importantissime elezioni americane del prossimo novembre e il contesto internazionale. 

Kamala Harris, la vice presidente Usa è scesa in campo per battere Trump, il candidato repubblicano, tanto dato per vincitore soprattutto dopo il fatidico attentato del 13 luglio scorso.

E’ stato necessario il passo indietro del Presidente Biden, che alla fine per la “difesa della democrazia americana”, lo ha fatto. 

Mai come adesso la partita si è riaperta, per la gioia degli osservatori di tutto il mondo, soprattutto europei. 

La candidatura di una donna, di 59 anni, ex magistrato, procuratore di San Francisco, senatore ed attuale vice presidente ha sparigliato i pronostici. 

“Una donna tosta e preparata”, l’ha definita il presidente Biden. 

La stiamo osservando tutti con curiosità perché -va detto- ai media europei era poco arrivata sia come donna che come politico. 

Adesso che è sotto la lente di ingrandimento, la vediamo sorridere, convincerci nel suo ruolo fresco di candidata presidente. 

Naturalmente non sono sfuggite le parole dell’avversario: è pazza, la chiama la “Kamala che ride”. Ed Harris ride davvero; su Tik Tok, i video in cui lei sghignazza gioiosamente durante le discussioni di gruppo e le interviste, che hanno fatto il giro del mondo, con la maggior parte dei commentatori che le hanno trovate accattivanti.

La “sua risata è sana, onesta e umana” sostengono da oltre oceano molte sue affezionate supporters. 

Del resto, se una risata viene letta come una minaccia da chi ti si oppone, allora possiamo ben dire che la critica all’espressione delle emozioni è da tempo l’arma preferita da chi vuole sminuire il ruolo delle donne nel potere politico. 

Non è una posizione femminista, è una valutazione obiettiva. 

E poi, cosa possiamo dire dell’avversario repubblicano? Trump non ride. Sorride compiaciuto, scopre i denti, a volte incrocia le braccia o scuote la testa per esprimere umorismo. In un comizio, in Florida del 2019, quando ha chiesto alla folla adunata cosa fare con i migranti che attraversavano il confine, uno spettatore ha urlato:” Sparategli!”. Questo con Trump può succedere. 

La nuova candidata democratica viene anche definita dalla pop star Charli XCX “Brat” prendendo spunto dal suo ultimo album Brat, appunto. La parola Brat traducibile in “monella” rappresenta il volere che le cose vadano nel verso giusto, anche se ci si comporta male ma in modo giocoso.

Così il popolo dei social americani ha deciso che sì, la vicepresidente Usa è brat e i loro cuori sono suoi. Il flirt della Harris con i social si riempie anche di emoji a forma di cocco, il coconut tree che viene da un discorso che la Harris fece mesi fa, quando citando un discorso della madre di origini indiane che diceva:” Non capisco cosa non vada in voi giovani, pensate di essere caduti da una palma di cocco? Esistete nel contesto di tutto quello che vi circonda e che è venuto prima di voi”. 

Quest’ ondata giocosa e leggera che coinvolge la Harris, dopo mesi di affanni e di angosce, la stiamo vivendo tutti come una boccata d’aria fresca nel contesto internazionale in attesa che il popolo americano faccia la sua scelta. 

Sappiamo bene che la battaglia sarà difficilissima, ma di fatto l’avversaria di Trump metterà in campo tutto il suo potere di convincimento, la sua autorevolezza, ma anche uno stile coerente con il tempo che stiamo vivendo. Tempi di  guerra, di scontro geopolitico tra potenze diverse, di congiunture economiche e prospettive di un mondo in attesa.

La Flip tutta partecipa al dolore di Giovanni De Ficchy, amico e associato, per la perdita del suo caro papa’, Vincenzo. Trasmettiamo un ricordo che ne fa il nostro collega. 

 

 

Era mio Padre

Domenica, mi sono svegliato di colpo, mio padre moriva, di lì a poco.

Era un uomo straordinario nella sua normalità, era pieno di passioni, di virtù e di difetti.

Perché i suoi difetti lo rendevano meravigliosamente imperfetto.

pErché illuminava ogni luogo in cui metteva piede con la luce della sua esuberanza.

Perché mi ha insegnato che più cose si fanno meglio si fanno.

Perché un giorno mi ha mollato un ceffone per insegnarmi che non ci si alza da tavola quando tuo padre e’ ancora seduto.

Il Vangelo e Costituzione erano i suoi punti di riferimento.

«Su questo non retrocedeva». 

Perché ha scelto per mettermi al mondo una donna meravigliosa come mia madre .

Lo ringrazio perché era mio padre

Semplicemente il miglior Padre del mondo.

Un Ricordo

Mio padre era un uomo geniale, con un carattere eccezionale, con alcune contraddizioni,

difetti e mancanze sotto alcuni punti di vista….non era un uomo lavoratore, in casa…

Eppure, senza alcun dubbio o timore, affermo che è stato un uomo, un marito e un padre straordinario.

Non sarò breve, come degno figlio di mio padre.

Quanto papà amava raccontare, spiegare, insegnare, avere un pubblico, molti dei suoi allievi gli dicevano che avrebbe dovuto fare teatro.

Era un narratore straordinario, senza tempo, poteva andare avanti ore e ore a palare, mai del tempo o delle stagioni, ma della storia, del significato, del vero.

Lo ascoltavo raccontare un sacco di cose meravigliose e interessanti, aveva un modo particolare di raccontarle e di viverle dentro di sé, poi trasmetteva a tutti.

Potrei tenervi giorni a raccontarvi di aneddoti, discorsi, citazioni, frasi, passioni, modi di dire, battute….ma sono sicuro che se l’avreste conosciuto, anche solo per una cena, vi sareste già fatta la vostra.

Ci mancherai papà, perché eri una presenza; nel bene e nel male, non potevi essere indifferente, risultare tiepido.

Avevi un fuoco dentro.

Tuo figlio

 

 

 

 

Una giornata di festa, ad Ardesio, per don Sueli Fornoni. Don Sueli è il figlio del nostro Vice-presidente Giorgio Fornoni, associato alla Free Lance International Press sin dal 2003, e per tanti anni pilastro della nota trasmissione televisiva Report. Don Sueli fu ordinato il 29 giugno scorso nella basilica del “santuario della Madonna Miracolosa” a Taggia (Imperia), e domenica 14 luglio scorso ha celebrato la sua prima messa nella comunità dove è cresciuto, ad Ardesio, nelle valli Bergamasche. Ad accompagnarlo c’era anche il vescovo di Ventimiglia-San Remo, monsignor Antonio Suetta, di cui don Sueli Fornoni è stato segretario per diversi anni.

Don Sueli è stato accolto sul sagrato del “Santuario della Madonna delle Grazie” di Ardesio, dove il sindaco Yvan Caccia gli ha rivolto un saluto a nome della comunità. Poi, dopo un momento di preghiera all’interno del santuario, è iniziato il corteo lungo le vie del paese, accompagnato dalla banda musicale della cittadina. Il figlio del nostro amico Giorgio ha celebrato così  la sua prima messa parrocchiale. Tanti i sacerdoti sull’altare che hanno voluto condividere con lui questo momento. Così come tante le persone che hanno partecipato alla celebrazione, a cominciare dai genitori del sacerdote: Dina Bana e il nostro Giorgio Fornoni.

L'associazione  tutta condivide con il caro Giorgio una delle più grandi soddisfazioni che un padre possa avere. Complimenti papa'!

 

 La pittura non ha genere. Questa la testimonianza di questa bella mostra  che accoglie circa 100 opere tra dipinti, sculture e fotografie.  Immagini di ogni tipo dai ritratti, alle scene familiari, al paesaggio. Lo stile tipico del mondo artistico del futurismo e non solo. Tutte opere dipinte da donne italiane e soprattutto dell’est Europa che soggiornavano, vivevano o studiavano in Italia e in particolare a Roma. Lo stile di queste opere, che rappresentano i vari linguaggi del tempo, è ben lungi da proporre un’arte al femminile, dove questa accezione possa in qualche modo essere un distinguo da quella maschile.

Le grandi e piccole tele e sculture di “Artiste a Roma. Percorsi tra Secessione, Futurismo e Ritorno all’Ordine”, questo il titolo dell’esposizione, raccontano un vissuto di creazione intelligente e originale che aggiungono nomi interessanti all’arte dello scorso secolo.

La mostra è visibile a Roma nell’elegante spazio del Casino dei Principi di Villa Torlonia, dal 14 giugno al 06 ottobre 2024.

L’esposizione, a cura di Federica Pirani, Annapaola Agati, Antonia Rita Arconti e Giulia Tulino, è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e organizzata in collaborazione con Sapienza Università di Roma, Dipartimento SARAS (Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo) e con Zètema Progetto Cultura.

L’interessante catalogo della mostra è edito da De Luca Editori d'Arte.

Da vari anni la Sovrintendenza Capitolina si all’immagine della donna nella storia dell’arte ma anche alle donne artiste, che vivevano a Roma e che erano accolte  nel suo entourage culturale e di studio.

Le artiste  in mostra sono esponenti di quelle avanguardie e di quei movimenti che, dal futurismo all’espressionismo, hanno attraversato gli anni del Ventennio fino al secondo dopoguerra. Artiste spesso sottostimate dalla storiografia ufficiale nonostante siano state protagoniste di una vasta produzione artistica che ha lasciato un segno significativo nella storia dell’arte italiana del XX secolo.

L’esposizione, articolata in sei sezioni: Tra Simbolismo e Secessione; Attraverso il futurismo; L’eredità del colore; Linguaggi del quotidiano tra Metafisica e Ritorno all’Ordine; Altri realismi; Nello sguardo di Ghitta Carell, propone un percorso che attraversa cinquant’anni densissimi di avvenimenti: gli anni Dieci con le Secessioni romane, in cui prevalgono stili diversi come l’espressionismo, il divisionismo, lo jugendstil, che incontrano dopo il 1916, anche il futurismo; segue la prima guerra mondiale che introduce al Ventennio e in cui si afferma il cosiddetto “ritorno all’ordine”: anni caratterizzati dalla ripresa di canoni e temi classici mediati dal primo Rinascimento e promossi dalla rivista «Valori Plastici» in cui è presente anche la metafisica dei fratelli de Chirico. Ancora durante il Ventennio, e sempre all’interno dei cosiddetti “ritorni”, s’incontra la Scuola di Via Cavour che propone un’arte fortemente espressiva e spesso in “silenzioso disaccordo” con il regime. Il percorso si chiude con gli anni che precedono e seguono la seconda guerra mondiale. Tra le artiste italiane e internazionali presenti in mostra figurano i nomi di Evangelina Alciati, Teresa Berring, Wanda Biagini, Edita Broglio, Benedetta Cappa Marinetti, Ghitta Carell, Katy Castellucci, Leonetta Cecchi Pieraccini, Angela Cuneo Jacoangeli, Deiva De Angelis, Emilia de Divitiis, Maria Grandinetti Mancuso, Bice Lazzari, Pasquarosa Marcelli Bertoletti, Costanza Mennyey, Vittoria Morelli, Marisa Mori, Adriana Pincherle, Milena Pavlovic Barilli, Eva Quajotto, Mimì Quilici Buzzacchi, Antonietta Raphaël, Virginia Tomescu Scrocco, Maria Immacolata Zaffuto, Emilia Zampetti Nava, Rouzena Zatkova.

 

 

Il fenomeno degli pneumatici forati sulla Fiumicino Roma non accenna a diminuire, anzi!

 

Chi lavora presso l'aeroporto internazionale Leonardo da Vinci di Fiumicino, sa benissimo quanto è alto il rischio di bucare una gomma mentre si è alla guida sul tratto che dall'aeroporto porta verso Roma. Le forature avvengono per la stragrande maggioranza all'altezza dell'uscita per il G.R.A. in direzione EUR. Ad un chilometro dallo svincolo ci si imbatte sempre in qualche malcapitato intento ad armeggiare con cric e ruota di scorta! L'orario pomeridiano è quello più indicato. E ciò fa seriamente pensare che qualche interessato con le rotelle fuori posto si diverta a seminare oggetti affilati od appuntiti affinché si vadano a conficcare nelle ruote di chi viaggia in auto ad una velocità media di 100Km/h. Un vero e proprio tentato omicidio che si ripete quotidianamente da anni, mentre apparentemente nessuno muove un dito.

Basterebbe dare uno sguardo al lato della carreggiata: pezzi di pneumatici squarciati, bulloni e borchie ovunque. Segno evidentissimo che in quel preciso tratto autostradale si concentri un elevatissimo numero di casi. Il che avvalora l'ipotesi della presenza di qualche squilibrato il quale prova gusto nell'arrecare danni ad automobili e persone lungo una via ad altissimo scorrimento priva di aree soccorso o piazzole d'emergenza laterali: si è costretti ad operare con le automobili che sfrecciano a meno di un metro alla linea di confine della carreggiata, unico spazio in cui cercare di sostituire un pneumatico col rischio di essere investiti. E questi danni sono ulteriormente aggravati dall'impossibilità di avvalersi della colonnina SOS di Autostrade in quanto fuori uso da sempre; provare per credere! Oltre la danno pure la beffa.

Il numero di incidenti in quell'area è statisticamente molto più elevato che sul resto di tutto il tratto stradale rimanente. È la conseguenza logica del fatto che se si è fortunati e si buca una delle ruote posteriori, tutto fila abbastanza liscio. Ma se a bucarsi dovesse essere una ruota anteriore, allora i guai si fanno seri e l'accusa di tentato omicidio si fa reale e concreta. Per non parlare di chi guida un due ruote! Quindi, non c'è tempo da perdere; è giunta l'ora di agire! Chi dovesse notare qualcosa di strano deve tempestivamente farlo presente alle Forze dell'Ordine.

n questi ultimi giorni, torna incredibilmente di moda il dimenticato "reddito di cittadinanza". Aspettiamoci il peggio nei giorni e nei mesi a venire, soprattutto alle porte dell'imminente estate che si annuncia incandescente e non per via delle temperature!!! 

Guardando più da vicino la materia, possiamo scoprire alcuni banali aspetti su cui desidero convogliare la vostra attenzione. Nulla di eccezionale, per carità ma... un qualcosa che è giusto mettere per bene in luce, visto che Il reddito di cittadinanza, “regala” 700€ mensili a persona “avente diritto”. A conti fatti, fa meno di 1€ l'ora: 30 giorni X 24 ore= 720 ORE... Al mondo, non esiste alcun oggetto o dispositivo che sia – per scarsissimo valore possa essere e valere – che possa essere affittato o noleggiato a meno di un euro l'ora. Ne consegue che SOLO L'ESSERE UMANO non vale niente, manco un micragnosissimo euro. Ma i percettori sono felici di prenderlo... e questo dice tutto!

Conferenza stampa Gen. Muggeo

Circa 2000 tra Carabinieri in servizio, congedo, familiari e simpatizzanti, hanno sfilato per le strade della cittadina per dimostrare ancora una volta quanto l’Arma dei Carabinieri e l’Associazione Nazionale siano vicini alla gente, la quale ha risposto con entusiasmo, unendosi in un unico slogan: “Abbracciamoci insieme”.

Un altro grande impegno, che ha seguito il Raduno Nazionale di Ostia dello scorso maggio 2023, al quale ha dovuto fare fronte l’Ispettore Regionale Anc per il Lazio, Gen. D. CC Pasquale Muggeo, dove hanno partecipato le massime Autorità Civili, Militari e di Polizia e tante Sezioni con i loro rispettivi Presidenti.

Domenica 21, dopo l’alzabandiera e la deposizione di una corona al monumento ai Caduti in piazza Garibaldi, si è svolta la Santa messa presso 

Concerto Fanfara dell'Arma

l’anfiteatro di Bleso.

Al termine e prima della sfilata per le vie della città, molto toccanti sono stati i discorsi delle massime Autorità dell’Associazione e dell’Arma, Gen. C.A. CC Libero Lo Sardo, Presidente Nazionale e Gen. C.A. CC Salvatore Luongo, Comandante Interregionale “Podgora”. Proprio quest’ultimo ha voluto ringraziare il Generale Lo Sardo, suo “mentore”, così come lo ha definito e suo Comandante già dal 1984, ai tempi del Nucleo Radiomobile di Roma, a testimoniare come l’Arma in congedo e quella in servizio siano una realtà sempre unita, il rovescio di “un’unica medaglia”, come anche affermato dal Generale Muggeo in conferenza stampa.

La due giorni, presentata da Roberta Albanesi e dal conduttore Fabio Testi, ha registrato le rappresentazioni molto prestigiose della Fanfara dell’Arma, diretta dal Maestro Luogotenente Danilo Di Silvestro, degli “Operapop”, composti dalla Soprano Francesca Carli ed Enrico Giovagnoli e dalla stessa Roberta Albanesi in arte “Beba”, cantante melodica.

 

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