L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Free mind (189)

Lisa Biasci
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             Domenica mattina ad Ostia Lido (Roma): un gran bel sole, tavolini di un bar in riva al mare. Tutti, senza alcuna distinzione, che parlano dell’unica cosa di cui tutti parlano … Con toni più o meno allarmati, a volte con qualche azzardata punta di ironia, ma tutti che parlano della stessa unica cosa.

Davvero difficile capire come evolverà e come finirà la faccenda. Sembra, giorno dopo giorno, che tutto crolli o sia in procinto di crollare … che i barbari siano alle porte … che maligne civiltà extraterrestri si stiano impadronendo del nostro mondo.

La vita quotidiana si svuota delle sue occupazioni “normali”. Anzi, è la “normalità” in sé e per sé che viene ferocemente e implacabilmente erosa, telegiornale dopo telegiornale.

E ci cambia dentro, continuamente, rapidamente … Togliendoci il sorriso.

Ci si domanda quando si potrà voltare pagina e fino a che punto riusciremo veramente a farlo. E come resterà trasformata, per sempre, la nostra vita individuale e collettiva.

E noi, soprattutto, come diventeremo? Anzi, come siamo già diventati?

Quanta fiducia, quanta voglia di vivere, quanta sana “umanità” abbiamo perduto e quanto altro ancora ci verrà tolto?

Una certezza amara: da questa storia le istituzioni pubbliche, nei confronti del cittadino, usciranno fuori immensamente rafforzate. Sempre più legittimate e autorizzate a sottrarci fette sempre più cospicue di diritti, in nome dell’”interesse generale”, del “bene comune” che - categoricamente e indiscutibilmente - verranno collocati al di sopra di tutto e di tutti.

Sarà mai possibile tornare indietro?

In pratica, sarà una catastrofe peggiore di quella dell’ 11 settembre. Anche su questa pagina del nostro cammino, chissà, resteranno aspetti misteriosi, interpretazioni controverse, sospetti di occulte regie?

In ogni caso: nell’oscuro avvenire che ci attende, che uso verrà fatto da parte delle autorità governative future di questo enorme potere che è stato riposto nelle loro mani (che certamente continueranno a tenersi ben stretto)?

Quanto sarà possibile riuscire a tutelare in maniera efficace e giusta il diritto al dissenso, il diritto alla diversità, il diritto ad essere e a voler continuare ad essere minoranza? Contro il pensare comune? Contro la tirannide gelosa della “salute pubblica”? Contro lo strapotere di uno Stato sempre più “provvidenzialmente” padre-padrone delle nostre esistenze, del nostro destino?

Intanto, nella nebbia apocalittica di questi strani e cupi giorni, non permettiamo alle paure e agli egocentrismi di riempirci la mente e il cuore. E non facciamo spegnere - vi prego - in noi la capacità di sorridere e di sorriderci. Ricordando sempre quanto ci hanno insegnato i grandi saggi del passato:

           “Siamo ciò che pensiamo. Tutto ciò che siamo è prodotto dalla nostra mente. Ogni parola o azione che nasce da un pensiero torbido è seguita dalla sofferenza, come la ruota del carro segue lo zoccolo del bue.

         Siamo ciò che pensiamo. Tutto ciò che siamo è prodotto dalla nostra mente. Ogni parola o azione che nasce da un pensiero limpido è seguita dalla gioia, come la tua ombra ti segue, inseparabile.”

                                                 Dhammapada (Canone buddhista)


Un appello per chiedere la liberazione di Julian Assange, perché l’azione legale promossa nei suoi confronti “rappresenta un precedente estremamente pericoloso per i giornalisti, per i mezzi di informazione e per la libertà di stampa”. Ha raccolto oltre 1100 firme proveniente da 96 Paesi diversi l’appello Speak up for Assange, promosso da giornalisti e associazioni giornalistiche: oltre al direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio, hanno aderito Edward Snowden, whistleblower del caso Nsa, Giannina Segnini, direttore della Columbia Journalism School, l’ex europarlamentare Barbara Spinelli e il linguista e saggista Noam Chomsky.


“Julian Assange, fondatore ed editore di WikiLeaks, è attualmente detenuto nel carcere di alta sicurezza di Belmarsh, nel Regno Unito, in attesa di essere estradato e poi processato negli Stati Uniti in base all’Espionage Act – si legge nel testo dell’appello che era stato pubblicato anche sul Fatto -. Assange rischia una condanna a 175 anni di prigione per avere contribuito a rendere pubblici documenti militari statunitensi relativi alle guerre in Afghanistan e Iraq e una raccolta di cablogrammi del Dipartimento di Stato Usa. I War Diaries hanno provato che il governo statunitense ha ingannato l’opinione pubblica sulle proprie attività in Afghanistan e Iraq e lì vi ha commesso crimini di guerra. WikiLeaks ha collaborato con un grande numero di media in tutto il mondo, media che hanno pubblicato a loro volta i War Diaries e i cablogrammi del Dipartimento di Stato Usa“.


Per i promotori “in una democrazia, i giornalisti devono poter rivelare crimini di guerra e casi di tortura senza il rischio di finire in prigione” e nei “due anni” che Assange ha passato “agli arresti domiciliari e sette anni all’interno dell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, dove gli era stato riconosciuto l’asilo politico” sono stati violati i suoi diritti più elementari. La richiesta dei promotori è quindi quella di “chiedere l’immediata liberazione di Julian Assange. Esortiamo i nostri governi, tutte le agenzie nazionali e internazionali e i nostri colleghi giornalisti a chiedere la fine della campagna scatenata contro di lui per avere rivelato dei crimini di guerra. Esortiamo i nostri colleghi giornalisti a informare il pubblico in modo accurato sugli abusi dei diritti umani da lui subìti“.

Venerdi, 24 gennaio 2020 - Chi di voi stamattina ha letto il quotidiano “La Sicilia” avrà forse letto un articolo così intitolato: Diffamarono Enzo Bianco, doppio rinvio a giudizio”.

 

Bene, vi informiamo che chi scrive e il comunista e giornalista de “I Siciliani Giovani” Matteo Iannitti non sono stati condannati: il 22 ottobre comincerà il dibattimento. Solo alla fine del processo si potrà scrivere “diffamarono”. O magari no. Chi lo sa. Almeno così accade in Europa e nel mondo occidentale.

In queste ore Enzo Bianco e la sua “corte” sembrano i “vincenti” (taluni della “corte” probabilmente potrebbero essersi attivati per adeguata diffusione della "clamorosa" notizia), chi scrive, da parte sua, si rivolge a voi per scrivere due righe (più in là approfondiremo la questione e le questioni collegate).

Un rinvio a giudizio per un giornalista per avere copiato un comunicato stampa di una forza politica su una questione di grande impatto pubblico (e politico) non dovrebbe essere vissuto con un'alzata di spalle o peggio. Quale che sia il finale di questa storia tutta catanese (chi conosce questa città sa bene che il contesto generale è tipico delle “pagine catanesi”), facciamo notare che riferire, ripetiamo riferire, un comunicato di una forza politica su un tema di grande attualità può capitare a tutti.

Se domani (o chissà ancora quante altre volte...) questo esercizio del diritto di cronaca sarà passibile di valutazioni giudiziarie potrebbe di fatto rappresentare un problema per tanti, non solo per un singolo cronista. Questo perchè quando si toccano, o meglio si sfiorano, diritti di questo tipo, le conseguenze a cascata non sono mai valutabili con precisione. O meglio riguardano tutti.

Credo che al di là di ogni valutazione personale, il problema, come dire, riguarda tutti. O almeno dovrebbe essere così.

Buona libertà di stampa a tutti.

 

Marco Benanti (che si assume tutte le responsabilità, dirette, indirette, per concorso morale, interno ed esterno, per vigilanza e affini, di quanto scritto).

da www.leienesiciliane.it

 

Quasi 2000 tonnellate di cocaina vengono prodotte ogni anno nel mondo e consumate da 18 milioni di persone per un giro di affari di 300 miliardi  di euro. Complessivamente 270 milioni di persone fanno uso di narcotici.

     

Si inizia per caso, per curiosità, per noia, per provare nuove esperienze, per sentirsi all’altezza della situazione, per malessere profondo; si cerca euforia, esaltazione, benessere che presto abbandona e scaraventa in un pozzo sempre più profondo e il vuoto iniziale diventa voragine che solo altra droga può colmare. La pace dura poco e la solitudine torna schiacciante. Subentra la sonnolenza la depressione, il grigiore, l’amarezza. Lo dicono tutti coloro che hanno fatto questa esperienza.  

Nel 2017 vi è stato un aumento del 27% della produzione di cocaina e la Colombia è il paese che ne produce più: è la droga più  consumata in Europa occidentale..La usano tutti, dall’avvocato, al pilota, dall’impiegato al professionista, dal disoccupato al medico convinti che moltiplichi le prestazioni mentali, fisiche, lavorative, sessuali.

A Roma, che è diventata la capitale del narcotraffico in Italia,dove mafie, organizzazioni criminali straniere ed italiane si dividono il

mercato, ci sono un centinaio di piazze di spaccio ognuna di queste mediamente fattura da 10 ai 20 mila euro al giorno.

Pochi sanno che per coltivare coca su un ettaro di terra occorre disboscarne 4 mq di foresta amazzonica. Ma non serve arrestare il

trafficante se non si elimina la richiesta alla base; senza intervenire sul meccanismo che lo tiene in piedi tutto resta inutile.

Bisognerebbe interrogarsi sulla domanda e non solo sull’offerta; sul perché i ragazzi, e non solo, a 12 anni decidono di drogarsi;

interrogarsi perché le istituzioni internazionali non hanno la volontà di affrontare e risolvere il problema.

E’ da ipocriti condannare la droga ed assolvere coloro che ne fanno uso. Chi è più colpevole chi ruba o chi spinge a rubare? Chi uccide o chi crea le condizioni all’omicidio? lo spacciatore o chi la assume, per motivi assai discutibili ed auto lesivi? Chi è più colpevole chi costruisce la bomba o chi la commissiona? La donna che si prostituisce (magari per disperazione e miseria) o l’uomo che la rende tale per puro piacere sessuale? Chi è più imputabile chi uccide l’animale o chi ne commissiona e ne mangia le carni?

La causa di tutto questo sta nella mancanza di cultura, di conoscenza, di formazione, di senso critico, di sensibilità e dignità umana, di coscienza, di veri ideali senza i quali l’essere umano non può vivere e sprofonda nel vuoto dell’esistenza e cerca di colmarli con qualunque surrogato.

Se non c’è un cambio di tendenza, se non c’è una vera volontà politica di un acculturamento universale ai valori fondamentali della vita continueremo ad assistere ad un progressivo decadimento delle qualità civili, morali e spirituali della società umana e tutti ne pagheremo le conseguenze, compresi, purtroppo, anche gli animali.

 

Milano - Avete mai sentito parlare di fenomeni paranormali? Ecco qui come Fabio e Vanessa, novelli sposi Milanesi, ci racconteranno la loro esperienza tra fantasmi e demoni!

 

Alla ricerca di risposte. Come è nata la vostra passione?

“Fin da piccoli siamo rimasti affascinati da questo mondo completamente misterioso, di cui la scienza non ha ancora delle risposte certe. Leggendo libri dedicati e guardando documentari, crebbe ancora di più la nostra sete di risposte!”

Da quanto tempo siete nel mondo del ghost hunting?

“Nel 2018 dopo la nostra conoscenza decidemmo di approfondire alcuni casi, andando in luoghi in cui si è sempre detto, che ci fossero presenze.
Anche noi, in primis,scettici volevamo delle risposte! E iniziando a documentare il tutto con attrezzature e telecamere abbiamo riscontrato diversi fenomeni paranormali, che ci hanno tolto il fiato da quanto siano così reali!”

Non avete paura che vi possa succedere qualcosa durante le indagini?

“I rischi ci sono! cambi di umore, lividi sul corpo, graffi. Ci é già successo molte volte di sentirci male durante un indagine, avvertendo una sensazione di morte mista a pericolo, ma é proprio in quei momenti che abbiamo avuto risposte sempre più concrete.”

Potrebbe mai verificarsi una possessione durante le vostre indagini?

“Certo! É possibile che uno spirito possegga l’anima di un vivente, ma, ci sono degli stadi ben precisi prima che la possessione possa avvenire: Persecuzione, ossessione e possessione. Se non si verificano tutti gli stadi anticipatamente é impossibile che avvenga dal nulla.”

Avete mai riscontrato nelle vostre indagini una possessione?

“Si! Abbiamo indagato su una vicenda di una casa privata nelle zone di Varese, la proprietaria, una signora che ha perso un fratello all’età di 8 anni, durante l’indagine ha dato prova di aver parlato una lingua a lei sconosciuta.
Increduli, abbiamo assistito ad una conversazione tra lei ed uno spirito, nella quale diceva “arakun” che significa “arrivederci” in arabo.
Tramite la spirit box, sono comparse voci di alcuni demoni che dicevano i loro nomi, abbiamo sentito “Asmodeo”.
La demonologia, lo studio delle credenze relative agli spiriti o demoni, ci insegna che, Asmodeo é uno tra i più importanti spiriti infernali, il demone distruttore.”

Quali sono i rischi di quello che fate?

“Emozionalmente? Molti! Si costruisce quasi un legame alle storie e alle entità che si palesano.
Nella maggior parte dei casi si tratta di bambini deceduti in situazioni particolari, poter conversare con loro tramite la strumentazione é qualcosa di stravolgente!”

L’indagine che vi ha shoccato di più?

“La più shoccante è stata sicuramente quella di Villa pastore a Valenza, stando tutta la notte in quel luogo ci siamo sentiti particolarmente assorbiti da sensazioni devastanti da far mancare il respiro.
Oppure a villa de vecchi a Cortenova (Lecco), durante l’indagine si è materializzata una presenza proprio dietro a Vanessa, abbiamo fatto degli approfondimenti sulla temperatura e l’umidità in quel luogo e in quel periodo era impossibile avere un cumulo di nebbia proprio dietro a Vanessa.”

Cosa immaginate nel vostro futuro?

“Noi speriamo di poter comunicare ad un pubblico sempre più ampio dando una svolta al paranormale, investigando seriamente su questi fenomeni.
Ci piacerebbe creare delle strumentazioni che possano appurare che queste anomalie esistano anche scientificamente. Perché qualcosa c’è!”

 

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Antonio Mazzeo è il giornalista investigativo più informato su Muos, Sigonella e droni, tutti temi su cui lavora da tempo. E’ al tempo stesso da sempre impegnato nel pacifismo e nelle lotte del territorio siciliano.

In primo luogo qual è la tua opinione sulla possibilità che i droni siano dell’attentato a Soleimani siano partiti da Sigonella e che siano stati guidati dal MUOS o con la sua collaborazione?

Sin dalle prime frammentarie notizie dell’attacco terroristico USA ho espresso le mie perplessità sulla possibilità che i droni killer siano decollati dalla grande stazione aeronavale di Sigonella. Nonostante ci siano ancora dubbi sulla reale tipologia dei velivoli senza pilota e dei missili aria-terra impiegati, ritengo comunque improbabile l’uso di Sigonella quale piattaforma di lancio del raid. Nel caso in cui siano stati utilizzati i micidiali Reaper MQ-9 (droni presenti a Sigonella e già utilizzati dal Pentagono e dalla CIA per operazioni di bombardamento in Libia e dalla stessa Aeronautica militare italiana per le operazioni d’intelligence nel Mediterraneo e nord Africa), il loro raggio d’azione poco inferiore ai 2.000 km rende incredibile per logica l’ipotesi di un loro decollo dalla Sicilia. Nonostante Washington abbia posto la massima segretezza sull’intera operazione è presumibile invece che i droni siano partiti da una delle innumerevoli basi realizzate in quasi tutti i paesi arabi prossimi all’Iraq (accreditate fonti militari puntano l’indice sul Qatar, ma installazioni di supporto ai Reaper statunitensi esistono negli Emirati Arabi, in Arabia Saudita, Oman, Giordania e in Corno d’Africa a Gibuti). Ciò non toglie che proprio Sigonella abbia avuto un ruolo centrale nella pianificazione dell’attacco e nella trasmissione degli ordini e delle informazioni necessarie al suo espletamento. La base siciliana, infatti, ospita da due anni il cosiddetto UAS SATCOM Relay Pads and Facility, il sito per supportare le telecomunicazioni via satellite e le operazioni di tutti i droni dell’Aeronautica e della Marina militare statunitense, ovunque essi si trovano. Si tratta di una stazione gemella a quelle esistenti a Ramstein (Germania) e nella grande base aerea di Creech (Nevada), centro strategico per le attività dei velivoli senza pilota USA. Per questo ritengo più che plausibile che Sigonella abbia giocato un ruolo chiave all’interno del network di comando e controllo dello strike all’aeroporto di Baghdad. Lo stesso vale per il terminale terrestre di Niscemi (Caltanissetta) del nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari MUOS delle forze armate USA, indispensabile per le operatività nei teatri di guerra di ogni utente mobile (così come lo sono i droni). Dubito che su questi due elementi ci potrà mai essere una smentita ufficiale da parte del governo italiano, dato che la titolarità esclusiva e l’uso di queste infrastrutture è degli Stati Uniti d’America e certamente nessuno si sognerebbe mai d’informare o chiedere il permesso all’Italia per utilizzare i nodi di trasmissione degli ordini d’attacco ed intelligence, né ovviamente sarebbe possibile per l’Italia impedirne l’uso.

Al di là di questa possibilità quali sono i ruoli della basi italiane e del MUOS nella strategia bellica statunitense?

Quanto sta accadendo in queste ore è la prova evidente del ruolo geo-strategico assunto dalle innumerevoli installazioni militari USA e NATO ospitate nel nostro paese. Abbiamo già detto di Sigonella e Niscemi. Nelle ore antecedenti l’attacco all’aeroporto di Baghdad e subito dopo, è stato registrato un intensissimo traffico aereo sui cieli italiani di velivoli da trasporto pesante e di cacciabombardieri USA. In particolare essi hanno attraversato prima la Sardegna e il Tirreno e poi l’Italia centro-meridionale in direzione Medio oriente e ciò ha comportato il logico supporto delle innumerevoli stazioni radar e di telecomunicazione che operano Italia in ambito NATO. Dalle basi dell’esercito USA di Vicenza (Camp Darby e l’ex scalo aereo Dal Molin) sono stati mobilitati centinaia di militari in forza alla 173 Brigata aviotrasportata, reparto d’eccellenza statunitense in tutti gli scacchieri di guerra internazionali. Grazie al ponte aereo avviato dal vicino aeroporto di Aviano (Pordenone), i soldati della 173 Brigata hanno raggiunto il Medio Oriente, molto probabilmente il Kuwait e forse anche il Libano. L’escalation militare USA di queste ore, con l’invio di oltre 3.000 militari ai confini con l’Iraq, presuppone contestualmente il trasferimento di mezzi da guerra pesanti e munizioni e ciò avverrà sicuramente dall’hub toscano di Camp Darby, il maggiore deposito strategico USA per le operazioni in Africa e Asia, utilizzando i porti di Livorno e Genova e l’aeroporto di Pisa. Presumibile inoltre che una parte dei cacciabombardieri a capacità nucleare F-16 di stanza ad Aviano siano già stati dirottati in Medio oriente (il via vai di velivoli di questi giorni dalla base friulana è evidentissimo), e sono certo che assisteremo ad un aumento delle soste di unità da guerra navali, portaerei e sottomarini nucleari compresi, nei porti italiani, primo fra tutti quello di Augusta (Siracusa), il principale centro di rifornimento di carburanti e armi della Marina militare USA nel Mediterraneo. Ancora una volta, dunque, l’Italia sarà lo snodo chiave per le operazioni di guerra del Pentagono, senza poi dimenticare le differenti missioni delle forze armate italiane in Iraq e paesi confinanti, purtroppo sempre al traino e/o di scorta dei moderni guerrieri di mister Trump.

La situazione delle basi statunitensi e dei sistemi collegati è in palese violazione con la Costituzione Italiana e con gli stessi trattati NATO? E perché?

Questi temi sono stati affrontati innumerevoli volte negli anni scorsi, ma purtroppo inutilmente. L’articolo 11 della Costituzione pone al bando la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali, ma da sempre le installazioni USA e NATO in Italia sono utilizzate per operazioni belliche e di vero e proprio terrorismo internazionale. Il Parlamento è stato bypassato in ogni occasione, anzi è possibile dire che alcune delle operazioni d’attacco maggiormente in contrasto con il dettato costituzionale siano state volutamente tenute segrete alle due Camere, ai parlamentari e all’opinione pubblica. La trasformazione di Sigonella in vera e propria Capitale mondiale dei droni USA e NATO è uno degli atti più incostituzionali e irresponsabili della recente storia d’Italia. I velivoli senza pilota comportano la progressiva disumanizzazione di ogni conflitto e la delega alle macchine del diritto di vita e di morte, di pace e di guerra. Siamo mille miglia al di là della Costituzione, fuori dagli stessi principi etici e del diritto consacrati nella lunga storia dell’Umanità.

Quali sono le conseguenze di questi sistemi militari per l’Italia, per le persone e per la sicurezza del nostro paese?

La guerra moderna, oltre che disumanizzata e disumanizzante, ha assunto la logica spietata dell’asimmetria, cioè fuori dai modelli convenzionali con cui è stata conosciuta e studiata nei secoli passati. L’uso dei droni per gli omicidi extragiudiziali del “nemico” è guerra asimmetrica, così come l’eventuale ritorsione-vendetta rappresentata dall’attentato terroristico contro civili inermi o luoghi simbolici in quei paesi che hanno responsabilità dirette nella conduzione dei conflitti in Medio Oriente e nel continente africano. Chi semina odio e morte raccoglie vendette e morte. Essere piattaforma di lancio di attacchi terroristici e bombardamenti indiscriminati significa trasformarsi immediatamente in obiettivo da colpire come ritorsione e, magari, anche per prevenire nuovi attacchi. Si instaura così una interminabile catena di sangue, dove le vittime “asimmetriche” sono sempre di più le popolazioni inermi, innocenti e inconsapevoli della follia dei dottore Stranamore del XXI secolo.

Secondo te il governo italiano cosa dovrebbe chiedere al governo statunitense e alla NATO?

Sono proprio secco perché ormai non ci possono essere più strumentali timidezze e ipocrisie di sorta. Le forze armate degli Stati Uniti d’America e della NATO (ma anche quella dei paesi extra-NATO che continuano a formarsi e ad addestrarsi in Italia, Israele, Arabia Saudita e Turchia in primis), devono lasciare immediatamente il territorio del nostro paese e le infrastrutture utilizzate devono essere smantellate e/o riconvertite ad uso civile. Deve essere interdetta la sosta “tecnica” negli scali aerei e nei porti ad ogni sistema di guerra “straniero” e sancita unilateralmente l’uscita dell’Italia dalla NATO, alleanza militare che, tra l’altro, proprio in Libia, Siria e oggi a Baghdad ha evidenziato tutta la sua fragilità e inutilità.

Di fronte a questi eventi si ha a volte un senso di impotenza; cosa può fare ognuno di noi per combattere questo sistema di cose?

Quanto accaduto in questi giorni in Iraq è solo l’ultimo atto di una tragedia epocale: la guerra uber alles: la guerra prima di tutto, per tutto e sopra ogni cosa. L’umanità deve prendere coscienza che siamo davvero sull’orlo del baratro. Mai come oggi i pericoli di olocausto nucleare sono reali e l’umanità rischia l’estinzione ben prima degli effetti devastanti delle trasformazioni climatiche in atto. E’ indispensabile ricostruire un movimento internazionale contro ogni guerra, subito. Ad ogni singolo essere vivente spetta il diritto-dovere alla resistenza, alla disobbedienza, all’obiezione, alla diserzione. C’è poi il dovere a cui sono chiamati giornalisti e opinionisti: quello di denunciare le cause, le modalità e le conseguenze di questa follia globale bellicista. Noi proviamo a farlo dal basso, con pochissimi mezzi ma con la ferma convinzione che non possiamo risparmiarci proprio ora. Lo dobbiamo fare per noi e per i nostri figli, per continuare a credere che un altro mondo è ancora possibile.

Per gentile concessione dell'agenzia di stampa internazionale  Pressenza

“Fava era già negli anni Sessanta uno dei figli di quel socialismo meridionale, romantico e anti-ideologico, che nella storia d'Italia, non a caso, ha avuto un ruolo rilevante, e che al Sud è tutto fatto di galantuomini. I pilastri della sua poetica -a rileggerlo oggi- erano l'individuo, la legalità, il senso per la forza delle storie vere. Era un socialista anti-marxista e proprio per questo era molto criticato dalla sinistra ideologizzata del tempo. Si diceva, per esempio, che nel suo teatro Fava anteponesse l'individuo alla società.

Era vero, ed è forse la cosa che rendeva vividi e attuali i suoi drammi, i suoi romanzi, i suoi personaggi. Socialista, quindi, ma libertario e anti-dogmatico. E io mi ricordo bene che la sinistra dei salotti, nella Catania degli anni Settanta, lo considerava demodè, melenso e terribilmente piccolo borghese. Era un mondo che conoscevo bene, quello dei suoi critici, perchè all'epoca era anche il mio mondo. La cosa curiosa è che molto di loro sono quelli che poi lo hanno santificato. E che non lo hanno letto, nemmeno oggi.” parole di Francesco Merlo ( pag 185-186) tratte da “Il Siciliano” di Massimo Gamba, Sperling & Kupfer, 2010.

Domani, quella parte di sinistra che agisce come il “Comitato Centrale della Verità” riproporrà il solito clichè, i soliti rituali dietro il “compagno Fava”. Che non è mai esistito.

Noi lo ricordiamo con le sue parole, tratte da un'intervista rilasciata in occasione della nascita del “Giornale del Sud”, all'inizio degli anni Ottanta: “noi siamo dei laici, cioè noi siamo in quella grande area democratica nella quale confluiscono tutte le vere, le autentiche, le più sincere forze della nazione. Non siamo per nessuno e non siamo contro nessuno, semmai siamo contro il Potere inteso nel senso più bieco della parola, siamo per la libertà dell'uomo”.

per gentile concessione della testata "Le Jene sicule"

"La città di Foggia e la sua provincia stanno battendo tutti i record, un omicidio ed il primo giorno dell'anno si va già a +1 , con auto che deflagrano in giorni di festa."

 

La città di Foggia e la sua provincia stanno battendo tutti i record, un omicidio ed il primo giorno dell’anno si va già a +1 , con auto che deflagrano in giorni di festa. Cosa ancora per Foggia nel prossimo futuro? Un’escalation che fa molto preoccupare soprattutto chi, nella quotidianità, ancora, nonostante tutto, mantiene una saracinesca aperta“.

È il commento di Don Aniello Manganiello attraverso il vicepresidente Pietro Paolo Mascione vicepresidente di “Ultimi”. “Quest’aria  mediorientale è diventata fin troppo pesante. La gente non frequenta più Foggia, perché Foggia è sentirsi braccato da qualcosa e da qualcuno e la ricaduta economica significherà, inevitabilmente, perdite economiche rilevanti, perché se andare in una città significa rischiare, allora in tanti preferiscono restare a casa.

Allora la parola passi alla società, quella con la maglia dal colore ben definito, che non sia mai grigia uniforme di chi gioca su tutti i tavoli. Bene lo Stato, benissimo la Chiesa con i propri interventi marcati e decisi e male la società civile narcotizzata ed assuefatta a criminali logiche di vita”. “Inoltre”, evidenzia don Aniello “Foggia è dotata di formazioni sane che interpellarono proprio l’associazione Ultimi, attraverso il responsabile cittadino Pierluigi Zarra, e in tre giorni riuscimmo, insieme, a raccogliere ben ottomila firme per l’instaurazione  di una sezione distaccata della DIA. Un consenso che espressi con forza per questa città a cui mi lega una forte amicizia da più di un decennio. La parola passi soprattutto a chi detiene il compito di ripristinare la sicurezza, allo Stato” conclude don Aniello, interrogando quella sana società civile che ancora ama il proprio  territorio, “quella coraggiosa che due anni fa sfilò tra le vie della città per dire no al racket, quell’evento che mi lasciò costernato per la scarsa partecipazione. Quella che non si piega. Quella che oggi chiede certezza ed appoggio

attraverso il massimo impegno da parte dello Stato”.

 

per gentile concessione  della testata "Stato Quotidiano"

www.statoquotidiano.it

Il premio Maria Grazia Cutuli assegnato, per la prima volta anche a una giornalista che si occupa di Cybersecurity: Barbara Carfagna. Premio anche a Giorgio Fornoni, vice-presidente della Flip.

 

 

Per la prima volta un premio tradizionalmente destinato agli inviati sul campo viene conferito anche a una giornalista che si occupa di Cybersecurity: la nuova frontiera della guerra. “Il campo di battaglia si è spostato nella mente dell’uomo. Le fake news sono le nuove bombe” ha detto Barbara Carfagna del TG1, “le armi sono invisibili e risiedono negli algoritmi di profilazione che influenzano il voto, come ci ha dimostrato il caso Cambridge Analytica. Giornalismo oggi è prima di tutto creare consapevolezza su questo”.

Gli altri premi a Giorgio  Fornoni,  reporter  eccezionale  e  sensibilissimo,  che ha mostrato un video relativo ad un  servizio  speciale sulle  guerre  vissute  nei  vari  inferni  della  terra  ed  uno  dei    viaggi  intrapresi  con  Maria  Grazia  Cutuli  nelle polveri  dei  paesi  asiatici.  L’emozione  è corsa  in  sala  nel  vedere  sullo  schermo  l’  immagine  fresca  e fiduciosa  della  giovane  giornalista  di  cui  si  celebrava  il  ricordo.
A Domenico  Di  Conza,  direttore  di  Sharing  TV, che è riuscito a coniugare  informazione  con  educazione,  formazione, legalità  e    solidarietà.
A Filippo  Golia del TG2  che ha  parlato  di  una  sua  esperienza  da  promotore  di  pace  attraverso  i  simboli  delle religioni: “alla  fine  non  è  esattamente  un  Premio.  E’  una  grande  famiglia  che  di  anno  in  anno cresce,  nell’impegno  di  ricordare  Maria  Grazia  Cutuli,  nata  dall’intuizione  di  R.N. Tomasone  che,  dall’anno successivo la morte, ha  creato  un  legame autentico  con la  madre e la famiglia di  Maria  Grazia.” 
Coinvolgente    performance  sulla  verità  e  legalità  è  stata  riservata  ai  presenti  dall’artista napoletano  Angelo  Iannelli,  il  Pulcinella  della  Verità  che  fa  parlare    una  maschera  storica  e    dà messaggi di    vita  e pillole  di  saggezza.  A  Lui  è  andato  il  Premio  Rinascimento.

“La  conoscenza  ci  rende  liberi” questo il tema della 18.ma edizione  del  Premio  Giornalistico  nazionale “Maria Grazia  Cutuli”  svoltosi lo scorso 17 novembre  nel  teatro  “P.Giannone”  di  San  Marco  in  Lamis    (Fg). Coniugazione della memoria della  giornalista  con  la difesa della libertà  di  stampa  ed  il  pluralismo dell’Informazione nel nostro Paese.

Il    premio   si  è  concluso  con  la  consegna  a Papa Francesco,  in  volo  per  Bangkok,    della  locandina accompagnata dalla lettera  della  Presidente  proprio  il  19  novembre,  nel  18°della  scomparsa  della Giornalista.

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