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Gismondo in Senato con la Verità che fa tremare il Palazzo -  Un atto di accusa alla gestione pandemica e un doveroso omaggio a chi non c’è più.  

By Massimo Blandini October 26, 2025 104

 

C’è voluta la voce della dr.ssa Maria Rita Gismondo, microbiologa e direttrice del laboratorio di microbiologia clinica dell’Ospedale Sacco di Milano, perché nel silenzio ovattato dei palazzi del potere risuonasse, finalmente, una domanda che nessuno aveva più il coraggio di porre: che cosa è davvero accaduto negli ospedali italiani durante la pandemia da Covid-19? Un interrogativo che, dopo anni di narrazione univoca, è tornato a scuotere le fondamenta del Senato, dove la Gismondo ha portato una testimonianza destinata a lasciare il segno. Perché non è una voce marginale o improvvisata, ma una scienziata che per anni ha diretto una delle strutture di riferimento nazionali per le emergenze infettive, in collaborazione con l’ospedale di Bergamo e lo Spallanzani di Roma. La sua audizione nella Commissione d’inchiesta sulla gestione del Covid-19 ha avuto il sapore di una resa dei conti con la storia recente. Senza alzare la voce, Gismondo ha raccontato con precisione chirurgica la confusione che regnava nei primi mesi del 2020: decisioni prese “nel panico”, mancanza di un piano pandemico aggiornato, protocolli contraddittori, ordini che cambiavano di ora in ora. Un mosaico di incertezze che, a suo dire, costò caro al Paese. E qui emergono i nomi come Giuseppe Conte, allora presidente del Consiglio e Roberto Speranza, ministro della Salute con un intero apparato tecnico-politico incapace di gestire con lucidità una crisi che avrebbe richiesto scienza, coordinamento e sangue freddo. Non si tratta di crocifiggere, ma di pretendere responsabilità storica, perché le scelte, o le non scelte, di quei mesi hanno inciso sulla vita e sulla morte di migliaia di persone.

Gismondo ha ricordato che in molti ospedali, dal Sacco di Milano al Papa Giovanni XXIII di Bergamo, fino al Policlinico di Roma, le autopsie sui pazienti deceduti furono scoraggiate, ritardate e, talvolta, ostacolate. Eppure, in medicina, quando una patologia sconosciuta si presenta, è proprio l’autopsia lo strumento fondamentale per comprenderne la natura. “Solo più tardi, ha detto, con le autopsie fatte di nascosto, abbiamo scoperto che molti pazienti morivano per gravi processi trombotici e infiammatori, non solo per insufficienza respiratoria”. Parole che bruciano, non per lo scandalo, ma per la consapevolezza del tempo e delle persone care perdute. Nel racconto della microbiologa emerge l’immagine di un sistema paralizzato dalla paura, dove la politica cercava rifugio nella burocrazia. “Ho parlato con il ministro Speranza, ha ricordato, e l’ho trovato nel panico, mi diceva di rivolgermi ai tecnici, ma il piano pandemico non c’era”. Ecco l’immagine simbolica di quell’Italia smarrita con un ministro senza piano di emergenza sanitaria, un governo che rincorreva gli eventi e medici lasciati soli a improvvisare protocolli di emergenza. Molte delle decisioni prese allora, come l’intubazione sistematica dei pazienti in fasi non appropriate della malattia, oggi vengono rilette con amarezza.

Non per accusare chi, in buona fede, combatteva in trincea, ma per denunciare l’assenza di guida, di chiarezza e di una visione unitaria. Gli ospedali italiani si trasformarono in isole scollegate e ciascuna a interpretare ordini confusi provenienti da Roma. Nel frattempo, i cittadini morivano soli, senza conforto, spesso classificati come “casi Covid” anche quando la causa effettiva del decesso non era chiaramente accertata. Qui non si parla di falsificazioni, ma di un errore collettivo di metodo, di comunicazione e di trasparenza. L’Italia, nei momenti più difficili, ha preferito la narrazione alla verità. Ha costruito rassicurazioni a breve termine invece di affrontare la complessità dei dati. Oggi, a distanza di anni, il coraggio della Gismondo non serve a dividere, ma a ricordare. Ricordare chi ha perso la vita, pazienti, medici ed infermieri, travolti da una gestione emergenziale che troppo spesso ha sacrificato il rigore scientifico sull’altare della politica. Onorare i caduti non significa alimentare sospetti, ma chiedere verità, trasparenza e memoria. Perché nessuna democrazia può permettersi di archiviare la più grande emergenza sanitaria della sua storia come un capitolo chiuso. Se davvero la Commissione d’inchiesta avrà il coraggio di guardare in faccia la realtà, dovrà ascoltare le voci come quella di Gismondo, ma anche quelle di chi, giorno dopo giorno, ha visto con i propri occhi il prezzo dell’improvvisazione. Il tempo dei silenzi è finito e, forse, dopo questa audizione, anche nei corridoi del Potere qualcuno ha cominciato a tremare.

 

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Last modified on Sunday, 26 October 2025 12:00