L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Kaleidoscope (1453)

Free Lance International Press

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January 24, 2022

 

La situazione in Ukraina ai confini con la Russia diventa sempre più incandescente. Per il dottor Tiberio Graziani, presidente del think tank italiano Vision & Global Trends siamo in una situazione di stallo. Le posizioni del campo occidentale cioè USA, UE e NATO, e della Federazione Russa sono, al momento, molto lontane e inconciliabili. Gli approcci sono troppo diversi. In alcuni casi anche molto ambigui, permeati da una retorica che non facilita il dialogo. La Nato, ad esempio, attraverso le parole del suo massimo rappresentante, il Segretario generale Stoltenberg, ritiene che la stagione delle sfere di influenza tra le Grandi Potenze sia finita. La tesi per il dottor Graziani è un atteggiamento antistorico e fuorviante ed è smentito dai fatti e dallo stesso modus operandi della Nato che, dopo lo scioglimento dell'URSS, non ha mai smesso di espandersi ad Est creando seri problemi non solo per la stabilità regionale ma anche mondiale. Non dobbiamo dimenticare che esiste - storicamente - una strategia a lungo termine che l'Occidente, nelle sue diverse espressioni storiche, ha cercato di attuare contro lo spazio che oggi in gran parte appartiene alla Federazione Russa. Ricordiamo, ad esempio, i tentativi di Napoleone e Hitler. Questi tentativi, specifica Graziani, facevano però parte di una dinamica storica intraeuropea, cioè di un confronto militare e politico tra le nazioni dell'Europa continentale: la Francia rivoluzionaria di Napoleone contro la Russia degli zar e la Germania nazionalsocialista di Hitler contro quella di Stalin, l’Unione Sovietica. Nel caso dell'aggressione tedesca, solo l'intervento della Gran Bretagna e poi degli Stati Uniti (cioè di due potenze globaliste) ha reso lo scontro tra Berlino e Mosca uno scontro mondiale.


Il "nuovo" cosiddetto Occidente, quello emerso dalla seconda guerra mondiale - con a capo gli USA - dal punto di vista dell'analisi geopolitica utilizza lo spazio dell'Unione Europea come una vera testa di ponte lanciata contro la Federazione Russa per egemonizzare - militarmente (con la scusa di un'interpretazione unilaterale e particolare della sicurezza collettiva regionale e globale), politicamente (con la diffusione e l'"esportazione" di valori democratici, ma interpretati esclusivamente in versione liberaldemocratica), economicamente (secondo i dettami iperliberali del mercato globale) - l'intera massa eurasiatica. Nell'ambito di tale prospettiva geostrategica, il cosiddetto Occidente (principalmente USA e Gran Bretagna) assegna all'Ucraina un ruolo di utile pedina per stimolare e testare la resistenza di Mosca. Appare evidente, data la posta in gioco - ovvero il controllo della massa eurasiatica da parte del cosiddetto Occidente - che a Washington come a Londra non importi molto delle conseguenze che ricadrebbero sulla popolazione ucraina in particolare e sulle popolazioni dell'Europa continentale nel suo insieme. Nonostante ciò il dottor Graziani nonostante i fallimenti delle ultime settimane, crede che le strade diplomatiche debbano essere ancora perseguite.


La campagna antirussa da parte occidentale fa parte di quella serie di misure di accompagnamento che sostengono l'attuale pratica geopolitica volta a contenere e limitare la Federazione Russa. L'obiettivo è quello di creare un vasto clima psicologico in campo occidentale in grado di giustificare azioni contro la Russia, siano esse di natura giuridico-legale (come, ad esempio, le varie proposte di legge recentemente avanzate da alcuni senatori statunitensi contro Putin - Putin Accountability Act), sia militare (finanziamento degli armamenti per l'Ucraina) che politico. Ovviamente più cresce un clima generalizzato antirusso in Occidente, più è probabile un isolamento della Federazione Russa, più è probabile per Graziani uno scontro.


La crisi politica kazaka è un tipico esempio di come una crisi sociale e politica nazionale, sorta principalmente per cause interne, possa trasformarsi in una crisi regionale e persino globale, a causa della posizione geografica del paese. Per quanto riguarda le cause interne, prosegue il presidente del think tank italiano, queste sono di tre ordini diversi: sociale, economica e politica. Il Kazakistan, negli ultimi trent'anni, ha subito una trasformazione economica e sociale rapida e molto profonda che, se da un lato ha favorito lo sviluppo dell'intera nazione e creato le condizioni per la crescita di una classe media, ha tuttavia, come accade nel caso di trasformazioni di tale portata, ha impoverito ed emarginato alcuni ceti sociali creando un persistente malessere in alcuni strati della popolazione. Parallelamente alla trasformazione economica, c'è stata anche una trasformazione di natura politica, incentrata sulla costruzione dello Stato nazionale. Ciò ha portato a una redistribuzione del potere che ha ovviamente generato anche speranze di una maggiore partecipazione alle decisioni politiche delle classi emergenti, non sempre soddisfatte. Infine, negli ultimi anni l'avvio di riforme, in particolare di quelle volte a contrastare la corruzione, ha contribuito a marginalizzare alcuni gruppi di potere, peraltro costituiti secondo logiche tribali, se non proprio mafiose. L'insieme di questi problemi è stato il terreno su cui negli anni si sono sviluppate alcune reazioni, sfociate anche in manifestazioni violente. Questa fragilità del Kazakistan, resa ancora maggiore dalla presenza delle diverse etnie e confessioni religiose presenti nel Paese, è stata tuttavia tenuta sotto controllo grazie a un fermo indirizzo politico messo in atto negli anni dal presidente Nazarbayev e dal suo successore Tokayev e dal perseguimento di un atteggiamento multidirezionale in politica estera. La recente crisi, però, oltre a mettere in luce i problemi legati alla modernizzazione, ha anche messo in luce il fallimento di alcune aperture liberal-democratiche avviate da Nur-Sultan. L’ultima crisi di gennaio, contrariamente a quelle avvenute in passato, ha subito presentato caratteristiche particolari che hanno fatto pensare a una direzione esterna della rivolta. E qui entrano in gioco le cause e gli interessi esterni. Il crollo dell'Asia centrale è stato ipotizzato dallo stratega e politologo statunitense Zbigniew Brzezinski, il teorico degli archi dell'instabilità. Ma il crollo auspicato non è finora avvenuto e ciò grazie alla politica di equilibrio che Kazakistan e Uzbekistan hanno stabilito negli ultimi trent'anni con Russia e Cina. Il pericolo di un prolungamento del conflitto interno originato dai moti di gennaio finalizzato al cambio di regime e all'ingovernabilità del Paese con la conseguenza di generare una grave e catastrofica crisi regionale, vista la delicata posizione geografica del Kazakistan, ha spinto il presidente Tokayev a chiedere l'intervento del CSTO (Organizzazione del Trattato di sicurezza Collettivo di cui fanno parte Armenia, Azerbaigian, Biellorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Moldavia, Russia, Tagikistan e Uzbekistan).
Tutti gli elementi fin qui emersi in merito a potenziali accordi tra le parti coinvolte non descrivono oggettivamente un quadro ottimistico, né inducono a pensare a una soluzione a breve termine. Per Graziani siamo entrati in una nuova stagione di relazioni tra il cosiddetto Occidente e la Federazione Russa a cui dovremo abituarci. Molto probabilmente i colloqui diplomatici, se dureranno, daranno più tempo a chi in Europa vede più vantaggi che svantaggi nelle relazioni con la Russia.

 


Enzo Martano nasce a Calimera in provincia di Lecce nel 1965. Il suo percorso artistico inizia da autodidatta nel 1991, con le prime realizzazioni di opere ispirate ai bellissimi paesaggi locali dove il fascino della natura salentina immersa tra mare e ulivi secolari, guidano i primi passi della sua arte. Affetto da retinite, Enzo è costretto a fermarsi per sottoporsi a vari interventi che gli consentono, dopo qualche anno, di riprendere i suoi lavori con una rielaborazione del tutto nuova di colori, forme e tecniche. Enzo inizia quindi un nuovo percorso artistico e tanti nuovi lavori. Tra questi, le figure umane, spesso di natura etnica, ricorrono il suo repertorio. Figure che emozionano e che suscitano sentimenti forti, come i drammi e le loro storie di vita.


Le sue opere sono state selezionate alla Biennale d'Europa che partirà a ottobre 2022, esporrà a Parigi, Barcellona, Londra, Venezia, Padova, Firenze, Mantova, Gravina di Puglia, Lecce, Matera e Roma. E’ stato visionato da critici Internazionali come Mario Salvo e il Principe Alfio Borghese che ne hanno decantato l’operato artistico. Ha partecipato a Concorsi Internazionali come il Premio Raffaello Sanzio, Premio Art Key Agropoli, Premio Michelangelo Buonarroti dove ha ricevuto il premio d’onore con encomio, Premio Luxemburgo 2021, e Premio Giacomo Balla con mostra collettiva assieme all’ attrice Adriana Russo.
In basso le mostre e i concorsi a cui ha partecipato.

 

MOSTRE

Giugno 2020 Varaggio Art ( Liguria)

Agosto 2020 mostra personale presso Centro Accademico Maison d’ art Padova

Settembre 2020 mostra collettiva presso Galleria On Art Firenze

Dicembre 2020 Collettiva Mincio arte Mantova

Maggio 2021 Trofeo Citta’ di Lecce

Giugno 2021 Collettiva MY TOWN Gravina di Puglia BA

Luglio 2021 Collettiva presso Galleria Internazionale Area Contesa Via Margutta

Rassegna D’Arte Woman presso Galleria Casa Cava Matera

CONCORSI

Premio Intenazionale Raffaello Sanzio Roma

Premio Internazionale Michelangelo Buonarroti Lucca

Premio Luxembourg Art Prize Lussemburgo

Premio Internazionale Art Key prize Salerno

                                      

Enzo Martano

January 19, 2022

Una delle ingiustizie sociali più trascurate dallo Stato è l’enorme disparità di rimunerazione tra il lavoro di un professionista e quello di un operaio di qualsiasi categoria, spesso molto più faticoso e rischioso. Senza menzionare i grandi imprenditori che in un’ora incassano quanto una persona normale in tutta la vita; le parcelle dei professionisti spesso sono vere e proprie mazzate. Ed è ingiustificabile come lo Stato possa tollerare questo arbitrio, che danneggia enormemente la popolazione meno abbiente, cioè che un professionista guadagni in mezz’ora quanto un operaio in una settimana lavorativa. Ci vuole coraggio a chiedere 2-300 euro per una visita specialistica di 20 minuti ad un lavoratore che guadagnerà la stessa somma in 4 giornate di duro lavoro. Vi sono professionisti che riescono ad incassare 2 mila euro al giorno e questo grida vendetta nei confronti di quanti vivono con una pensione di 600 euro al mese. Il pensionato che paga 200 euro una visita specialistica, dimezzando la sua misera pensione, sarà condannato alla rinuncia e al sacrificio, e a volte alla fame, mentre il professionista abbellirà ulteriormente il suo yacht nel molo o li spenderà in una lauda cena con gli amici.

Se in un calcolo molto approssimativo si considera che un lavoratore, di qualunque categoria, lavora 180 ore al mese, un pensionato da 600 euro guadagna circa 3 euro l’ora; un dipendente con stipendio di 1200 euro, guadagna circa 6 euro l’ora; mentre un professionista da 60.000 euro al mese ricava circa 300 euro in un’ora, cioè 100 volte di più di un pensionato con pensione minima.
Manca la coscienza e l’onestà intellettuale, ma manca soprattutto il senso di giustizia da parte dello Stato che si esime dal controllare le disparità queste ingiustizie sociali. D’altronde, se il cattivo esempio viene dai politici i professionisti si adeguano. E così succede che quando i vertici danno cattivo esempio spesso anche gli artigiani (come un elettricista, un falegname, un idraulico ecc.) non vogliono essere di meno e quando gli si commissiona un lavoro non esitano a chiedere per un’ora di impegno quanto un dipendente guadagna in due giorni lavorativi. Ma i poveri che biasimano i ricchi se si invertissero i ruoli probabilmente farebbero di peggio. Così vanno le cose.

Da molti anni vige una grande mancanza di chiarezza nella popolazione circa i diversi approcci riguardo alla cura delle malattie. Queste brevi note vogliono, in maniera semplice e comprensibile, dissipare la folta nebbia che vige, a riguardo, in molte persone.

Medicina industriale: è attualmente la più diffusa ed è considerata sovente la più "autorevole". I suoi inizi risalgono a circa 2 secoli fa e ha acquisito una certa istituzionalizzazione nei primi anni del XX secolo. Per apprenderne la pratica esistono scuole pubbliche internazionalmente riconosciute, come le Università, e il titolo di dottore medico si acquisisce attraverso un esame di Stato post-laurea, al termine di un opportuno praticantato. Attualmente i suoi progressi sono stati rimarchevoli. In unione a sofisticate tecnologie permette di risolvere problemi complessi che un tempo portavano invece inesorabilmente alla morte. Un suo aspetto negativo è l'utilizzo generalizzato di farmaci tossici e debilitanti, con numerosi effetti collaterali e talvolta ritirati dal commercio per la loro pericolosità. Inoltre il suo approccio alla cura è molto "settoriale", trascurando le interazioni che possono esserci tra la varie parti del corpo. Ciò da un lato permette una elevata specificità di cura, ma si rischia di concentrarsi sul sintomo piuttosto che la trovare la vera radice del male. Per quanto riguarda la chirurgia, anche su quel fronte ci sono capacità impensabili fino a pochi decenni fa: taluni interventi che una volta erano invasivi, rischiosi e richiedevano lunghe degenze sono oggi possibili pressoché a livello ambulatoriale, con degenze minime e rischio bassissimo. Bisogna anche riconoscere che la chirurgia d'urgenza oggi permette di salvare moltissime vite.

Medicina Omeopatica: è tra i metodi di cura diversi dalla Medicina Industriale che gode del maggior seguito nel mondo occidentale. Fu creata a seguito delle intuizioni del dott. Samuel Hahnemann (1755-1843), medico tedesco che ne fondò le basi all'inizio del XIX secolo: infatti nel 1806 pubblicò il suo primo saggio sull'argomento: "La medicina dell'esperienza". Da allora l'Omeopatia si è costantemente sviluppata e perfezionata. Attualmente è riconosciuta dai Ministeri della Sanità di diverse nazioni ed anche l'OMS ne sta auspicando una sua ulteriore maggiore diffusione. L'accusa che le viene mossa più spesso è quella che, essendo i suoi farmaci basati su forti diluizioni, essa prescriva "acqua fresca". Quello che i suoi detrattori omettono sempre di citare nelle loro accuse è un passaggio fondamentale: la dinamizzazione. Essa serve a trasferire l'informazione curativa dalla sostanza di base alla sostanza solvente, trasferimento che diventa tanto più efficace quanto maggiore è il numero di dinamizzazioni. Ecco perché una sostanza è tanto più potente quanto più è diluita. In pratica è una medicina basata sull'energia piuttosto che sulla chimica. La normativa italiana considera i prodotti omeopatici farmaci a tutti gli effetti, acquistabili esclusivamente in farmacia e detraibili fiscalmente. Un altro aspetto da tenere ben presente è quello della personalizzazione della cura: l'Omeopatia considera le persone tutte diverse e tutte le cure sono sempre strettamente specifiche a seconda della tipologia del paziente. Ultimamente i farmaci omeopatici vengono somministrati anche agli animali, con buoni risultati. Per poter praticare l'Omeopatia è necessario possedere una laurea in medicina con relativa abilitazione professionale, iscrizione all'Albo e aver seguito un corso di specializzazione post-laurea della durata di 5 anni.

Naturopatia: è l'approccio curativo basato sull'utilizzo di farmaci ricavati da sostanze naturali presenti nelle piante. La sua storia è lunghissima poiché affonda le sue radici in tempi molto remoti e perciò gode di una vastissima esperienza, oltre a fruire di un costante lavoro di perfezionamento. I prodotti adoperati sono costituiti da una sola sostanza o più sostanze in sinergia, unitamente ad altre che concorrono ad una buona conservazione e ad una agevole somministrabilità. Le loro concentrazioni sono chimicamente rilevabili, rispetto a quelle tipiche dei farmaci omeopatici. Anzi, spesso sono prodotti molto concentrati di cui si utilizzano piccole quantità, facendo sì che le confezioni durino a lungo realizzando così anche un minore dispendio economico. I prodotti sono reperibili nelle erboristerie, ma ultimamente anche le farmacie ne trattano una parte, se non li hanno disponibili in genere li possono ordinare ed ottenerli nell'arco di un solo giorno. Per produrre e commercializzare prodotti erboristici bisogna possedere tutte le qualifiche previste dalla legge e superare opportuni controlli di qualità. Un aspetto negativo è la grande differenza di efficacia esistente tra prodotti fabbricati da aziende diverse. E' perciò necessario sapere quali sono i produttori più affidabili. L'esercizio della Naturopatia è consentito per i medici che abbiano conseguito l'opportuna specializzazione. Normativa italiana a parte, che li classifica come integratori alimentari, i farmaci naturali restano comunque farmaci a tutti gli effetti quindi è categoricamente escluso il "fai-da-te".

January 17, 2022

La scelta della professionalità non fa comodo e si passa ai quei sotterfugi che i “Generali” non accetterebbero. La spesa per il Comune per questi dirigenti provenienti dall’esercito e altamente professionali è di poco sopra i mille euro al mese (praticamente si tratta di volontariato per Roma) e si preferisce pagare molto più di centomila euro annui ai dirigenti amici delle Botteghe Oscure. Il Pd perde il pelo ma non il vizio, detto fatto: i militari dell'Esercito vengono defenestrati in poche ore dal sindaco Gualtieri e dalla sua Giunta per fare spazio a funzionari da 140mila euro l'anno lordi. Mandano via persone preparate, affidabili e integerrime le quali già erano state inserite nella macrostruttura del comune di Roma proprio per non appesantire le casse dell’amministrazione. Gualtieri con il suo seguito di 80 persone al costo di 20 milioni in 5 anni ha dato l’ennesimo schiaffo ai contribuenti romani, tanto paga pantalone.
Questo è il motivo per cui è stato votato: clientelismo e nepotismo, ovvero favorire i propri per ottenere voti. Il Pd, come tutti i vecchi partiti, si muove su questo piano. Chi l'ha voluto ne era consapevole.
L’accordo per l’impiego delle divise al Comune della Capitale era stato voluto dall’ex ministro della Difesa Elisabetta Trenta e poi confermato dall’attuale ministro Remo Guerini alla sindaca Raggi che nel 2019 ne chiamò cinque presso l’amministrazione capitolina. Due sono stati defenestrati , di cui uno non ha fatto in tempo ad entrare dalla porta che lo hanno fatto uscire dalla finestra. Due non sono stati più convocati nonostante fossero stati già confermati dal ministero della difesa, lasciandoli con un palmo di naso. l'ultimo ancora resiste sulle balaustre e sventola bandiera bianca!
La “purga” di Gualtieri è stata facilitata dal fatto che tre degli uomini con le stellette, stimati dal personale capitolino, hanno lasciato da poco gli incarichi per raggiunti limiti di età. Giovanni Calcara ha collaborato alla complessa realizzazione del progetto Smart City di Roma, il generale Gerometta ha curato il personale della polizia municipale e ne è stato vice-comandante e infine Giuseppe Morabito, direttore della Protezione Civile. Quest’ultimo ha avuto la gestione di mi­gliaia di volontari durante le fasi critiche della pandemia.
Non è facile metterli alla porta senza suscitare scandalo, anche per un sindaco appena insediato. L’ultimo a essere sta­to defenestrato è stato il genera­le Fernando Falco, per 42 anni nella branca logistico ammini­strativa dell’Esercito.
Entrato il 28 settembre scorso alla ge­stione del "benessere animali", il generale Falco nel corso di tre mesi ha portato a casa risultati eccezionali. Da sottolineare il contratto per la gestio­ne dei canili con una gara (attenzionata peraltro dalla Procura della Repubblica) partita nel 2017, e prima mai aggiudicata. Stava risolvendo an­che il problema dei cinghiali che girano per la Capitale riuscendo a far emergere la competenza regionale nella gestione del problema ma, iniziato il dialogo tra comune e regione, la nuova amministrazione ha iniziato a frenare nonostante le numerosissime segnalazioni dei romani preoccupati di trovarsi i cinghiali sotto casa. Ma come è potuto avvenire che un generale, apprezzato da tutti per competenza e professionalità e che i problemi aveva iniziato a risolverli, con grande sollievo dei cittadini, potesse essere messo alla porta? I politici sono maestri nel gioco delle tre carte quando devono ripagare chi li ha sostenuti, semplice: basta inventarsi una nuova megastruttura, mettere a concorso i posti della medesima e,”magia”, tutti gli amici degli amici sono sistemati, e che sistemazione! Da 140 mila euro l’anno. Ovviamente pantalone paga e chi fa il proprio dovere viene punito, questa signori è l’Italia di oggi.
Il povero generale Falco il 31 dicembre scorso è stato rimandato a casa. A questo punto viene da chiedersi: ma il ministro della difesa Guerini rappresenta l’Italia e l’onore dei suoi militari o rappresenta il PD?

January 16, 2022
 
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 Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.

La Riflessione!

AIUTO!!! Non ci capisco più niente. Green Pass, Super Green Pass, Super super extra Green Pass, Virologi contro Virologi, Talk Show con i soliti che fanno finta di litigare, i vari Tg (sia chiaro, tutti) che in ogni edizione “spaventano e creano panico”, i NO VAX che imbrogliano le carte per non vaccinarsi, le mamme che hanno paura a vaccinare i loro bambini, i tri-vaccinati che non hanno più certezze, le farmacie prese d’assalto, i medici di base che non sanno cosa fare e, in questo caos completo, l’economia che cresce (così dicono i “colti”). Noi, nel nostro circoscritto mondo della ristorazione, dei produttori di vino, organizzatori della tanto sospirata ed attesa “ripresa”, registriamo: cali impressionanti di presenze nei ristoranti, un latente coprifuoco nei centro città dopo una certa ora, corsa spasmodica a fare tamponi per potersi “muovere”, i rinvii a raffica delle manifestazioni programmate, piani organizzativi delle aziende e dei produttori che finiscono “a schifio”, l’Europa mai così disunita (ahimé). Continuare ancora? AIUTO!!! Non ci capisco più niente e non so a chi dare retta.

 

Frammento n. 1

Gennaio, febbraio. Annullate le manifestazioni.

Al grido di “La pandemia corre di nuovo” riproposti alcuni grandi eventi,

programmati nel mese di febbraio, a marzo confidando che “omicron” esaurisca i suoi effetti e sia permesso circolare con maggiore libertà. Alcuni addirittura annullati per l’anno in corso come ViniVeri Assisi 2022. Riprogrammiamo le date nelle nostre agende:

- PrimAnteprima, quella organizzata dai Consorzi toscani si effettuerà sabato 19 marzo a Firenze, Fortezza da Basso;

- Chianti Lovers sempre a Firenze, Fortezza da Basso, domenica 20 marzo;

- Chianti Classico Collection, Firenze Fortezza da Basso, lunedì 21 e martedì 22 marzo;

- Anteprima Vernaccia di San Gimignano nelle storiche sedi nel centro di San Gimignano mercoledì 23 marzo;

- Anteprima Vino Nobile di Montepulciano, nella fortezza di Montepulciano giovedì 24 marzo;

- Anteprima l’Altra Toscana (la sede non è stata comunicata) venerdì 25 marzo.

- Grandi Langhe presso l’Ogr di Torino il 4 e 5 Aprile;

- Anteprima Amarone dal “freddo inizio febbraio al caldissimo mese di giugno (le date ancora da confermare”.

I problemi sono duplici: i mesi scelti sono impegnativi per le piccole aziende a carattere familiare che non dispongono di personale specifico addetto alle vendite e spesso le date coincidono con altri eventi a cadenza “naturale”. Gli addetti ai lavori di fronte a difficili scelte e conseguenti rinunce.

 

 

Frammento n. 2

Gli Stati Uniti e la Francia invece…

confermano le date programmate pronti ad accogliere tutti gli operatori nazionali ed internazionali del settore wine and spirit predisponendo le migliori condizioni possibili al grido: “non si può attendere di morire d’altro”. In particolare la Francia ha confermato che il 14 febbraio prossimo si apriranno i cancelli di Wine Paris & VinExpo Paris. Ma la Francia non è messa peggio di noi?

 

Frammento n. 3

Riceviamo dalle aziende

Il Gruppo Vinicolo Santa Margherita investe sul futuro della Maremma Toscana DOC

Acquisita la cantina Pieve Vecchia a Campagnatico. Con questa acquisizione il Gruppo vinicolo veneto della Famiglia Marzotto investe sulla Denominazione DOC Maremma Toscana e sui vini unici per stile e tradizione. La cantina Pieve Vecchia confluirà nella già conosciuta Tenuta Sassoregale contando così su di una estensione totale di 80 ettari. Oggi il Gruppo Santa Margherita conta ben 720 ettari vitati.

 

 

Frammento n. 4

Il Grignolino nipote del Nebbiolo e della Freisa.

L’avanguardistica cantina Hic et Nunc di Vignale Monferrato ha ospitato recentemente una tavola rotonda tecnica sul Grignolino e sulle inaspettate ipotesi di parentela con il Nebbiolo e Freisa. Anna Schneider, ricercatrice del Consiglio Nazionale delle Ricerche, genetista di fama internazionale, nel suo intervento ha precisato: “La nascita di un vitigno è frutto di un momento e di un luogo ben precisi, potenzialmente svelabili con l’analisi genetica del DNA. Il Grignolino è figlio di un genotipo ricostruito, estinto o forse non ancora recuperato, a sua volta figlio del Nebbiolo e della Freisa”.

 

Frammento n. 5

Erbaluce: in vent’anni i vigneti aumentati del 77 per cento.

Rappresenta a mala pena l’0,5% del vigneto Piemonte eppure, questa piccola Docg, sta conquistando quote di mercato italiano ed estero. Tre le versioni prodotte con questo vitigno: fermo, spumante e passito. Quest’ultimo entrato a pieno titolo nelle “gemme enoiche italiche”. I numeri di questa Docg della zona morenica eporediese: 227 ettari di vigneti coinvolgendo circa 300 operatori tra produttori, vinificatori e imbottigliatori per una produzione annua di circa 1 milione e mezzo di bottiglie. Il passito 2021 che si potrà bere dal 2025 pare che sia una vera e propria “bomba”.

 

Osservo, scruto, assaggio e…penso. (urano cupisti)

Renata Mazzei è attrice dal 1998, insegnante di teatro dal 2002 e PhD in Performing Arts presso l'ECA-USP. Nel 2009 ha completato il suo master all'ECA-USP con la ricerca "Aikido e il corpo dell'attore contemporaneo", un'arte marziale praticata per 13 anni. Come risultato pratico, ha ideato il monologo "Separação de Corpos", di cui è autore e che è stato presentato a São Paulo (BR), Ouro Preto (BR), São José (Costa Rica) e Città del Messico (Messico). Nel 2007 è entrato a far parte del CEPECA (Centro di ricerca e sperimentazione scenica degli attori) con sede presso l'ECA-USP e insieme agli altri membri del CEPECA ha lanciato i libri “CEPECA: Uma Oficina de Pesquisas 1 e 2” (2010/2014) . Nel corso della sua carriera ha partecipato a spettacoli che spaziano dal realismo al teatro fisico come "Medo...desejos", sempre di lei e Uma Questão de Tempo, di Alberto Guiraldelli.Nel 2011 ha vissuto in Inghilterra dove ha partecipato al corso “Act Creation Course” al Circomedia-Bristol e ha tenuto workshop con rinomate compagnie teatrali britanniche come Complicitè e Trestle. Nel 2012 ha partecipato al film "Do Lado de Fora" di Alexandre Carvalho (2013), nel telefilm "A Grávida da Cinemateca" di Christian Saagard (2015) e un episodio della serie HBO brasiliana “O Negócios” (2015) Per undici anni ha insegnato in corsi professionali come Recriarte e Teatro Escola Macunaíma. Nel 2017 si ‘e trasferita a Firenze e ha fatto diversi corsi e workshop di approfondimento come una specializzazione sulla tecnica di Meisner all'Accademia di Inflorence, un workshop con Thomas Richards su Grotowski, e lo workshop - La voce nella dimensione gestuale e performativa con Francesca della Monica. Nel 2018 e 2019 a Roma ha partecipato allo spettacolo Le Tre Sorelle, adattamento del testo di Anton Chekov, per la regia di Daniele Nuccetelli.

Conosciamo meglio Renata:

Buongiorno Renata. Tu sei un’ artista e un nome già conosciuto in campo teatrale e nell’insegnamento di questa meravigliosa arte.

D- Vuoi parlarci dei tuoi inizi?

Ho iniziato a fare teatro amatoriale quando ero adolescente perché ero appassionata di teatro fin da bambina. Quando ho sperimentato nella pratica, ho visto che essere un'attrice era la mia più grande passione. Questo mi ha portato a seguire un corso tecnico professionale e subito dopo ho avviato una compagnia teatrale col marito di allora e altri due attori a Sao Paolo. È stato un inizio difficile perché non avevamo i soldi e nemmeno un posto per lavorare, ma poco a poco abbiamo ottenuto riconoscimenti, uno spazio per i laboratori e presentare spettacoli, abbiamo ottenuto alcuni bandi e abbiamo iniziato a vendere spettacoli. In quell'inizio, parallelamente al teatro, insegnavo inglese e portoghese. Era molto dura perché spesso lavoravamo tutto il mese senza alcun profitto, ma piano piano venivamo ricompensati per quello sforzo. Nel 2006, dopo il divorzio, ho lasciato questa compagnia teatrale e ho iniziato ad agire in autonomia. Questa é stata un'altra fase difficile, portandomi comunque molte soddisfazioni. È stato durante questo periodo che ho iniziato ad insegnare al Teatro Escola Macunaima, la piu grande scuola di recitazione a San Paolo, dove ci sono rimasta per 10 anni.

D- Molte sono state le tue esperienze teatrali, vuoi parlarcene?

Ho concluso il corso professionale in Teatro nel 1998 e poco tempo dopo ho iniziato la prima Compagnia di teatro. Con questa compagnia di cui ho fatto parte dal 2000 al 2007, ho creato insieme agli altri attori "Nasus e Flora- una storia d'amore" (2003-2006), presentato in Brasile e in Australia, "Solitudine" (2004) di Steven Berkoff, spettacolo presentato al 9 ° Festival de Cultura Inglese in cui sono stata anche traduttrice e produttrice, "A Proposito di Sogni e di Speranza" (2006) spettacolo ispirato alle opere di Paulo Freire e "Itas Odu Medea" (2006) adattamento del mito di Medea, ispirata dai rituali del Candomblé.

Dopo la mia esperienza con questa compagnia ho fatto diversi corsi per migliorare sia come attrice sia come insegnante di recitazione. Per cui dal 2006 al 2009 ho fatto un Master in Arte Scenica presso l'Università di São Paulo (USP) con la ricerca "Aikido e il corpo dell’attore contemporaneo”, arte marziale praticata per 15 anni. Come risultato pratico ho realizzato il monologo “Separação de Corpos", il cui debutto è avvenuto nel maggio 2009. Questo spettacolo è stato presentato a São Paulo (BR), Ouro Preto (BR), San Jose (Costa Rica) e Città del Mexico (Mexico). Da questo lavoro ho sviluppato il workshop "Aikido e la poesia del corpo dell'attore", che ho insegnato in Brasile nelle officine culturali Oswald Andrade, SP Escola de Teatro, vari campi della USP per attori e non-attori. Dal 2013 al 2018 ho fatto il Dottorato di ricerca in Arte Scenica con la ricerca "Aikido e capoeira come fonti di ispirazione per la drammaturgia dell'attore" presso l'Università di São Paulo (USP). Durante questa ricerca ho realizzato “Amleto", spettacolo basato sul lavoro omonimo di William Shakespeare.

Nel 2007 sono entrata a far parte di CEPECA (Centro di Ricerca e Sperimentazione Scenica dell'attore) con sede presso ECA-USP. Insieme con gli altri membri del CEPECA, ho contribuito ai libri "CEPECA: Uma Oficina de PesquisAtores" (2010) e "CEPECA: Uma Oficina de PesquisAtores 2" (2014).

Dal 2007, quando ho iniziato il percorso autonomo, ho realizzato gli spettacoli di teatro fisico “Separação de Corpos”, "Medo ... desejos” ed ho partecipato a Uma Questão de Tempo", di Alberto Guiraldelli, regia Monica Granndo. La drammaturgia di tutte e tre gli spetacoli fu il risultato di una creazione collettiva.

Nel 2012 sono entrata a far parte del gruppo di cinema AP 43 come attrice ed ho partecipato al film “Do Lado de Fora” di Alexandre Carvalho (2013), al telefilm “A Grávida da Cinemateca” di Christian Saagard (2015) e ad un episodio della serie brasiliana HBO “O Negócio" (2015).

Nel 2015 ho fondato con Christiane Lopes la “Das Duas Cia” ed in teatro il primo spettacolo fu “Memorie Postume di Brás Cubas” di Machado de Assis, uno fra i piú grandi scrittori brasiliani.

Nel 2011 mi sono recata in Inghilterra dove ho partecipato del corso di teatro fisico “Act Creation Course" a Circomedia- Bristol e ho partecipato a workshop con rinomate compagnie teatrali britanniche come Complicitè e Trestle.

Per undici anni ho insegnato recitazione e linguaggio del corpo in corsi professionali in Brasile come Recriarte e Teatro Escola Macunaíma.

Nel 2017 mi sono trasferita a Firenze per fare corsi e workshop con Francesca della Monica, Thomas Richard e Tim Daish e nel 2018 sono stata invitata a fare parte dello spettacolo Le Tre Sorelle, un adattamento del testo Ti Anton Tchekov, a Roma.

Dal 2019 impartisco lezione privata di recitazione e oratoria e collaboro con la Associazione Sconfinando come insegante di teatro in Inglese ai bambini.

D- Non è sempre facile che la meritocrazia aiuti chi della sua professione metta anima e corpo: tu hai trovato difficoltà?

Si è vero. La meritocrazia non è sempre presente in questo settore ed è per questo che è sempre molto difficile lavorare col teatro. Sono pochi soldi per molti artisti e in questa competizione non sempre vince il progetto migliore. Ma non mi sono mai abbattuta. Anche se non ho guadagnato o vinto premi come meritavo, ho sempre fatto del mio meglio perché a prescindere da questi aspetti, il pubblico merita sempre il meglio dell'artista.

D- Nella tua lunga esperienza di attrice cosa ti è entrato più nel cuore?

Il rapporto con il pubblico è ciò che apprezzo di più in questo lavoro. Mesi di fatica, crisi, problemi, vengono sempre premiati quando siamo davanti a quelle persone che sono venute a vedere cosa è stato fatto. E questa connessione è sacra.

D- Cosa consiglieresti ai giovani che si apprestano a studiare per essere un giorno attori?

Fare del proprio meglio e fallo sempre con il cuore. Essere un attore di teatro è un lavoro che richiede molto sudore e se non è fatto con tanto amore e dedizione, o se è fatto solo per il perseguimento della fama, è meglio non farlo. Prima che il pubblico provi piacere nel vedere il lavoro di un attore, credo che l'attore debba provare molto piacere in ciò che fa. E inoltre, deve leggere molto, andare a mostre, vedere film, guardare spettacoli, osservare la gente per strada, viaggiare, conoscere culture diverse e tutto ciò che serve ad ampliare la prospettiva di se stesso e del mondo che ci circonda.

D- Vuoi raccontarci del pro e del contro che s’incontrano nella tua professione?

Ci sono molti pro e contro. Come contro, vedo la mancanza di meritocrazia e principalmente la mancanza di apprezzamento dell'arte nel suo insieme in diversi paesi. L'arte è spesso vista solo come un intrattenimento superfluo che ne possiamo fare anche a meno. È necessario guardare all'arte come a qualcosa di essenziale per l'educazione di chiunque perché l'arte ci aiuta a vedere meglio il mondo e le persone. Così come può essere un vantaggio per tutti, può essere un vantaggio anche per l'attore. Come attrice ho imparato a vedere l'essere umano più profondamente. Viviamo così tante vite diverse che questo ci fa capire la complessità degli esseri umani. Penso sia una esperienza molto ricca. Inoltre, riuscire ad avere questo rapporto vivo ed energico con il pubblico, solo il teatro te lo può dare, e questo non ha prezzo.

Cara Renata, lascio sempre una “domanda bianca” che non contiene quesiti ma solo uno spazio libero perché ogni artista da me intervistato, possa avere libertà di parola e di richiesta.

Per tanto scrivi i tuoi desideri, le tue paure, le tue gioie o incertezze.

A te la parola…

Come artista teatrale vorrei che il teatro, nella sua accezione più artigianale, fosse valorizzato come una grande arte. L'attore riconosciuto e aprezatto è di solito il famoso, quello che lavora con i grandi media. L'artista teatrale stesso dovrebbe essere valutato per la qualità del suo lavoro, indipendentemente dal suo nome. Gli operatori teatrali hanno diritto ad una vita dignitosa come qualsiasi altro professionista.

Un'altra cosa che vorrei dire sul teatro è che il teatro è uno strumento con un forte potenziale di trasformazione e consapevolezza sociale. Può affrontare in profondità i problemi sociali e umani al fine di sensibilizzare le persone a determinate questioni. Ha il potere di sollevare le persone dall'inerzia e farle pensare a ciò che le circonda. Ma non credo sia sfruttato in questo modo come dovrebbe. E uno dei motivi è la mancanza di fondi. Secondo me dovrebbero esserci più spazi teatrali con finanziamenti per mantenere gli attori nella produzione di spettacoli, ricerche, insegnamento, promozione di discussioni e dibattiti. Questo aiuterebbe anche la formazione del pubblico che spesso non ama il teatro perché non lo conosce.

E infine, vorrei parlare di qualcosa di più personale. Fare l'attore o l'attrice non è facile, richiede molti sacrifici e abdicazioni per la mancanza di risorse, le ore di prove, la natura stessa del teatro chè creare usando il proprio corpo, e a volte, mi sono chiesta se fosse la decisione giusta seguire il teatro o se sarebbe stato meglio optare per qualcosa che mi desse una maggiore sicurezza finanziaria. Non mentirò che ci ho pensato più volte, anche per la paura del futuro in un mondo capitalista che punisce l'invecchiamento. Ma finisco sempre con la stessa conclusione, che non avrei avuto le meravigliose esperienze che ho avuto nella vita se non fosse stato per il teatro.

January 07, 2022

07.01.2022 - La cosa che mi colpì di più nella mia ultima visita del Kazakistan due anni fa fu l’assoluto senso di esasperazione (fra tutte le categorie sociali) nei confronti di una mafia politica parassitaria e sovente senza ritegno nella spreco delle risorse pubbliche. Con l’ulteriore impoverimento causato dalle restrizioni pandemiche, la massa critica per l’esplosione di rabbia proletaria osservata questa settimana era pronta ad attivarsi.

Se quest’ultima, che resta la ragione vera delle proteste, non doveva stupire più di tanto, rimane che nel definire gli equilibri di un paese strategico quale il Kazakistan intervengono molti fattori legati alla dimensione estera.

Spalleggiato dalla Russia e dagli altri regimi dell’area CSI, il Presidente Tokaev ha imputato il disastro a sedicenti “forze esterne”. Vi è sicuramente l'oligarca in esilio Muktar Ablyazov (già protagonista delle cronache italiane nel 2013, quando il governo Berlusconi acconsentì alla deportazione della famiglia su richiesta kazaka), il quale dispone di risorse e reti attivabili sul terreno per sfidare le autorità. Di certo esiste anche la rete transnazionale delle “rivoluzioni colorate”. Questa parodia liberale del “Comintern”, si compone di migliaia di (ormai neanche più tanto) giovani oppositori dei suddetti regimi che trovano in Polonia, nell’Ucraina post-Maidan e in altri avamposti della NATO, strutture di supporto e mobilitazione per cambi di regime pilotati. Data l’attuale politica aggressiva che gli USA conducono contemporaneamente verso Russia (fronte ucraino) e Cina (Taiwan, AUKUS), gli anglo-americani hanno sicuramente ogni interesse a destabilizzare un paese importante per il partenariato strategico russo-cinese quale il Kazakistan.

Tale dato spiega la rapidità con cui la Russia ha risposto all’appello di Tokayev per far intervenire le forze dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (OTSC), la “NATO orientale” a guida moscovita. Putin vuole evitare sorprese nell’enorme territorio confinante del paese, sorta di “ventre molle” per la potenza russa. Ma l’intervento OTSC costituisce un passo estremamente rischioso, che potrebbe innescare linee di conflitto interetniche fra kazaki, russi ed altre minoranze. Esso può aver senso solo se resta limitato alle infrastrutture strategiche (cosmodromo di Baikonur in primis) in modo da alleggerire il carico per le forze di sicurezza nazionali.

In ogni caso, per capire la crisi in corso bisogna porsi nella prospettiva dei gruppi oligarchici nazionali cresciuti alla corte dell’ex-Presidente Nazarbayev nei tre decenni del suo regno. Da questo ibrido fra elementi di “dispotismo orientale” e modelli liberali e liberisti anglosassoni, grazie alla gigantesca dotazione di risorse energetiche, si sono originati enormi capitali, oggi sotto chiave in banche occidentali. A mano a mano che il dittatore invecchiava, parenti, amanti e cortigiani vari hanno messo le mani su parti del bottino sottratto al popolo. Secondo una versione circolata sui social locali, la scintilla principale della rivolta sarebbe stato il decesso di Nazarbayev (che da fine dicembre è scomparso dallo spazio pubblico) con il conseguente scatenarsi della faida interna per le sue ricchezze. In tale scenario, i gruppi oligarchici avrebbero interesse ad indebolire il governo di Tokayev per impedirgli di prendere il controllo delle risorse. Una tale lettura spiegherebbe perché l’apparato di sicurezza abbia dato una tale pessima prova di sé nel mantenimento dell’ordine pubblico. Su tali linee vi è anche chi vede un interesse russo a mettere il paese sotto chiave per impedire una deriva pro-occidentale.

La situazione è in ogni caso critica. Nella migliore ipotesi, Tokayev dovrebbe riprendere il comando sulle strutture di sicurezza tenendo separate le forze OTSC dai rivoltosi. Su tali basi, previa prosecuzione delle figure più odiose del regime (o almeno riconducendo in Patria le enormi fortune da esse sottratte al bene pubblico), il Presidente potrebbe avviare un processo di riconciliazione in cui leader in esilio quali Ablyazov reintegrino l’arena politica.

Ma la realtà del Kazakistan è dominata da una profonda frammentazione geografica ed antropologica. I Kazaki, oltre ad essere un popolo volitivo ed esasperato, sono anche estremamente divisi su linee regionali e tribali. In un tale paese, senza un potere forte è quasi impossibile mantenere le molte articolazioni socio-politiche sotto un quadro unitario. Data la presenza dei citati (e numerosi) spoilers esterni non mancheranno dunque occasioni in cui la situazione tenderà a sfuggire di mano. In particolare, i soldati OTSC potrebbero venirsi a trovare a rivivere la sorte dei loro padri sovietici in Afghanistan dopo il 1979, bersagli di rappresaglie supportate dalle reti islamiste, ben presenti in Kazakistan.

 

da Il Manifesto

December 28, 2021
 
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