
L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.
A Milano il Focus di Idos-Assindatcolf su “Lavoro domestico e programmazione dei flussi di ingresso”
Valgono il 9% del Pil nazionale, ovvero 139 miliardi di euro, versano tasse e contributi generando introiti che ammontano a 25 miliardi di euro, una cifra superiore a quella che lo Stato spende per farsene carico: sono i 2 milioni 455 mila immigrati che nel 2018 erano regolarmente impiegati in Italia. Una forza lavoro indispensabile, soprattutto nel settore della cura e dell’assistenza domiciliare, dove la loro incidenza supera il 70% del totale, ma che di fatto viene penalizzata per una mancanza ormai pluriennale di quote dedicate ad ingressi effettivi di lavoratori stranieri stabili all’interno dei cosiddetti ‘decreti flussi’. E’ questa la fotografica scattata da Assindatcolf, Associazione Nazionale Datori di Lavoro Domestico e da Idos, Centro Studi e Ricerche, autore del Dossier Statistico immigrazione 2019, i cui dati sono stati presentati questa mattina nel corso di un evento organizzato a Milano, presso l’Hotel Michelangelo.
Un’occasione per avviare una riflessione sulla mancata programmazione dei flussi di ingresso e sul lavoro domestico, il settore dei servizi nel quale la presenza di immigrati è in assoluto più alta: su 859.233 colf e badanti regolarmente censiti negli archivi Inps a fine 2018, 613.269 erano immigrati. “Un numero - dichiara Andrea Zini, vice presidente Assindatcolf ed Effe - in costante calo dal 2012 ad oggi, quando i lavoratori stranieri regolarmente impiegati nel comparto erano 823mila. In 7 anni si sono, dunque, persi 210mila posti di lavoro a causa di una politica che non ha saputo riformare il welfare familiare e valorizzare questa forza lavoro, contribuendo al contempo al dilagare del lavoro ‘nero’ o ‘grigio’ che nel settore ha percentuali altissime: si stima, infatti che 6 domestici su 10 siano irregolari, ovvero 1,2 milioni di lavoratori”.
“Dal 2011 in poi - spiega Luca Di Sciullo, presidente Centro Studi e Ricerche Idos - l’Italia ha sostanzialmente bloccato i canali di ingresso legali agli stranieri che intendano venire stabilmente per motivi di lavoro. Tanto che ad oggi, per molti migranti ‘economici’, l’unica possibilità di entrare in Italia è quella di unirsi ai flussi di migranti ‘forzati’ che arrivano come richiedenti asilo, pur non avendo i requisiti per il riconoscimento. Una situazione che da una parte penalizza il mercato del lavoro, lasciando scoperti ambiti a forte domanda di manodopera estera e aumentando il lavoro nero, e che, d’altra parte, complica la già critica gestione dell’immigrazione, sciupando un potenziale beneficio per la società e lo Stato”.
Da qui l’appello congiunto alla politica: “E’ necessario tornare ad una programmazione dei flussi di ingresso, prevedendo quote dedicate a reali nuovi ingressi di lavoratori non stagionali, e modificando anche il sistema di rilevazione del fabbisogno, affinché prenda in considerazione, oltre alle esigenze delle imprese, anche quelle delle famiglie, superando così una delle tante contraddizioni di una gestione miope” concludono Zini e Di Sciullo.
Sempre più intensi gli scambi culturali tra l’Italia e la Russia. Sono stati proclamati a Roma i vincitori del Festival internazionale di cultura «La Roma Russa»: la premiazione è avvenuta nel contesto della cerimonia di proclamazione tenutasi nello storico Palazzo Poli. Ad ottenere il prestigioso premio sono stati esponenti del mondo della cultura di grande levatura, il cui impegno è rivolto alla promozione della cultura russa all'estero. Per partecipare all'evento sono giunti a Roma, dai vari paesi del mondo, tutte quelle persone che nutrono per la cultura russa un sincero interesse, tra cui artisti e personalità pubbliche.
Circa 200 anni fa fu proprio Palazzo Poli il centro d'attrazione in cui la principessa Zinaida Volkonskaja radunava i suoi ospiti per serate di letteratura e musica. Qui si riunivano i brillanti rappresentanti dell'intelligencija russa ed europea: pittori, scrittori, musicisti.
«Sono lieto che l’agenda ufficiale dei nostri rapporti bilaterali si arricchisce con le iniziative private come il Festival “La Roma Russa”. Il suo svolgimento nelle sale del Palazzo Poli, dove all’epoca Zinaida Volkonskaja conduceva i “salotti russi”, sta diventando una bella tradizione”, - ha sottolineato l'Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Federazione Russa nella Repubblica Italiana e nella Repubblica di San-Marino Sergey Razov.
«La cultura è da sempre una sfera privilegiata nei rapporti italo-russi. La nostra cooperazione in questo ambito affonda le sue radici in una storia secolare, ricca di numerosi punti di intersezione, e racchiude in sé una grande moltitudine di argomenti comuni per il dialogo. Questa influenza reciproca esprime una affinità spirituale del tutto particolare, unica nel suo genere, una comprensione reciproca capace di unire i nostri popoli.
È un immenso piacere per me rivolgere un saluto al Festival «La Roma Russa» il cui obiettivo è riconoscere i meriti dei personaggi degni della lode più alta nell'ambito della promozione della cultura italiana in Russia e della cultura russa in Italia. Auguro un grande successo al Festival, che rappresenta un ulteriore esempio della straordinaria ricchezza dei rapporti culturali tra i nostri paesi», ha detto il Primo Consigliere dell’Ambasciata d'Italia a Mosca Walter Ferrara.
«La cultura russa rappresenta un ambito che gode di stima riconosciuta dalla cerchia dell'intelligencija e dell'arte mondiale impegnata nella costruzione di un dialogo con la sfera umanistica. Oggi la geografia degli ambasciatori del Festival «La Roma Russa» si sta ampliando. Assieme ai paesi europei, Italia, Francia, Inghilterra, Germania, Belgio, Cechia e altri, il progetto abbraccia gli esponenti del mondo della cultura dall'India, Stati Uniti, Australia», ha sottolineato il presidente del Festival Vladimir Torin.
Il premio «La Roma Russa» viene assegnato ai vincitori la cui attività glorifica la cultura russa all'estero. Il premio, una statuetta, è stato appositamente disegnato dal noto scultore russo, artista del popolo, Аleksandr Rukavišnikov.
Nella categoria «Musica» ha vinto il premio Svetlana Kasyan, solista del teatro di Mosca «Nuova Opera», la prima cantante lirica nella storia del Vaticano insignita del titolo Dama ("La Fenice”) dell'Ordine di San Silvestro.
Il vincitore del premio nella categoria «Letteratura» è lo scrittore e sceneggiatore russo, storico e dottore in scienze storiche, autore di gialli e romanzi storici Leonid Jusefovič. I suoi libri sono tradotti in tedesco, italiano, francese, polacco, spagnolo.
Julian Henry Lowenfeld, poeta, drammaturgo, giurista, compositore e traduttore americano è stato insignito del premio nella categoria «Attività di traduzione». È considerato uno dei migliori traduttori delle opere di A.S. Puškin in lingua inglese. Autore di una delle cinque redazioni di «Evgenij Onegin» pubblicate negli USA.
Il direttore dei Musei Vaticani Barbara Jatta, la prima donna ad ottenere questo incarico nei secoli di storia della Collezione d'arte Pontificia è vincitrice del premio nella categoria «Arti figurative». Nel 2018 ha partecipato alla realizzazione di un progetto senza precedenti: l'allestimento della mostra «I capolavori della Pinacoteca Vaticana» presso la Galleria Tret'jakov, mentre i Musei Vaticani hanno accolto un'esposizione unica proveniente dalla Galleria Tret'jakov «Il Tratto russo. Dal Dionisio a Malevich».
Il vincitore del premio nella categoria «Arte teatrale» è Daniele Cipriani, produttore teatrale, una figura di straordinaria autorevolezza nel mondo del balletto. Daniele Cipriani ha unito in una compagnia i giovani diplomati della scuola romana e di quella teatrale attiva presso La Scala. Numerosi sono i suoi successi, riscossi sia in Italia sia in Europa: i suoi spettacoli esclusivi costituiscono immancabilmente dei veri e propri eventi, come lo è stato lo spettacolo dedicato a Rudolf Nureev.
Sono stati inoltre consegnati i diplomi onorari nella categoria «Arte teatrale» al primo ballerino del Teatro Bolshoj Jacopo Tissi e alla fondatrice dell'unica scuola di balletto russo in India Apeksha Bchattarchia.
Quest'anno il Festival ha istituito un nuovo premio per la categoria «Mecenatismo». A vincerlo è la Fondazione di beneficienza «Arte, scienza e sport» di Alisher Usmanov. La Fondazione svolge la sua attività in nome della tutela e dello sviluppo del retaggio culturale russo, del sostegno del potenziale scientifico e sportivo del paese, della formazione di un ambiente socioculturale inclusivo. Nel 2018 la Fondazione ha sostenuto l'allestimento della mostra presso i Musei Vaticani proveniente dalla Galleria Tret'jakov «La tratta russa. Dal Dionisio a Malevich». In autunno del 2019 ha avuto luogo la prima mondiale del film di Andrej Končalovskij "Il peccato”, realizzato con il sostegno finanziario della Fondazione.
Un premio speciale Festival è stato dedicato al quarantesimo anniversario del film «Stalker» di Andrej Tarkovskij. A ritirare il premio è stato il figlio del geniale regista, presidente della Fondazione Tarkovskij a Direnze, Andrej Tarkovskij.
Nel contesto del Festival è stata consegnata la medaglia commemorativa alla vedova di Aleksej Bukalov, Galina Bukalova. Aleksej Bukalov, un eminente giornalista, diplomatico, studioso di Puškin, che rappresenta una pietra miliare nella promozione della cultura russa.
Il Festival è stato arricchito dai momenti musicali con la partecipazione della pianista Elena Burova, la cantante lirica Svetlana Kasyan, il duetto Gazzana (Natascia Gazzana, violino e Raffaella Gazzana, pianoforte). Il maestro Daniele Cipriani ha regalato al pubblico un performance teatrale.
Il Festival internazionale culturale «La Roma Russa» si è tenuto per la prima volta nel mese di novembre del 2017. Il Festival si prefigge l'obiettivo di unire quelle persone la cui attività artistica e professionale favorisce la promozione della cultura russa all'estero, costruendo ponti culturali tra Russia ed Europa. L'ideatore del Festival è stato Vladimir Torin, segretario per i progetti internazionali dell'Unione degli scrittori russi, giornalista, personalità pubblica.
L‘iniziativa culturale “La Roma Russa” ha trovato il sostegno presso l’Ambasciata della Federazione Russa in Italia, l’Unione libraria russa, l’Unione russa degli scrittori, il Conservatorio statale di Mosca P.I. Čajkovskij, l’Istituto italiano di cultura a Mosca e molteplici associazioni di cultura in Italia e in Europa. Inoltre, nel 2019 il Festival ha ottenuto il patrocinio del Comune di Roma (Assessorato alla crescita culturale-Roma Capitale) e della Regione Lazio. Il progetto è seguito dalla stampa, tra cui Agenzia Askanews, Sputnik Italia, Agenzia Nova, Agenzia TASS, Eurasia News TV, Società statale di televisione e di radiodiffusione russa (VGTRK), LF magazine e portale ufficiale dell’Ambasciata italiana a Mosca “La Tua Italia”.
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
La Riflessione!
Novembre: ultime grandi manifestazioni enoiche!
Novembre è il mese dell’Olio nuovo, del “ribollir dei vini”, del vino novello (da non confondere con il vino nuovo che ancora è in costruzione) e delle ultime grandi manifestazioni enoiche. Ne cito tre: Sangiovese Purosangue che è già in corso a Siena (una due giorni iniziata il 2), Merano Wine Festival programmato dall’8 al 12 e la Fivi, mostra-mercato dei vignaioli indipendenti in programma dal 23 al 26 presso i padiglioni della Fiera di Piacenza (quest’anno prolungata anche al lunedì per permettere a ristoratori di partecipare). La prima giunta alla sua ottava edizione in corso dove si stanno alternando approfondimenti e degustazioni alla presenza di 120 aziende. La seconda un vero e proprio festival dell’eccellenza vitivinicola italiana e non solo. La terza che da diversi anni, con la formula mostra-mercato, permette ai visitatori di degustare, comprare e caricare storie in bottiglia da consumare durante l’anno.
Frammento n. 1
Cantina di Soave inaugura il nuovo quartier generale.
![]() |
La cantina di Soave |
Leggendo questa notizia e i suoi numeri viene meno quella parte poetica che accompagna il vino. Mi vien da dire: poveri Charles Baudelaire e Alda Merini, poesia, passione, metafora del territorio. Ma le cantine, in particolare le cooperative, sono anche aziende e devono vendere i loro prodotti e pagare chi ci lavora. Ed allora anche i numeri diventano pura e semplice verità: 90 milioni d’investimento, 11 ettari di superficie, 35.000 metri quadri coperti utilizzabili per conferimento, imbottigliamento, stoccaggio, logistica e uffici. 437 pannelli fotovoltaici, acque piovane recuperate ecc… che nel linguaggio d’oggi significa “progetto green”: Ma i vini? Produzione definita convenzionale. I Bio ancora lontano. Ahiahiahiahi (traduzione dall’alpitourese: sono dolori!).
Frammento n. 2
Life of Wine al Radisson Hotel di Roma
Un evento volutamente trasferito a Roma da Firenze per una centralità maggiore. 210 vecchie annate, ben 70 cantine che hanno dato vita a Life of Wine, Viaggio nell’età del vino. Grazie ad una selezione unica di cantine, simbolo di una enologia rivolta alla qualità, si è percorsa la storia del vino attraverso l’assaggio di rare ed uniche vecchie annate. Respiro anche internazionale con la presenza di aziende provenienti da Slovenia e Svizzera. Ne ho parlato più diffusamente in questo articolo pubblicato da Flipnews nei giorni scorsi: http://www.flipnews.org/component/k2/life-of-wine-ovvero-la-vita-del-vino.html.
Frammento n. 3
Merlot, vino amato e odiato.
Molti dei cosiddetti esperti di vino considerano il Merlot un vino pacione, banale, senza nerbo. Ne ha parlato recentemente anche Daniele Cernilli (Doctor Wine) ricordando che i palati “raffinati” hanno conoscenze e memorie corte. Vini marmellatosi, omologati, ruffiani, poco interessanti. Chi invece li considera, come il sottoscritto, viene etichettato come poco educato e con conoscenza enologica superficiale. Fatta questa premessa ecco le mie considerazioni e riflessioni. Cari amici superesperti come la mettiamo con vini merlot 100% come Montiano, prodotto nel viterbese e considerato una eccellenza nazionale? Come la mettiamo con il merlot 100% Masseto considerato uno dei vini migliori al mondo? Come la mettiamo con il merlot 100% del Pommerol Chateau Petrus icona mondiale? Senza dimenticare gli italici L’Apparita, Redigaffi, La Ricolma, Nambrot ed altri. Francamente mi vien da pensare che ancora siamo lontani dalla conoscenza del Vino.
Osservo, scruto, assaggio e…penso.
Il 2 novembre scorso e' stato consacrato Arcivescovo di Vittoria(RG) ed ausiliare del Primate in Montenegro,Sua Eminenza Mons. Wladimiro. La quasi totalità del popolo montenegrino desidera l' indipendenza dal Patriarcato serbo dal quale ancora dipende. Si sono rivolti alla Chiesa Ortodossa d'Italia, il cui Primate è Sua Beatitudine Basilio I, per essere sotto la protezione della suddetta giurisdizione con lo scopo, dopo la crescita nel tempo, di essere una Chiesa autonoma.
Oggi, qui a Vigna di Valle, vicino Roma, abbiamo assistito alla sua Consacrazione Episcopale, celebrata dal Metropolita della Chiesa ortodossa d’Italia, il Primate Basilio I°, assieme ai suoi Arcivescovi concelebranti. Quale significato ha per lei il suo servizio episcopale in Italia ed in Montenegro?
- Nella vita di ogni Sacerdote, la Consacrazione Episcopale è un onore ed un privilegio straordinario, ma per me è una responsabilità e un sacro obbligo. Indosso questo Omoforion, simbolo del giogo di Cristo e grazie al suo aiuto posso arare il solco sul campo del Signore e seminare il seme della Parola di Dio. Nostro Signore Gesù Cristo ci chiede di imparare da Lui, che questo onere può essere lieve e dolce, se siamo come Lui, miti ed umili. Con questo atto, la Chiesa ortodossa d’Italia sostiene la lotta per l'autonomia della Chiesa ortodossa in Montenegro, che il Metropolita Basilio I° ha affermato e sottolineato la scorsa primavera quando ha visitato il nostro Paese, ed lo ha confermato con questo atto.
2.Lei e un montenegrino, ci racconti del suo futuro servizio in Italia.
-Sul piano simbolico, l’inizio della mia vita pastorale a Roma, ha un significato speciale per me. Ho sempre guardato questa meravigliosa città con ammirazione, è uno dei cinque maggiori centri della spiritualità mondiale, con una storia straordinaria. Tuttavia, l'Italia pur essendo uno stato a maggioranza cattolica , ospita oltre un milione di fedeli ortodossi, di cui si parla e si conosce poco. Essi sono più del doppio che in Montenegro e tra loro c’è un esiguo numero di Montenegrini che vive e lavora in Italia. Un mio amico, d’origine italiana, che ha studiato gli eventi dopo la prima guerra mondiale ed in particolare il sostegno dell'Italia alla famiglia reale Petrović Njegoš e al governo del Montenegro in esilio, mi ha riferito un fatto interessante: solo a Gaeta e nella regione dove era situato l'esercito montenegrino, vivono circa 1.100 discendenti.
3.Ha piani e progetti specifici per l'Italia?
- Se si esclude il nostro servizio evangelico , allora i nostri piani sono certamente quelli di continuare l'integrazione culturale e spirituale delle nostre due nazioni attraverso diversi progetti. Due personalità sono sempre nella mia mente quando parlo delle nostre relazioni nel corso della storia: quelle di Giuseppe Garibaldi e Elena di Savoia, dei quali atti senza tempo è superfluo parlare. In particolare, il mio desiderio è che la cronaca di Pop Dukljanin, una cui copia si trova negli Archivi Vaticani, venga esposta a Podgorica o a Bar. Tutto ciò per rendere, accessibile ai cittadini del Montenegro, almeno per un breve periodo, il più grande lavoro della letteratura medievale slovena, a cui ho dedicato la tesi di laurea.
![]() |
La sala Sold Out |
Questo evento l’avevo frequentato nella sua prima edizione fiorentina, all’Orto Botanico “Giardino dei Semplici”, ben otto anni fa e l’ho ritrovato molto cresciuto sabato 26 ottobre nei saloni del Radisson Blu Hotel di Roma.
Life of Wine, VIII edizione, viaggio nell’età del vino. “La vita del Vino” passando per vendemmie antiche fino alle attuali. Non solo. Ho scoperto realtà che hanno scelto Roma per presentarsi sul mercato italiano come CIEK, azienda del Canavese e DELEA, i vini del Canton Ticino.
“Grazie ad una selezione unica di cantine, simbolo di un enologia rivolta alla qualità, si è percorso, attraverso gli avvenuti assaggi di rare ed uniche vecchie annate, la storia del vino assaporando il presente con la degustazione delle annate in commercio”. Così Roberta Perna dello Studio Umami artefice di questo evento.
Apertura ad un “respiro internazionale” con la presenza di aziende slovene e svizzere. Quest’ultima particolarmente gettonata poiché i meravigliosi vini svizzeri (e mi assumo la responsabilità di questa affermazione) sono poco pubblicizzati da noi.
E le presenze a questo evento unico? Un vero e proprio Boom!!!.
“Oltre 700 tra operatori, stampa specializzata ed enoppassionati per l'VIII edizione della manifestazione, andata in scena sabato 26 ottobre:70 cantine italiane e non, 250 grandi etichette fra cui 210 vecchie annate protagoniste di un affascinante viaggio nel tempo all'ombra di Bacco”. Roberta è radiosa di fronte alle domande per conoscere i numeri e
![]() |
Radisson Hotel |
la dimensione della manifestazione. Perché poi sono i numeri che alla fine contano.
“Settanta grandi cantine da tutta Italia – affiancate da ospiti stranieri da Svizzera e Slovenia, novità che ha conferito un respiro internazionale a questa edizione – hanno dato vita ad un viaggio nel tempo scandito da oltre 250 etichette, di cui 210 vecchie annate spesso introvabili sul mercato”.
Il vero successo di questa manifestazione? Il mix di annate recenti, le ultime immesse in commercio, e almeno due vecchie annate di una o più etichette nel rispetto del tema dell’evento: Life of Wine ovvero La vita del Vino. Chapeau!
Questi i miei assaggi :
![]() |
Vino Svizzero |
- Basilico vini della Basilicata (Barile)
- Cantine del Notaio da Rionero in Vulture (Basilicata)
- Ciek da San Giorgio Canavese (Erbaluce di Caluso) Piemonte
- Delea dal Canton Ticino-Svizzera
- Tenuta Monteti da Capalbio Toscana
![]() |
Erbaluce di Caluso |
- Tenute Silvio Nardi da Montalcino Toscana
- Ventolaio da Montalcino Toscana
Roma, 26 ottobre 2019 – Al richiamo di #despiertachile e #renunciapinera, oggi, in piazza del Popolo si è riunito un nutrito gruppo rappresentante la comunità cilena insieme ad altre comunità latinoamericane, al mondo dell’associazionismo, ad
organizzazioni politiche, a movimenti sociali e alla società civile. Una mobilitazione pacifica e solidale a chi in queste tremende giornate sta vivendo in Cile violenze, soprusi, abusi, violazioni di diriti umani e ingiustizie.
ler gentile concessione dell'agenzia di stampa Pressenza
foto di Dario Lo Scalzo
La Champagne è talmente ben pubblicizzata che in ogni stagione, sia in presenza di pioggia o sole, sia con il freddo gelido della Bise o la calura estiva insopportabile, registra il ”pieno” dei visitatori.
Anche perché, turisticamente parlando, può essere proposta come tour giornaliero dalla vicina Parigi con tanto di visita ad una grande Maison di Epernay o di Reims compreso un calice di “champagnino”.
Poi c’è un’altra Champagne, quella del “sogno fragile” così come descritta da Samuel Cogliati (Possibilia editore) o da Roberto Bellini nel suo patinato Champagne & Champagnes (Bibenda editore).
La cultura della distinzione che emerge dallo scritto di Samuel Cogliati e il viaggio, con tanto di indicazioni stradali, da quello di Roberto Bellini.
In questo mio dodicesimo tour a scoprire il fascino di questo vino mi sono sentito un po’ Samuel e un po’ Roberto. Samuel per cercare di “sfrondare quanto di superfluo porta con sé certa retorica” e Roberto per affrontare un viaggio particolare “negli anfratti di certi luoghi carichi di Storia”.
E un po’ di mio nella ricerca, questa volta, di chardonnay diversi, del perché le grandi Maison “raccolgano” uve dello stesso vitigno, differenti, da conferitori fidati sparsi a nord anziché a sud, ad ovest anziché ad est, magari privilegiando piccole aree come il Petit Morin o il Montgueux.
Il mio dodicesimo tour è iniziato dalla vasta area del Sud: l’Aube. Scegliendo due realtà diverse posizionate una ad est l’altra ad ovest, la prima nel Barsuraubois la seconda nel Barséquanais.
Partire da Troyes e percorrere le RN e le D tra continui saliscendi in un mare di vigne dai colori autunnali ed arrivare nella minuscola e graziosa Urville, Comune fiorito.
Ad attendermi lo staff della Maison Drappier. Visita alla cave ultracentenaria a scoprirne i segreti. Infine gli assaggi. In particolare il suo Blanc de Blancs. Uno chardonnay allevato su terreni calcarei, con pochissimo gesso (insignificante) che ha lasciato emergere nel calice note minerali, rotondità diffusa e olfatto profondo. Uno champagne gradevole, fine e sapido.
Lasciata Urville mi sono concesso la pausa pranzo in una brasserie nella garbata, vezzosa cittadina di Essoyes dove rimembranze storico-scolastiche mi hanno ricordato essere il rifugio degli ultimi anni di Renoir.
Lì vicino, a pochi chilometri c’è un piccolo borgo di nome Noè les Mallets. Ad attendermi Delphine Brulez della piccola Maison Louise Brison. Terreno calcareo con abbondanti residui marini (Kimmeridge) che permettono ai suoi chardonnay millesimati di esplodere in tensione. Champagne slanciato molto leggibile quadrato, salino.
Il giorno dopo, lasciata Troyes, direzione verso nord. Mi aspettava una avventura nuova. Visitare Frederic Bourcier a Couvrot, nelle terre delle nuove esperienze, ad est verso il confine con la Lorena: Vitry-le-Françoise.
Terre di conferitori di grandi acidità, di vigneti strapazzati dalla Bise, il vento gelido dell’Est. Terre dove lo chardonnay è ricercato proprio per le sue accentuate freschezze. Frederic un personaggio incredibile. Agricoltore prima, vignaiolo e conferitore in un secondo tempo, infine imprenditore di se stesso. Capannone tipo industriale con dentro una pressa Bucher di ultima generazione a pressare uve per conto terzi e per la Cooperativa Comunale. Il suo Blanc de Blancs? Naso minerale, vino tagliente, retto. Aromi floreali ma tanta freschezza. Profondità. Uno chardonnay veramente diverso dagli altri. Una interessante scoperta da aggiungere al mio fardello di conoscenze.
Nel pomeriggio ho raggiunto la Maison Dumenil a Sacy, ai piedi della Montagne de Reims, quella che guarda nord, a pochi passi dal 50° parallelo. Gran bella realtà lanciata verso traguardi di eccellenza e il suo chardonnay, se pur tagliente, spigoloso, di montagna fredda, ha primeggiato tra gli assaggi concessimi. Bravò!
È stato il giorno della riva destra della Marne quello successivo. Preceduto da sempre da atto di devozione annuale all’Abate Dom Perignon che riposa (così ci fanno credere) nell’Abbazia di Hautvillers.
Via di buon’ora verso Damery dove mi aspettava Philippe Manfredini, un francese con gusto italiano, Direttore della Maison J. De Telmont.
E quando pronunci il nome di questa Maison ti ritrovi nell’empireo mondo dello champagne. Una visita accurata, una degustazione meticolosa, completa con apertura di bottiglie storiche. Il suo Blanc de Blancs guidato da solidità e potenza. Ricco, rotondo, diverso da tutti quelli assaggiati fin qui. Acidità che non accompagna l’eleganza riscontrata nel Blanc de Noirs con presenza maggioritaria di Pinot Meunier, ma con un percorso tutto in divenire.
Il pomeriggio nel centro del piccolo e importante paesino di Ay a visitare la Maison Lallier. Che spettacolo il suo Chardonnay. Floreale, burroso, fruttato con pennellate di sapidità. Acidità puntata nel finale. Stile armonico con finale delicato ma coerente con il territorio di provenienza: la Montagne lato sud, solare.
Ultimo giorno passato a Chouilly e a Chavot-Courcout.
Chouilly, grand cru nella Côte de Blancs, a scoprire gli chardonnay speciali di Vazart-Coquart. Tipicità unica, singolare. Estroversi, per niente aggressivi, con finali gradevoli. Chardonnay di razza.
Chavot-Courcourt nella Côte-sud d’Epernay, dove troviamo i “ribelli” della Côte de Blancs. Senza presenza di Comuni Premier Cru ne Grand Cru ma dove i loro champagne raggiungono la miglior qualità/prezzo. Una Maison su tutte: Diogène Tissier. Il suo chardonnay è da bere e ribere con delicata sapidità, freschezze ben bilanciate, Uno champagne, come direbbe Samuel Cogliati, “dedicato alla sete”.
“C’è un istante, tra il quindicesimo e il sedicesimo sorso di champagne, in cui ogni uomo è un aristocratico”. (Amèlie Nothomb). Lo sono da molto tempo. Chapeau!
Visite effettuate in questo mese di ottobre 2019
Il 20 ottobre scorso si è svolto all’aula magna dell'università Valdese, a Roma, lo spettacolo dedicato a FRIDA KHALO con "Frida y sus Amores", organizzato dall’associazione internazionale Orchidea Latina aps, della presidente Cecilia Salaices. Ampio successo con il pieno della sala e dalla viva partecipazione del pubblico allo spettacolo di grandi artisti lirici.
“Un pubblico completamente rapito della potentissima voce della soprano messicana residente a Venezia, Liliana Henkel, che ha saputo trasmettere la forza e vitalità dell'iconica Frida Kahlo ad un pubblico che sembrava volesse cantare insieme agli artisti.” ha dichiarato la Presidente, “Non esiste Frida senza Diego Rivera e questo ruolo è stato interpretato dal tenore peruviano Eusebio Consoli che ha fatto sognare il pubblico con la sua voce.
I cantanti lirici, accompagnati dai maestriDuilio Congedi al piano e Marco Cruz alla chitarra ci hanno donato una serata piena di sensazioni bellissime. La voce narrante di Sara Guasti ci ha condotto in un viaggio attraverso la vita di Frida Kahlo, che ci ha permesso di conoscere meglio tutte le sfaccettature di questo prezioso diamante messicano sulle note di "Frida y sus Amores”, le canzoni del suo paese, il Messico”.
La manifestazione si è svolta già tre volte, ma la richiesta di repliche non accenna a diminuire. E’ stato presentato all’Ambasciata del Messico a Roma e sul palco di prestigiosi teatri romani.
Con il suo progetto Cecilia Salaices ha entusiasmato il pubblico nel far conoscere la grande pittrice messicana la cui arte è intrisa di passioni, profondo vissuto e una tormentata vita amorosa. Il concerto ha coinvolto emotivamente gli spettatori nella sofferenza e l’amore fra i due protagonisti: “FRIDA KHALO e DIEGO RIVIERA”, nonché nel calore messicano e i suoi colori.
Chiara Pavone ha letto le poesie di Angela Maria Tiberi e Barbara Maresti con le parole ha toccato l’anima degli spettatori facendo sentire la sofferenza di questa grande artista ed il suo esempio di vita nel reagire al fato perverso.Mua è pettinatura è stato a carico della Fashion Look Academy Roma, guidata da Alfonso Boselli, con la sfilata delle ragazze in fiore,
![]() |
Cecilia Salaices |
molto gradita al pubblico, che hanno sfilato con la nuova collezione autunno sempre con lo stesso tono “fiori” della prestigiosa Eire Mota Fashion Expert.
Grande successo anche di Milena Petrarca, artista internazionale, con le sue opere sulla vita di FRIDA KHALO negli attimi più significativi con Diego Riviera. Milena Petrarca è figlia d’arte, è nata a Pozzuoli, ma vive tra Latina e New York e proprio in questa ultima città, dopo aver esposto in diverse rassegne, ha ricevuto il prestigioso riconoscimento “Artistic Achivement Award Gallery” in virtù dell’impegno profuso nell’organizzazione di mostre personali e collettive in occasione del Cinquecentenario di Cristoforo Colombo.
La serata è stata presentata dalla signora Susana Clavarino.
Pompei e Santorini, l’eternità in un giorno è il titolo della mostra in corso presso le Scuderie del Quirinale a Roma.
Ad accumunare la città campana e Akrotiri, capitale dell’isola di Thera, oggi Santorini, nelle Cicladi, è la loro fine improvvisa: sepolte da un’eruzione vulcanica. Sepoltura che, allo stesso, tempo ha conservato, cristallizzandolo, un attimo di storia.
Per il resto le due civiltà non potrebbero essere più diverse.
Ad unirle in un’unica esposizione, l’interesse e la curiosità della loro riscoperta, che risveglia l’archeologo nascosto e, più o meno conscio, che è in ognuno.
Sono due civiltà lontane tra loro nel tempo oltre che nello spazio.
Questa lontananza è ben evidenziata dalle opere e dai manufatti presenti in mostra. Ed è specificata, nei pannelli, dalle linee temporali, che riportano e mettono in relazione le due vicende, con le tappe più note della storia ufficiale e diffusa.
Risale al 1613 a.C. l’eruzione che ha sepolto Akrotiri (Thera-Santorini), mentre al 79 d.C. quella di Pompei.
L’interesse e la curiosità sono il filo d’Arianna che collega i due siti, così, in mostra, senza soluzione di continuità, si trovano opere di artisti, che hanno dato espressione a quell’immaginario collettivo, formatosi nei secoli, a partire dalla riscoperta. Emerso dagli scavi insieme agli oggetti e alle svariate testimonianze.
In apertura, se non fosse per le dimensioni, la scultura novecentesca di Arturo Martini, Il bevitore del 1936, potrebbe tranquillamente essere scambiata per uno dei corpi ricoperti dalla lava.
In chiusura, la land art di Richard Long con Vesuvius circle del 1984, richiama l’attenzione del contemporaneo, verso la natura e al bisogno di rispetto nei suoi confronti.
L’immagine della copertina della mostra e del catalogo, edito da Artem in coedizione con l’Erma di Bretschneider, è un particolare del dipinto di Pierre-Henri de Valenciennes, Eruzione del Vesuvio del 24 agosto dell’anno 79 d.C., sotto il regno di Tito, del 1813.
Tra i manufatti più rappresentativi di Pompei i frammenti di affresco dalla Casa del Bracciale d’oro, il servizio da tavola in argento di età augustea, alcuni gioielli.
La pittura ad Akrotiri, oltre che nei frammenti di affresco, come quello dei Giovani pescatori o il fregio miniaturistico con un paesaggio subtropicale, si apprezza nei vasi, come nella brocca sferica monoansata, decorata con piante d’orzo e di veccia.
Una guida alla comprensione e all’immersione viene dall’approfondimento offerto dagli incontri al Teatro Argentina e dai laboratori per scuole e famiglie.
La realtà immersiva più apprezzata, per e da chi scrive, è rappresentata dai dipinti di Turner, come L’eruzione delle Souffrier Mountains nell’isola di Saint Vincent del 1815, e da quello di Filippo Palizzi, Fanciulla negli scavi di Pompei del 1870, dove la giovane donna impersona la curiosità, la meraviglia e la riflessione di fronte agli scavi.
Pompei e Santorini
l’eternità in un giorno
11 ottobre 2019-6 gennaio 2020
Roma, Scuderie del Quirinale
Orari: da domenica a giovedì 10.00-20.00;
venerdì e sabato 10.00-22.30
Ingresso: Intero €.15,00; ridotto €.13,00
Info: 0292897722
Catalogo: Artem-l’Erma di Bretschneider €. 36,00
Chi è, veramente, il clown? E cosa vuole rappresentare la figura del clown nella società?E' semplice: il clown siamo proprio noi, il clown cioè è la persona normale, ordinaria, direi, che è costretta a portare una maschera, ogni singolo giorno - fare buon viso a cattivo gioco, si dice - per poter partecipare alla società, al sistema del lavoro, che spesso non si digerisce.Maschera dietro alla quale si nasconde tutta la propria sofferenza, incessante.
Questo appunto, giusto come introduzione alla mia lettura del film Joker.
Joker è senza dubbio un grande film, forse anche una perla rara, cinematografica, (sulla scorta di un “Fight Club” o di uno “Shining”), destinato ad essere rivisto tante volte dagli spettatori, negli anni a seguire.
Di questo ne sono più che certo. Tantissimi altri film, spesso stracolmi fino all'orlo di clichè e pattern, riadoperati mille volte - oggi il cinema, ricordiamolo, qualche rara volta è cultura, spesso solo un bene di consumo - sono scomparsi senza lasciare traccia alcuna, nello spettatore, nella memoria collettiva.
Nonostante venga indicato come un film violento, non è un film di violenza, non è una pellicola, cioè, dove, nonostante un discreto numero di scene in cui la violenza sia presente (alcune anche certamente forti) , è la violenza il cuore o il tema vero e proprio, trattato.
La violenza, nella società di Joker, infatti è semplicemente il pane quotidiano, il caffè per colazione, come lo è, nella nostra società occidentale moderna, la comunicazione di massa, tanto per dirne una. La violenza qui insomma è qualcosa di intestino, di proprio, e di inscindibile dalla società in cui vive e si manifesta.
Volendo, Joker, lo si potrebbe anche considerare un “prequel” di Batman, ma è in realtà un film che si discosta grandemente dalla serie, non solo perché qui Batman non ha praticamente posto (se non uno appena tangenziale); non solo perché non è un film strettamente di azione, ma sopratutto perché qui è il Joker - o meglio la figura dell'uomo che diventerà passo dopo passo il Joker - ad essere totalmente centrale, tanto appunto da lasciare uno spazio marginalissimo al Batman che verrà.
Qui lo si intravede, Batman, nelle vesti di bambino, figlio del miliardario Wayne, e lo si vede ancora nel drammatico evento che lo porterà, nei film/fumetti successivi, a diventare il supereroe: l'assassinio dei genitori, per mano di criminali di strada, sospinti dal “vento del Joker”.
Ma questo non intacca di un centimetro la totale centralità del Joker e della sua storia di vita, che domina appunto il film.
Credo che questo film sottenda agevolmente una serie di tematiche diventate centrali e sempre più “pulsanti” nella nostra società, ragion per cui merita una attenzione speciale, che va oltre l'uomo raccontato e la sua storia.
Parlo del ruolo dei deboli, all'interno di una società sempre più lontana dai veri bisogni dell'uomo; dalle concentrazioni di ricchezza e di proprietà privata che fanno il bello e il cattivo tempo sugli interessi pubblici; della rabbia, ovunque serpeggiante fra le classi meno abbienti e gli esclusi, ecc.. Una serie di tematiche che ci mettono davanti allo specchio - lo schermo cinematografico - quella che, con un certo margine di approssimazione, potrà diventare la nostra società, se un certo tipo di globalizzazione continuerà ad essere sostenuta e perpetrata dalla maggioranza.
Passando al protagonista, c'è da dire che quella di Joachim Phoenix, molto più che una interpretazione, è una vera e propria identificazione completa col personaggio, tanto è forte e pervasiva la sua parte, che lo ha costretto a dimagrire di ben venticinque chili, ma che lo ha obbligato, ancor di più, ad avere orrende crisi di risate, auto-soppresse e ricorrenti, nelle immagini. Come appunto quelle di un malato neurologico, vero e proprio, che deve giustificarsi, davanti al prossimo, per il comportamento, mostrando un bigliettino da visita plastificato che ne spiega la condizione patologica.
Per concludere, ma ritengo che sarebbe davvero utile ed interessante aprire un dibattito su questo film, cosa può mai dirci, o insegnarci, in fondo, Joker? Forse, che chi si segue, fino in fondo, segue sè stesso, alla fine, per quanti errori possa avere compiuto, per quanto abbia dovuto fare i conti con i propri limiti e la pazzia, sarà comunque destinato a trionfare sulla massa. Oppure, invece, sarà destinato ad una stolida camicia di forza..
L'operazione Fonte di pace ha per il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan una duplice significazione: da un lato è un mezzo per affermarsi come riferimento per tutti i musulmani, arabi e non; dall'altro è un modo per vincere la partita sul fronte interno
Gli ultimi colloqui tra il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan e il vicepresidente statunitense Mike Pence, in visita ad Ankara, si sono conclusi con un accordo per un cessate il fuoco di 120 ore, per consentire il ritiro dei curdi dalla zona di sicurezza che si estende per 32 km in territorio siriano, lungo il confine con la Turchia. Un “bisogno” che Washington ha pienamente riconosciuto ad Ankara nel corso di negoziati salutati con tono trionfale sulle reti sociali dal presidente USA Donald Trump. Il disimpegno statunitense in Siria e il via libera all'offensiva militare turca contro le forze curde delle Unità di difesa popolare (YPG) è servita quantomeno a offrire a Erdoğan l'opportunità di acquisire peso nel contesto geopolitico regionale e forza sullo scacchiere politico interno. Infatti, se negli anni '90 la Turchia estese l'area di proiezione della sua potenza sulle popolazioni musulmane e turcofone dei Balcani, del Caucaso e dell'Asia centrale, fino al Xinjiang, regioni storicamente legate alla cultura turca, a partire dal decennio successivo ha concentrato i suoi sforzi nella realizzazione di un progetto detto neo-ottomanesimo, che mina la supremazia religiosa e culturale dell'Arabia Saudita, da decenni centro di irradiazione del wahhabismo. Il progetto di Erdoğan preoccupa anche Mosca, il cui territorio include aree a maggioranza musulmana dalle quali provengono migliaia di miliziani dei cartelli del jihad partiti per la Siria. Anche per questo, dal dicembre 2016, il presidente russo Vladimir Putin è impegnato con i suoi omologhi turco e iraniano, Hassan Rohani, nel processo di pace di Astana per la Siria, cui partecipano rappresentanti del governo siriano e di una dozzina di gruppi dell'opposizione. Peraltro, sempre nel 2016, la Federazione russa ha ospitato a Grozny una conferenza islamica mondiale, la cui dichiarazione finale ha escluso dall'islam sunnita i due due poli tradizionali dell'islam politico del secolo scorso: il wahhabismo, con le sue varianti takfirite, il cui centro di irradiazione è l'Arabia Saudita e i Fratelli musulmani, organizzazione fondata in Egitto da Hasan el-Banna e sostenuta, tra gli altri, da Turchia e Qatar. Basti ricordare, a titolo di esempio, l'accoglienza riservata a Erdoğan in Egitto dopo la rivoluzione del 2011, come il leader islamico in Medio Oriente, o le sue vigorose prese di posizione per la causa palestinese, in favore del movimento Hamas. In questa chiave va probabilmente letto il coinvolgimento da parte di Erdoğan, nell'offensiva in Siria, dell'Esercito siriano libero (ESL), che con Ankara collabora da anni, al punto da aver stabilito la sua base nella provincia di Hatay, e da trovare rifugio e rifornimenti in territorio turco. Così, nel 2013, con il supporto della Turchia, del Qatar e dei Fratelli Musulmani, l'ESL era entrato nella Coalizione nazionale siriana, un'alleanza di forze politiche di opposizione al presidente Bashar al-Assad, fondata a Doha e con sede a Istanbul. Un potenziale strumento per pilotare il corso del conflitto in Siria.
Il sostegno di Ankara ai Fratelli musulmani è motivo di tensioni anche tra Turchia ed Egitto, il cui presidente, Abd al-Fattah al-Sissi, nel 2013 ha conquistato il potere rovesciando il governo eletto di Mohammed Morsi (Fratelli Musulmani). Arrestato dall'esercito egiziano, Morsi è morto lo scorso giugno, secondo Erdoğan non per cause naturali, ma perché sarebbe stato ucciso. Accuse giudicate irresponsabili dal ministro degli Esteri egiziano Sameh Choukri, ma per il presidente turco Morsi si deve considerare un martire, della cui morte sono responsabili i tiranni al potere in Egitto. Dietro la retorica del presidente turco, si cela in realtà un contrasto al contempo politico e geopolitico con al-Sissi, schierato in prima linea con chi annovera i Fratelli musulmani tra le organizzazioni terroristiche, in primis il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman e il presidente israeliano Benyamin Netanyahu. Con il presidente egiziano, peraltro, Erdoğan ha esteso la competizione anche sul piano energetico: la posta in gioco è la conquista del ruolo di centro nevralgico nella distribuzione di gas in Medio Oriente, con prospettive di guadagno anche nel mercato europeo. Tuttavia, l'Egitto, con Italia, Grecia, Israele, Cipro, Giordania e con l'Autorità nazionale palestinese, ha annunciato la creazione del Forum del gas del Mediterraneo orientale, con sede al Cairo. L'obiettivo è creare un mercato regionale del gas, per rafforzare la sicurezza dell'approvvigionamento di energia, lo sviluppo e la stabilità dell'area. Non potendo puntare sull'espansione della propria influenza attraverso un qualche slancio ideologico (come fece l'ex presidente Gamal Abd al-Nasser) o religioso (come fanno tutt'ora i movimenti islamici), al-Sissi ha optato sin da subito per una politica estera basata su accordi bilaterali di cooperazione economica e militare, soprattutto nel settore della sicurezza e della lotta al terrorismo. Un approccio che interessa parimenti l'Occidente e il Mondo arabo, e un modo per non compromettere la propria posizione geopolitica in una fase in cui l'evoluzione degli equilibri di potenza non è determinabile con ragionevoli margini di errore.
Con l'Arabia Saudita, anch'essa un tempo provincia ottomana, la Turchia ha avuto, fino agli anni '90 del secolo scorso, buone relazioni economiche, diplomatiche e militari: negli anni '90 il Consiglio di cooperazione del Golfo (di cui l'Arabia Saudita ospita la sede) ha concesso ad Ankara aiuti per circa sei miliardi di dollari, una sorta di risarcimento per le perdite subite durante la guerra del Golfo. Riyadh ha sostenuto politicamente ed economicamente la Turchia persino in occasione dell'invasione turca di Cipro, nel 1974, in favore della quale si pronunciarono solo Iran, Afghanistan, Pakistan e Libia. Tuttavia, negli ultimi anni le relazioni turco-saudite si sono deteriorate, soprattutto da quando l'AKP ha consolidato la sua supremazia politica nel paese. Le tensioni si sono acuite nel 2017, quando, nella crisi diplomatica tra il Qatar e gli altri paesi membri del Consiglio di cooperazione del Golfo (CCG), Ankara si schierò con Doha e inviò persino un contingente a difesa del governo qatariota, in caso di tentativo di colpo di Stato eterodiretto da parte di Arabia Saudita ed Emirati arabi uniti. Per questa ragione Mohammed bin Salman, intimorito da quello che ha definito espansionismo turco, aveva minacciato sanzioni contro Ankara. La presenza militare turca nell'emirato del Golfo risale infatti già al 2015, dopo un accordo bilaterale di cooperazione difensiva firmato dai due paesi l'anno precedente. In Qatar, Ankara può contare inoltre sulla base militare Tariq bin Ziyad e negli ultimi anni ha rafforzato l'alleanza politica e militare con Doha. Un nuovo picco di tensioni diplomatiche tra i due paesi è stato raggiunto nell'ottobre 2018 a seguito dell'uccisione del giornalista saudita Jamal Khashoggi (da tempo residente negli Stati Uniti, dove scriveva per il Washington Post) nel consolato di Riyadh a Istanbul. Un caso controverso, di cui Erdoğan ha attribuito la responsabilità al governo saudita, in difesa del quale si era peraltro schierato due mesi prima, quando la ministra degli Esteri canadese Chrystia Freeland aveva espresso preoccupazione per episodi di detenzione arbitraria, in Turchia, di attivisti per i diritti umani. In tal modo, il presidente turco mantiene con alcuni alleati relazioni diplomatiche sul filo della tensione, proponendosi come indispensabile ago della bilancia degli equilibri regionali.
D'altronde, il progetto neo-ottomano include, se non il controllo sui luoghi santi dell'islam, almeno la possibilità di estendere l'area di proiezione di potenza della Turchia anche tra i musulmani arabi, storicamente zona di influenza di Riyadh. Il neo-ottomanesimo riprende infatti la sintesi turco-islamica concepita da Necmettin Erbakan e da Turgut Özal, ex primo ministro ed ex presidente della Repubblica di Turchia, negli anni '70, quando costituì una coalizione di governo con il Partito repubblicano del popolo (CHP): una fusione di nazionalismo (ideologia pericolosa per una società che ha mantenuto la struttura comunitaria dell'impero ottomano), militarismo, kemalismo e “valori morali” dell'islam ottomano, che avrebbero dovuto rafforzare l'ordine incarnato dal nazionalismo turco. Nel 1983, questa sintesi fu adattata al contesto successivo al colpo di Stato del12 settembre 1980, nella veste di un nuovo nazionalismo, fondato non sull'appartenenza etnico-culturale, ma sull'unità comunitaria dei cittadini musulmani, che avrebbe dovuto, secondo i piani, portare all'assorbimento graduale delle etnie minoritarie. Negli anni Duemila, Erdoğan e il suo partito hanno integrato quindi tali idee in una teoria elaborata dall'ex presidente Ahmet Davutoğlu, nel suo pamphlet Profondità strategica (2001). Tra i suoi punti cardine, ci sono relazioni di buon vicinato con i paesi vicini (zero nemici) ed espansione per vie diplomatiche della proiezione della potenza turca nei territori un tempo di dominazione ottomana. Anche se, quando prese le distanze da Erdoğan (essendo in disaccordo con la sua politica autoritaria e con il presidenzialismo), aveva giurato di non criticare mai pubblicamente il presidente, lo scorso luglio, Davutoğlu in un'intervista ha accusato l'AKP di essersi allontanato dai suoi obiettivi originari. Il partito ha pertanto avviato una procedura di espulsione a suo carico, ma il 13 settembre, Davutoğlu ha annunciato le sue dimissioni e l'intenzione di fondare una forza politica alternativa, biasimando la scelta di Erdoğan di far ripetere le elezioni amministrative a Istanbul. Simili espressioni di dissenso nei confronti del presidente sono arrivate anche da altre personalità di spicco del partito, tra le quali l'ex presidente Abdullah Gül e l'ex primo ministro Ali Babacan.
L'operazione Fonte di pace, dunque, offre a Erdoğan l'occasione di giocarsi la carta curda in funzione propagandistica, per aumentare i suoi consensi in primo luogo rispetto a quelli che un tempo erano suoi alleati di partito (e che quindi condividono il progetto neo-ottomano). In tale contesto, l'operazione Fonte di pace spiana la via al presidente turco per chiudere una partita aperta a metà degli anni '70 del secolo scorso, quando l'ex presidente siriano Hafez al-Assad, che sosteneva sia il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), sia l'Esercito armeno segreto per la liberazione dell'Armenia (ASALA), offrì asilo alla guida del PKK Abdullah Öcalan. In secondo luogo, l'attacco alle postazioni curde siriane può essere uno stratagemma per sottrarre voti ai partiti nazionalisti: il Partito di azione nazionalista (MHP), fondato nel 1969 dal colonnello Alparslan Türkeş e guidato dal 1997 da Devlet Bahçeli; e il Partito del bene, creato nel 2016 da Meral Akşener, uscita dall'MHP perché giudicava la linea di Bahçeli troppo accondiscendente nei confronti di Erdoğan. L'MHP, noto anche per il suo braccio armato, i Lupi grigi, aderisce al panturchismo e si oppone in linea di principio al dialogo con il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) e a un qualsiasi negoziato politico con il Partito democratico dei popoli (HDP). A differenza dell'MHP, il Partito del bene di Meral Akşener (che si definisce una forza politica di centro) include nel suo programma il kemalismo e non è contrario all'integrazione della Turchia in Europa. A proposito di kemalismo, un'altra minaccia interna per Erdoğan potrebbe venire dal CHP di Kemal Kılıçdaroğlu, che lo scorso giugno alle elezioni amministrative ha riconquistato il comune di Istanbul dopo 25 anni di amministrazione quasi ininterrotta dell'AKP. Nondimeno, la dialettica politica interna turca era e resta fortemente influenzata dalle scelte geopolitiche degli USA, che soprattutto nella fase monopartitica (1923-1950), hanno contato sullo Stato profondo della Turchia repubblicana, costituito principalmente da militari kemalisti e paramilitari nazionalisti. In seguito, con l'avvento del multipartitismo, Washington ha optato per la linea del divide et impera, strumentalizzando e talvolta fomentando lo scontro di fazione all'interno degli apparati profondi, inclusi quelli maggiormente legati al crimine organizzato locale. Risultato, esercito e magistratura, per anni portavoce e promotori del kemalismo, hanno ordito colpi di Stato a cadenza quasi decennale, spesso realizzati dagli stessi uomini su cui Washington contava in Turchia. Ad esempio, Türkeş, orchestratore del colpo di Stato del 1960 e membro del Comitato di unità nazionale allora creato, era tra i sedici ufficiali turchi che nel 1948 furono addestrati negli USA per fondare la Gladio turca, denominata kontrgerilla. Egli stesso, alla fine degli anni '60, fondò da un lato l'MHP, dall'altro i Lupi grigi, che vantano di avere dei servizi di intelligence meglio organizzati di quelli di Stato e nella cui orbita si è formata Meral Akşener, con il nome in codice Asena, la donna-lupo del mito di fondazione turco. Tra le manifestazioni fenomeniche della longa manus di Washington sullo Stato profondo turco c'è infine il predicatore islamico Fethullah Gülen, dal 1999 rifugiato negli USA, che sin dagli anni '80 aveva infiltrato i suoi uomini nelle istituzioni, come l'università, l'esercito, la burocrazia e la polizia. A lui si rivolsero infatti, per avere sostegno politico, prima Turgut Özal nel 1989, che si presentò come garante degli interessi statunitensi in Turchia, poi Erdoğan negli anni Duemila. Anche per questo, la visita ufficiale di Mike Pence ad Ankara pone non pochi interrogativi sul presente e sul futuro della regione. Con un occhio all'Iraq.
Jimmy Ingrassia è un cantautore ed interprete di origini siciliane, ha all’attivo un EP ed un album, è stato vincitore di prestigiosi concorsi canori, alcuni dei quali l’accademia di Sanremo
“ SANREMOLAB ” ed il festival internazionale TOUR MUSIC FEST.
E’ stato finalista al festival MUSICULTURA, NUOVE PROPOSTE DEL FESTIVAL DI SANREMO, DEEJAY ON STAGE e PREMIO MUSICA CONTRO LE MAFIE.
Vanta inoltre diverse esperienze televisive, soprattutto RAI e MEDIASET, alcune delle quali: THE VOICE OF ITALY, DOMENICA IN, DORECIAKGULP e AMICI, ed ha cantato in mondovisione per PAPA FRANCESCO.
Nel novembre 2016 è stato ospite del celebre programma ROXY BAR di Red Ronnie per presentare il suo nuovo disco “ Sotto i piedi dei giganti ”.
Nel febbraio 2017 ha aperto il concerto di Erriquez (BANDABARDO’) nel locale NA COSETTA di Roma, nell’aprile 2018 è stato ospite del prestigioso CLUB TENCO in occasione del format IL TENCO ASCOLTA, che si è svolto presso il teatro Francesco Ramarini di Monterotondo (RM).
Nell’ottobre 2018 il suo brano dal titolo LIBERO, che tratta il tema dell’immigrazione, è stato scelto dal CLUB TENCO ed inserito nella compilation MIGRANS abbinata alla rivista IL CANTAUTORE, pubblicata in occasione del PREMIO TENCO.
Nel marzo del 2019 viene contattato ancora una volta dal CLUB TENCO, ed invitato a fare un concerto a Sanremo direttamente nella sede del club.
Nel mese di agosto apre il concerto del cantautore RON, presso le Cantine Fina di Marsala (TP).
Attualmente è al lavoro per la realizzazione del nuovo album.
“ Suoni tra il folk e il pop più orecchiabile, trasformerebbero l’esistenza in refrain da cui risulta difficile liberarsi. Allora lo prescriveremmo agli amanti di Mannarino e di Silvestri, di Cristicchi e Gazzè: ascoltatori attenti che cercano musica per spazzare nuvole dal cuore ”
Recensione ROCKIT
-Nel 2015 esce il singolo LIBERO, che affronta il delicato tema dell’ immigrazione, come nasce questa canzone?
L’idea del tema è venuta a me e a Francesco Musacco, già produttore artistico ed arrangiatore di Cristicchi, Alex Baroni, Luca Carboni, ecc., l’ho scritta in una notte, tutta di getto, poi il giorno dopo in studio con Francesco l’abbiamo completata.
Allora mancavano pochi giorni per presentarsi alle selezioni per il Festival di Sanremo, e oltre all’audio era necessario un videoclip, così chiamai il regista Marco Gallo e in quattro e quattr’otto, con considerevole fretta, confezionammo il tutto.
Ebbene, credo che questo brano sia un’alchimia, perché anche se fu fatto tutto in velocità, (sia il pezzo che il videoclip), penso non potesse uscire fuori meglio di così, sono soddisfatto.
-nel testo citi, ringrazi Lampedusa, quanto c’entra il tuo coinvolgimento in quanto siciliano?
Beh io mi sento estremamente coinvolto, ancor di più in quanto siciliano, perché purtroppoLampedusa è sempre stata una delle mete principali degli sbarchi, però conosco i miei conterranei, e so quanto la loro accoglienza sia straordinaria, fatta nel modo più umano possibile, perché si parla di esseri umani, non certo di altro.
Spesso sento quei discorsi assurdi, di gente che dice che devono stare a casa loro, che devono tornarsene da dove sono venuti, così, come se si parlasse di oggetti, la trovo una cosa sconcertante, il fatto è che il problema non sono loro, come non siamo stati noi nel passato quando migravamo, la storia ce lo insegna.
C’è una canzone, cantata proprio da Simone Cristicchi, dal titolo “ Cigarettes ”, dove è stato musicato un testo che risale all’anno 1912, tratto da una relazione dell’ispettorato del congresso americano sugli immigrati italiani negli stati uniti d’America, che descrive la visione che hanno gli americani di noi (al tempo immigrati), ebbene, parlano allo stesso identico modo in cui parliamo noi degli immigrati che provengono generalmente dall’Africa.
La storia è ciclica, dobbiamo ricordarci da dove veniamo, che non siamo oggetti ma esseri umani, che sono esseri umani.
-tu forse sei stato il primo a sollevare in note questo fenomeno, poi dopo in tanti lo hanno cantato, ognuno affrontandolo dal proprio punto di vista, quel’è stato il tuo?
Non so se sono stato il primo, anzi credo di no, dato che come ti dicevo prima, so che proprio Cristicchi ne aveva già parlato in quella canzone del 2013, ma chiaramente non è affatto questo che conta, l’importante è che se ne parli il più possibile, poi è normale che ognuno lo debba affrontare sotto chiavi diverse.
Per esempio il mio amico Mirkoeilcane, che nel 2018 ha partecipato al Festival di Sanremo proprio con una canzone che parla di immigrazione, che trovo straordinaria, ha usato una sorta di metafora, io invece ho cercato di affrontare il tema descrivendo in maniera molto semplice ciò che accade ormai quasi regolarmente, e ciò che spinge questa gente a fare un passo così azzardato.
-Preferivo cantare canzoni d’amore…e invece continui a cavalcare palcoscenici con canzoni di denuncia, come per esempio al “ PREMIO MUSICA CONTRO LE MAFIE con il brano
“ ALZA LA BANDIERA” in cui ti posizionasti fra i finalisti
Eh si, cerco di affrontare temi che mi stanno a cuore, che mi colpiscono, “ alza la bandiera ” è un brano di contestazione, di protesta, nonché di consapevolezza, anche in questa canzone descrivo ciò che accade, racconto semplicemente la verità.
Il politico di turno infatti, come sempre, pensa solo a se stesso, non di certo al popolo, anche questa è mafia.
Tento di risvegliare la “ piazza piena ma stanca ” , ricordando che “ ci hanno messo le ali ma strisciamo per terra ”.
In quasi tutto l’album SOTTO I PIEDI DEI GIGANTI incito a riflettere e ad aprire gli occhi.
-“ scusa effendi ”, continui a mettere in gioco i potenti, “ effendi ” è una parola turca che significa signore, indica un potente
Si è un termine che mi ritrovo spesso a dover giustificare nei concerti, perché molti pensano che io dica FENDI, quello delle borse ah ah ah (ride).
È una canzone ironica, anzi sarcastica, che racconta il controllo che avviene su di noi.
In realtà la maggior parte dell’album parla di questo sistema che ci schiaccia, che ci opprime, il gigante ovviamente è il sistema, in copertina infatti c’è una mia foto nella quale vengo ritratto a sorreggere questo gigante per non rischiare di farmi schiacciare.
C’è una deviazione delle menti, di cui continuerò a parlare in questo nuovo album che sto scrivendo.
-cosa sono i diritti umani?
Non è cosi semplice rispondere , credo sia il rispetto per il prossimo, cercare di fare delle azioni che non vadano a ledere il prossimo.
https://www.facebook.com/jimmyingrassia/