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PENA DI MORTE: UNA CONTINUA ALTALENA DI NOTIZIE CONTRASTANTI DAGLI USA, TRA MEGAINDENNIZZI E RIPRESA DELLE ESECUZIONI FEDERALI.

By Roberto Fantini July 15, 2020 3815

                       Ci sono vicende di fronte alle quali è difficile riuscire a trovare, dentro di sé, un punto di compromesso, una sorta di equilibrio fra ironica amarezza, senso di desolante sconcerto, gioiosa euforia …

Quella di Clifford Williams e di suo nipote Nathan Myers è sicuramente una di queste.

I due, accusati ingiustamente di aver ucciso una donna in Florida nel 1976, dopo per aver passato ben 43 anni in carcere, hanno ricevuto un cospicuo indennizzo in denaro: il primo (condannato a morte) di 2.150.000 dollari; il secondo (condannato all’ergastolo) di 2.000.000 di dollari.

La relativamente positiva conclusione di una storia tanto orribile è stata resa possibile dalla recente indagine portata avanti dal Conviction Integrity Unit, un nuovo organo giudiziario destinato a riesaminare casi giudiziari presentanti dubbi di un qualche rilievo. Dal rapporto è risultato che nessuna prova fisica era in grado di autorizzare una correlazione fra Williams o Myers e la sparatoria che originò la morte di Jeanette Williams (omonima ma non parente di Clifford). Inoltre, risultò che un altro uomo, tale Nathaniel Lawson, a suo tempo, aveva riferito a diverse persone di essere stato lui l’unico l’autore del crimine.

Dall’inchiesta è anche emerso che la polizia, in un fascicolo del 1976, aveva scritto di aver appreso della presenza di Nathaniel Lawson sulla scena del delitto nel momento in cui il delitto fu commesso.

   Il risultato finale è stato quindi inequivocabile, tanto che ha permesso a Shelley Thibodeau, direttrice del sopramenzionato organo giudiziario, di asserire, in maniera lapidaria, che

"l’insieme di tutte le prove, la maggior parte delle quali non vennero viste né sentite dalla giuria, toglie ogni credibilità alle condanne e alla colpevolezza degli accusati.”

                     Intanto, però, a congelare (e a congedare) subito quel pizzico di soddisfazione derivante da una simile paradossale vicenda, ha provveduto una decisione oltremodo dolorosa:

le esecuzioni capitali nella giurisdizione federale degli Stati Uniti, sospese dal 2003, sono state riprese.

E’ stato infatti ucciso, attraverso iniezione letale, dopo un momentaneo rinvio, Daniel Lee, suprematista bianco accusato nel 1999 della morte di una coppia e della loro figlioletta di 8 anni.

Nei prossimi giorni, dovrebbe essere il turno di Wesley Purkey, Alfred Bourgeois e Dustin Honken.

Da notare che Wesley Purkey, affetto dal morbo di Alzheimer, è ora ritenuto del tutto demente.

                     “La decisione dell’amministrazione Trump di riavviare le esecuzioni federali dopo una pausa di 16 anni è scandalosa. È l’ultima indicazione del disprezzo di questa amministrazione per i diritti umani“. Così, già la scorsa estate si era espressa Margaret Huang, direttrice esecutiva di Amnesty International Usa.

 
 Daniel Lee

C’è da sottolineare, tra l’altro, che la scelta dell’amministrazione Trump appare in contrasto con le crescenti moratorie sulla pena di morte adottate da vari Stati negli ultimi dieci anni: da un lato per le controverse iniezioni letali, accusate di causare eccessiva sofferenza, dall’altro per la carenza delle sostanze da usare, perché le grandi case farmaceutiche rifiutano di fornirle nel timore di essere associate ad una prassi che molti considerano inumana e incivile.

                   “L’uso della pena di morte - ha aggiunto poi la Huang - non è in linea con le tendenze nazionali e internazionali. Ventuno stati negli Stati Uniti e oltre la metà dei paesi del mondo hanno già stabilito che la pena di morte non rispetta i diritti umani e non ha posto nelle loro leggi”.

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Last modified on Wednesday, 15 July 2020 06:40
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