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    I DIRITTI DEI POPOLI INDIGENI SONO  IL DOVERE (E L’INTERESSE) DI  TUTTI NOI    

By Roberto Fantini August 10, 2025 535

 Articolo 1.

I popoli indigeni, sia come collettività sia come persone, hanno diritto al pieno godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali così come sono riconosciuti nella Carta delle Nazioni Unite, nella Dichiarazione Universale dei diritti umani e nella normativa internazionale sui diritti umani.

Articolo 2.

I popoli e gli individui indigeni sono liberi ed eguali a tutti gli altri popoli e individui e hanno diritto a non essere in alcun modo discriminati nell’esercizio dei loro diritti, in particolare per quanto riguarda la loro origine o identità indigena.

Articolo 3.

I popoli indigeni hanno diritto all’autodeterminazione. In virtù di tale diritto essi determinano liberamente il proprio statuto politico e perseguono liberamente il loro sviluppo economico, sociale e culturale.

                          DICHIARAZIONE DELLE NAZIONI UNITE SUI DIRITTI DEI POPOLI INDIGENI (2007)

 

 

            Dopo secoli di presuntuosi pregiudizi e inenarrabili violenze che hanno comportato stermini di massa, deportazioni, devastazioni e schiavizzazioni ai danni di popoli percepiti come estranei al proprio modello di civiltà (quello ellenico-cristiano), il mondo occidentale, in sede filosofica e scientifica, grazie soprattutto ai progressi degli studi antropologici dell’inizio del XX secolo, ha compiuto la scelta di liberarsi dal suo odioso etnocentrismo, riconoscendo l’esistenza di altri ambiti culturali non più etichettabili come “barbari”, “selvaggi” o “naturalmente inferiori”. Ciò è stato reso possibile, soprattutto,  grazie al contributo di importanti scuole etnologiche, come quella boasiana e quella di Malinowski, convergenti nel riconoscere la pluralità delle culture, non più riducibili ad un unico schema di sviluppo e di interpretazione, in quanto dotate di precipua individualità e di efficaci sistemi funzionali.

E dopo oltre mezzo secolo dalla Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, alle soglie del nuovo secolo (13/09/2007), l’Assemblea delle Nazioni Unite ha inteso produrre una nuova Dichiarazione, esclusivamente riferita ai diritti dei popoli indigeni, sottolineando come le innumerevoli ingiustizie storiche patite (in particolar modo a causa della colonizzazione e della spoliazione delle terre e delle risorse) abbiano impedito loro di esercitare il “proprio legittimo diritto allo sviluppo in accordo con i propri bisogni e interessi”, e riconoscendo “l’urgente necessità di rispettare e promuovere i diritti intrinseci dei popoli indigeni che derivano dalle loro strutture politiche, economiche e sociali e dalle loro culture, dalle loro tradizioni spirituali, storie e filosofie, e in modo particolare i loro diritti alle proprie terre, territori e risorse,” e riconoscendo, altresì, “che il rispetto dei saperi, delle culture e delle pratiche tradizionali contribuisce allo sviluppo equo e sostenibile e alla corretta gestione dell’ambiente”.

Ma i passi avanti filosofici e giuridici poco incidono, anche in questo caso, sulla voracità amorale dell’economia capitalistica. I popoli indigeni continuano ad essere oggetto, in varie aree del pianeta, di ignobili minacce, soprusi, e violenze, di una gravità tale da metterne in serio pericolo la stessa sopravvivenza.

Con l’obiettivo di attirare l’attenzione generale sulla sorte dei popoli indigeni (stimati fra i 370 e i 476 milioni in oltre 90 paesi), l’UNESCO ha celebrato, nell’appena trascorso 9 agosto, la Giornata Internazionale dei popoli Indigeni del Mondo, in ricordo della prima riunione del Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite, svoltasi nel 1982 e della successiva istituzione ufficiale della ricorrenza, tramite la risoluzione 49/214 dell’ONU (1994).

Particolare rilevanza è stata attribuita alla funzione di guardiani dell’ambiente e difensori della biodiversità svolta dai popoli indigeni, intesi  come vero argine vivente di fronte  all’avanzata dei settori estrattivi e produttivi, fonte catastrofica di deforestazione e degrado del territorio.

Sicuramente una scelta intelligente e moralmente encomiabile quella di aver voluto conferire alle comunità dei nativi, intese perlopiù come intralcio alla trionfale avanzata del “progresso”, la nobile e nobilitante veste di custodi degli equilibri ambientali e, quindi, di curatori dei reali e concretissimi interessi dell’intero pianeta e di tutti i suoi abitanti … Ma resta assai difficile credere che ciò possa bastare a fermare la mano criminale di un sistema di dominio e di sfruttamento che nulla sa e che nulla vuol sapere di diritti inviolabili, di dignità delle persone, di diritto all’autodeterminazione, di rispetto delle diversità e di tutela ambientale.

L’unica via percorribile, è quella che prevede che, da parte di tutti gli Stati, venga preso in responsabile e coerente considerazione, “senza se e senza ma”,  quanto indicato nell’articolo 8 della sopra menzionata Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni. Altrimenti, rischieremo, come in troppi altri casi, di continuare a naufragare in un oceano sterile quanto ipocrita di retorica delle buone intenzioni e dei generosi auspici:

 

                                  “Gli Stati devono provvedere  efficaci misure di prevenzione e compensazione per:

a) Qualunque atto che abbia lo scopo o l’effetto di privarli della loro integrità come popoli distinti, oppure dei loro valori culturali o delle loro identità etniche;

b) Qualunque atto che abbia lo scopo o l’effetto di espropriarli delle proprie terre, territori e risorse;

c) Qualunque forma di trasferimento forzato della popolazione che abbia lo scopo o l’effetto di violare o minare quale che sia dei loro diritti;

d) Qualunque forma di assimilazione o integrazione forzata;

e) Qualunque forma di propaganda volta a promuovere o istigare la discriminazione razziale o etnica nei loro confronti.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Last modified on Sunday, 10 August 2025 21:26
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