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Biografia non autorizzata di Mario Draghi (quarta parte)

By Marco Sarli August 19, 2024 461

 

L'estradizione in Italia di Danilo Coppola, protagonista insieme a Stefano Ricucci e altri della stagione dei "furbetti del quartierino" ci porta dritti dritti a quella bancopoli che vede le tentate acquisizioni della Banca Nazionale del Lavoro da parte del Banco Bilbao Vizcaja y Argentaria e della banca Antonveneta da parte dell'olandese banca ING, due operazioni ostacolate in modo quasi spudorato dall'allora Governatore di Bankitalia Antonio Fazio e dal dirigente centrale addetto alle autorizzazioni di operazioni di simile natura.

Alla prima di tali operazioni si opposero Coppola, Ricucci e l'allora patron di Unipol, Giovanni Consorte, mentre per sbarrare la strada agli olandesi si mosse, facendo il possibile e l'impossibile, l'allora dominus della Banca Popolare di Lodi, Gianpiero Fiorani che non faceva mistero della amicizia con Antonio Fazio.

Successive e tempestive indagini di diverse procure portarono a bloccare l'acquisizione dell'Antonveneta da parte della Popolare di Lodi (nel frattempo ribattezzata Banca popolare Italiana) e all'arresto del suo presidente e allo scioglimento degli organi societari della banca nel frattempo acquisita, mentre per la BNL, ritiratosi il BBVA, vi fu l'acquisizione da parte del colosso creditizio francese Bnp Paribas.

Le indagini della magistratura investirono anche il Governatore Fazio e il suo dirigente centrale con l'accusa di aggiotaggio per la quale sarà successivamente condannato con sentenza confermata in cassazione, ma il caso sollevò tali e tante reazioni politiche trasversali da indurre il Governatore a rassegnare le sue dimissioni il 19 dicembre del 2005, dimissioni che portarono contestualmente ad una riforma che prevedeva che la carica non fosse più senza scadenza ma fosse limitata a sei anni rinnovabili una sola volta.

L'allora Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, fu quasi costretto dal clamore delle due vicende, in particolare di quella relativa a BNL (si ricordi la famosa telefonata nella quale Piero Fassino chiede all'uomo al vertice di Unipol: "Allora abbiamo una banca?") a chiamare Mario Draghi al vertice della Banca d'Italia, considerando l'economista allora in forza alla potente ma ancor più preveggente Goldman Sachs un altissimo tecnocrate non schierato politicamente.

Del pentimento di Francesco Cossiga abbiamo già parlato, ma certamente l'evoluzione futura della carriera di Draghi da Bankitalia al vertice della Banca Centrale Europea con annesso memorandum inviato al Governo italiano che costrinse Berlusconi a rassegnare le dimissioni verso la fine del 2011, aprendo la strada al Governo tecnico di Mario Monti, un personaggio che, seppur per strade diverse, presenta parecchie affinità con Mario Draghi.

Prima di Fazio, solo una volta Bankitalia aveva dovuto subire, ma allora si trattava di una manovra giudiziaria del tutto pretestuosa, che toccò l'allora Governatore Paolo Baffi e il Direttore Generale Mario Sarcinelli che ottennero entrambi giustizia, ma ben diverse erano le accuse mosse ad Antonio Fazio, accuse che, come detto, trovarono conferma in caso in via definitiva e nel secondo grazie alla prescrizione.

Anche Fazio, come dopo di lui, Draghi, aveva frequentato l'MIT con Franco Modigliani, ma la sua permanenza si limitò ad un solo anno contro i sei di Draghi e anche il suo corso di studi è stato ben diverso in quanto Fazio si è diplomato geometra e non ha certo frequentato il liceo Massimo. L'unico punto di contatto è la laurea in Economia presso la Sapienza di Roma.

Va, inoltre, ricordato che Draghi era un corpo estraneo a Bankitalia con la quale aveva solo un rapporto di consulenza e non aveva certo percorso tutti i gradini della carriera in Via Nazionale e ciò è ben dimostrato dal fatto che all'inizio i suoi progetti di riforma dell'istituto sia a livello centrale che periferico incontrarono un forte resistenza da parte degli agguerriti sindacati del personale, sindacati che godevano di una forte autonomia all'interno delle rispettive sigle di appartenenza, ma in questo, come in altri casi, Draghi dimostrò una rapidissima capacità di adattamento e una sagace scelta dei più stretti collaboratori.

Ma c'è un aspetto che non è stato, almeno a quanto mi risulta, molto sottolineato ed è rappresentato dal fatto che sin da neonominato Governatore assurge alla Presidenza del comitato istituito tra le banche centrali, comitato incaricato di sorvegliare il mercato finanziario globale e, in particolare dopo la crisi del 2007-2008 riscriverne, in modo anche radicale, le regole di funzionamento.

Un incarico (mantenuto anche quando il comitato mutò denominazione) che lo portò a radunare, nella fase più calda della crisi finanziaria, a convocare una riunione a porte chiuse in un albergo di Manhattan i massimi esponenti delle banche più o meno globali per esporre le linee guida di quelle nuove regole rispetto ad un'operatività che ben conosceva dall'esperienza triennale in quella che forse è la più grande Investment Bank al mondo e il cui Chairman e CEO sedeva, dopo aver lasciato un incarico da 100 milioni di dollari, al vertice del Tesoro a stelle e strisce (un incarico che prevedeva un appannaggio di poche centinai di migliaia di dollari. (segue)

 

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