
| L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Se l’illuminazione è uno stato che è raggiunto da pochi studiosi e ricercatori dello spirito, considerati privilegiati nella loro elevazione, la possibilità di entrare in contatto con un’atmosfera che predisponga al raggiungimento di stati evoluti della propria coscienza, ognuno con il proprio punto di partenza e la propria gradualità di percorso, può essere offerta a tutti.
E il film IL MONACO CHE VINSE L’APOCALISSE, che affronta coraggiosamente l’interpretazione della visione profetica di Gioacchino da Fiore, abate e teologo, filosofo, pensatore rivoluzionario e visionario tra le menti più influenti del Medioevo, fa proprio questo. Con la sapiente regia di Jordan River, da sempre affezionato testimone di introspezione animica, la pellicola accompagna lo spettatore in un viaggio storico e spirituale che accarezza i presupposti per cambiamenti epocali,
auspicabili anche per i nostri tempi.
Muovendosi tra i sovrani Riccardo I° d’Inghilterra (Nikolay Moss) e Costanza d’Altavilla (Elisabetta Pellini), l’abate florense (Francesco Turbanti), mantiene un’autorità che i poteri temporali non possono scalfire, e che diventa una pratica da mantenere per affrontare anche i mostruosi controllori dell’aldilà, una volta superato il guardiano della soglia (Yoon C. Joyce).
Lontano dal voler essere una pellicola di stampo religioso, tutti gli aspetti che concorrono alla realizzazione dell’opera, dall’uso delle sfumature della cromoterapia nelle immagini, all’altissima definizione a 12k, e l’uso di onde Theta gestite da Bruno Gioffrè nella colonna sonora di Michele Josia, che stimolano le frequenze creative e intuitive del cervello, trasportano la sala in una dimensione che invita a un approfondimento spirituale per qualsiasi provenienza. Al di là di barriere ideologiche, si è portati a una riflessione interiore attraverso il percorso di esplorazione della teoria gioachimita della Trinità: “Ognuno dei tre cerchi attraversa gli altri due; come la Trinità”, che sembra ti dica che la risposta va cercata nell’annullamento della dualità, verso una terza via che è quella che lui definisce dello Spirito Santo.
“Si dice che i film debbano lasciare delle domande”, afferma il regista Jordan River, “ma io ho cercato anche di dare delle risposte. L’illusione e il male si annidano dentro di noi e impediscono l’evoluzione umana. Non è la persona che bisogna colpire ma il male che c’è nelle persone. Tutto nasce da un’idea che si muove; e se si riesce a superare quell’idea, si arriva al divino”. Come ci insegna Gioacchino quando tratta il tema del Terzo Tempo della Storia della Salvezza: “La prima fu l’età della paura; La seconda è stata l’età della fede; La terza, dovrà essere l’età dell’Amore”.
Staccatosi dalle linee tradizionali della Chiesa e degli ordini monastici del suo tempo, fonda con pochi suoi compagni l’ordine florense in un eremo concepito come il “fiore”; non come traguardo ultimo, ma come presupposto di speranza della ricerca da cui dovrà nascere il frutto. La sua missione è di identificare i nemici degli imminenti tempi apocalittici finali descritti nella Bibbia, e risvegliare il popolo cristiano addormentato verso la salvezza.
Sembra di ascoltare una cronaca odierna che denuncia l’inerzia passiva degli animi dei cittadini, ma sopraggiunto dal XII° secolo, Gioacchino ci
dice che i passi della Bibbia devono essere compresi e interpretati:
“Il libro dell’apocalisse di Giovanni è stato fatto come una ruota interna che si protende fino alla fine dei tempi, e che attraversando la fine rivela la profondità dei misteri”, così detta a un suo discepolo nel film. E se il destino degli uomini, risiede tra due mondi paralleli, quello umano e quello trascendentale, comunque ci svela che tale destino può essere cambiato.
Oltre ad essere definito da Dante “il gran calavrese abate Gioacchino di spirito profetico dotato”, e collocato dal padre dei poeti nel quarto cielo del Paradiso, riservato alle anime sapienti, il suo pensiero ha ispirato artisti e filosofi come Montaigne, Hegel, Joyce e Michelangelo nel dipingere il Giudizio Universale e la Cappella Sistina.
Certamente non conosciuto come meriterebbe, la pellicola fa giustizia al fondatore dell’Ordine florense inducendo a una riflessione sulla vita oltre la vita, e la possibilità di creare una realtà di luce e pace interiore anche in questa dimensione umana. “Ognuno di noi ha tante vite”, spiega River. “Ho voluto raccontare una grande storia che mancava, e questa è la storia della nostra salvezza, non della sua”.
Ognuno è accolto dal film in una frequenza fatta di luce, suoni e spunti di riflessione che predispone all’ampliamento della coscienza. Ma al di là dell’aspetto trascendente, anche la dimensione umana apprezzerà l’atmosfera ammaliante delle riprese, la bellezza inevitabilmente contagiosa delle scene, della musica e dello stato d’essere che crea e dalla quale non si può uscire senza esserne contaminati.
Jordan River lo esprime così: “Ho pensato di fare qualcosa di positivo e lasciarlo ai quattro venti. Se lo spettatore è distratto potrebbe perdersi il senso; ma se è attento coglie il messaggio ed esce dalla sala che ha una forza, perché il monaco vince l’Apocalisse!”.