
L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Si parla molto di somiglianze impressionanti tra esseri umani e macchine, con riferimento ai caratteri somatici che ci contraddistinguono. Non solo nelle fattezze, ma persino nelle espressioni, nelle movenze, nel tono di voce. La frontiera del cyborg umanoide è in continua espansione, e i miracoli dell’ingegneria offrono a tutto il mondo scenari in cui l’automa è in grado di decifrare, con autonomia e tempi di reazione sempre più ridotti, input esterni con tanto di risposta emotiva. È uno spettacolo che affascina e lascia perplessi allo stesso tempo. Potremmo far nostro il pensiero che Cartesio rivolse a suo tempo agli animali, definendoli mere entità corporee prive di ogni sensibilità. E come nell’animalità cartesiana, nell’imitazione robotica ovviamente non esiste traccia di coscienza.
Eppure, anche se in parte, quello stupore atavico rimane; quella fascinazione verso un che di analogo che non conoscevamo e che ci pone di fronte a modelli speculari della nostra vita persiste. Fu proprio l’arte dell’animatronica a sdoganare un concetto di verosimiglianza che lasciò il pubblico sbalordito di fronte al realismo con cui semplici “manichini da giostra” venivano realizzati. L’intrattenimento più di una volta ha funzionato come anticamera del progresso. Il cinema ne è – ancora una volta - la conferma: da puro svago popolare per le fiere di fine ‘800 a banco di prova della rivoluzione tecnologica e digitale. E a proposito di fiere e di cinema, vale la pena addentrarsi in quel mondo dove, nel lontano 1955, un uomo di nome Walt Disney ha dato vita alla fantasia. Parchi a tema, strutture che hanno preso la forma di sogni e visioni. Disneyland è stata in tutti sensi la Tomorrowland prototipica dell’atto creativo nello sviluppo tecnologico, spezzando l’apparente incomunicabilità tra tecnica e immaginazione, magia ed efficienza.
Nella dark ride dei parchi a tema si nasconde l’immagine emblematica di un avvenire che – attraverso forme sempre meno definite – oggi ci tocca da vicino. Dark ride sì: tunnel immersivi, bui, illuminati da qualche luce a neon per amplificarne l’effetto e trasformare il breve tour in evasione temporanea dal mondo reale. Un tuffo nelle storie che ci raccontavano da bambini, un salto nell’angolo incantato della nostra memoria. La tecnologia ha saputo generare tutto questo. Ha saputo, in un certo senso, “dar vita” a ciò che noi, pubblico passivo, vedevamo solo attraverso uno schermo, grande o piccolo che fosse. È nei corridoi bui percorsi da binari e disseminati di riproduzioni bioniche con gestualità sempre più fluide che l’immaginario collettivo ha trovato il proprio spazio di vita. Tuttavia, il noto “mondo del domani” disneyano lascia margini di apertura che scardinano una spazialità che a lungo ha circoscritto in traiettorie fisse il connubio tra progresso e immaginazione.
Il realismo che ci ritrovavamo sottoforma di divertimento a portata di famiglia continua in qualche modo a stupirci, questo sì, ma con finalità sostanzialmente differenti, e non senza una certa dose di inquietudine. Oggi l’impresa tecnologica stessa è per certi aspetti un passaggio “guidato” in una galleria oscura, priva di luci in lontananza che ne illuminino il tragitto, costellata da immagini animate che trasformano quella terra di sogni in una “valle perturbante”. Concetto attuale, in riferimento alle controversie prodotte dal crescente sviluppo della robotica, ci porta a pensare la tecnologia come una “galleria degli specchi”, in cui l’illusione artificiale di un essere dotato di circuiti e sensori altera la percezione del reale, favorendo il proliferare di riflessioni in materia di etica e, in alcuni casi, di spiritualità. Cosa c’è in gioco in tutto questo? In primis una strenua difesa all’emotività umana non soggetta ad alcuna riproducibilità di stampo computazionale. Ma non dimentichiamo che, oggi come oggi, la uncanny valley non è solo qualcosa di fisicamente determinato né di localizzabile in singoli laboratori.
Qui l’oscurità del tunnel è irrimediabilmente più fitta; le immagini presenti, tuttavia, assai più vivide. C’è un “parco a tema del quotidiano” che l’Intelligenza Artificiale ha fondato attingendo da un bagaglio di icone pop, stereotipi culturali e racconti sedimentati nella nostra memoria. Il suo obiettivo? Offrire intrattenimento sostenibile sul lungo periodo, senza vincoli di spazio e, soprattutto, a portata di mano. Il giro prosegue, di meraviglie riprodotte ce ne sono a non finire. Nel parco digitale ce ne è veramente per tutti: grandi e piccoli, sognatori e nostalgici. L’algoritmo IA è un banditore che offre promesse di intrattenimento sicuro, invitando il suo pubblico a lasciarsi stupire dalla magia delle sue attrazioni. La generative-AI propone un’arte stilisticamente versatile, su misura per intere generazioni. Contenuti che simulano il passato, omaggiano vecchie e nuove tendenze.
L’IA crea e vivifica per noi. Le basta ricodificare emozioni, sensazioni, ricordi. La giostra algoritmica ricomincia il suo giro, rappresentando scenari di ieri e distopie del futuro. Ma cos’è che mette in moto l’intero meccanismo? Nostalgie condivise, esperienze narrative che ritroviamo in parole come “cult” o “grande classico”, veri e propri modelli alla base di memorie collettive. Il digitale imita vecchi schemi e sperimenta allo stesso tempo, progetta mondi al posto nostro e spazza via il confine tra reale e virtuale. Video generati in versione VHS per utenti social alla ricerca di vecchie emozioni, manipolazioni di immagini vintage alterate secondo codici espressivi combinati; revival di successi passati rivisitati in sequenze animate stilizzate, così impattanti visivamente da suscitare emozioni contrastanti.
“I personaggi che avete amato come non li avete mai visti!”.
Questa è la formula magica del giostraio digitale.
E adesso? Il tunnel si fa sempre più profondo, il desiderio di inoltrarsi in un mondo artificiale popolato da simulacri della nostra giovinezza più intenso. L’algoritmo della nostalgia ci trasporta in un mondo fatto di zone rassicuranti e rappresentazioni inquietanti, in cui curiosità e repulsione si mescolano. La macchina crea ininterrottamente, riscrive secondo una propria logica il passato giocando sui contrasti, rivisitazioni che fanno sensazione e attirano nonostante tutto.
“Non siete curiosi? Venite a vedere con che fantasia trasformo le vostre storie”.
Tutto questo ci disorienta, ma ci invita ancora una volta a replicare quel giro, attratti dalla messa in scena di una rappresentazione che sfida l’immaginazione umana. E così, tutti a bordo del treno per addentrarci nella funhouse decentralizzata dell’IA; affidiamo alla macchina il compito di reinventare l’immenso archivio dell’immaginario umano, un po' come il caro e vecchio Walt fece all’epoca nel dare materia ad una realtà custodita nel cuore e nella mente delle persone. Quindi, non rimane altro che godersi la visita e lasciare che sia l’IA a prendersi cura di noi.
“Non temete, le emozioni non mancheranno.”
Rassicura una voce amichevole nella giostra, mentre il vagone si prepara ad entrare nel buio.
Se la giostra dovesse prendere una svolta meno favolistica, più lugubre, tramutare il sogno in incubo, non preoccupatevi, anche questo è compreso nell’intrattenimento. L’importante è che sia “l’algoritmo della nostalgia” a scegliere per voi. In un modo o nell’altro saprà accontentarvi… e stupirvi. Lasciate che sia lui a sognare. Rimane solo un ultimo dubbio: chi decide davvero quando giunge il momento di fermare la giostra?
“Benvenuti nell’Uncanny Memories, amici!”
La dark ride del “mondo del domani” è pronta per ripartire.