L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Roberto Fantini

Roberto Fantini


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 Le denunce e le iniziative di AMNESTY INTERNATIONAL

Quando si esamina criticamente il modo in cui la macchina dell'informazione affronta i vari aspetti problematici del mondo contemporaneo, si finisce assai
spesso per trovarsi amaramente costretti a parlare di evidenti quanto irritanti fenomeni di "strabismo" e di "doppiopesismo". Solo ad alcune cose, cioè, si concede massimo rilievo, mentre altre restano ignorate, solo alcune vengono percepite come degne di discussione, di mobilitazione e di intervento, altre restano in un angolo, senza il privilegio della luce dei riflettori ...

Il caso della guerra in Yemen è, a questo proposito, uno dei casi più emblematicamente macroscopici.
Dal primo attacco aereo dell'Arabia Saudita contro il gruppo armato huthi (25 marzo 2015), è oramai trascorso un intero anno. Da allora, si è sviluppato un conflitto in cui tutte le parti coinvolte hanno commesso numerose violazioni del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale   umanitario, compresi anche possibili crimini di guerra.
In questo terribile anno di guerra, sono stati uccisi più di 3.000 civili, fra cui ben 700 bambini, e almeno due milioni e mezzo di individui sono stati costretti ad abbandonare le proprie abitazioni.
Tutto ciò mentre USA e Regno Unito - principali fornitori di armi all'Arabia Saudita, paese guida della coalizione - nonché altri stati, fra cui lItalia, hanno proseguito ad autorizzare trasferimenti delle armi che hanno reso possibile produrre una gravissima crisi umanitaria, nella quale almeno l' 83 per cento della popolazione si e' venuta a trovare in una condizione di disperato bisogno di aiuti umanitari.

Dall'inizio del conflitto, Amnesty International ha potuto documentare almeno 32 attacchi aerei da parte della coalizione diretta dall'Arabia Saudita,  attacchi che, oltre che uccidere numerosi civili, fra cui sicuramente più di cento bambini, hanno colpito ospedali, scuole, mercati e moschee.
"I partner internazionali dell'Arabia Saudita hanno gettato benzina sul fuoco - ha affermato James Lynch, vicedirettore del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International - sommergendo la regione di armi nonostante fosse sempre più evidente che quelle armi stavano facilitando il compimento di crimini agghiaccianti e che successive forniture avrebbero potuto essere usate per commetterne altri. Ma non solo: quei paesi non hanno neanche saputo istituire una commissione d'indagine indipendente e internazionale sulle violazioni che hanno devastato migliaia di vite di civili."
"Ora - ha aggiunto Lynch - è il momento che i leader mondiali la smettano di mettere gli interessi economici al primo posto e che il Consiglio di Sicurezza imponga un embargo totale ai trasferimenti di armi destinate ad essere usate nello Yemen."

In occasione del doloroso anniversario dell' inizio del conflitto, Amnesty International Italia, al fine di tentare di richiamare l'attenzione su una tragedia tanto generalmente ignorata, ha promosso a Roma due incontri pubblici di approfondimento, avvalendosi, in particolar modo, della presenza di Donatella Rovera, ricercatrice internazionale che negli ultimi venti anni ha guidato missioni di ricerca, documentando violazioni dei diritti umani in numerose  situazioni di crisi nelle aree di conflitto piu' pericolose al mondo.

Questi gli appuntamenti:

GIOVEDI' 31 MARZO, ALLE ORE 18,30, PRESSO IL MAXXI -MUSEO NAZIONALE DELLE ARTI DEL XXI SECOLO (CORNER D, VIA GUIDO RENI, 4 A), si terra' l'incontro
"Un anno di guerra nello Yemen: le responsabilita' della comunita' internazionale";

VENERDI' 1 APRILE, ALLE ORE 10.15, PRESSO L'UNIVERSITA' DEGLI STUDI ROMA TRE (SALA DEL CONSIGLIO DEL DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA, VIA OSTIENSE,159)
Donatella Rovera terra' la conferenza "Human rights analisys in crisis countries: methodology and stories by Amnesty International".

La campagna promossa da Amnesty International (in collaborazione con Repubblica) per richiedere in tempi rapidi e con procedure corrette e trasparenti piena chiarezza in merito all'omicidio di Giulio Regeni continua a raccogliere numerose adesioni, fra cui quella della nostra Free Lance International Press.

Quello che si teme è che ci si possa accontentare di accomodanti “verità di Stato” confezionate con il palese obiettivo di spegnere il prima possibile i riflettori, facendo precipitare la dolorosa vicenda negli archivi del passato. Per impedire che ciò possa verificarsi, l'Associazione umanitaria si sta  rivolgendo a enti locali, comuni, università, centri di cultura, associazioni della società civile e singoli cittadini, allo scopo di promuovere un vasto movimento di opinione volto al raggiungimento di una verità accertata e riconosciuta in maniera indipendente.

Fra le tante adesioni, oltre ai numerosi messaggi di sostegno sui social network, da parte di singoli cittadini e di personalità del mondo della cultura e della politica: RAI “Uno Mattina” Il Manifesto, Rai Radio 2 “Caterpillar”, le sigle sindacali CGIL, CISL, UIL unitariamente e la Federazione Nazionale Stampa Italiana.


Dopo raffiche di ipotesi balorde (incidente stradale, delitto a sfondo sessuale, ecc.), anche le ultime ipotesi proposte continuano a non convincere nessuno. Non convince né quella che fa riferimento a mere “attività criminali”, né quella lumeggiata dal ministero dellInterno egiziano tramite l'agenzia di hhustampa di Stato Mena, secondo cui, tra le varie possibilità, ci potrebbe essere quella di un “desiderio di vendetta per motivi personali, soprattutto perché litaliano aveva avuto legami con persone vicino a dove viveva e studiava.” Né convince maggiormente la tesi del presidente Abdel Fattah Al Sisi, secondo cui la morte del ricercatore sarebbe nata dal desiderio di “colpire le relazioni tra Egitto e Italia.”
Hanno tutte il sapore nauseabondo ed irritante degli innumerevoli tentativi di depistaggio già tante volte registrati nella storia lontana e recente (anche in quella delle nostre “mura di casa”) ...


Un saporaccio tale da indurre lo stesso ministro Gentiloni a parlare di “ipotesi improbabili”.
Intanto, dall'Egitto, arrivano altre pessime notizie: il 17 febbraio le forze di sicurezza hanno imposto la chiusura della sede del Centro EL NADEEM per la riabilitazione delle vittime della violenza, nella capitale Il Cairo. Il Centro, riconosciuto nel 1993, ha potuto fornire assistenza legale e consulenza psicologica fondamentali a centinaia di vittime di tortura. Imporne pertanto la chiusura non può che apparire come un'ulteriore fase della repressione contro le attiviste e gli attivisti per i diritti umani.
“Il Centro El Nadeem per la riabilitazione delle vittime della violenza ha costituito un'ancora di salvezza per centinaia di vittime della tortura e per le famiglie di coloro che sono stati sottoposti a sparizione forzata. Siamo di fronte al tentativo di chiudere un'organizzazione che e' stata un bastione della difesa dei diritti umani e una spina nel fianco delle autorità per oltre 20 anni” - ha dichiarato Said Boumedouha, vicedirettore del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International. “Le autorità devono sospendere l'ordine di chiusura del Centro e fornire un'esauriente spiegazione delle ragioni che lo hanno determinato. Il Centro deve avere l'opportunità di contestare l'ordine di chiusura di fronte a un tribunale” - ha aggiunto Boumedouha.

Il "Dio esiste e vive Bruxelles" di Jaco Van Dormael e' uno di quei rarissimi films in cui la risata si mescola con i lacrimoni caldi di tenerezza. Il regista ci trascina, infatti, in una dimensione surreale in cui pensiero filosofico, riflessioni teologiche, volontà' trasgressiva, pulsioni iconoclastiche e afflati mistico-teosofici si intrecciano in una costruzione narrativa irriverente quanto incalzante.
Filosofia gnostica, religiosità cosmica e umanitarismo (sfociante nell'animalismo): questi gli ingredienti-base. Ma tutto e' inzuppato in un'inarrestabile creatività immaginifica e arcicondito da vagonate di ironia che sa volare fresca e leggera "comme l'oiseau et non comme la plume".
Il film e' un caleidoscopio di pensiero demitizzante e di slanci filantropici, di corrosiva sensibilità' critica, di scoppiettante empatizzazione cosmica.
Non certo un film per bigotti e conservatori di qualsivoglia parrocchia, bensì un film per chi non ha paura dei ribaltamenti prospettici e per chi, al di là' dell'orrore e dell'assurdo, sa ancora meravigliarsi e commuoversi per il battito di un cuore innamorato, per una mano che afferra un'altra mano, per un orizzonte che si allarga all'improvviso attraversato da mille voli di uccelli ...

Sempre più disumano il conflitto nello Yemen.

La guerra in Yemen continua, nella disattenzione quasi generale, a produrre vittime ed atrocità. E continua anche a colpire chi le vittime cerca di soccorrerle.

In Yemen, Medici Senza Frontiere sta lavorando nei governatorati di Aden, Al- Dhale, Taiz, Saada, Amran, Hajjah, Ibb e Sana'a. Sin dall'inizio della crisi in corso, nel marzo 2015, le équipes di MSF hanno curato più di 20.000 feriti di guerra, inviando più di 790 tonnellate di materiale medico e riuscendo a gestire 11 ospedali e centri sanitari, supportandone regolarmente diciotto. In questo modo, con un sistema sanitario alquanto deficitario, MSF fornisce, di fatto, anche servizi sanitari non di semplice emergenza.

Ma il conflitto in Yemen, che si sta combattendo con un sempre più evidente disprezzo per le regole di guerra previste a livello internazionale, ha finito per attaccare le attività mediche di MSF in Yemen ben quattro volte in meno di tre mesi, con conseguenze di crescente gravità.

Il modo in cui si combatte in Yemen sta arrecando enormi sofferenze e dimostra che le parti in conflitto non riconoscono e non rispettano lo status protetto di ospedali e strutture sanitarie. Ne vediamo le conseguenze devastanti ogni giorno sulle persone intrappolate nelle zone di conflitto”, dichiaraRaquel Ayora, direttore delle operazioni di MSF. Da quando è scoppiato il conflitto,infatti, i luoghi pubblici vengono colpiti e bombardati su vasta scala. Nulla viene risparmiato, nemmeno gli ospedali, anche se le strutture mediche sono esplicitamente protette dal diritto internazionale umanitario e nonostante le puntuali e circostanziate comunicazioni relative alle coordinate della loro.ubicazione.

Il primo attacco verificatosi in questi ultimi mesi ha avuto luogo il 26 ottobre, quando gli aerei della Coalizione guidata dall’Arabia Saudita hanno ripetutamente bombardato un ospedale nel distretto di Haydan, nella Provincia di Saada, lasciando almeno 200.000 persone prive di cure mediche salvavita.

Successivamente, una clinica mobile di MSF è stata colpita il 2 dicembre, nel quartiere Al Houban di Taiz, ferendo otto persone (tra cui due membri del personale) e uccidendo una persona nelle vicinanze.

Il 10 gennaio, l'ospedale supportato da MSF a Shiara è stato attaccato in un incidente che ha ucciso sei persone e ferito almeno sette (la maggior parte di loro personale medico e pazienti), mentre il 21 gennaio un’ambulanza di MSF è stata colpita e il suo conducente ucciso in una serie di attacchi aerei che hanno ferito decine di persone, uccidendone almeno sei nel governatorato di Saada.

MSF ha deciso di appellarsi alla Commissione d’Inchiesta Umanitaria Internazionale (unico organo d'inchiesta internazionale permanente con un mandato specifico per indagare potenziali violazioni del diritto umanitario internazionale, ai sensi delle Convenzioni di Ginevra), richiedendo un'indagine indipendente sull’attacco all’ospedale di Shiara.

MSF si era già rivolta alla Commissione in seguito al bombardamento del proprio ospedale traumatologico a Kunduz, in Afghanistan, da parte dell'esercito degli Stati Uniti, che ancora non si sono espressi in merito alla richiesta di indagini.

Quattro nostre strutture sanitarie sono state attaccate in quattro mesi in Yemen e in Afghanistan”, dichiara la dott.ssa Joanne Liu, presidente internazionale di MSF. “E’ questa la nuova prassi: un ospedale di MSF bombardato al mese? Quanti altri ospedali sono attaccati in Yemen e in altre zone di conflitto, gestiti da personale medico che non ha la stessa forza di MSF per denunciare all’opinione pubblica quanto sta accadendo? Ci rifiutiamo di accettare che questa tendenza prosegua con una totale assenza di responsabilità. Abbiamo urgente bisogno di garanzie dalle parti in guerra che gli ospedali funzionanti non diventino mai un obiettivo legittimo”.

L’ospedale di Shiara supportato da MSF è soltanto l’ultimo di più di cento centri sanitari e ospedali colpiti da bombardamenti e attacchi aerei durante il conflitto internazionale che sta devastando il Paese ormai da dieci mesi.

Juan Prieto, coordinatore generale dei progetti MSF in Yemen, a proposito della situazione venutasi a delineare nel distretto e nel Paese, ha recentemente affermato che

Le persone continuano a considerare gli ospedali un bersaglio e provano il più possibile a evitarli. Gli unici casi che stiamo ricevendo sono emergenze e vittime degli attacchi. Finora siamo stati in grado di ripristinare il pronto soccorso e i servizi di trasferimento e di stabilizzazione e ci stiamo sforzando di far tornare operativo il reparto maternità. Stiamo lavorando con uno staff ridotto, concentrandoci solo sui bisogni medici urgenti. La struttura è considerata un luogo pericoloso, non dimenticate che è stata colpita tre volte lo scorso anno. Ciò nonostante, i membri del nostro staff sono tornati ai propri ruoli anche se con apprensione. Sono più determinati che mai, vista la situazione del Paese e gli specifici bisogni nel Razeh, a continuare a lavorare per la popolazione.”

La Chiesa cattolica chiamata a scegliere fra perdono divino e eternità delle pene infernali

 

 Il tema della misericordia è, senza alcun dubbio, uno dei temi più ricorrenti nel pensiero e nella predicazione di papa Francesco. Tema che, per essere pienamente compreso nella sua complessità concettuale, richiede di essere strettamente legato ad altri due temi a lui molto cari: quello del perdono e quello della gioia.

Al perdono, siamo perennemente chiamati, infatti, e soltanto dalla nostra sempre più sincera capacità di perdonare potrà nascere e dilagare in noi l’attitudine alla gioia del cuore. Ma possiamo apprendere ed abbracciare il perdono solo grazie all’esempio perfetto che incontriamo in Dio. Ed è possibile, pertanto, vivere una scelta religiosa imbevuta di gioia, l’unica veramente degna, proprio grazie alla consapevolezza della natura infinitamente misericordiosa di Dio. In pratica, solo ponendo al centro della riflessione teologica e della testimonianza della fede questa triade valoriale (misericordia-perdono-gioia), si potrà, secondo Francesco, intendere correttamente il messaggio evangelico e coerentemente viverlo. “Il Vangelo (…) invita con insistenza alla gioia” - dice il papa (Evangelii gaudium, cap.5) - e tale gioia è resa possibile dall’abbracciare e dal proporre, con sentita convinzione, un concetto di divinità liberato dalle caratteristiche tradizionali dell’ implacabilità e dell’ imperscrutabilità di un Dio inteso essenzialmente (e tragicamente) come Giudice supremo. Caratteristiche queste che hanno dominato per lunghi secoli in maniera schiacciante e devastante la vita della cristianità, producendo effetti rovinosi su tutti i piani.

   “Dio - scrive Bergoglio - non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere la sua misericordia”( Evangelii gaudium, cap.3).

   Si parla spesso del carattere “rivoluzionario” di questo pontefice, corroborando tale tesi con innumerevoli elementi (dal celeberrimo “Buonasera!” al rifiuto della papamobile, dalle sue accuse al “vaticanocentrismo” alle sue scarpone nere, ecc.). Ma la centralità assoluta che viene sistematicamente assegnata alla sopra menzionata triade valoriale credo rappresenti la cosa più grande e innovativa che questo papa stia portando avanti. Anzi, la cosa più grande che qualsiasi vero grande riformatore ecclesiastico possa fare. Perché le implicazioni teorico-pratiche, se ben comprese, ci dovrebbero portare lontani anni luce dalla Chiesa cattolica intollerante, presuntuosa e spietata che la storia ci ha dolorosamente fatto conoscere e sperimentare.

   Ma se vogliamo veramente cogliere il pensiero di Francesco in merito al principio della misericordia, evitando accuratamente di scivolare in fin troppo facili semplificazioni, non possiamo fare a meno di cimentarci nell’analisi di uno dei testi più belli da lui prodotti: la Bolla di indizione del Giubileo straordinario della Misericordia, Misericordiae Vultus.

   Già all’inizio del testo, il papa scrive che

         “Abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia”. La misericordia, infatti,  “È l’atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro”, la “via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato”. (cap.2)

Dinanzi alla gravità del peccato - ribadisce Francesco - Dio risponde con la pienezza del perdono”, in quanto la misericordia “sarà sempre più grande di ogni peccato”, non potendo alcuno pretendere di imporre limitazioni di sorta “all’amore di Dio che perdona” .(cap.3)

Più avanti, il papa si sofferma sul ritornello che viene riportato a ogni versetto del Salmo 136 (“Eterna è la sua misericordia”), mentre si narra la storia della rivelazione di Dio, sostenendo che la sua continua ripetizione potrebbe venire interpretata come un tentativo di “spezzare il cerchio dello spazio e del tempo per inserire tutto nel mistero eterno dell’amore”. Come a voler affermare che “per l’eternità l’uomo sarà sempre sotto lo sguardo misericordioso del Padre”. (cap.7)

Concetto questo che, secondo Bergoglio, sarebbe ricorrente in tutto l’Antico Testamento ed evidenziato, in particolar modo, da incisive espressioni contenute nei Salmi, come, ad esempio:

   “Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue infermità, salva dalla fossa la tua vita, ti circonda di bontà e misericordia” (103,3-4);

Il Signore libera i prigionieri, il Signore ridona la vita ai ciechi, il Signore rialza chi è caduto, il Signore ama i giusti, il Signore protegge i forestieri, egli sostiene l’orfano e la vedova, ma sconvolge le vie dei malvagi” (146,7-9).

Successivamente, riferendosi alla missione di Gesù, e ripetendo, con l’evangelista Giovanni, che “Dio è amore”, afferma con forza che in Gesù tutto parla di misericordia e che “Nulla in Lui è privo di compassione” (cap.8).

E, dopo aver menzionato le parabole evangeliche dedicate al tema della misericordia, Francesco mette in luce come, in esse, Dio venga “sempre presentato come colmo di gioia, soprattutto quando perdona”, e che, proprio in esse, si troverebbe il vero “nucleo del Vangelo”, perché “la misericordia è presentata come la forza che tutto vince, che riempie il cuore di amore e che consola con il perdono.” (cap.9)

Il perdono delle offese, infatti, andrebbe inteso come “l’espressione più evidente dell’amore misericordioso”, come “lo strumento posto nelle nostre fragili mani per raggiungere la serenità del cuore”. (ib)

dsLa misericordia, secondo Francesco, è la parola-chiave presente nella Sacra Scrittura “per indicare l’agire di Dio verso di noi”, di un Dio che “si sente responsabile” che “desidera il nostro bene e vuole vederci felici, colmi di gioia e sereni” (ib), di un Dio (per usare le parole del profeta Michea) che toglie l’iniquità e perdona il peccato (cap.17), che non serba per sempre la sua ira, ma che si compiace di usare misericordia, calpestando le nostre colpe e gettando “in fondo al mare tutti i nostri peccati” (cfr.7,18-19).

Il pregevole lavoro di rinnovamento teorico-pratico che papa Francesco sta portando avanti è, oramai, sotto il profilo dottrinario, giunto ad un bivio evidentissimo, cruciale e ineludibile: abbracciando ed enfatizzando il valore della misericordia divina, intesa come qualcosa “che non ha confini” (cap. 17) e come qualcosa che “va oltre la giustizia”, e sostenendo che   “L’ira di Dio dura un istante, mentre la sua misericordia dura in eterno” (cap. 21), come potrà continuare la Chiesa cattolica, la Chiesa di questo papa straordinario, a credere e a chiedere di credere nell’esistenza dell’Inferno, nella stessa possibilità della dannazione eterna, ovvero nell’imperdonabilità e nell’irredimibilità della creatura umana? Anzi, di ogni creatura, includendo anche lo stesso Satana e tutti i suoi seguaci?! Ma una Chiesa senza più peccati da assolvere, indulgenze e benedizioni da elargire, intermediazioni salvifiche da effettuare … che Chiesa sarebbe? Una Chiesa senza più angeli decaduti e principi delle tenebre da combattere e sgominare, senza più, soprattutto, l’incubo sommamente angosciante della dannazione eterna … che Chiesa sarebbe?

Ovvero: se la salvezza è garantita (a prescindere da tutto e da tutti) dall’infinita misericordia divina, cosa potrebbe mai restare, sul piano teorico, dell’opera salvifica e redentrice di Gesù-Figlio di Dio e, sul piano pratico, del ruolo della sua presunta sposa-erede-prosecutrice?!

Ma credo che sia giunto, dopo gli illuminati passi compiuti da questo pontefice, il momento di operare una scelta chiara e netta, volta all’abbandono di ogni ambiguità e contraddittorietà.

La Chiesa, cioè (auspicabilmente già nella persona di Francesco), deve dire a se stessa e al mondo se, a livello dottrinale, al di là dei discorsi più o meno toccanti che questo o altri papi potranno e vorranno regalarci, preferisce restare ancorata alle posizioni tradizionali o se, invece, intende orientarsi fino alle estreme conseguenze logiche nella direzione indicata dalla Misericordiae Vultus.

Ovvero, se continuare a credere nell’“interminabilità delle pene degli empi” destinati al “fuoco inestinguibile” (S.Agostino), nella reale esistenza di una condanna “senza scampo a patire quei fetori, quegli orrori, quel tormentoso fuoco eterno (…) quel cumulo di supplizi che producono un morire che non ha fine” (S.Bernardo di Chiaravalle),nella indiscutibile verità del fatto che “le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale” siano destinate a discendere “immediatamente negli, inferi, dove subiscono le pene dell’inferno, ‘il fuoco eterno’” (Catechismo della Chiesa Cattolica). O se, al contrario, il concetto stesso di eternità delle pene debba essere archiviato e rinchiuso in soffitta, lasciando spazio aperto e incontrastato all’infinita fiducia/certezza nell’illimitata compassione divina e nell’infinita capacità di perdonare tutte le colpe di tutte le creature, alla convinzione che tutte le creature (nessuna esclusa) saranno accolte nella “casa del Padre” e che tutto e tutti saranno abbracciati, trasformati e redenti dall’infinita potenza del perdono divino.

Anche in periodo natalizio, fra i tanti filmini e filmetti in circolazione, ineluttabilmente convergenti nell`indurre al rimpianto del denaro sborsato, puo` capitare di imbattersi in espressioni importanti di cinema vero. E` questo il caso di "Ponte delle spie" di Spielberg. Un film che ricostruisce  una pagina ignota quanto avvincente del periodo convenzionalmente denominato "guerra fredda"  (pagina relativa ad uno scambio di prigionieri fra USA e URSS) e che, oltre a fornirci un quadro indubbiamente efficace di quel terribile periodo, riesce ad inviarci anche  messaggi  attualissimi.


Ci dice, infatti, che, sempre e in ogni caso, i principi di umanita` possono essere difesi e salvati e addirittura imposti alla prepotenza delle  varie "Ragioni di Stato"; che ci puo` essere sempre spazio per uno slancio empatico, per tendere una mano, per sentirsi responsabili della vita di chi non puo` difendersi; che ci puo` essere sempre una via inesplorata da percorrere, una strategia scompaginante da adottare, per far si` che la fantasia e l`intelligenza riescano ad imporre la prassi del dialogo e del negoziato a quella fin troppo collaudata delle clave e delle bombe.


'Ponte delle spie" e` un film magnificamente realizzato, che ci lascia dentro il sapore denso delle cose ben fatte e il sorriso carezzevole della ragione umana che non sa e che non vuole arrendersi agli schemi  reificanti  inventati da uomini miopi e stolti per  potersi etichettare, maledire e uccidere gli uni con gli altri ...

Da quando, nell’ormai lontano 30 settembre, la Russia ha annunciato formalmente di intervenire nel conflitto armato in Siria, risultano essersi verificati migliaia di attacchi.

Mentre le autorità russe continuano ad affermare (cosa tristemente ricorrente in situazioni di questo genere) che l’aviazione si starebbe limitando a colpire obiettivi legati alle forze dei "terroristi", dal recentissimo rapporto di Amnesty International (https://www.amnesty.org/en/documents/mde24/3113/2015/en/) gli attacchi russi risultano aver provocato centinaia di vittime civili, di aver distrutto o gravemente danneggiato decine di abitazioni e, addirittura, un ospedale.

Il rapporto dell’organizzazione umanitaria, infatti (intitolato Non sono stati colpiti obiettivi civili. Smascherate le dichiarazioni della Russia sui suoi attacchi in Siria), illustra, con riferimenti schiaccianti, quanto alto sia il prezzo che la popolazione siriana sta pagando a seguito degli attacchi condotti sul proprio territorio, mettendo anche in luce come le autorità russe abbiano fatto ricorso alla menzogna, al fine di occultare gli attacchi effettuati contro una moschea e una struttura ospedaliera da campo.

Inoltre, il rapporto ci informa che si starebbe facendo uso di munizioni vietate dal diritto internazionale, nonché di bombe prive di sistemi di guida, in attacchi contro zone densamente popolate, prive, tra l’altro, di obiettivi militari

A questo proposito, Philip Luther, direttore del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International, è stato categorico:

Attacchi del genere costituiscono crimini di guerra. E’ fondamentale che queste violazioni siano oggetto di indagini indipendenti e imparziali”.

In uno dei bombardamenti più rovinosi descritti nel rapporto, ben tre missili hanno centrato il mercato centrale di Ariha (provincia di Idlib), provocando 49 vittime civili.

Un testimoni oculare racconta che

"Nel giro di pochi attimi la gente urlava, c'era puzza di bruciato nell'aria e tutto intorno il caos. C'era una scuola elementare lì vicino e i bambini scappavano terrorizzati... c'erano corpi ovunque, decapitati e mutilati" .

Il testimone racconta anche di aver visto una donna seduta in lacrime davanti a una fila di 40 salme, dopo aver appena perso suo marito e tre figli. 

Un altro testimone, invece, riferendosi all’attacco del 7 ottobre, in cui sono stati distrutti numerosi edifici civili a Darat Izza (provincia di Aleppo), ha affermato:
"Era diverso dagli altri attacchi aerei. La terra ha tremato come se ci fosse stato un terremoto... è stata la peggiore distruzione che abbia visto... Una madre e i suoi due figli sono stati uccisi in un'abitazione, una giovane coppia in un'altra: si erano sposati la settimana prima..."

Amnesty International ha anche raccolto prove che attestano l’impiego di armi vietate a livello internazionale, come le bombe a grappolo, bombe che sprigionano piccoli ordigni che si diffondono su un’area di una ampiezza simile a quella di un campo di calcio, molti dei quali, non esplodendo al momento, si trasformano in una minaccia per la popolazione per gli anni successivi.

Secondo le organizzazioni siriane in difesa dei diritti umani, inoltre, i raid aerei russi sulla Siria avrebbero provocato la morte di centinaia di civili che non partecipavano direttamente agli scontri. Dall'inizio delle operazioni fino al 15 novembre, i civili uccisi sarebbero almeno 526, tra i quali 137 bambini e 71 donne. Altre fonti (sempre in ambito umanitario) parlano di 570 civili morti tra il 30 settembre e il 1 dicembre. I bombardamenti dell'aviazione russa, inoltre, avrebbero distrutto o seriamente danneggiato ospedali (dieci solo nel mese di ottobre), decine di case e altri obiettivi civili.

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Putin

Alla fine del rapporto, Amnesty osserva che la Russia, in quanto parte del conflitto armato in Siria, è tenuta, come le altre parti, ad assicurarsi che il suo esercito rispetti la legislazione internazionale in materia di diritti umani e le leggi che regolano la condotta in guerra, come previsto dai trattati ratificati, incluse le quattro convenzioni di Ginevra del 1949 e il relativo protocollo aggiuntivo. Il principio di distinzione che prevede che tutte le parti in causa distinguano obiettivi militari e civili, dirigendo i propri attacchi solo contro i primi, ha, infatti, come coerente corollario il divieto esplicito di condurre attacchi indiscriminati.

L’autorevole Associazione umanitaria invita pertanto le autorità russe a rispettare le leggi internazionali, assicurandosi che i civili non siano danneggiati, o, almeno, a prendere le dovute precauzioni per ridurre al minimo le vittime civili e la distruzione di case, ospedali, scuole e altri edifici non utilizzati nel conflitto.

Amnesty International chiede inoltre che siano condotte inchieste indipendenti e imparziali sui sospetti casi di violazioni della legislazione internazionale in materia di diritti umani.





Lo scorso anno, durante uno dei miei tanti bellissimi incontri con gli studenti (nelle vesti di attivista di Amnesty International), una bimba di scuola media, alla richiesta di fornire una definizione del concetto di "diritti umani", in maniera immediatissima ha risposto:

"I diritti umani sono la vita!"

La sua risposta mi piacque subito e, ripensandoci, ho deciso che dovrebbe meritare di essere apprezzata almeno quanto quelle, certamente più dotte, donateci dai nostri migliori "addetti ai lavori".

Perché va subito al cuore del problema. Perché centra il bersaglio e coglie perfettamente la sostanza centrale della questione.

Dire, infatti, che i diritti umani coincidono con la vita stessa vuol dire che, senza di essi, la vita sarebbe una non-vita. Che, senza di essi, la vita che ci resterebbe (anzi: che ci verrebbe lasciata) sarebbe un sacco vuoto, un feticcio senza sorriso.

Che, senza di essi, cioè, non sarebbe possibile vivere una vita vera, una vita che sappia davvero di vita, che possa essere ritenuta meritevole di essere, pertanto, desiderata, difesa, amata ...

Che senza di essi, tutte le cose di questo mondo che potremmo avere non riuscirebbero a riempire l'abisso di nulla e di infelicità che si verrebbe ad aprire nella nostra anima ...

Perché i diritti umani sono figli dell'universalmente umana esperienza del dolore. Perché i diritti umani sono creature ribelli della nostra vulnerabilità e della nostra paura. Sono il tentativo di portarci per mano oltre i fiumi di sangue e di lacrime sgorgati dai nostri animi vulnerabili e impauriti. Sono il tentativo di portarci oltre i confini ingabbiati da fossi, da trincee, da muraglie e da chilometriche matasse di filo spinato ...

Sono il tentativo più luminoso costruito nella storia per ricordarci, come afferma Erasmo da Rotterdam, che le nostre fragili mani sono fatte per donare carezze e non per colpire. Per ricordarci, come insegna Aldo Capitini, che la condizione in cui ci troviamo ad esistere oggi, così straripantemente intossicata da ingiustizie ed orrori, è una realtà che non merita di durare, è una realtà semplicemente "provvisoria", è una realtà che possiamo aprire ad orizzonti impensabilmente più luminosi, a patto di fare profondamente nostra "la convinzione che non è necessario che il dolore esista"...

Conversazione con Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia

 

Amnesty International, a metà di agosto, con un suo dettagliatissimo rapporto (intitolato Nessun luogo è sicuro per i civili: attacchi dal cielo e da terra nello Yemen), ha accusato le forze della coalizione a guida saudita e i gruppi armati favorevoli e contrari agli houti di aver ucciso centinaia di civili, tra cui decine di bambini, in azioni militari a Ta'iz e Aden equivalenti a crimini di guerra.*

Nel rapporto si illustrano le rovinose conseguenze dei bombardamenti contro zone residenziali densamente abitate e degli attacchi da terra, indiscriminati e sproporzionati, compiuti dalle forze pro-houti e da quelle anti-houti, evidenziando una strategia di bombardamenti su aree densamente popolate, nei pressi delle quali, nella maggior parte dei casi, non è stato possibile rinvenire alcun obiettivo militare.

"Le forze della coalizione - ha affermato Donatella Rovera, alta consulente per le crisi di Amnesty International - sono del tutto venute meno all'obbligo, previsto dal diritto internazionale umanitario, di prendere le misure necessarie per ridurre al minimo le perdite civili. Gli attacchi indiscriminati che provocano morti e feriti tra i civili costituiscono crimini di guerra".
A fine ottobre, poi, Amnesty International Italia, unitamente alla Rete Italiana per il Disarmo e all'Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e Politiche di Difesa e Sicurezza (OPAL) di Brescia, ha fatto richiesta al Governo italiano di sospendere l'invio di bombe e armamenti a tutti i paesi militarmente impegnati nel conflitto in Yemen, dichiarando inaccettabile che, mentre l'Unione Europea attua la scelta di assegnare il Premio Sakharov al blogger saudita incarcerato Raif Badawi (condannato a subire 1.000 frustate), dall'Italia siano partite nuove bombe destinate all'Arabia Saudita, principale responsabile dei bombardamenti che - senza alcun mandato internazionale - da sette mesi stanno causando migliaia di morti (e indicibili sofferenze) tra i civili della popolazione yemenita.
In questi ultimi giorni, poi, a seguito delle sconcertanti dichiarazioni del Ministro della Difesa, Roberta Pinotti, secondo cui le forniture italiane di bombe aeree all'Arabia Saudita sarebbero "regolari" e "nel rispetto della legge", le suddette organizzazioni hanno fatto richiesta di un incontro urgente con il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, per chiarire la posizione del Governo italiano sulle esportazioni di armamenti.

A Riccardo Noury, portavoce ufficiale di Amnesty Italia, abbiamo chiesto di provare a fare il punto della questione.

- Quali richieste sono state avanzate al Governo italiano e che tipo di risposte, al momento, sono state rilasciate?
- Abbiamo chiesto, ormai diverse volte negli ultimi mesi, al governo di sospendere ogni trasferimento di armi verso l'Arabia Saudita. Al momento queste richieste non risultano accolte e, rispetto al silenzio imbarazzato delle scorse settimane, ora il governo - attraverso il ministro della Difesa - rivendica la legittimità dell'invio di bombe tertalle forze armate saudite.

- Quanto incide la nostra fornitura militare sull’apparato bellico dell’Arabia Saudita? E quali sono gli altri grandi fornitori internazionali?
- Ha la sua parte rilevante, anche se i principali fornitori sono gli Usa, che hanno trasferito armi per un valore di 1 miliardo e 300 milioni di dollari. Per quanto riguarda l'Italia, solo l'azienda coinvolta nei recenti invii, la RWM, ha spedito negli ultimi tre anni forniture all'Arabia Saudita per oltre 60 milioni di euro.

- La condizione dei diritti umani, in Arabia Saudita, stando a quanto si evince dal Rapporto 2014-2015 ** di Amnesty International, appare tutt’altro che felice. Si parla, infatti, di discriminazioni sessuali e religiose, di arresti e detenzioni arbitrari, di torture, maltrattamenti, di numerose condanne a morte. In esso leggiamo, tra l’altro, che
“Il governo ha imposto rigide restrizioni alle libertà d’espressione, associazione e riunione e ha represso duramente il dissenso, arrestando e incarcerando persone che lo avevano criticato, compresi difensori dei diritti umani. Molti hanno affrontato procedimenti giudiziari iniqui, celebrati da tribunali che non hanno rispettato le procedure dovute”, equiparando al terrorismo le critiche nei confronti del governo e altre attività del tutto pacifiche.
Certamente, il caso di Raif Badawi*** ha goduto, a livello mediatico, di una qualche visibilità. Quante situazioni analoghe, assai meno note, sono state recentemente registrate?
- Di prigionieri di coscienza, condannati per reati di opinione, ne contiamo almeno 10, tra cui lo stesso avvocato di Raif. I principali fondatori e dirigenti della più importante organizzazione per i diritti umani, l'Associazione saudita per i diritti civili e politici, stanno scontando pesanti condanne. Ci sono poi i casi dei due al-Nimr, zio e nipote, sceicco il primo, attivista il secondo della minoranza religiosa sciita, entrambi condannati a morte. Da ultimo, c'è il caso di un poeta palestinese condannato a morte a metà novembre per aver messo in dubbio l'esistenza di Dio ...

- In questi ultimi anni, le ricerche condotte da Amnesty International sono state in grado di constatare qualche significativo miglioramento della salute dei diritti umani in Arabia Saudita?

- Al contrario, abbiamo assistito a un peggioramento. Le leggi antiterrorismo emanate di recente hanno prodotto già i primi danni, con arresti arbitrari e processi irregolari. Il numero delle condanne a morte eseguite fin qui nel 2015 è arrivato a 150, un record negativo. C'è poi sempre la questione della discriminazione nei confronti delle donne, cui, come è noto, è impedito di guidare da sole e di prendere importanti decisioni sulla loro vita (sposarsi, viaggiare all'estero, intraprendere una carriera universitaria o professionale, persino sottoporsi ad alcuni interventi chirurgici) senza l'autorizzazione di un "tutore", di solito un parente maschio.

- Molti commentatori e opinionisti, in questi ultimi giorni, indicano spesso l’Arabia Saudita fra i massimi finanziatori dell’Isis: ipotesi azzardate o degne di essere prese in considerazione?
- Si è molto speculato su questa ipotesi. Che l'Isis abbia ricevuto almeno inizialmente sostegno dalle monarchie sunnite del Golfo, Arabia Saudita inclusa, è indubbio. Fondazioni private (che però in paesi del genere possono operare solo col consenso o con l'autorizzazione dei governi), in Arabia Saudita e in Kuwait, hanno finanziato l'Isis. Addirittura uomini delle forze di sicurezza del Bahrein sono stati scoperti tra le fila del gruppo armato. A un certo punto, gli obiettivi delle monarchie sunnite e dell'Isis non sono più coincisi e l'Isis, da strumento da armare per rovesciare il presidente siriano Assad, è diventato una minaccia per i regimi dell'area. Ufficialmente, il flusso di aiuti e armi è terminato. Sottolineo l'avverbio ufficialmente...

 

*http://www.amnesty.it/Bombe-italiane-ad-Arabia-Saudita-inaccettabile-che-per-ministro-Pinotti-sia-tutto-regolare
**http://rapportoannuale.amnesty.it/2014-2015
***https://appelli.amnesty.it/raif-badawi/

 

 Nel testo dell’Enciclica Laudato sì, una importanza del tutto particolare è accordata al concetto di interdipendenza. Papa Francesco, infatti, attingendo al Catechismo, afferma che è proprio Dio a volere che, fra le sue creature, ci sia questo strettissimo e indissolubile legame.

              “Il sole e la luna, il cedro e il piccolo fiore, l’aquila e il passero: le innumerevoli diversità e disuguaglianze jjstanno a significare che nessuna creatura basta a se stessa, che esse esistono solo in dipendenza le une dalle altre, per completarsi vicendevolmente, al servizio le une delle altre”. (Papa Francesco, Laudato sì, Capitolo secondo, IV, 86)

Ora, papa Francesco, dopo aver puntualizzato che simili concetti non dovrebbero, però, autorizzarci ad “equiparare tutti gli esseri viventi” (ivi, Capitolo secondo, IV, 90), togliendo all’essere umano quel “valore peculiare che implica allo stesso tempo una tremenda responsabilità”, né comportare una sorta di “divinizzazione della terra” (evidentemente ritenuta pericolosamente filo-pagana), dichiara assolutamente inautentico (e come tale inaccettabile) “un sentimento di intima unione con gli altri esseri della natura” che non implichi anche “tenerezza, compassione e preoccupazione per gli esseri umani.” (ivi, Capitolo secondo, IV, 91)

Ma la cosa veramente rivoluzionaria è che tale asserzione venga poco più avanti capovolta, in modo tale da poter affermare che

               “è vero anche che l’indifferenza o la crudeltà verso le altre creature di questo mondo finiscono sempre per trasferirsi in qualche modo al trattamento che riserviamo agli altri esseri umani. Il cuore è uno solo e la stessa miseria che porta a maltrattare un animale non tarda a manifestarsi nella relazione con le altre persone.” (ibidem)

Aggiungendo, subito dopo, che ogni forma di maltrattamento nei confronti di ogni creatura debba essere considerata contraria alla “dignità umana” e, quindi, come tale, impossibile da ritenersi moralmente irrilevante o semplicemente tollerabile.

E’ impossibile, infatti, secondo papa Bergoglio, che ci si possa stimare persone “che amano veramente” quando si verrebbe ad escludere dai propri interessi “una parte della realtà”.

A questo proposito, I.Kant, in una delle sue Lezioni di etica, più di due secoli fa, sosteneva che

                            “ l’uomo deve mostrare bontà di cuore già verso gli animali, perché chi usa essere crudele verso di essi è altrettanto insensibile verso gli uomini. Si può conoscere il cuore d’un uomo già dal modo in cui egli tratta le bestie.” (I.Kant, Lezioni di etica, Laterza, Bari 1971, p.273)

   “Tutto è in relazione - scrive Francesco in interessantissimo accordo con il principio dell’unità della vita, pilastro fondativo e costitutivo del pensiero ermetico-teosofico - e tutti noi esseri umani siamo uniti come fratelli e sorelle in un meraviglioso pellegrinaggio, legati dall’amore che Dio ha per ciascuna delle sue creature e che ci unisce anche tra noi, con tenero affetto, al fratello sole, alla sorella luna, al fratello fiume e alla madre terra.” (op.cit., Capitolo secondo, IV, 91)

Citando poi un testo episcopale del 1987, il pontefice sottolinea che “Pace, giustizia e salvaguardia del creato sono tre questioni del tutto connesse” e che, pertanto, mai andrebbero affrontate separatamente. Principio questo abbracciato e insistentemente difeso da tutti i grandi maestri della nonviolenza, da Tolstoj a Schweitzer e a Gandhi. Aldo Capitini, in particolare, in sintonia con le grandi esperienze filosofico-religiose del passato (dal jainismo al pitagorismo e al buddhismo), decise di operare la scelta vegetariana come atto politico-pedagogico di rivolta nei confronti della dittatura fascista e della sua barbarica (in)cultura, ritenendo che il diffondersi del rifiuto dell’esercizio della violenza nei confronti degli animali avrebbe reso meno facilmente accettabile la pratica della violenza nei confronti degli stessi uomini.

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Il prof.Aldo Capitini

 “ Il vegetarianesimo - afferma infatti Capitini - è il rivolgersi a un gruppo di esseri non umani prendendo l’iniziativa di stabilire un rapporto di apertura, e non più di indifferenza o di crudeltà. E questo allargamento fa sì che sia a maggior ragione difficile l’indifferenza o la crudeltà verso gli uomini. Confesso che io diventai vegetariano proprio sotto il regime della violenza fascista che preparava la guerra, perché pensavo che se si imparava a risparmiare l’uccisione di animali, con maggior ragione si sarebbe risparmiata l’uccisione di uomini.” (Aldo Capitini, L’educazione è aperta. Antologia degli scritti pedagogici, Levante editori, Bari 2008, p.210)

E’ stato proprio nell’ottica (tanto cara a papa Francesco) dell’indissolubile carattere di interdipendenza di tutto ciò che vive, che Capitini, come tanti altri grandi personaggi prima di lui (dal Buddha a Leonardo da Vinci, da Mazzini ad Einstein), approdò con rigore logico alla scelta di ridurre il più possibile qualsiasi forma di

violenza nei confronti di ogni essere, ritenendo il rifiuto del carnivorismo un atto dovuto e ineludibile in vista della promozione di un mondo sempre più liberato dall’ingiustizia e dal dolore.

               “Oltremodo drammatica è la realtà di tutti - scrive il filosofo perugino - perché ravvisa in noi il senso dell’insufficienza di uno stato di cui quasi ci accontenteremmo ottusi, e ci riaccende la protesta contro l’umanità-società-realtà attuale, e il dolore per ogni essere che vediamo soffrire, anche il gatto morente che ho

visto questa mattina nell’angolo di una strada che ha alzato lo sguardo dei suoi occhi celesti e ancora brillanti verso me che lo chiamavo; ma nel farci vivere profondo il dramma, ci radica il senso della liberazione, dell’autenticità della realtà in cui tutti gli esseri sono presenti.” (ivi, p.75)

Arriverà anche questo papa (come già anche non pochi cristiani prima di lui) ad operare una simile scelta, anche al fine di un utilizzo necessariamente più equo e razionale delle risorse del pianeta (assorbite in maniera abnorme dalla zootecnia) nonché di una significativa diminuzione delle forme attuali di inquinamento?

Credo che, sulla base delle rivoluzioni culturali in atto all’interno della visione cattolica della realtà, abbracciare il vegetarianesimo, con possibile ulteriore apertura verso il veganismo, dovrebbe essere considerato come un elementare gesto di coerente concretezza.

Che senso avrebbe, infatti, limitarsi a parlare dei “legami invisibili” che fanno di tutte le creature “una sorta di famiglia universale, una comunione sublime che ci spinge ad un rispetto sacro, amorevole e umile” (op.cit., Capitolo secondo, IV, 89) e poi continuare (tra agnelli pasquali e tacchini natalizi) a tollerare e a causare le infinite forme di sofferenza atroce a cui miliardi di creature senzienti sono sottoposte per consentirci di riempire la nostra tavola e il nostro stomaco con ciò che resta dei loro corpi ben poco fraternamente macellati?

Triste davvero sarebbe il trovarci costretti a constatare, ancora una volta, dopo pur tanti luminosi progressi, il perdurare nella Chiesa cattolica della ben collaudata strategia della contraddittorietà fra le cose “predicate” e quelle “razzolate” …

In altre parole, se il papa crede davvero in ciò che scrive e predica, ovverosia che “lo stile di vita attuale, essendo insostenibile, può sfociare solamente in catastrofi” (ivi, Capitolo Quarto, III, 161), e che, pertanto, tutti noi (e i cristiani in prima linea) siamo invitati a praticare una conversione da lui definita “ecologica”, sforzandoci, cioè, di farci custodi virtuosi del mondo e non più suoi brutali tiranni, prendendo tra l’altro a modello Francesco d’Assisi, e instaurando così “una sana relazione col creato come una dimensione della conversione integrale della persona” (ivi, Capitolo Sesto, III, 218), come non procedere poi, conseguentemente, alla promozione e all’adozione di una alimentazione fondata sulla massima eliminazione possibile dello sfruttamento, della schiavizzazione, della reificazione, del massacro di miliardi di esseri viventi, fragili membri di quella “famiglia universale” in cui dovremmo vivere in uno stato di “comunione sublime”?

In definitiva, come conciliare “l’amorevole consapevolezza di non essere separati dalle altre creature, ma di formare con gli altri esseri dell’universo una stupenda comunione universale” (ivi, Capitolo Sesto, III, 220) con il continuare ad opprimere e sterminare masse incalcolabili di animali?

Papa Francesco si riferisce anche a Gesù che, nel Vangelo di Luca (12,6) parla degli uccelli, affermando che ognuno di loro è destinatario dell’attenzione paterna di Dio, chiedendosi se “saremo capaci di maltrattarli e far loro del male” e invitando, di conseguenza,

     “tutti i cristiani a esplicitare questa dimensione della propria conversione, permettendo che la forza e la luce della grazia ricevuta si estendano anche alla relazione con le altre creature e con il mondo che li circonda, e susciti quella sublime fratellanza con tutto il creato che san Francesco d’Assisi visse in maniera così luminosa.” (ivi, Capitolo Sesto, III, 221 )

Ecco quindi il problema che papa Bergoglio pone e che, d’ora in avanti, i cattolici che vorranno proseguire il loro pellegrinaggio in sua compagnia non potranno più facilmente eludere:

come conciliare l’aspirazione ad una vita di “sublime fratellanza” con l’intero creato continuando a mangiare spensieratamente le carni dei propri fratelli (meno intellettualmente dotati e più fragili di noi umani)?!

 

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