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Designers famosi: è morto Giancarlo Fassina

By Emilia Di Piazza April 06, 2019 5835
 
 Giancarlo Fassina

Venerdì 29 marzo, all’età di 84 anni, è morto a Milano Giancarlo Fassina, noto designer italiano.

A darne la notizia l’Adi - Associazione per il disegno industriale-. E così il “Mago della luce” è passato alle tenebre.

Il nome di Fassina è indiscutibilmente legato ad Artemide, l’altrettanto nota azienda di lampade e sistemi di illuminazione che lo ha visto protagonista, insieme a Michele De Lucchi, nella progettazione della lampada Tolomeo. Progetto che gli valse, nel 1989, il “Compasso d’Oro”, il più importante premio Italiano per il design.

Grazie alla collaborazione con Artemide, Fassina partecipa al progetto per l’illuminazione della mostra su Hayez a Palazzo Reale di Milano e a quello per l’Aula Magna dell’Accademia di Brera.

Ma è proprio la Tolomeo, l’iconica lampada, a conferire a Fassina l’indiscussa notorietà che oggi ce lo fa ricordare e, a buon diritto, annoverare fra i mostri sacri che hanno lasciato un’impronta permanente nella storia del nostro design.

Lombardo di origine, si era diplomato all’istituto superiore di ingegneria a Friburgo, in Germania e dopo laureato al Politecnico della stessa città.

Formazione d’oltralpe quindi ma talento tutto italiano.

Architetto, ancorché designer, entrò in Artemide nel 1959 con il ruolo di direttore Ricerca e Sviluppo, poco dopo la fondazione dell’azienda stessa, avvenuta grazie all’opera di Ernesto Gismondi, ingegnere aerospaziale e Sergio Mazza, architetto.

La filosofia del Gruppo Artemide è chiara sin dagli esordi. Un’azienda che avrebbe dovuto posizionarsi nella fascia alta del mercato, avendo come target di riferimento gli utenti sensibili al valore estetico degli oggetti.

Non a caso è il periodo di Ettore Sottsass e di Memphis che non poca influenza hanno avuto sulla formazione culturale di De Lucchi, coproggettista, insieme a Fassina,del best seller di Artemide.

Innegabile: Memphis ha segnato un prima e un dopo cultura nel nostro Paese.

In un’intervista proprio sulla nascita della Tolomeo, De Lucchi, classe 1951, racconta del rapporto con Gismondi e di una ristretta cerchia di giovani architetti, pieni di speranze che faceva capolino a Ettore Sottsass in via Dei Fiori Chiari a Milano “a quel tavolo dove mangiava ogni giorno a pranzo e a cena”.

E tra questa ristretta cerchia di progettisti con lo sguardo proiettato al futuro nasce l’idea della Tolomeo. Perché la Tolomeo più che un prodotto è un’idea!

L’idea di creare e inventare un nuovo meccanismo, l’idea di usare la Luce.

Sicuramente nell’idea, nel sogno sta il segreto di un oggetto che già nel 2017 ha festeggiato i suoi primi 30 anni, occasione per la quale è andata ad Amburgo, vestita d’oro e che è ancora attualissima.

Oggi infatti la lampada, nelle sue varie versioni, la troviamo nelle case, negli uffici, negli alberghi, sui tavoli degli architetti, persino in ambientazioni cinematografiche e negli studi degli investigatori americani.

Icona del suo tempo, icona di ogni tempo.

Tecnica e domestica, dalla prima versione da tavolo, la Tolomeo ha dimostrato di sapersi evolvere nel tempo pur rimanendo se stessa. Una sfida difficile ma possibile a giudicare dalle statistiche di mercato. Il Gruppo, infatti, ha dedicato alla Tolomeo un’intera azienda.

Artemide è oggi un marchio di riferimento in tutto il mondo, vanto del design made in Italy.

La sua filosofia si è sintetizzata nella frase “The Human Light”, l’uomo al centro della performance di ogni apparecchio per l’illuminazione.

Il Gruppo ha sede a Fregnana Milanese, impiega attualmente circa 750 dipendenti e i suoi prodotti vengono distribuiti in 98 Paesi diversi.

L’ispirazione al progetto venne, come riferisce De Lucchi, nell’osservare i pescatori che pescano con la lenza. Decisive poi alcune sostituzioni di parti metalliche con nylon ad opera di Fassina. Curioso particolare: la lampada conta una sola vite in tutta la struttura e viene tenuta assieme grazie alla tensione delle molle.

Il nome poi…scelto e deciso solo la sera prima che venisse presentata al Salone del Mobile di Milano. E quale poteva essere per un progetto così ambizioso e dalle pretese quasi scientifiche se non quello del famoso astronomo e matematico di Alessandria d’Egitto?

“La Tolomeo è una formula, una filosofia di prodotto”, così la definisce il suo creatore in un’intervista pubblicata su “Lighting Frields” n.6 di Artemide.

Un prodotto capace dopo 30 anni di illuminare con la sua stessa forza il futuro.

E proprio mentre Fassina lascia la scena, Abitare ha deciso di celebrare i 50 anni del deign italiano, dal 1961 al 2011, in occasione del Salone del Mobile di Milano, indiscussa kermesse di riferimento mondiale, del prossimo 14 aprile.

“Un lungo fiume” che inizia con Giò Ponti e termina con gli artisti del nosro decennio. E in mezzo tanta storia fra rivolta e rivoluzione in senso etimologico.

Se guardiamo alla nascita del design italiano, tutto, in un certo senso, ebbe inizio quando venne riconosciuto da chi ci guardava oltreoceano. Era il 1972 e la mostra “Italy: The New Domestic Landscape” curata da Emilio Ambasz al MoMA di New York sanciva il primato del mobile italiano.

Talvolta accusato di elitari età, come avvenne nel caso di Tafuri, tuttavia ad oggi il design italiano rimane comunque una delle più solide strategie anticrisi: nel 2017 le oltre 192.446 imprese europee di design hanno prodotto un fatturato pari circa a 25 mld di euro. Di queste quasi una su sei parla italiano. E’ anche grazie al design se il made in Italy è oggi il terzo marchio più conosciuto al mondo (dopo Coca Cola e Visa).

E mentre il Ministro per i Beni e le attività culturali, Alberto Bonisoli, auspica la possibilità della nascita del primo Museo del design in Italia, il report Design economy conferma che il nostro Paese mantiene un ruolo di leadership nel settore design.

Volendo parafrasare Le Corbousier, secondo un suo concetto espresso “ante litteram”: l’oggetto diventa di design nella misura in cui riesce ad abbandonare la forma semplice e porta la forma nell’ambito di una visione del mondo.

L’oggetto è quello che rimane anche dopo che è crollato il sogno.

Un ribaltamento del punto di vista, una visione che da un piano estetico passa ad un piano etico.

E in siffatto contesto non suonerà certo anacronistico il vecchio, caro adagio: “La bellezza salverà il mondo”?

 

 

Emilia Di Piazza

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Last modified on Saturday, 06 April 2019 11:28
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