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Antropologia culturale:Ghana

By Nino Modugno April 28, 2016 8075
Fatima, 78 anni, nella sua misera capanna a Kukuo. Avrebbe “mangiato l’anima” di un nipote deceduto. Fatima, 78 anni, nella sua misera capanna a Kukuo. Avrebbe “mangiato l’anima” di un nipote deceduto.

Ritenute responsabili di eventi gravi quali la morte di un giovane, una malattia improvvisa, un’epidemia, un raccolto mal riuscito, una siccità prolungata, centinaia, forse migliaia, di persone innocenti, accusate di stregoneria, finiscono i loro giorni, ghettizzate, in appositi campi di detenzione ove le recinzioni, come vedremo, non sono necessarie. Questi insediamenti sono conosciuti come ‘witch camps’ ed hanno la finalità di neutralizzare la presunta negatività delle persone ospitate. Nella scarsa dottrina che li ha presi in considerazione i campi sono identificati con il nome della entità amministrativa (Gambaga, Gnani, Gushiegu, Kpatinga, Kukuo) cui appartengono.
Salvo quello di Gnani, i campi ospitano solo donne che, eufemisticamente, sono chiamate vecchie signore. Come le loro controparti femminili, gli uomini presenti sono stati accusati di aver provocato morte o malattie attraverso la magia nera. Anche negli altri campi arrivano maschietti ma, una volta emendati, vengono rispediti al mittente in quanto nell’Africa Occidentale si ritiene che gli uomini usino l’arte magica per costruire, le donne per distruggere.
Le abitazioni dei witch camps non dispongono di energia elettrica e servizi igienici: sono capanne in “banco”, circolari per le donne, quadrate o rettangolari per gli uomini. Con il termine banco nell’Africa Occidentale si sintetizza la materia prima utilizzata per l’innalzamento della capanna. Il banco è costituito da un insieme di argilla, fango e paglia amalgamati nell’acqua dove ha bollito il frutto del neré (Parkia biglobosa), un albero spontaneo che mai in Ghana viene abbattuto in relazione alla sua utilità. E’ il caso di fare presente che, nelle regioni settentrionali del Ghana, nessuna capanna dei villaggi dispone di servizi igienici, pochissime sono collegate alla rete elettrica, quando – ed è molto raro – la rete elettrica c’è.
I tetti delle capanne sono di paglia. Quando l’harmattan, il vento secco e polveroso che soffia tra novembre e marzo dal Sahara al Golfo di Guinea, compromette, restringendoli, i vegetali della copertura, il tetto non protegge più l’abitazione dall’acqua piovana e va rifatto. Solo a Kpatinga, grazie all’associazione umanitaria Word Mission International, i tetti sono in lamiera. Durante la stagione secca a Gambaga, Gushiegu, Kukuo il pozzo centrale del villaggio si estingue e l’acqua va attinta al corso d’acqua più vicino che per Kukuo è il Volta Bianco, a 4,5 chilometri dal villaggio.

I campi hanno un gerente chiamato tindana (se donna magazia). Questi riceve ed ammette nel campo le persone accusate di stregonerie ed accerta la fondatezza dell’accusa. L’accertamento dello status di strega è in pratica un’ordalia, il Giudizio di Dio in uso nell’Europa medioevale. Il tindana (o magazia) taglia la gola ad un pollo e al termine dell’agonia lo lancia in aria: se l’uccello cade sulla schiena il soggetto è innocente, in caso contrario è strega. Se l’animale è caduto frontalmente la persona sotto esame deve essere esorcizzata con un rituale praticabile solo in questi campi specializzati. Al tal fine il tindana prepara un intruglio (fango, sangue di pollo, ossa triturate di testa di scimmia) che la persona deve ingurgitare. Poi per sette giorni si tiene la persona sotto controllo. Se al termine dei sette giorni la persona sta bene, la pozione è stata efficace, se ha accusato qualche disturbo l’operazione deve essere ripetuta.
L’accusa alle streghe più ripetuta è quella di essere responsabili di malattie gravi e di decessi senza spiegazione. L’accusa nasce dal convincimento, diffuso non solo nel Ghana ma anche in altre entità statali dell’Africa subsahariana, che vuole che le malattie derivino non da fattori biologici ma da fattori magici e che non tutte le morti siano naturali: quella di una persona anziana viene accettata senza sospetti, il decesso di una persona giovane viene invece attribuita a cause esterne alla persona per cui vanno cercate le responsabilità dell’agente che le ha provocate.
Anche i sogni alimentano l’accusa di stregoneria: la persona vista in sogno è spesso considerata una strega o un mago. Yagu Dinambo si trova a Ktapinga perché un cugino, nel 2007, quando era già vedova, l’ha accusata di tentato omicidio: il cugino, figlio di suo fratello, aveva sognato che Yagu suonava un particolare tamburo che nella tradizione del posto si usa per i funerali; al momento dell’intervista, cioè 6 anni dopo quel sogno, il cugino risultava vivo e vegeto. Altri casi: la signora Awabu potrebbe passare tutti i suoi giorni a Gambaga per un sogno della nuora (si è vista minacciata dalla suocera con un coltello); a Gnani il signor Kareem Mahama paga con l’esilio il sogno di un ragazzo del suo villaggio (aveva sognato che gli saltava addosso). Nel nord del Ghana sogni come questi sono interpretati come magia nera.

C’è poi un altro fattore alla base dell’accusa di stregoneria, l’interesse economico. Più del 70 per cento delle streghe dei witch camps sono vedove i cui beni sono ambiti dalla famiglia del defunto: il pretesto della stregoneria è vantaggioso perché consente di liberarsi di una pretendente all’eredità.
Una volta accusato di stregoneria, il soggetto è ostracizzato dalla sua comunità: l’accusa di stregoneria sradica le persone dalle loro case e le condanna a una vita di esilio. Sano Kojo, accusata di avere tolto il respiro ad un cugino gravandogli (invisibilmente) sul petto, è al campo di Kukuo dal 1981 e sembra che alcune donne abbiano vissuto nei campi, per più di 40 anni, cioè fino alla morte.

Impensabile per un soggetto accusato di stregoneria di potersi reinserire nella primitiva propria comunità. Aveva pensato in positivo Ayishetu Bujri espulsa dal suo villaggio sotto l’accusa di aver fatto ammalare la figlia di un vicino. Dopo aver trovato per un po’ di tempo ospitalità al campo di Gambaga, Ayishetu Bujri ha provato a fare ritorno al suo villaggio. E’ tornata a Gambaga con un orecchio mozzato. “Questo è solo un avvertimento”, le hanno detto al suo villaggio. “Se torni ti mozziamo anche l’altro”. Quindi anche l’opera di redenzione eseguita dal tindana non vale per la reimmissione della donna nel villaggio di provenienza.
Nonostante le apparenze, i campi costituiscono un’opera meritoria: salvano dal linciaggio le persone accusate di stregoneria. Il Ghana divide con altri paesi africani la credenza che le epidemie, alcuni decessi e le calamità naturali siano da attribuire alla magia nera, ma non elimina le persone incolpate, come avviene in altre entità statali dell’Africa Nera. Quanti, accusati di stregoneria, non sono riusciti ad arrivare ad una campo streghe sono state assassinati. La credenza sulle streghe è cosi fondata e diffusa che, non solo nella savana del Ghana ma anche nelle regioni più a sud, i superstiti coprono con il cemento le salme inumate per evitare che una strega rubi un arto del defunto da utilizzare per i rituali di magia nera.
I campi si trovano nella regione settentrionale del Ghana, dove i livelli di povertà sono più alti rispetto ad altre aree del paese e dove tre quarti degli adulti, secondo le Nazioni Unite, sono analfabeti rispetto al 43% a livello nazionale. Da questa zona del Ghana (dove non c’è nessuna guerra) non è mai partito nessun “migrante”, per l’Europa: i cosiddetti migranti arrivati nel nostro continente vengono dalle regioni del paese dove le case dispongono di luce elettrica, acqua potabile e, molto spesso, di internet e telefonia satellitare. Le grandi città del sud del Ghana, evolvendosi rapidamente, rafforzano la concezione dello stato di diritto. Le zone rurali mantengono le antiche tradizioni. Anche se la Costituzione del paese garantisce sulla carta l’uguaglianza ed i diritti civili.

 

* L’Universo, la rivista dell’Istituto Geografico Militare, nel numero 3 del 2015 ha pubblicato un lungo articolo (Nino Modugno, Ghana da scoprire: visita ai villaggi delle streghe, foto di Romano Gugliotta), sulla situazione nel Ghana delle cosiddette streghe. Unitamente ad una foto inedita di un’ospite di uno dei ‘witch camps’, sopra una sintesi del contenuto dell’articolo al quale si rinvia per un approfondimento sul tema e per la cognizione della documentazione raccolta.

 

Nino Modugno

 

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Last modified on Tuesday, 11 October 2022 08:05
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