L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.


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Theatre and cinema (162)

 

 

Riccardo Massaro
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October 15, 2023

 

Un testo crudo, diretto, velenoso che in un'ora e qualche minuto mette a nudo dinamiche e mentalità del perverso mondo camorrista. Utilizzando il dialetto napoletano, perlopiù fruibile e comprensibile a tutti, la piece risulta ancora ancora più realistica.

“L’imparata” è traducibile come “la lezione”, che il povero venditore ambulante Matteo (Antonello Pascale) dovrà, suo malgrado, sorbire da Vincenzo (Antonio Grosso). Il malvivente è inspiegabilmente uscito di prigione prima di aver scontato tutta la sua condanna. L’uomo sembra inasprito dagli anni passati in carcere e rabbioso cerca qualcuno su cui sfogarsi, ma al contempo sembra anche roso da sensi di colpa o da chissà quale tarlo che lo ossessiona. Così, prende come capro espiatorio il povero venditore terrorizzato. Unica colpa del lavoratore, è quella di aver mancato di rispetto alla sua famiglia, ma come? Proponendo una vendita di biancheria a rate! Pretesto, questo, per scatenare l’ira del malvivente, che inspiegabilmente si sente offeso davanti a tutto il quartiere e alla comunità criminale che lo circonda perché non è in grado d pagare in un'unica soluzione...

Questo atteggiamento palesa la bieca mentalità di un malvivente, che cerca solo un pretesto per scaricare la sua frustrazione. Vincenzo sembra prepararsi per un viaggio, o forse una fuga, insieme ad un altro poco di buono, mal visto dalla famiglia anche perché particolarmente pericoloso. Con lui, quando è al telefono, cambia completamente atteggiamento, dimostrando una sudditanza psicologica ed emotiva che stona con la sua rudezza e prevaricazione contro il povero venditore.

Antonio, nei panni di questo malvivente, manifesta il peggio di sé: violento, provocatorio, frustrato, ma in lui traspaiono anche delle debolezze che cerca di nascondere.

Questo è ben sottolineato dalla regia, che si direbbe abbia voluto intrappolare l’uomo nella scenografia in una gabbia inesistente, quella mentale del protagonista. Impossibilitato ad uscirne, si muove come una tigre in gabbia o una mosca che sbatte continuamente sulla finestra chiusa, vomitando ansia, frustrazione, paura e sfogando tutto sull’altro. Attraverso questa “imparata” il malvivente vorrebbe insegnare al disgraziato il rispetto e come vivere, ma attraverso la lente distorta della malavita in cui è cresciuto e dove si è ritagliato uno spazio che ora però sembra essergli stretto, soffocarlo, fagocitarlo.

Il malavitoso sembra a volte rispecchiarsi in quel piccolo uomo in cui rivede le sue fragilità, e così lo aggredisce; in lui vede il suo alter ego dall’aspetto più umano e debole che deve distruggere, annichilire e soffocare. Una parte da disconoscere, una voce della coscienza diventata opprimente, il suo punto più debole e conflittuale.

Allora, per ritrovare quel potere ormai svilito in cui si è sempre rifugiato, cerca di soffocare questo stato d’animo attraverso il sopruso.

Il testo sottolinea la povertà d’animo e la vigliaccheria di un uomo armato che abusa di una persona semplice e indifesa, mettendo a nudo la difficile realtà di un pentito che ancora non si è staccato dalla mentalità criminale, che ora lo ostracizza e lo vede come traditore. Vincenzo ora vive nel terrore e mostra la paura per le inevitabili ripercussioni che si abbatteranno su lui e sulla sua famiglia. Così, tutto gli crolla addosso, perde la sua identità e il posto in quella parvenza di società malata di cui non fa più parte.

Subentreranno nella scena altre due importanti figure. La prima è la riuscitissima moglie (una bravissima Marika De Chiara), anche lei maltrattata dal marito seppure riesca a tenergli testa, tanto che l’uomo nel confronto manifesta le prime crepe con momenti di estrema fragilità.

La seconda figura è la fantastica Teresa Del Vecchio nei panni della madre. Con lei si svela un altro aspetto del malvivente, ancora più profondo. Lo troviamo rispettoso, si direbbe succube della figura materna, pur manifestando sempre il suo umore altalenante, insofferente, insicuro ed agitato. La madre ha ormai capito qual è il segreto che lo divora.

Antonio Grosso si rivela perfetto nella sua parte in bilico tra violenza, viltà e conflitto interiore. Antonello Pascale gli fa magistralmente da spalla in questo duetto iniziale ricco di forti emozioni che svelano l’intimo di entrambi i personaggi, fino all’epilogo.

Marika invece adotta magnificamente quegli stessi atteggiamenti delle donne della camorra. Si muove, parla e si atteggia rispecchiando magnificamente  questa triste realtà. Anche i cambi di umore durante i confronti con il marito sono ben studiati, realistici ed emozionanti. Teresa del Vecchio, la madre, si rivela l’asso nella manica del dramma; espressioni, atteggiamenti, movenze, toni di voce, tutti sono assolutamente perfetti e chiudono questo malsano cerchio, questo circolo vizioso. Grandiosa.

Quattro bravissimi attori coadiuvati dall’attentissima regia di Felice Della Corte, in complicità con gli azzeccati  costumi di Lucia Mirabile perfettamente in tema, esaltano personaggi e testo.

Alcune scene in penombra sembrano voler strizzare l’occhio ad opere artistiche di rilievo, una sorta di allegoria drammatica atta a sottolineare i sentimenti espressi dai personaggi, che mi hanno riportato alla mente opere di artisti famosi come Gustave Corbet, Caravaggio, Michelangelo, Francisco Goya, Perez Fabian… La scenografia e le luci giocano molto su effetti che esaltano momenti, situazioni ed espressioni che sembrano ispirarsi a questi autori.

Insomma, il dramma si fa sempre più pesante, si comincia a realizzare che il malvivente ha fatto una scelta che metterà in pericolo tutta la famiglia, ma forse anche peggio, ne macchierà l’onore e la reputazione ed evidenzierà il fallimento  dell’educazione ricevuta, tanto da far disperare prima e scatenare poi l’ira della madre, trascinando la storia verso un epilogo tragico ed inaspettato che rivelerà l’assurda ed inconcepibile mentalità camorristica.

Ben lontana, L’imparata, dal voler esaltare queste figure come nei vari Gomorra. Tutt’altro, qui questo sistema e i suoi personaggi sono sviliti, umiliati, mostrati nella loro pochezza e miseria d’animo attraverso il loro linguaggio e il pensiero, che ne mostrano l’essenza degradata e la sudditanza morale, senza inutili orpelli ed ipocriti abbellimenti.

Bell’idea, interessante proposta, ottimo cast e testo.

 

Teatro Manzoni - “L’imparata”
Di Roberto Iannucci

Regia Felice Della Corte

Compagnia Mania Teatro
Con Antonio Grosso, Teresa Del Vecchio, Antonello Pascale e Marika De Chiara

Aiuto Regia Andrea Goracci

Costumi Lucia Mirabile

September 21, 2023

Teatro Petrolini 

“Giacche arancioni e manici di scopa”

-Memorie tragicomiche di un netturbino sentimentale-

Di Riccardo Massaro

Riadattato ed interpretato da Marco Zordan

 

 

Quale effetto vi farebbe ascoltare la vostra vita raccontata da un altro? Sarebbe capace di procurarvi le stesse emozioni e sensazioni che avete

              Marco Zordan

vissuto in prima persona? Marco Zordan ne è stato capace. 

Devo dire che mi ha fatto uno strano effetto questa particolare esperienza. Conosco il talentuoso Marco da anni perché lo seguo spesso in teatro. Dunque, con molta fiducia gli ho messo in mano una parte della mia vita, quella professionale, con tutte le emozioni ad essa legate.

Qualche decina di fogli pieni di righe nere. Righe formate da parole che raccolgono parte del mio mondo. Non avevo dubbi su come si sarebbe impegnato nel realizzare la mia proposta, e lo spettacolo di stasera me ne ha dato la conferma. Non avrei potuto fare scelta migliore. 

Non nascondo di essere stato teso in sala, sentivo di aver gettato quasi egoisticamente sulle spalle di Marco una grande responsabilità: portare in scena un tema scomodo in cui si sarebbe esposto per me, mentre io sarei stato comodamente eclissato e protetto dal buio della sala.

Il monologo sarebbe piaciuto? Sarei riuscito a presentare il mestiere del netturbino sotto una luce diversa da quella che tutti immaginano? Saremmo riusciti a far riflettere il pubblico attraverso un testo apparentemente leggero e simpatico, che però affronta con onestà tutti i luoghi comuni che affliggono me e i miei colleghi? 

Con molta sincerità ho raccontato aneddoti veri, esperienze scaturite dall’affrontare dubbi e incertezze, difficoltà e problemi. Ma il pubblico avrebbe capito? Avrebbe apprezzato? Questo prodotto artistico avrebbe funzionato? 

Sì, ha funzionato, grazie a Marco Zordan che quasi come un mio alter ego, ha vestito gli stessi panni che ogni giorno indosso per il mio servizio, è riuscito ad entrare con la sua proverbiale delicatezza e profonda sensibilità negli aspetti più intimi del mio racconto e attraverso il suo impetuoso e sfrontato temperamento, ha esaltato gli aneddoti più divertenti che mi hanno coinvolto durante vent’anni di servizio. 

Marco è un fuoriclasse che con tanta ironia mi ha raccontato, facendo ridere e commuovere anche me, insieme al pubblico in sala. Con il suo talento si è immedesimato nella figura dell’operatore ecologico, cogliendone e riproponendone gli aspetti più comici ma anche quelli meno evidenti e più profondamente umani. 

Ha trasformato e arricchito il mio testo adattandolo ed esaltandolo senza snaturarlo, riuscendo a cogliere tutte quelle sfumature che desideravo far emergere. 

Così, ha restituito dignità ad una delle categorie più discusse e criticate dai cittadini. Con la sua grande professionalità, preparazione artistica e senso dello humor, ha inserito delle trovate che ritengo geniali e che hanno esaltato il monologo.

A fine spettacolo ho ascoltato i pareri e i commenti dei presenti che mi hanno colpito, così come la profondità delle domande che mi sono state rivolte sul mio lavoro, a dimostrazione che lo spettacolo aveva raggiunto lo scopo che mi ero prefissato.

Marco Zordan e Riccardo Massaro

Questo era il mio intento: rompere le barriere e i preconcetti su questa figura da parte dell’utenza cittadina. 

Marco, con una verve, non si è risparmiato e senza darci fiato ci ha divertito, colpito, fatto riflettere ed emozionare in un continuo e travolgente sfogo, ricco di brillanti trovate personali inserite nel testo.

 

Tanti sono stati i complimenti che abbiamo ricevuto, sia dal pubblico che dagli addetti ai lavori, direi unanimi e questo mi ha fatto un enorme piacere.

Ringrazio Marco per tutta l’attenzione e l’amore con cui ha adattato e rielaborato le mie parole e per il risultato ottenuto, sperando di riproporre quanto prima questo spettacolo e farlo conoscere ad altri spettatori.

 

September 02, 2023

 

Sì, avete letto bene, il 14 e il 15 settembre andrà in scena il mio monologo, interpretato da Marco Zordan, che concorrerà al Comic Off.

È una strana sensazione essere “dall’altra parte”, anche se non sarò certo io sul palco. Dopo aver visto e scritto articoli per quattro anni su tanti spettacoli teatrali, ora tocca al mio, di cui certo non scriverò una recensione, semmai racconterò le sensazioni di questa nuova esperienza. 

Marco è un grande artista e mi lusinga che abbia voluto interpretare questo testo in cui si farà portavoce del mio mestiere di operatore ecologico. A scriverlo mi spinse un altro attore che stimo moltissimo, Gianluca Delle Fontane, senza il quale non so se mi sarei cimentato in questa avventura; lo ringrazio sia per avermi spronato che per i suoi consigli e il suo aiuto. 

Non credo ci sia una pièce che parli del mestiere del netturbino, soprattutto raccontato in prima persona. Ho voluto inserire aneddoti, curiosità, problematiche, il rapporto con i cittadini… raccontando anche di me e dei miei colleghi; tutto per sorridere con voi e con loro, ma anche per presentare il lato umano, spesso nascosto ma profondo, di chi opera in questo settore del lavoro.

Un settore sempre al centro di polemiche, discusso e criticato, sbeffeggiato a volte a ragione, altre senza conoscere i retroscena che, per questo, in parte ho voluto svelare. 

Ringrazio la genialità, la comicità e lo spessore umano di Marco Zordan per aver voluto dare voce al mio pensiero,  che, sono sicuro, farà con grande maestria e professionalità.

 

August 07, 2023

Lo spettacolo è scritto, diretto ed interpretato con molta sensibilità da Alessio Chiodini, anche nella veste della Bestia, proprio quella ispirata alla famosa favola. Al suo fianco Alessio ha voluto la deliziosa e bravissima Valentina Corti nel ruolo di Belle (la Bella) e Giovanni Pelliccia nelle vesti di narratore.

Questi bravi artisti ci porteranno virtualmente nella sala di un castello, riproposto in questo suggestivo teatro, per raccontarci una loro versione della famosa favola che alcune fonti fanno risalire alla metà del XVI secolo e alla penna dello scrittore italiano Giovanni Francesco Straparola, anche se comunemente viene attribuita a Jeanne-Marie Leprince de Beaumont che la propose nel 1740.

La storia potrebbe essere stata ispirata da un fatto reale.

Nel 1537 a Tenerife nacque Pedro Gonzales, afflitto da ipertricosi, una rara e particolare malattia genetica che ricopre di peli tutto il corpo, viso compreso. È questa disfunzione che forse ha ispirato anche l’ideazione di Chewbacca, lo strano peloso personaggio di Guerre stellari, come può aver ispirato le credenze popolari sull’esistenza dei lupi mannari…

Pedro arrivò ad essere “adottato” dal re francese Enrico II, che lo educò e ne fece un nobile istruito a tutti gli effetti. Nonostante la sua particolarità, la giovane Caterina di innamorò di lui sposandolo e dandogli ben sette figli, di cui cinque afflitti dallo stesso disturbo.

Dopo le repliche romane, lo spettacolo sarà ospitato in alcuni castelli italiani, a partire dal Castello Fittipaldi Antinori di Brindisi Montagna, e percorrerà varie tappe nello stivale fino ad arrivare in Trentino Alto Adige in estate, dove terminerà il tour.

Il Teatro dei Documenti si presta molto bene a questa proposta. A ridosso del Monte dei Cocci di Testaccio, è una sorta di labirinto pieno di sale con un loro particolare fascino, che permettono una realizzazione scenica molto suggestiva. Credo unico nel suo genere, alcune sale mi hanno ricordato i mitrei romani o le tombe precristiane. L’ambientazione dunque è perfetta, grazie anche alla sapiente illuminazione che gioca con dei bellissimi effetti creando un’atmosfera surreale. Qui i personaggi si muovono in quella che sembra la sala da pranzo di un castello, con tanto di pianoforte parlante. In questo ambiente irrompono facilmente ed immediatamente la quarta parete, sfruttando l’idea del metateatro.

Il primo ad apparire è il narratore menestrello Giovanni che presenta la storia, ben sviluppata e concentrata in cinquanta minuti. La recitazione, come la voce di Giovanni, sono perfette per questo ruolo, così come la sua gestualità. Ci apparirà anche nei panni del padre di Belle e presterà la voce, oltre che come narratore, anche al pianoforte parlante, rendendolo simpatico con i suoi discorsi e con un caratteristico accento francese con cui dialoga con i personaggi.

Alessio, che ho apprezzato pochi giorni fa in “L’amico ritrovato” e tempo addietro in “L’acqua e la farina”, indossa una maschera che ricorda il dio celtico dei boschi Cernunno. Eclissato dalla maschera, non puoi contare sulla sua particolare espressività, dunque si riscatta con un’ elegante gestualità e l’uso di toni di voce profondi o suadenti, alternando modi bruschi a più dolci per caratterizzare la Bestia. Ci riserverà poi un momento davvero toccante, alla fine dello spettacolo, quando apparirà con le sue fattezze umane ad incantesimo spezzato.

Valentina mi stupisce. Esprime una dolcezza, una delicatezza ed un’ espressività che incantano. Ho avuto modo di apprezzarla poco tempo fa in un bellissimo spettacolo dal titolo “Più vera del vero”, in cui impersonava un androide. Semplicemente fantastica! Valentina sa giocare bene con la voce e la gestualità, ma soprattutto con la sua inesauribile gamma espressiva. I suoi sguardi sempre profondi, che passano dal malinconico al gioioso, sono in grado di trasmettere forti emozioni che colpiscono inevitabilmente lo spettatore. Stasera sembra davvero uscita dalle pagine di questa favola. Insieme ad Alessio e a Giovanni ci porta per mano in questo mondo incantato attraverso un dramma fino al suo toccante, commovente e delicato epilogo che mi ha particolarmente commosso con il loro bellissimo abbraccio finale e le romantiche frasi che si sono scambiate, complici anche la belle parole di alcune poesie di Prevert inserite nella sceneggiatura da Alessio.

Una bella favola che tra suoni, luci e una buona regia, riesce a lasciare il segno.

 

Produzione: Produzione spettacoli teatrali

 

July 12, 2023

 

Seguo con interesse le proposte di Alessandra che si rivelano sempre divertenti e profonde, ma soprattutto vincenti. Mi piace il suo approccio artistico, personale e riconoscibile.

Stasera ci propone uno spettacolo i cui temi e personaggi rivelano il suo modo di pensare, di vivere la vita, di interpretarla e di affrontarla, attraverso il suo forte spirito ironico e pungente.

In questa nuova proposta ci parla della sua grande passione per Muccino, nei cui film Alessandra si rivede. Ispirata dal regista, partorisce questo riuscito monologo tragicomico in cui, dopo aver sottolineato le similitudini della sua vita con i film del regista, prende una direzione narrativa in cui riconosco la sua penna e la sua linea di pensiero.

Uno dei temi trattati è quello della donna “di contorno” in una relazione, il suo essere sempre al secondo posto sul podio dell’amore, sempre all’ombra di una madre, di una ex, dell’amica del cuore o addirittura del cane. Impelagata in relazioni con uomini dagli atteggiamenti discutibili, o in triangoli amorosi di cui lei è l’ignaro terzo vertice, Alessandra sembra in balia di un karma funesto, al quale cerca comunque di opporsi.

Non mancano, nel suo divertente sfogo, i racconti dei suoi drammi familiari che finiscono per ripercuotersi sulla sua esistenza e condizionarne le scelte, con  l’aggravio delle piccole ma numerose beghe quotidiane che, seppur futili, non fanno che esasperare il già precario equilibrio emotivo. Nel suo sfogo troviamo anche il riflesso di una crisi generazionale, che Alessandra inserisce brillantemente nel monologo. Una generazione dal futuro buio ed incerto, in cui l'artista si riconosce e da cui si sente tradita. La sua sembra una vana ricerca di una stabilità economica, familiare, relazionale, emotiva e sentimentale da poter vivere serena e felice, così come in un film di Muccino.

Seppur le storie del regista siano sempre ricche di drammi, tradimenti, crisi, litigi e relazioni sull’orlo del baratro, in ognuna appare sempre uno spiraglio, una speranza che porta verso un lieto fine. Proprio quello che si aspetta la nostra Alessandra; illusa da queste pellicole, sente di essere rimasta con un pugno di mosche in mano, ancora in attesa di beneficiare di un bel finale disegnato su misura per lei.

Si sente come Giulia, la protagonista de “L’Ultimo bacio”, ci rivede la sua energia, ne ha ereditato lo spirito e ora si aspetta di vivere un epilogo felice come il suo. Ma la vita non è come quella proposta nei film…

Alessandra dimostra tutta la sua forza espressiva divertendoci con singolari personaggi, che in fondo altro non sono che la pessima rappresentazione  della nostra società, che lei critica e ridicolizza con gusto.

Eccola, allora, nelle vesti di un cantante dalle discutibili doti, che approda non si sa come a San Remo; e poi in quelle di una cinica scrittrice che presenta il suo libro sulla bellezza interiore, ma che finisce per vessare la figlia bruttina; gag che darà poi vita ad una simpatica e attualissima digressione sul body shaming, attraverso affermazioni che ben conosciamo e che solo oggi ipocritamente vengono messe alla gogna mediatica. Poi è il turno della finta radical chic di periferia, piuttosto opportunista che vorrebbe creare un partito fondato sulle sue discutibili idee.

A questi personaggi parossistici ma, ahimè, anche piuttosto realistici, Alessandra, con un versatile uso della voce e di varie parlate dialettali, conferisce una bieca personalità ed un’esasperata espressività che racconta questa strampalata generazione con una buona dose di simpatia ma anche tanta profondità.

 

Il monologo segue la linea tracciata del suo riuscito “Vita grama di un’eroina moderna”, e senza ripetersi o cadere nello scontato, continua efficacemente il viaggio introspettivo che parte dalla sua infanzia, quando forgia il suo carattere influenzata dagli sfortunati personaggi dei cartoni animati giapponesi che hanno accompagnato lei e tutta la sua generazione, per proseguire con aneddoti divertenti dell’adolescenza e della maturità.

Forse il suo è un modo per esorcizzare i suoi vissuti, che colora con tenui tinte attraverso la grande autoironia che la contraddistingue. Senza veli, ci svela le sue fragilità ma anche i suoi punti di forza, i sogni e le speranze che la portano ancora a credere nella vita e nell’amore. Si mette in discussione davanti a noi affrontando con coraggio e determinazione quelle che sono state anche le sue debolezze e le scelte sbagliate, e quei traumi familiari che hanno condizionato la vita e condotto ad avere relazioni a senso unico tossiche e deleterie.

Alessandra ci sorprenderà con un vibrato e sentito finale in cui dimostra una evidente capacità di passare dalla leggerezza intrisa di comicità alla serietà dell'introspezione.

Sono rimasto molto colpito da questo inaspettato finale, assolutamente riuscito.

 

 

 

June 29, 2023

E come potrebbe non essere, questa serata in compagnia della strepitosa Paola Minaccioni, se non bellissima? Credo di aver visto, se non tutti, una gran parte dei film in cui appare. Anche nelle piccole parti o apparizioni riesce sempre a lasciare il segno, grazie alla sua grande personalità.

Un'attrice esuberante, divertente ma anche profonda, che con il suo modo di porsi riesce a piacere ad un pubblico eterogeneo. Stasera, infatti, l’arena del Teatro Tor Bella Monaca è sold out; bambini, ragazzi, anziani… c’è davvero di tutto in sala. Una platea ansiosa di assistere a questo monologo in cui Paola ha inserito alcuni suoi personaggi, presentati in TV o alla radio, attraverso i quali affronterà alcuni temi che assillano la nostra società, come le nevrosi e le problematiche personali, utilizzando una chiave comica e al contempo surreale.

Adoro quest' attrice, che finora non avevo mai visto esibirsi dal vivo, a briglia sciolta in uno spettacolo tutto per travolgerci con capacità istrioniche, bravura e grande simpatia…

Irrompe nella platea prendendo subito di petto il pubblico in maniera molto confidenziale, scioccando gli spettatori, divertiti perché non si aspettavano questo insolito inizio di serata.

Così, Paola rompe subito gli imbarazzi, infrange la quarta parete, la conquista immediatamente e si mostra per quello che è: semplice, diretta, spontanea, vicina al suo pubblico. Scevra da qualsiasi altezzosità da star che potrebbe permettersi ma che non la sfiora, prende per mano il suo pubblico immergendosi nel calore che gli dimostra la sala, già bella carica di voglia di divertirsi con lei.

Le tematiche trattate sono quelle che affliggono un po’ tutti: l’insonnia e le improbabili tisane che concilierebbero il sonno, lo stress, i vaccini usati durante la pandemia e le loro particolari e fantasiose reazioni che ognuno ha creduto di provare dopo l’inoculazione. Ma c’è spazio anche per le confidenze sulla vita sentimentale dell’attrice, ricche di aneddoti descritti in maniera molto simpatica e accompagnati con le esilaranti poesie che ha composto durante la sua buia solitudine sentimentale. Vulcaniche le reminiscenze sulla terminata relazione e le invettive contro il suo ex, con conseguente divertentissimo sfogo. Ma pare che ci siano problemi anche nel rapportarsi con i suoi strampalati e singolari fans quando li incontra per strada… 

Divertente anche la descrizione degli strani ed inutili oggetti che tutti, bene o male, abbiamo acquistato nei negozi “Tiger”, che lei ha collezionato nella vana speranza di mitigare il suo stress e i suoi vuoti emotivi; dunque, perché non tentare la via della meditazione attraverso una forma di yoga interpretata tutto a modo suo?

Una breve incursione nell’estremo uso dei trattamenti estetici per rallentare ed esorcizzare la vecchiaia, e approda poi ad un argomento sempre attuale: l’influenza negativa di una madre in un rapporto sentimentale. Si presenta, allora, nei panni di una irrefrenabile ed esilarante mamma siciliana davvero irresistibile che candidamente svela tutti i suoi espedienti per non perdere il figlio ormai sposato. Poi, abbandonate queste vesti e il dialetto della trinacria, la ritroviamo nei panni di una molesta inveterata operatrice telefonica rumena, che in modo assai discutibile presta la sua assistenza tecnica telefonicamente, mentre contemporaneamente essendo in smart working, assolve il compito di badante ad un anziano signore! Fantastica poi la telefonata con il suo nuovo toy boy, con cui intreccia una improbabile relazione amorosa. 

Sparisce poi dal palco, per riapparire vestita come un’anziana ma energica ottantenne, apparendo inaspettatamente tra il pubblico. Impicciona e invadente, importuna simpaticamente le coppie presenti, facendo domande sulla loro vita matrimoniale e dare così sfogo alla sua pruriginosa curiosità.

Qui Paola dimostra tutta la sua preparazione e schiettezza attraverso la sua improvvisazione, che diverte e sorprende moltissimo il pubblico.

Le movenze con cui dà vita ai suoi personaggi, gli atteggiamenti, l’espressività, l’impostazione delle voci che utilizza sono fantastici. Si rivela una grande intrattenitrice che sa benissimo come sfruttare le pause, per creare una particolare suspense comica molto efficace.

Con battute semplici, provocatorie, pungenti e sempre divertenti, si conferma accattivante, coinvolgente, creativa, esuberante, divertendo i presenti attraverso quegli argomenti citati in cui lo spettatore si ritrova e si riconosce. Ben riuscite le imitazioni della Bertè, della Ferilli e della Meloni.

Alla fine, la serata si rivela come il titolo dello spettacolo: il pubblico dimostra non solo di divertirsi, ma anche di essere molto coinvolto dalle brillanti e frizzanti trovate di Paola, e lo dimostra esternando tutto il suo affetto attraverso calorosi applausi e tante risate.

June 06, 2023

Il Teatro de’ Servi chiude la stagione con due artiste strepitose, assolutamente divertenti, complici ed affiatate, che già hanno lavorato assieme con ottimi risultati. Stasera ci propongono una loro divertente commedia che in passato ha ricevuto dal pubblico responsi più che positivi.

Cinzia e Francesca si divertono e divertono con la loro proposta che già dalle prime battute si mostra rinnovata ed attualizzata con rimandi ad eventi recenti. Questo approccio dà allo spettacolo le sembianze di un prodotto appena partorito. Il tema trattato ricalca le orme di una trasmissione che va avanti da decenni, come è riportato nel titolo del famoso programma” Chi l’ha visto” che dall’aprile  1989 si occupa della ricerca di persone scomparse attraverso la partecipazione dei cittadini con le loro segnalazioni.

Affiatate, disinvolte ed esperte, queste due fantastiche autrici e attrici fanno frequenti divagazioni ed improvvisazioni alquanto divertenti.

Francesca è un’attrice alla quale sono molto affezionato e che seguo assiduamente; mi piace la sua schiettezza, la sua romanità, la naturalezza e la grande spontaneità.

Cinzia la ricordo per la bravura dimostrata quando lavorò assieme a Francesca  in una commedia molto divertente dal titolo “Vis a vis”.

L’ironia di questa commedia verte su un interrogativo che affligge anche me da tempo: le persone che spariscono, vogliono davvero essere ritrovate?

Le vediamo, allora, in uno studio televisivo dove Cinzia Berni è nel ruolo della presentatrice e ci ricorda molto Federica Sciarelli, la conduttrice del noto programma, ma in versione più cinica, visibilmente infastidita perché ormai satura per tutte le assurde vicende trattate, ma soprattutto per i personaggi con cui ha a che fare.

Alle prese con una serie di improbabili, paradossali, improponibili figure che Francesca Nunzi  interpreta, prima scomparsi e poi ritrovati, si prende spunto dalla realtà, e si usa una grande ironia che nasconde (neanche troppo velatamente) un profondo cinismo e una critica su questo particolare fenomeno.

Francesca sfodera tutta la sua simpatia ed esperienza di artista per interpretare i suoi bizzarri personaggi: dalla donna delle pulizie con l’accento marchigiano, all’ex ballerina di estrazione romana volutamente scomparsa con il suo segreto; dall’inconsolabile vedova calabrese ipocondriaca con i suoi acciacchi e malanni, all’invadente donna delle pulizie rumena… Troviamo anche un estratto del libro “Uomini senza uccello”, un esilarante libro scritto proprio da Francesca che qui riporta alcuni passi assolutamente riusciti che divertono moltissimo il pubblico.

Si chiude la serata con un’ultima folle signora, questa volta alla ricerca della sorella…

Non mancano ovviamente riferimenti e citazioni ironiche di molti personaggi dello spettacolo ed inevitabilmente di bizzarre vicende reali che hanno ispirato le due artiste per costruire questo spettacolo e farci ridere insieme a loro.

Di fondo, però, traspare una critica pungente sia alla nostra società che ad alcuni aspetti della trasmissione, spesso utilizzata in modo distorto semplicemente per fare spettacolo alle spalle di tristi realtà. Quando un individuo sceglie di sparire, a volte è per cambiare vita, per lasciarsi dispiaceri e fallimenti alle spalle e cercare di ricominciare da capo. Perché infrangere questa speranza rivelando la sua presenza in qualche luogo ameno dove si è nascosto e nella quale vorrebbe vivere dimenticato?

Ecco che questa diviene così anche una critica agli italiani impiccioni, che in tutte le maniere cercano di diventare protagonisti attraverso una trasmissione che forse specula sui disagi e sulle difficoltà degli scomparsi per farne sensazionalismo.

Insomma, una serata allegra in compagnia di due brave interpreti e autrici che tra una risata e l'altra ci permettono anche di riflettere su questo triste fenomeno e tutta la speculazione che vi orbita intorno.

May 30, 2023

 D-Ciao Sergio, intanto grazie per avere accettato di essere intervistato. Dimostra una volta in più la tua gentilezza e disponibilità a donarti al pubblico.

Grazie, lo ritengo un dovere verso il pubblico.

D-Hai iniziato a lavorare come modello dopo il tuo trasferimento in Italia da Bilbao e poi è stata tutta una salita di successi e di avventure fra televisione, cinema, musica, spot, fiction e teatro.

Protagonista in ruoli importanti e determinanti che ti hanno reso giustamente il personaggio che sei ma senza mai perdere l'umiltà che naturalmente ti appartiene.

 Una domanda che rivolgo spesso ai miei intervistai è quella di chiedere cosa non avresti voluto fare e cosa invece avresti voluto fare prima nel tuo periodo artistico.

R-Avrei troppa paura a cambiare il mio passato. Basterebbe un piccolo cambiamento e il mio presente non sarebbe più lo stesso. Non cambierei niente.

Avrei voluto però fare molto più surf.

D- Indubbiamente le tue qualità sono frutto d'impegno, di studio e di grande professionalità:

     Cosa è che ti fa accettare o rifiutare un lavoro?

R-In realtà studio per paura e senso d'insicurezza. Non mi piace trovarmi impreparato. anche se le sorprese sono parte della vita.

 Di solito accetto un lavoro se mi piace il copione, se mi fido del regista o se -mi fanno una proposta che non posso rifiutare-.

 Quando fai l'attore di professione ogni tanto può capitare di fare lavori o avere richieste che non ti convincono del tutto. 

D- Ultimamente sei molto impegnato soprattutto nel teatro ei risultati sono visibilmente positivi.

 Quanto riesci ad entrare in -metamorfosi- con il personaggio da interpretare? e quanto di Sergio c'è nelle tue rappresentazioni?

R- Nelle interpretazioni teatrali, hai la possibilità di entrare sempre di più nel personaggio, replica dopo replica. Per quanto riguarda invece il cinema e la televisione, devi osare tutto

subito e poi rimane per sempre. La differenza sta qui; in teatro hai più tempo, più possibilità per entrare nel personaggio. Ovviamente devo usare tutto quello che ho, sia disponibile che

intellettualmente per creare un personaggio. Indubbiamente ogni personaggio interpretato, si macchia dell'attore che lo dipinge. 

D- Sergio, tu non sei solo un attore, un modello, un cantante ma una miscellanea di tutto ciò e questo è probabilmente uno dei motivi del tuo successo. Sicuramente hai un equilibrio

mentale che ti permette di sapere muovere i fili giusti al momento e nel modo giusto.

 Quanto è importante lo yoga che da molti anni pratichi nella concentrazione sull'impegno lavorativo?

 R-Tutti gli attori hanno altri interessi artistici. La ricerca artistica e la curiosità fanno parte del nostro lavoro. Bisogna sperimentare altri linguaggi artistici per arricchirsi ed evolversi.

 Lo Yoga aiuta in tutti i lati della vita. Tutti gli strumenti dello Yoga possono essere usati per crescere, anche come attore.

D- Da pochissimo hai concluso la tournée -Cuori scatenati-che ha di nuovo conclamato un successo di pubblico e di critica.

A cosa stai lavorando in questo periodo e quali progetti hai già in attivo?

RE adesso sto portando in giro - Tango, apologia di musica e parole- di Francesco Facciolli e il mio spettacolo intitolato - La mia onda -. In entrambi gli spettacoli, si fondono la musica e la recitazione.

D- Penso che ogni forma di arte sia la forza di un'introspezione da condividere con l'altro, sia per interpretare un copione, un testo qualsiasi, una poesia, una canzone, un dipinto, e tutto quanto possa sprigionare dalla musica che ti accompagna da anni.

Quanto ami questa forma di arte? Qual è la sensazione interiore che fornisce in ogni tua interpretazione?

R-Penso che la musica sia la forma d'arte più immediata. Bastano due note per creare un'atmosfera, per farti cambiare umore, per farti tornare alla mente momenti che pensavi dimenticati per sempre.

 Tutto è vibrazione. La musica, secondo me è la più diretta delle arti.

D-Non amo mai fare domande sul privato ai miei intervistati perché trovo che la sfera personale faccia parte di un mondo da non contaminare. Nel tuo caso però visto la bellezza,

l'intelligenza e la sensibilità che ha Morena tua moglie, mi permetto di chiederti quanto conta avere la donna giusta al proprio fianco in questo mondo fatto di spettacolo, di apparenza, di

tempo impegnato fuori casa.

R-Come dice mia madre. “Non esiste la persona perfetta con la quale stare, ma bisogna diventare la persona perfetta con la quale il tuo partner possa stare.”

 Stando con lei non mi focalizzo esclusivamente sul lavoro.

A te Sergio che ringrazio per la tua gentilezza lascio un po' di spazio per regalarci una tua frase, un tuo motto, un tuo pensiero:

 Vivere giudicando meno gli altri è un buon inizio per essere felice.

Grazie Sergio, condivido in toto questo tuo pensiero che conferma la tua bella introspezione.

 

May 24, 2023

 

Con: Marco Capretti, Fabrizio Gaetani, Lallo Circosta, Alberto Farina, Antonio Covatta, Fabio Baldieri.

 

Non conoscevo questo locale alquanto nascosto; si tratta di un ex magazzino, oggi adibito a luogo di intrattenimento con bar e sala per gli spettacoli, a cui è stato donato un aspetto originale e suggestivo. Il locale è per soli soci, ma è semplicissimo affiliarsi.

Lo staff è molto simpatico e gentile, e fornisce le esatte indicazioni per raggiungerlo. Io, che ho giocato la carta del fai da te, non l’ho trovato, ma l’errore mi ha permesso di arrivarci tramite un accesso secondario, cioè da un’uscita di emergenza... Entrato in un palazzo attraverso il portone condominiale che affaccia sulla via parallela e seguendo un allegro vocio che arrivava da una porta metallica, ho bussato, e ad aprirmi sono stati niente popò di meno che Marco Capretti, Fabrizio Gaetani e Lallo Circosta! Di fronte alla mia inconsapevole invasione, hanno cominciato a ridere! Mi sono ritrovato immerso in un ambiente con luci soffuse e musica di sottofondo, con gli artisti a conversare amabilmente mentre cenavano e forse mettevano a punto gli ultimi dettagli prima di iniziare la serata. Ho avuto la sensazione che lo spettacolo fosse già cominciato e che io ne facessi parte!

Riesco a partecipare solo ora al “Chaltron Show”, organizzato da comici che stimo ed apprezzo molto, a cominciare da Marco Capretti, Lallo Circosta e Fabrizio Gaetani che ho seguito in passato; finalmente ho potuto vedere dal vivo anche Alberto Farina, che ho sempre seguito in spezzoni fruibili sul web. E ho avuto anche il piacere di incontrare Antonio Covatta e Fabio Baldieri.

I nostri partono con un abbozzo di copione, per poi improvvisare continuamente. Immaginate sei amici folli che avete invitato a cena che, lasciati a briglia sciolta, sfruttano qualsiasi espediente per fare comicità e rallegrare la serata, prendendo spunto da qualsiasi cosa. Partendo da poche tracce preparate, divagano in continuazione interagendo non solo tra loro ma anche con il pubblico, coinvolto per inscenare continue gag spassosissime. Ad esempio quelle che nascono dal ricordo di frasi o scene di film come “Testa o croce”, “Fracchia la belva umana” oppure “Il marchese del grillo”, che hanno fatto la storia della comicità italiana.

Antonio alla chitarra stravolge in modo geniale i brani più conosciuti della canzone italiana e ci fa ascoltare “Grazie Lazio” di Venditti; oppure ci fa conoscere un’Orietta Berti come non la immagineremmo mai, Vasco Rossi nerd, Gigi D’Alessio che canta in milanese e Achille Lauro in napoletano. E poi Pierangelo Bertoli che corre senza la sua sedia a rotelle, Guccini un convinto fascista, Patty Pravo rimasta vergine e Renato Zero diverso… Si ride a crepapelle.

Marco, che veste il ruolo di presentatore e collante del gruppo, a più riprese ci legge pillole del suo “Libro delle soluzioni”, un concentrato di comicità in cui questo artista si mostra capace di inventare di tutto...

Fabio invece si cimenta in una serie di barzellette assai divertenti, e strappa risate e applausi.

Lallo e Fabrizio richiamano la nostra attenzione sulla contaminazione, a cui non pensiamo mai, tra il linguaggio culinario e i detti e le espressioni popolari. Lallo, poi, ci guida in città con il suo navigatore impostato sulla voce di Lando Fiorini, che dà le indicazioni stradali cantando! Bella e potente, la sua voce, e tanta la simpatia. Si presenta anche in versione Cannavacciuolo, con una ricetta davvero divertente!

Esilarante è il momento in cui Alberto racconta, con ricchezza di particolari, come sia riuscito a rovinare il matrimonio di un amico. E poi passa in rassegna alcuni episodi del suo fantomatico paese, Cupinio. Ci propone anche dei pezzi preparati per alcune trasmissioni televisive, che però sono stati tagliati… Una risata continua…

Antonio, improvvisando sulle richieste del pubblico, si cimenta nella sovrapposizione dei testi di poesie famose sulle note dei brani dei nostri cantautori. Avete mai sentito “Il cinque maggio” di Manzoni sulle note di “Vita spericolata? Ce ne ha fatte sentire diverse... Bravissimo e geniale.

Fabrizio si diletta ad elencare i nomi di alcuni farmaci, sottolineando come siano assurdi, seppur funzionali all’intuizione del loro utilizzo…

La serata si chiude con un blues cantato da Antonio, su un testo pazzesco che viene improvvisato con le parole suggerite a caso dal pubblico.

Finisce così questo folle e divertente “incontro”, ricco di quell’ improvvisazione che solo tanta maestria e professionalità possono produrre, e che mi fa rimpiangere di essermi perso le precedenti. Tenete d’occhio la programmazione di questo locale, sicuramente interessante e varia. E se in futuro vi trovaste a passare da queste parti quando i “cialtroni” sono in scena, fermatevi.

May 19, 2023

 

L'ultima volta che ho visto Antonio Conte è stato in una commedia, al fianco di Marco Cavallaro, in “Amore sono un po' incinta”, dove vestiva i panni di un personaggio davvero simpatico e divertente. Alessandro Giova, invece, l'avevo visto al “Festival dei nuovi tragici” in un monologo tragicamente divertente, e poi nel concorso “Autori nel cassetto, attori sul comò” con l'interessante proposta in versione corto del suo “Alieni nati”.

Stasera li ritrovo qui che vestono panni completamente differenti. Alessandro è uno scrittore, un libero pensatore, una sorta di filosofo politico schierato contro il regime vigente.

Antonio, dall'approccio burbero e con una prepotente fisicità, è invece un sicario, un boia di stato, un essere asservito al potere con il compito di porre fine all'esistenza dell'altro protagonista che, con le sue idee, infastidisce i poteri forti.

Alessio Pinto riadatta e ricolloca, in tempi moderni, un radiodramma scritto da Friedrich Dürrenmatt nel 1951. Il testo tratta un argomento sempre attuale: l'importanza della cultura, strumento che permette di scegliere, di pensare, di porsi in antitesi al potere.

Originalmente ambientato nella Seconda Guerra Mondiale, il testo viene riadattato in forma teatrale da Alessio, che elimina i riferimenti a quel periodo, ammorbidisce il dramma in alcune sue parti e lo rende più fruibile rispetto all'opera originale.

Il messaggio intrinseco sottolinea un concetto fondamentale: non esistono poteri buoni. Il potere, qualsiasi esso sia, finisce prima o poi per utilizzare la violenza per annichilire la cultura in quanto forma di libertà e di scelta che stimola il libero pensiero. La cultura è ritenuta pericolosa e destabilizzante per ogni forma di potere.

Potere che qui è rappresentato dalla figura del boia di uno stato tirannico, che subdolamente lo ha incaricato di recarsi di notte dallo scrittore per eliminarlo, preferendo una soppressione silenziosa e nascosta ad un processo pubblico, che darebbe inevitabilmente vita ad una serie di riflessioni del popolo , seppur soggiogato.

L'unica arma con cui può difendersi un pensatore, la parola, viene così soppressa e soffocata nel buio della notte. Il confronto tra i due è ben evidenziato; in poco meno di un'ora di spettacolo molto avvincente, arriva subito al dunque, eludendo inutili divagazioni.

La musica di fondo crea un'atmosfera in sintonia con il dramma; l'uso delle luci è alquanto suggestivo. Bellissimo l'effetto ottenuto da un'illuminazione laterale che evoca la luce filtrante da una finestra; forse rappresenta una lontana e vaga immagine di speranza. Questo flebile chiarore illuminerà a turno entrambi i personaggi, dandogli un aspetto romantico e al contemporaneo fortemente drammatico.

Lo scrittore, consapevole, attende il suo carnefice nello studio, tra i suoi libri che insieme agli scacchi rappresentano la temuta cultura. Una bella rappresentazione della situazione: vittima e carnefice sono come le pedine: possono essere mosse o sacrificate da un giocatore supremo in un gioco più grande di loro. Quel soggiorno, allora, diviene una sorta di scacchiera in cui queste pedine umane si fronteggiano in una gara perversa.

Il fatto che lo scrittore sappia che il suo carnefice arriverà di notte, riporta inevitabilmente a pensare a ciò che accadeva in Argentina con i deparecidos, nella Germania nazista, nell'Italia fascista, nei paesi dell'est sotto il regime comunista... Ogni dittatura, per agire, sceglie il momento in cui la vittima è più indifesa perché si sente più sicura: in casa, mentre dorme, quando è con i suoi affetti, nel suo ambiente. Così, può colpirla a tradimento. È un modus operandi alquanto efficace, che racchiude un messaggio chiaro per tutti: nessuno è al sicuro.

Il nostro sicario, però, si presenta impacciato: entra in casa come un ladro maldestro e finisce per sottolineare la viltà e il pressappochismo del potere che manda un suo rappresentante alquanto discutibile a compiere la sua “giustizia”. Antonio è fantastico In questa duplice rappresentazione, quella di persona imbranata e quella di un uomo distaccato e serioso.

Anche questa è una sottile ed arguta trovata, perché ci mostra un uomo piuttosto comune, come tanti altri, in cui ci si può immedesimarsi e trovare delle affinità. Una figura di certo più familiare, più popolare di quella di uno spocchioso letterato.

Ognuno di noi potrebbe essere o diventare come lui. Apparentemente strampalato, nasconde una sua forte pericolosità, che grazie a questa presentazione passa quasi inosservata. Veniamo quindi beffati da questa figura in maniera fine ed intelligente, tanto da cominciare ad apprezzarla. Inconsapevoli stiamo subendo una sorta di sindrome di Stoccolma.

Entrambi sanno perché sono lì. Così, comincia un acceso confronto. Con rabbia e paura, lo scrittore padrone del pensiero e della parola aggredisce verbalmente il sicario, provocandolo e accusandolo di asservimento, quasi per avere un ultimo sussulto di supremazia, un fiero canto del cigno. Anche Alessandro è molto bravo nel suo ruolo districandosi ed evidenziando efficacemente queste dinamiche così contrastanti.

Il boia, vittima del potere, si difende rivelandosi una persona calma, posata, riflessiva; è un profondo intenditore delle sfaccettature e del carattere umano che ha imparato a conoscere uccidendo. Infatti, quando le sue vittime realizzano di essere innanzi al proprio imminente ed ineluttabile destino, appaiono per ciò che realmente sono, vere e trasparenti. Ecco un'altra sapiente trovata che offre uno spunto di riflessione: fingere, mentire a se stessi, accettare tutto è tipico di una società pronta all' asservimento di un potere repressivo. Qui è molto chiaro il riferimento alla Germania nazista. Il popolo germanico fu convinto subdolamente ad entrare nelle dinamiche del nazismo, grazie ad una forma di persuasione ed un bombardamento psicologico continuo, che qui troviamo velatamente ed elegantemente rappresentato nella boia.

Questo moderno Mastro Titta è consapevole del suo ruolo infausto, come lo era il boia di Roma. Sa di agire all'ombra di un potere che gli conferisce un'autorità, ma sa anche di essere dipendente da un potere ingiusto che lo soggioga, lo usa, costringendolo a compiere atti riprovevoli. È un uomo che non ha potuto scegliere e si è trasformato, suo malgrado, in un automa asservito. La sua supremazia sulla vita o sulla morte degli altri è però solo un bluff. Può infierire sul corpo delle vittime, ma nulla può sulla loro mente e sul loro pensiero.

Il pensatore, attraverso la sua dialettica, cerca di risvegliare l'umanità sopita del killer, il quale si rivela più umano di quello che ci si aspetterebbe; è così che paradossalmente si accattiva le simpatie del pubblico, surclassando il pensatore saccente, antipatico e provocatore. Siamo stati beffati di nuovo dal potere per mezzo di questa figura, in maniera fine ed intelligente, fino ad apprezzare un assassino. Anche in questo Antonio ed Alessandro sono molto convincenti, mentre la regia ha giocato bene le sue carte. Siamo infatti diventati tutti inconsapevoli vittime di questo gioco perverso. La simulazione dell'azione del potere attraverso lo spettacolo ci ha soggiogati, infettati, presi in trappola, portandoci a pensare e ad accettare qualcosa che non ci appartiene, subendo un velato indottrinamento tipico delle dittature. 

Cominciamo ad essere sempre più invischiati in questa situazione, e indifferenti assistiamo al precipitare degli eventi, così come rimangono indifferenti alle richieste di aiuto dello scrittore i cittadini quando urla dalla finestra, Ecco un'altra arma che il potere usa a suo vantaggio: l' indifferenza.

Ancora una volta lo spettacolo, senza accorgercene, ci dimostra come funzionano e inibiscono le dinamiche che soggiogano un popolo, e come queste hanno fatto breccia anche sullo spettatore ignaro.

Il confronto è drammaticamente poetico, efficace e suggestivo, grazie a questi due bravi attori, molto diversi tra loro sia per approccio recitativo che per aspetto. Scelti con cura da Alessio, riesce a sottolineare la loro differenza profonda, evidenziata e rimarcata attraverso i giusti costumi. Anche richieste sono perfette per questo ruolo: Alessandro, di corporatura più esile tipica dell'intellettuale, ci appare nervoso, agitato, impaurito ma anche provocatorio mentre si prepara emotivamente e psicologicamente alla sua divisione con un' escalation ben costruita dall'attore e dal testo .

Antonio sembra gigantesco, apparentemente un bonaccione, racchiude in sé e svela una grande profondità ed umanità visibilmente schiacciata dal suo ruolo e dalle tante uccisioni che porta sulle spalle, che lo hanno indurito.

Due anime dannate: una finirà stanotte la sua lenta agonia, l'altra è condannata a perseverare e convivere con i suoi latenti sensi di colpa.

Due attori che catturano l'attenzione, che ci trascinano in quella scenografia tetra e buia, soffocante e pesante, avida di luce. Ci si aspetta un colpo di scena, o un finale inaspettato, o forse un lieto fine. L'abbraccio del tristo mietitore però incombe…

  

COLLOQUIO NOTTURNO CON UN UOMO DISPREZZATO

con Antonio Conte e Alessandro Giova

Adattamento e Regia di Alessio Pinto

Aiuto Regia di Claudia Onofri

Costumi di Loredana Labellarte

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