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“VIVI O MORTI?”: IL DOVERE DEL DUBBIO IN MERITO A "MORTE CEREBRALE" E TRAPIANTI DI ORGANI.  

By Carlotta Caldonazzo October 13, 2023 364

 

La nuova edizione di Vivi o Morti?, rinnova l’invito a riflettere sul dovere del dubbio, con l’aggiunta di riflessioni e interviste che suscitano interrogativi interessanti sulla questione dell’espianto e della donazione di organi. Una questione che riguarda non solo la bioetica, ma può essere considerata uno spunto per una riflessione generale sul confine tra vita e morte.

Sul concetto di morte cerebrale, infatti, c’è tutt’altro che unanimità, anche all’interno della Chiesa cattolica, che pure sulle questioni bioetiche ostenta spesso sicurezza. Dunque, quando mancano "gli elementi di base necessari (sia quantitativi che qualitativi) per poter comprendere la complessità della questione  sotto tutte le sue numerose sfaccettature”, la posizione più saggia è quella del dubbio. Tanto più su una questione che implica riflessioni sulla “vera natura dell’uomo”, “sui confini tra vita e morte, sul giusto modo di intendere la dignità della persona e sui diritti della persona stessa”. 

Dopo diversi anni dalla pubblicazione della prima edizione, l’autore, Roberto Fantini, ribadisce il presupposto alla base della sua opera: “la convinzione che la stragrandissima maggioranza delle persone (anche di ottimo livello culturale) si trovi totalmente all’oscuro della vera condizione del cosiddetto ‘morto cerebrale’, del fatto, cioè, che esso sia un ‘qualcosa’ (semplice organismo o ancora persona a tutti gli effetti?) assai differente da come siamo abituati a rappresentarci un defunto”. Infatti, spiega l’autore, esso “gode di normale temperatura corporea, ha cuore battente con relativo sangue circolante e polmoni respiranti (anche se, sovente, meccanicamente coadiuvati), si può ammalare e, se curato, è in grado anche di guarire, produce liquido seminale fertile (se di sesso maschile), è in grado di concepire e / o condurre a termine una gravidanza (se di sesso femminile)”. 

Di particolare interesse sono, inoltre, le riflessioni sulla rivoluzione culturale che è alla base della “teoria-prassi dei trapianti”, come la definisce l’autore. Tale rivoluzione consiste nell’aver abbandonato repentinamente come qualcosa di “obsoleto e pre-scientifico” la concezione della morte che aveva prevalso per millenni, ovvero l’esalazione dell’ultimo respiro e la cessazione delle pulsazioni cardiache. Di contro, la Commissione di Harvard ha imposto il paradigma della morte cerebrale, che identifica la morte con la cessazione delle attività cerebrali “oggettivamente registrabili”, indipendentemente dalle funzioni di altre parti dell’organismo, come, ad esempio cuore e polmoni. 

La nuova sezione aggiunta nella seconda edizione di Vivi o Morti?  include gli articoli scritti in questi ultimi anni da Roberto Fantini su tematiche collegate con l’introduzione di tale paradigma, come la fine della vita, i trapianti di organi, e i “risvegli che dovrebbero farci riflettere”. Questi ultimi, infatti, suscitano la questione se sia “scientificamente possibile ottenere certezze incontrovertibili in merito all’irreversibilità di una condizione comatosa”. Inoltre, inducono a chiedersi se sia “scientificamente dimostrabile la totale cancellazione di qualsivoglia forma di coscienza nei pazienti immersi nelle varie condizioni comatose” e, in relazione alla prassi dell’espianto di organi, “fino a che punto possiamo essere certi che coloro che classifichiamo come ‘donatori’ di organi non conservino una loro sensibilità, una loro coscienza che non siamo capaci di riscontrare”. 

In appendice, rispetto alla prima edizione, sono state aggiunte due interviste alla teologa e bioeticista Doyen Nguyen, che l’autore ha conosciuto durante un convegno internazionale della John Paul II Academy for Human life and the Family. Specializzata in medicina ematologica e successivamente laureatasi in Teologia morale, specializzandosi in Bioetica, oggi Nguyen insegna alla Pontificia Università di San Tommaso d’Aquino (Angelicum).

Nella prima intervista, si affronta il tema dei trapianti d’organi e dei dubbi sul momento della morte, poiché i concetti di “morte cerebrale” e “morte a cuore fermo”, utilizzati come paradigmi per stabilire la morte ufficiale di un paziente, spesso non corrispondono alla “morte biologica” di un essere umano. Entrambi i concetti, inoltre, secondo la docente, sono fondati sulla stessa concezione utilitaristica, dal momento che servono a dare il via libera per l’espianto d’organi da un paziente vittima di un grave incidente o affetto da grave disabilità. Di contro, secondo Nguyen, per accertare la morte di qualcuno occorre che si manifestino”determinati segni”, tra i quali figura la caduta della temperatura, di pari passo con la cessazione delle attività metaboliche (è il metabolismo che genera calore, mantenendo la temperatura corporea al di sopra di un certo livello). Inoltre, entro pochi minuti dalla morte, inizia il processo di putrefazione e disintegrazione del corpo, che diventa evidente entro due o tre giorni. Nondimeno, la morte, secondo la docente, è anche un “evento metafisico”, coincidendo con la “separazione dell’anima dal corpo”. A tal proposito, non abbiamo strumenti per rilevare la presenza dell’anima, il che rende impossibile stabilire con certezza il momento esatto della morte, così come è impossibile stabilire il momento esatto del concepimento. Per questo motivo, due papi, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, avevano sollevato perplessità sul concetto di morte cerebrale. Nella seconda intervista, si solleva il dubbio che gli espianti d’organi siano praticati su persone vive, come dimostrano le contrazioni muscolari che si rilevano durante le operazioni. Nella stessa intervista, inoltre, si avanza l’ipotesi che talvolta la morte cerebrale sia “provocata”, in particolare nel caso di “morte cardiaco-circolatoria controllata”. Quando il paziente viene trasportato in sala operatoria, viene staccato dal supporto vitale e, per “alleviare o prevenire il fastidio”, gli vengono somministrati “narcotici e sedativi”. Successivamente, al paziente si inserisce una “cannula femorale” e “la sua pelle viene preparata e coperta”. Quindi, dopo un “breve periodo di osservazione”, l’insorgenza dell’arresto cardio-respiratorio fa sì che il paziente sia  “dichiarato morto”. Nel 25 per cento dei casi, aggiunge Nguyen, “il potenziale donatore è ancora vivo dopo un’ora dalla rimozione del supporto vitale”. Di conseguenza, conclude la docente, sia nel caso della morte cerebrale, sia in quello della morte cardiaco-circolatoria controllata, si tratta di “forme velate di eutanasia progettate primariamente per lo scopo di ottenere organi”. 

 

ROBERTO FANTINI
VIVI O MORTI?
MORTE CEREBRALE E TRAPIANTO DI ORGANI: CERTEZZE VERE E FALSE, DUBBI E INTERROGATIVI
Edizione aggiornata e ampliata
EDIZIONI EFESTO

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