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MARTIN LUTHER KING: GRANDE COMBATTENTE PER I DIRITTI UMANI, MA ANCHE FILOSOFO MORALE E MAESTRO DI NONVIOLENZA

By Roberto Fantini October 24, 2023 526

 

Non possiamo più permetterci di adorare il dio dell’odio o inginocchiarci davanti all’altare della vendetta.” 

 

Sono ben pochi i personaggi che si sono battuti per la causa dei diritti umani che, all’interno dell’immaginario collettivo,  risultino oggetto di un consenso  tanto ampio e trasversale come si verifica nel caso di Martin Luther King: il suo volto luminoso e la sua voce decisa e appassionata rimangono, infatti, vivi  e ben radicati in qualche angolo privilegiato delle nostre anime.

Di lui, un po’ tutti conosciamo gli appassionati discorsi e le tenaci e coraggiose iniziative pubbliche di lotta contro quelli che venivano considerati i grandi mali dell’epoca: razzismo, povertà e guerra.

Molto meno conosciuto è, però, il pensiero filosofico che ha alimentato le sue parole e le sue azioni.

Mio obiettivo  sarà, perciò, quello di presentarne una breve sintesi, al fine di rendere più comprensibile la ricchezza di questo personaggio, nonché più stimolante ed attuale il suo messaggio morale, straordinariamente denso di insegnamenti al contempo politici e religiosi.

 

  • Alla base della sua concezione filosofica, c’è, prima di ogni altra cosa, la convinzione dell’esistenza, all’interno dell’intero universo, di un ordine morale oggettivo immodificabile, espressione di una bontà e di una sapienza di carattere divino.

 

  • Dal pensiero hegeliano gli derivano  due concetti:
  1. “la verità è il tutto”, ovvero il senso delle cose può essere colto soltanto elevandosi dalla dimensione del particolare a quella del globale; b) la crescita passa attraverso la lotta, intesa come dinamica dialettica .

 

  • Dal pensiero kantiano ricava soprattutto il valore sacro ed inviolabile della PERSONA: l’individuo deve essere pensato e trattato come fine in se stesso  e mai ridotto a semplice mezzo.

E sarà proprio tale fermissima convinzione a costituire il centro gravitazionale della sua lotta antisegregazionistica:

 

L’immoralità della segregazione è che essa tratta gli uomini come mezzi piuttosto che come fini e perciò li riduce a cose piuttosto che a persone.

Ma un uomo non è una cosa. Non deve essere trattato come uno “strumento animato”, ma come una persona sacra in se stessa. Fare diversamente è come spersonalizzare la persona potenziale e profanarla in quello che è.”

(Dove stiamo andando: verso il caos o la comunità?, SEI, Torino 1970, pp. 138-140) 

 

  • Da Gandhi ricava la dottrina della nonviolenza vista come “l’unico metodo, moralmente e praticamente valido” per la liberazione degli oppressi.

Fino al momento della  sua scoperta, Martin Luther King  ritiene che i princìpi evangelici del Discorso della montagna abbiano senso solo per quanto concerne i rapporti fra singoli individui. La grandezza di Gandhi starebbe, invece, nell’aver inteso e proposto l’amore come FORZA SOCIALE, come strumento, cioè, per operare un mutamento collettivo.

L’etica della nonviolenza gli appare una felice fusione creativa fra elementi  culturali afroamericani, cristiani e induisti:

l’amore è “il nucleo e il battito del cuore del cosmo”, gli individui non sono stati creati per vivere in solitudine:

TUTTI sono il prossimo.

Gli uomini sono “anime d’infinito valore metafisico” entrate “attraverso la stessa misteriosa porta della nascita umana (… ) nella stessa avventura della vita mortale”:  tutti gli uomini sono interdipendenti. 

 

  • Nella famosa Lettera di Birmingham, scritta durante la sua detenzione (16 aprile 1963), L.K. presenta  quelli che vengono definiti i  SEI ASPETTI FONDAMENTALI DELLA NONVIOLENZA .

 

  1. La nonviolenza non è un metodo per codardi, ma “autentica resistenza”. Il resistente, infatti, aspira costantemente a “persuadere l’avversario che egli è nel torto”.

Si tratta di un  metodo passivo soltanto da un punto di vista fisico, ma fortemente attivo da quello spirituale: “Non è non-resistenza passiva al male, è invece attiva resistenza nonviolenta al male”.

 

  1. La nonviolenza non mira mai ad umiliare l’avversario, ma a conquistare la sua amicizia e comprensione. Noncooperazione e boicottaggio sono mezzi capaci di “svegliare un senso di vergogna morale nell’avversario. Il fine è la redenzione e la riconciliazione. La conseguenza della nonviolenza è la creazione della comunità nell’amore”.

 

  1. L’attacco viene rivolto al male in sé, non alle “persone ingannate dal male”.

 

  1. Disponibilità ad accettare la sofferenza senza vendetta: “la sofferenza non meritata è capace di redimere

 

  1. Rifiuto non soltanto della violenza fisica esterna, ma dell’odio stesso:

Reagire nella stessa maniera non farebbe altro che intensificare l’esistenza dell’odio nell’universo. Lungo il corso della vita, qualcuno deve avere giudizio e moralità sufficienti per troncare la catena dell’odio.”

La via da percorrere è, quindi, quella dell’Amore inteso come comprensione e buona volontà redentrice: AGAPE.

 

Agape  significa il riconoscimento della correlazione sussistente alla base della vita intera:

“Tutta l’umanità è coinvolta in un singolo processo, e tutti gli uomini sono fratelli. Nella misura in cui faccio del male al mio fratello – non importa cosa egli mi stia facendo – faccio del male a me stesso.”

 

  1. La storia dell’umanità è una storia in cammino, sorretta dalla presenza di un Principio divino:

Sia che la chiamiamo processo inconscio, impersonale Brahman, o Essere personale di impareggiabile potenza e infinito amore, c’è una forza creativa in questo universo che lavora per portare gli aspetti sconnessi della realtà in un tutto armonioso.”

 

(da Pellegrinaggio alla nonviolenza, 1958, in Martin Luther King, Lettera dal carcere di Birmingham. Pellegrinaggio alla nonviolenza, Edizioni del Movimento nonviolento, Verona 1993, pp.25-28) 

 

  • L.K., pur nella convinzione che uno solo sia il vero obiettivo a cui tendere, ovvero trovare un’alternativa alla guerra e alla distruzione dell’Umanità, individua TRE PROBLEMI CENTRALI:

RAZZISMO

POVERTA’

GUERRA.
 

Problemi da lui considerati strettamente connessi: la vera sfida è quella di rendere il mondo UNO in termini di fratellanza.

Se, infatti, possiamo considerare ragionevole preoccuparsi del benessere del proprio gruppo o nazione, risulta del tutto irragionevole concentrarsi esclusivamente su questo.

Avendo la realtà una struttura interconnessa, infatti, la strada da seguire non potrà che essere quella della salvaguardia dei diritti umani nella prospettiva della CASA MONDIALE. 

 

  • Spesso King riflette con chiara lucidità sui meriti e i demeriti del pensiero di Karl Marx, mettendo in luce come il marxismo e il comunismo esprimano una volontà di rinnovamento e di alternativa rispetto ai vizi del capitalismo, ma incappino poi in difetti antitetici non meno rilevanti.

La sua proposta è quella di una società in cui esigenze individualistiche e collettivistiche possano confluire in maniera armonica, superando sia discriminazioni e oppressioni socio-economiche, sia misure statolatriche e  liberticide.

La lettura di Marx - scrive -  mi convinse anche che la verità non si trova né nel marxismo né nel capitalismo tradizionale. Ciascuno rappresenta una verità parziale. Storicamente il capitalismo non riuscì a vedere la verità nell’impresa collettiva e il marxismo non riuscì a vederla nell’iniziativa privata. Il capitalismo del XIX secolo non capì che la vita è anche sociale e il marxismo non comprese e ancora non comprende che la vita è anche individuale e personale..”

(Pellegrinaggio alla nonviolenza, pp. 20-21)

 

Quando macchine e computers, moventi dei profitti e diritti di proprietà vengono considerati più importanti delle persone, il gigantesco trio del razzismo, materialismo e militarismo non può essere vinto. Una civiltà può cadere di fronte al fallimento morale e spirituale facilmente come lo può per un fallimento finanziario.

Questa rivoluzione di valori deve andare oltre al capitalismo tradizionale e oltre al comunismo. Dobbiamo, onestamente, ammettere che il capitalismo ha spesso lasciato un abisso fra la ricchezza superflua e l’abbietta povertà, ha creato condizioni da permettere che si togliesse il necessario ai molti per dare il lusso ai pochi, e ha spinto uomini gretti a diventare freddi e senza coscienza (… ).

Il movente del profitto, quando è la sola base di un sistema economico, incoraggia una concorrenza spietata e un’ambizione egoistica che ispira gli uomini ad avere come loro centro l’”io” piuttosto che il “tu”.

Egualmente il comunismo riduce gli uomini a un dente nella ruota dello Stato. Il comunismo può obiettare, dicendo che nella teoria marxista lo Stato è una “realtà ad interim” che finirà quando emergerà una società senza classi. Ciò è vero in teoria; ma è anche vero che, finché dura lo Stato, è il fine. L’uomo è un mezzo per quel fine. Egli non ha diritti inalienabili. I suoi unici diritti sono derivati, e conferiti, dallo Stato. In un simile sistema, la fonte della libertà si inaridisce. Limitate sono le libertà di stampa e di assemblea, la libertà di votare e la libertà di ascoltare e di leggere.

La verità non si trova né nel capitalismo tradizionale, né nel comunismo classico. Ognuno di essi rappresenta una verità parziale.”

 

  • Fondamentale, poi, risulta, nel pensiero di King, la volontà di sottolineare il carattere non irrealistico della battaglia alla miseria.

 L’America, dice - riferendosi alla guerra in corso del Vietnam -  ha tutte le possibilità economiche per un cambiamento di rotta, operando la scelta di smettere di

bruciare degli esseri umani con il napalm, di riempire le case della nostra nazione di orfani e di vedove, di iniettare droghe velenose, di odio nelle vene di popoli normalmente umani, di rimandare a casa, da tristi e sanguinosi campi di battaglia, uomini fisicamente minorati e psicologicamente sconvolti”.

Nulla impedirebbe, infatti, qualora ci fosse una volontà politica adeguata, di rimuovere le cause delle ingiustizie socio-economiche.

Scelta assolutamente prioritaria: smettere di continuare ad incrementare gli investimenti in ambito militare e, conseguentemente, dirottare tali immense risorse a favore di concreti e sostanziali miglioramenti sociali.

 

Non c’è nulla, se non il desiderio di una morte tragica, che ci impedisca di riordinare le nostre priorità, in modo che la ricerca della pace abbia la precedenza sulla ricerca della guerra.

Non c’è nulla che ci impedisca di rimodellare, con le nostre mani ferite, un recalcitrante status quo, finché l’abbiamo trasformato in una fratellanza.”

 

Per poter sconfiggere il comunismo (definito come un severo “giudizio sul nostro fallimento nel realizzare la democrazia”) - afferma King, in un periodo storico avvelenato dallo scontro feroce fra due blocchi ideologici, politici, economici e militari radicalmente contrapposti - occorre eliminare le cause reali che lo hanno fatto nascere e che continuano ad alimentarlo.

 

La risposta non è la guerra.

Il comunismo non sarà mai sconfitto con l’uso delle bombe atomiche o delle armi nucleari. (…)

Non dobbiamo chiamare comunista o pacifista chiunque riconosce che l’odio e l’isterismo non sono le risposte finali ai problemi di questi giorni torbidi. Non dobbiamo impegnarci in un anticomunismo negativo, ma piuttosto in una spinta positiva verso la democrazia, rendendoci conto che la nostra maggiore difesa contro il comunismo è prendere l’offensiva a favore della giustizia e dell’equità.

Dopo aver eloquentemente espresso la nostra condanna della filosofia del comunismo, noi dobbiamo, con un’azione positiva, cercare di rimuovere quelle condizioni di povertà, di insicurezza, di ingiustizia e di discriminazione razziale che sono il fertile suolo in cui cresce e si sviluppa il seme del comunismo.

Il comunismo prospera solo quando le porte delle possibilità sono chiuse e le aspirazioni umane sono soffocate.”

(La forza di amare, SEI, Torino, 1972,  p. 196) 

 

  • E, di fronte all’incubo assillante ed angosciante di un nuovo conflitto mondiale che avrebbe potuto portare l’umanità alla rovina totale, Martin L. King arriverà ad assumere posizioni sempre più forti di denuncia e di rifiuto della cultura delle armi e della corsa agli armamenti, ribadendo che l’unica via percorribile sarebbe dovuta essere quella del disarmo.

 

Che metodo ha usato la sofisticata ingenuità dell’uomo moderno per trattare la paura della guerra?

Ci siamo armati fino all’ennesima potenza. L’Occidente e l’Oriente si sono impegnati in una febbrile gara di armamenti: le spese per la difesa sono salite a proporzioni di montagne, e agli strumenti di distruzione si è data priorità su tutti gli altri sforzi umani. Le nazioni hanno creduto che maggiori armamenti avrebbero eliminato la paura, ma ahimé! essi hanno prodotto una paura più grande. In questi giorni turbolenti, battuti dal panico, noi dobbiamo ricordarci una volta di più le giudiziose parole antiche: “ Il perfetto amore caccia via la paura.”

 Non armi, ma amore, comprensione e buona volontà organizzata possono cacciar via la paura.

Solo il disarmo, basato sulla buona fede, potrà fare della fiducia reciproca una realtà vivente.” (ivi, p. 222)

 

Va oltre ogni immaginazione pensare quante vite potremmo trasformare se dovessimo cessare di uccidere. (…)

Le bombe nel Vietnam esplodono in patria; distruggono le speranze e le possibilità di un’America decente.”

(Dove stiamo andando: verso il caos o la comunità?, pp. 123-4)

 

  • ACCUSE ALLA CHIESA

 

In più circostanze, M. L. King esprime la sua profonda amarezza in merito al comportamento assunto dal mondo cristiano, sia nel passato sia in epoca contemporanea, di fronte alle tante gravissime forme di ingiustizia sociale.

La Chiesa (o, meglio, le Chiese) non ha mai, infatti, perso occasione per condannare  la blasfemia o i peccati legati alla sfera dei piaceri sensuali, ma ha scelto, invece, di restare silenziosa spettatrice o, addirittura, di farsi complice attiva di fenomeni  disumani e criminali quali il razzismo, il militarismo e la povertà.

 

“ … sono stato profondamente deluso - dice - dalla Chiesa bianca e dalle sue autorità. Naturalmente vi sono alcune importanti eccezioni

 (… )

Quando fui improvvisamente catapultato alla guida della “protesta degli autobus” a Montgomery, diversi anni fa, avevo la singolare sensazione che avremmo avuto l’appoggio della Chiesa bianca. Credevo che i pastori bianchi, i preti e  rabbini del Sud sarebbero stati alcuni dei nostri più forti alleati. Invece, alcuni sono stati nostri aperti avversari, rifiutandosi di comprendere il movimento per la libertà e mettendo in cattiva luce i suoi dirigenti, troppi altri sono stati più prudenti che coraggiosi e sono rimasti in silenzio dietro l’anestetizzante sicurezza delle vetrate colorate.

 

 Profondamente deluso, ho pianto sulla fiacchezza della Chiesa. Ma siate certi che le mie lacrime sono state lacrime d’amore. Sì, amo la Chiesa, amo le sue sacre mura; come potrebbe essere diversamente? (… )

Sì, vedo la Chiesa come il corpo di Cristo. Ma come l’abbiamo macchiato e sfregiato quel corpo, con il disinteresse per le questioni sociali e il timore di essere non conformisti!”

(Lettera dal carcere di Birmingham, in  Lettera dal carcere di Birmingham. Pellegrinaggio alla nonviolenza, pp.13-14)

 

In nessun luogo la tragica tendenza al conformismo è più evidente che nella Chiesa, una istituzione che spesso è servita a cristallizzare, conservare e anche benedire i moduli dell’opinione della maggioranza. L’assenso dato in passato dalla Chiesa alla schiavitù, alla segregazione razziale, alla guerra ed allo sfruttamento economico è la prova del fatto che la Chiesa ha prestato orecchio più all’autorità del mondo che all’autorità di Dio. Chiamata ad essere la custode morale della comunità, la Chiesa a volte ha protetto ciò che è immorale e anti-etico; chiamata a combattere le ingiustizie sociali, è rimasta silenziosa dietro i vetri delle finestre; chiamata a guidare gli uomini per la via maestra della fraternità e ad ammonirli a sollevarsi al di sopra degli angusti confini di razza e di classe, ha enunciato e praticato l’esclusivismo razziale.” (La forza di amare, p. 36)

 

La Chiesa viene accusata, quindi, di essere rimasta sconcertantemente silenziosa e di aver “preso spesso parte attiva nel formare e cristallizzare gli schemi del sistema di razza e di casta”. (ivi, p.192)

Colonialismo, apartheid in Sud-Africa, la schiavitù per 250 anni in America, le forme di segregazione e discriminazione ancora esistenti non sarebbero state possibili, infatti, senza la loro legittimazione da parte delle varie Chiese cristiane.

Ma in M. L. King resta viva la speranza che il mondo cristiano possa finalmente mobilitarsi per mettersi alla guida di un nuovo corso di rinascita morale, capace, attraverso la forza dell’empatia, di risanare ferite antiche e di dissolvere odi recenti, favorendo e costruendo una reale prospettiva di affratellamento.

 

La Chiesa – scrive – ha l’opportunità e il dovere di far sentire la propria voce e dichiarare alle genti l’immoralità della segregazione. Deve affermare che ogni vita umana è un riflesso della divinità, e che ogni atto di ingiustizia guasta e mutila l’immagine di Dio nell’uomo. La filosofia che sta alla base della segregazione è diametralmente opposta alla filosofia che sta alla base della nostra eredità giudaico-cristiana, e tutte le dialettiche dei logisti non potranno mai farla coincidere.

Ma le dichiarazioni contro la segregazione, per quanto sincere, non sono sufficienti. La Chiesa deve prendere l’iniziativa nelle riforme sociali. Deve avanzare nell’arena della vita e lottare per la santità degli impegni religiosi.”

(Dove stiamo andando: verso il caos o la comunità?, pp. 140-143)

 

  • Nella speranza che la forza dell’empatia riesca a rinnovare non soltanto la Chiesa, ma l’intera storia politico-economica del nostro pianeta mille volte tradito e mille volte ferito, non possiamo che auspicare, soprattutto nel mondo della scuola (sempre più oggetto di propaganda nazionalista e militarista), una maggiore attenzione e una più ampia ed approfondita conoscenza di Martin Luther King, vero grande maestro di nonviolenza, prezioso e attualissimo filosofo morale.

 

 

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Last modified on Tuesday, 24 October 2023 14:42
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