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“Spotlight” , film del regista americano Tom Mc Carthy, presentato in settembre al 72mo Festival del Cinema di Venezia , fuori concorso, racconta la storia vera di una inchiesta svoltasi in merito agli abusi che i preti cattolici hanno praticato su molti minorenni, a Boston, la città con il più alto numero di cattolici negli Stati Uniti,.
Il film si ispira al Watergate cattolico del 2002: una lunga serie di abusi perpetrati da molti preti su decine di minori a Boston. Un abominio che è andato avanti per decenni, sempre accuratamente nascosto, prima che arrivasse un’inchiesta giornalistica del “ The Boston Globe” a scoperchiare lo scandalo. L’indagine fece vincere al quotidiano il premio Pulitzer di pubblico servizio nel 2003.
Furono scritti più di 600 articoli per raccontare le oltre 1000 violenze subìte dai bambini e mai venute fuori fino allora. Il profilo delle vittime era sempre lo stesso: quasi tutti provenivano da famiglie povere, con padri e madri assenti e tanto disagio. Quello che subirono fu un abuso fisico ma anche spirituale. I bambini erano smarriti e non sapevano a chi rivolgersi , le loro famiglie non erano in grado di comprendere e facevano quello che i preti volevano fosse fatto.
Nel film l’inchiesta è condotta da alcuni intrepidi giornalisti del quotidiano “The Boston Globe”, fortemente determinati a scoprire i segretissimi ed occultati carteggi relativi ai numerosi abusi sessuali perpetrati dai preti cattolici nei confronti di molti minorenni.
I giornalisti, protagonisti assoluti del film sono decisi a rivelare quello che per trent’anni era accaduto nell’omertà generale: la pedofilia tra i preti di Boston e soprattutto lo scandalo della copertura della Chiesa. Un giorno scoprono che anche il direttore di redazione , Walter Robinson, (interpretato da Michael Keaton) aveva già avuto tra le mani materiale che avrebbe potuto far scoppiare il caso anni prima, ma trascurò la cosa. Così come le alte sfere hanno taciuto e le vittime hanno preferito non denunciare.
Questo straordinario gruppo di giornalisti investigativi, aggregati sotto il nome di “Spotlight” riesce a raccogliere prove contro settanta preti pedofili e a dimostrare che da parecchio tempo esisteva la pratica diffusa in base alla quale, quando il vescovo di Boston, Bernard Francis Law, veniva a sapere di denunce fatte dalle famiglie dei ragazzini abusati, patteggiava con i familiari un rimborso, spostava di parrocchia il religioso colpevole, per poi rimetterlo, dopo poco tempo, al suo posto. Senza mai prendere provvedimenti drastici contro il prete pedofilo.
In una città in cui regna il falso perbenismo e in cui si nascondono i misfatti di quelli che dovrebbero essere i portatori della religione cattolica l’inchiesta di qualche giornalista è scomoda per qualcuno ed è un’ impresa veramente ardua che incontra sbarramenti sin dall’inizio: dalle perplessità del capo redazione alle reticenze dell’avvocato che ha trattato tutti i casi. Per non parlare dell’incredulità iniziale della popolazione. I giornalisti infatti si scontrano spesso con numerosi e invisibili ostacoli sociali, politici e burocratici, rappresentati da rinomati avvocati che hanno scelto, sotto scambio di denaro, di nascondere e non denunciare e da familiari che chiudono le porte, impauriti e reticenti.
Per non parlare del cinismo di alti esponenti della Chiesa Cattolica, che, come se niente fosse, fingono che non sia mai successo niente, sprezzanti dei diritti umani e della dignità delle persone che hanno subìto le conseguenze negative dei loro misfatti. Paradossale è anche la loro pretesa di voler insegnare il bene alla comunità.
Tutto parte dalla coraggiosa testimonianza di un giovane che si presenta in redazione deciso a raccontare, finalmente dopo tanti anni, le violenze subìte da bambino, da parte dei preti: fatti che lo avevano disastrosamente scioccato e che lui non aveva mai avuto la forza di raccontare a nessuno. I giornalisti, strabiliati, pensano subito ad un grosso scoop ma contemporaneamente desiderano portare un prezioso servizio alla società, mettendola al corrente dell’esistenza di inquietanti verità.
Dopo la pubblicazione di centinaia di fascicoli colmi di testimonianze di orrori e violenze – anche su bimbi di 10 anni - , nel 2004 il cardinale Bernard Francis Law , arcivescovo di Boston dal 1984 al 2002, fu costretto a dimettersi in seguito allo scandalo per avere sempre fatto insabbiare i fatti e per non aver mai denunciato pubblicamente novanta sacerdoti dei quali quasi sessanta furono costretti poi a lasciare l’incarico. Law venne incredibilmente trasferito a Roma, alla Basilica di Santa Maria Maggiore, da Giovanni Paolo II. E tuttora vive lì indisturbato, a 6437 chilometri dai brutti ricordi.
Non sono mai state erogate delle vere e proprie sanzioni penali, come accade invece per tutti i cittadini che commettono un reato.
“Spotlighi” è un film cinematograficamente molto efficace perchè è sorretto da un cast di attori perfettamente aderenti al ruolo e perché afferma un dato di fatto incontrovertibile: la Chiesa Cattolica, grazie ad alcuni suoi esponenti collocati ai più alti livelli della gerarchia, ha creduto di salvare la fede dei molti nascondendo la perversione di pochi. Ha invece ottenuto l’effetto contrario creando il sospetto nell’opinione pubblica.
Thomas Mc Carthy presenta un film di denuncia, che è anche un omaggio al giornalismo di inchiesta perché vuole riconoscere importanza al giornalismo investigativo. Il film è veloce, d’azione, senza inutili esitazioni, ma essenziale, pregnante e ben costruito. E soprattutto racconta scottanti verità.
Jolanda Dolce
Tra i più interessanti film del 72mo Festival del Cinema di Venezia, è senza dubbio “Marguerite”, del regista francese Xavier Giannoli. E’ interessante perché è romantico senza stancare.
Marguerite Dumont (la bravissima attrice Catherine Frot) è la protagonista assoluta del film, che è ambientato negli anni ’20, periodo delle grandi rivoluzioni culturali e delle ribellioni alle regole.
Elegante, affascinante e ricca signora cinquantenne, Marguerite Dumont vive con il marito (interpretato da Andrè Marcon) in un castello nei pressi di Parigi. Appassionata di musica, Marguerite ama cantare e dedica alla musica ogni sua energia. Ma sfortunatamente non si accorge di essere stonata. Quando canta lo fa con tale passione e con tale comunicativa che sembra un peccato interromperla.
Il marito la ama molto, la capisce e cerca di accontentarla sempre, ma non trova mai il coraggio di dirle che è stonata.
Lei crede così tanto nelle sue doti da non rendersi minimamente conto che non è affatto dotata. Guardando quei suoi occhi grandi, teneri e sognanti, quasi smarriti, nessuno riesce a dirle la verità.
Marguerite tiene concerti nei salotti tra un gruppo di amici e conoscenti che la ascoltano incuriositi e per educazione fingono di apprezzarla e la applaudono. C’è sicuramente una buona componente di ipocrisia dell’ambiente “bon ton”, che preferisce applaudire sorridendo falsamente piuttosto che affrontare una spiacevole verità.
Dopo qualche tempo i cari “amici” si allontaneranno ed escluderanno la coppia Dumont dal loro giro. E, a parte gli apprezzamenti di uno stravagante giornalista, a Marguerite restano solo la stima e l’amore di suo marito. Anche il suo maggiordomo la capisce e la apprezza.
Quando lei decide di prendere lezioni di canto fa disperare il maestro con le sue stonature grottesche. Ma anche il maestro di canto, che vorrebbe detestarla, non trova il coraggio di dirle la verità.
Marguerite non è una persona presuntuosa o piena di sé: è così coinvolta ed allo stesso tempo inconsapevole, quando canta, che fa tenerezza ed è veramente difficile fermarla . Nei suoi concerti lei vive con tanta passione la parte del personaggio che interpreta, si sente un’eroina. E’ generosa, sul palco, vuole “dare” al pubblico qualcosa di bello , ha un fascino enorme. Canta per il pubblico, non per se stessa.
Soltanto con l’ ardito esperimento di registrarla , un giorno, mentre canta, e di incidere un disco da farle poi riascoltare, si arriva alla dura verità. Ma quando lei si riascolta non ci crede: pensa che quella del disco sia un’altra persona. Nel frattempo si ammala di tisi e spesso mentre canta deve fermarsi per un dolore alla gola.
Il giorno del suo ultimo concerto, in un grande teatro, lei promette al marito che canterà per lui. Inizia, come suo solito, stonando, poi guarda il marito nel pubblico e in quel momento dal suo corpo esce una voce bellissima che improvvisamente strabilia ed incanta tutto il pubblico. Ma Marguerite, dopo pochi secondi è costretta a fermarsi in preda ad un forte attacco di tosse. Il concerto si ferma, il marito sale sul palco e lei cade tra le sue braccia come se fosse una vera eroina pucciniana.
Il film è una romantica storia d’amore: amore tra marito e moglie ed amore per la musica. Ma non è melense o scontato, anzi, è del tutto originale nella trama e veloce nella sceneggiatura, con qualche gradevole tocco di humor.
Il regista ha vinto a Venezia il premio Taddei per la capacità di esprimere autentici valori umani con il miglior linguaggio cinematografico.
Discontinuità, varietà e qualità: le tre parole chiave che caratterizzano la decima edizione della Festa del Cinema di Roma, che si svolgerà dal 16 al 24 marzo all’Auditorium Parco della Musica e in altri luoghi della Capitale. Discontinuità rispetto al passato, varietà di proposte, di genere e di provenienza, qualità dei 37 film della Selezione Ufficiale. Un’edizione all’insegna di importanti novità. La prima è la trasformazione del Festival in Festa, com’era nell’idea originale, dando risalto alla scoperta e alla celebrazione del cinema, che torna alla sua autentica essenza: la condivisione, all’interno di uno spazio buio, di un’emozione generata da una narrazione sul grande schermo. Una decisione che vuole essere, come spiega il Direttore Artistico Antonio Monda, una risposta alle osservazioni mosse in questi ultimi anni: la mancanza di identità della rassegna. Una sala in meno, un giorno in meno di programmazione, un budget ridotto e meno film. Sembrerebbe una festa del cinema sottotono rispetto agli anni passati, in realtà il Direttore Artistico ha tenuto a precisare, in conferenza stampa, la volontà di puntare a pellicole eccellenti e di qualità, anche a scapito della passerella sul red carpet o dicendo dei “no” dolorosi.
Altra importante novità è la cancellazione del concorso, delle giurie, delle cerimonie di apertura e chiusura e dei premi, con l’eccezione di quello del pubblico, per sottolineare l’elemento di condivisione popolare, e il premio “Virna Lisi” alla miglior attrice dell’anno. Ogni film sarà così vincitore nel momento stesso in cui viene invitato alla kermesse. Alcuni dei titoli presenti nella Selezione Ufficiale: in apertura Truth di James Vanderbilt, sul controverso rapporto tra giornalismo e politica; l’anteprima di The Walk in 3D di Robert Zemeckis; The Confessions of Thomas Quick di Brian Hill; Eva No Duerme di Pablo Aguero, sul conflitto scaturito dal corpo senza vita di Evita Peròn; dagli Stati Uniti arriva Experimenter di Michael Almereyda; Junun, il film musicale di Paul Thomas Anderson; il documentario francese in 3D Hurricane, su uno degli eventi più devastanti del nostro pianeta, l’uragano atlantico. Non mancheranno ovviamente anche i film italiani: Alaska di Claudio Cupellini, un melodramma estremo e fiammeggiante incalzato dall’interpretazione di Elio Germano; il documentario di Gianni Amelio, Registro di Classe Parte Prima 1900 – 1960, un lungo viaggio per raccontare la storia della scuola dell’obbligo, tra grandi aspettative e profonde delusioni; Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti, con Claudio Santamaria nel ruolo di un pregiudicato di borgata che, entrando in contatto con una sostanza radioattiva, scopre di avere una forza sovraumana; Dobbiamo Parlare di Sergio Rubini, una commedia divertente e tagliente che procede inarrestabile tra colpi di scena che scavano senza pietà nei protagonisti. Infine due serie tv: Fargo – seconda stagione, che sarà trasmessa su Sky Atlantic dal 22 dicembre; l’israeliano Fauda, che racconta la storia da entrambi i punti di vista del conflitto israelo-palestinese.
Cambiata anche la sigla che precede i film, che vedrà una serie di sequenze di scene di festa tratte da celebri pellicole. Altro elemento di discontinuità rispetto al passato sono le anteprime mondiali, europee e soprattutto italiane, grazie anche all’alleanza con il Festival di Londra, con cui si alterneranno le date delle anteprime nelle rispettive città. Nei nove giorni di programmazione saranno presentati: musical, documentari, thriller, melodrammi, commedie, animazioni, film d’azione, serie televisive e opere di ricerca personale. Un altro segno importante di rottura con le precedenti edizioni sarà la divisione dell’evento in tre fasce: i film della Selezione Ufficiale; le retrospettive; una serie di incontri e omaggi ai grandi maestri del cinema contemporaneo e del passato. Le tre retrospettive, curate da Mario Sesti, saranno dedicate ad Antonio Pietrangeli, grande autore italiano troppo spesso dimenticato; Pablo Larraìn, cineasta tra i più significativi dell’attuale panorama internazionale; la Pixar, una delle realtà più importanti e rivoluzionarie degli ultimi anni. Gli incontri, organizzati ogni sera nelle sale dell’Auditorium, vedranno salire sul palco alcune grandi personalità del mondo dell’arte, dello spettacolo e della cultura che racconteranno l’influenza del cinema nelle loro vite. Tra i protagonisti degli incontri: Jude Law, Wes Anderson e Donna Tartt, William Friedkin e Dario Argento, Paolo Sorrentino con la proiezione, durante l’ultima serata, de “La Grande Bellezza”, con quaranta minuti di scene inedite. E ancora, Carlo Verdone e Paola Cortellesi, Renzo Piano che illustrerà il rapporto tra architettura e cinema, Riccardo Muti e Paolo Villaggio con la proiezione della versione restaurata di Fantozzi. Il programma della decima edizione rende inoltre omaggio, attraverso anteprime, proiezioni, restauri, dibattiti ed eventi, ad alcune figure chiave della storia del cinema italiano e internazionale, tra cui: Ettore Scola, con la proiezione de “La terrazza” in versione restaurata; Paolo e Vittorio Taviani; Francesco Rosi, Ingrid Bergman, Luis Buñuel e Stanley Kubrick. Infine, Ricordando Pasolini: a quarant’anni dalla scomparsa la Festa del Cinema ricorda con una serie di eventi il più importante e controverso intellettuale, poeta e regista dell’Italia del dopoguerra.
La Festa coinvolgerà, oltre l’Auditorium, diversi punti della città e alcune tra le più prestigiose Istituzioni, come il MAXXI e la Casa del Cinema.
In contemporanea con la Festa del Cinema di Roma, dal 16 al 20 ottobre, si svolgerà MIA, il nuovo Mercato Internazionale dell’Audiovisivo, diretto da Lucia Milazzotto. Per la prima volta in Italia, un Mercato si occuperà di tutti i segmenti del prodotto audiovisivo: cinema, tv series, documentari, videogiochi.
Nel manifesto della Festa del Cinema di Roma, la grazia, la bellezza e l’eleganza di una delle più grandi attrici italiane e internazionali: Virna Lisi.
Il 10 Settembre si sono accesi i riflettori sulla 40esima edizione del Toronto Film Festival, la grande kermesse internazionale sul cinema. Prosegue fino al 20 settembre con una ricca programmazione, che spazia da grandi produzioni a film indipendenti, con oltre trecento lungometraggi, di cui ben sette italiani: Sangue del mio sanguedi Marco Bellocchio, Youthdi Paolo Sorrentino, L’attesa di Piero Messina,Mia madredi Nanni Moretti, Bella e perdutadi Pietro Marcello, Louisianadi Roberto Minervini e Exit/Entrance or Trasumanardi Federica Foglia.
La nuova edizione è iniziata con un colpo di scena: il ritorno sul grande schermo del re dei documentari, Michael Moore. Dopo Bowling a Columbine, Capitalism – A Love Story e il campione di incassi Fahrenheit 9/11, il regista e autore premio Oscar torna a far parlare di sé con un nuovo documentario, cui ha lavorato in gran segreto dal 2009: Where to invade next. La costante ricerca di un nemico da combattere che mantenga e alimenti l’industria bellica americana, ha spinto Moore a dedicarsi a questo nuovo progetto, da lui stesso definito “epico”. Where to invade nextè un’aspra critica alla politica estera americana, perennemente e opportunisticamente orientata al conflitto: se il nemico non c’è, bisogna inventarlo. Il regista, con il suo stile inconfondibile e il suo graffiante sarcasmo, si appresta a invadere il Mondo per conto dell’America, prima fra tutti l’Europa. Si tratta però di un’invasione atipica, volta alla conoscenza di quello che si ritiene essere il “nemico”. È un’indagine sulla quotidianità, sulle contraddizioni e sulle usanze dei vari Paesi. Nonostante i tempi difficili, lancia un messaggio positivo: basta problemi, è arrivato il momento di trovare soluzioni. Girato in tre continenti, Moore viaggia portando con sé la bandiera americana che puntualmente pianta in ogni luogo in cui si reca, nella disperata ricerca del cosiddetto “american dream”. Una “commedia” provocatoria in cui si racconta l’America, stavolta però uscendo dal suo territorio e osservando gli altri Paesi, che da “nemici” diventano fonte di crescita e arricchimento.
Quello di Moore è un cinema di inchiesta e di denuncia, con importanti messaggi sociali conditi da una buona dose di ironia.
Il documentario, della durata di due ore, sarà proiettato a ottobre durante il New York Film Festival. Non è stata ancora resa nota la data di uscita nelle sale cinematografiche, che si vocifera essere entro la fine dell’anno. Chissà che questa nuova pellicola non porti a Michael Moore anche un altro Oscar.
“Looking for Grace” , film in Concorso della regista australiana Sue Brooks, è il viaggio di due genitori in cerca della loro figlia, un po’ scapestrata, che si è allontanata da casa all’improvviso. Grace, la protagonista inquieta , è interpretata da Odessa Young, giovane attrice che compare anche nel cast del film “The daughter”, di Simone Stone ( presente alla Mostra nella sezione “Giornate degli Autori”). Carina, ma di una bellezza molto standard, ha sfilato sul red carpet i primi giorni della Mostra . Il film racconta la storia di una ragazzina sedicenne che decide di partire,insieme alla sua amica, per raggiungere la città dove si terrà un concerto della sua band preferita. E lascia ai suoi genitori soltanto un enigmatico biglietto. Durante il viaggio Grace fa di tutto per fare conoscenza con un ragazzo carino , che vede sul pullman. Le intemperanze di Grace scoraggiano l’amica, che, a metà viaggio, decide di tornare indietro. E l’avventuretta che Grace ha con il bel ragazzo si dimostrerà deludente. Nel frattempo i suoi genitori – Dan (Richard Roxburgh) e Denise (Radha Mitchell) - si mettono in cerca di lei, in auto, per le strade deserte australiane. Il contesto dei luoghi non è mai ben chiaro ed inoltre la tecnica di scomporre i tempi, e sovrapporre passato e futuro, già trita, ha reso il film sconclusionato ed incomprensibile, oltre che frammentario. Il film si perde nella descrizione di tutti i personaggi, e questo distoglie lo spettatore dall’azione principale.
Poi, per giustificarne la “drammaticità” la regista ha inventato che alla fine la madre di Grace finisce all’improvviso sotto un camion. Il marito e la figlia Grace, attoniti, assistono alla scena con una tiepida espressione di distacco. Reale , surreale o insignificante?
“Beasts of non nation” (“Bestie senza una patria”) è un film in concorso del regista statunitense Cary Fukunaga, basato sul libro “Bestie senza una patria”, di Iweala Uzodinma. Il tema è quello dei bambini che vengono addestrati alla guerra. In un paese dell’Africa, non ben definito, scoppia una guerra civile. Il protagonista è Agu (Abraham Attah), un bambino che, dopo la distruzione del suo villaggio, erra, disperato, provato dalla fame, e terrorizzato dalla violenza, e finisce per arruolarsi con i mercenari guidati da un brutale comandante (interpretato da Idris Elba). Agu è costretto, per sopravvivere, ad assistere ad ogni tipo di atrocità e ad uccidere nei modi peggiori. L’argomento, che rappresenta una cruda e risaputa realtà di certi paesi, è stato già più volte trattato, e nel caso di questo film, non si vede nulla di nuovo.
“Winter on fire”, del regista russo Evgeny Afineevsky, presentato nella sezione “Fuori Concorso”, è un documentario, ma più una cronaca, sui novantatre giorni che hanno sconvolto l’Ucraina tra il 2013 e il 2014: la sanguinosa rivolta per i diritti civili svoltasi nella centrale Piazza Maidan di Kiev, la lunga e ostinata protesta popolare contro il presidente Viktor Janukovic. Una storia vera che cattura l’attenzione dello spettatore fino all’ultimo minuto, senza mai cedere in momenti di lentezza o di opacità.
Il giovane regista ha spiegato che non si sono potute ottenere le migliori inquadrature, perché l’obiettivo principale era quello di registrare in diretta scene scioccanti come i violenti attacchi della polizia contro i civili disarmati, e contemporaneamente scene che dimostravano quanto il popolo ucraino, fiero di essere tale, stesse cambiando definitivamente il Paese. E’ fantastico vedere così tanta gente, così unita e così determinata, disposta a soffrire per novantatre giorni consecutivi , a resistere al gelido inverno e ai soprusi della polizia, per un ideale di patria e di paese libero e moderno. Un documento imperdibile che passerà alla storia e che è importante conoscere. Bellissimi commenti musicali.
Jolanda Dolce
Dopo il grande successo del debutto nel 2013 al Théâtre du Châtelet di Parigi, arriva al Teatro dell’Opera di Roma in Prima Nazionale: I was Looking at the Ceiling and Then I Saw the Sky (Stavo guardando il soffitto e all’improvviso ho visto il cielo), “song play” in due atti del noto compositore statunitense vincitore del Premio Pulitzer, John Adams, su libretto di June Jordan. Un’opera rock contemporanea con tre tastiere, chitarra e basso elettrico, sax, clarinetto e batteria, composta da elementi dell’Orchestra del Teatro dell’Opera e diretta dal Maestro australiano Alexander Briger, con la regia di Giorgio Barberio Corsetti. Uno spettacolo brillante dalla raffinata
Giorgio Barberio Corsetti |
originalità in cui confluiscono differenti generi musicali, dal rock al jazz, passando in rassegna Stan Getz, Miles Davis, John Coltrane, Pink Floyd e Michael Jackson, in linea con lo stile complesso di Adams che “misura la potenza espressiva e l’autenticità paradossale delle musiche commerciali”.
“I was Looking at the Ceiling and Then I Saw the Sky – spiega il compositore Adams – è la frase pronunciata da uno dei sopravvissuti al terremoto di Northridge del 1994, una catastrofe che ha devastato un’ampia parte del nord di Los Angeles. La lesse il librettista June Jordan sul Los Angeles Times e mi offrì il titolo perfetto per quello che volevo fosse uno spettacolo stile Broadway”.
Definito “un dramma sullo sfondo di un cielo blu”, racconta l’intensa e commovente storia di sette giovani ventenni di Los Angeles, diversi per etnia ed estrazione sociale, le cui vite cambieranno radicalmente all’indomani del devastante terremoto. Sette giovani adulti che si interrogano sull’amore e sul senso della vita, tra desideri, pulsioni e paure vengono affrontati temi molto attuali come il
John Adams |
conflitto razziale, i rapporti con la polizia e l’autorità, la persecuzione degli immigrati e l’identità sessuale. “Sulla scena saranno presenti quattro parallelepipedi – afferma il regista Giorgio Barberio Corsetti - come fossero quadri in movimento raffiguranti luoghi e città in cui confluiscono le aspirazioni dei vari personaggi, che si sviluppano con dinamismo e in sintonia con le parole e la musica”. Interpreti internazionali per questa avvincente storia d’amore “polifonica” dallo stile shakespeariano: Daniel Keeling (Dewain); Jeanine De Bique (Consuelo); Joel O’Cangha (David); Janinah Burnett (Leila); Grant Doyle (Mike); Patrick Jeremy (Rick); Wallis Giunta (Tiffany).
I was Looking at the Ceiling and Then I Saw the Sky sarà al Teatro dell’Opera di Roma dall’11 al 17 Settembre 2015.
Maggiori informazioni su www.operaroma.it
La Mostra del Cinema quest’anno si apre il 2 settembre e si concluderà il 12. In programma 21 film in Concorso, 16 Fuori Concorso e 18 nella sezione “Orizzonti”. Le opere prime sono 23, di cui due di registi italiani: Piero Messina, con il film “L’attesa” (in Concorso) e Alberto Caviglia con “Pecore in erba” (sezione Orizzonti). I film italiani in Concorso sono 4: “Sangue del mio sangue”, di Marco Bellocchio (vincitore del Leone d’oro alla Carriera e del Premio Speciale della Giuria), “Per amor vostro”, di Giuseppe M. Gaudino, “A bigger splash”, di Luca Guadagnino e “L’attesa”, di Piero Messina.
Le sale di proiezione, le tecnologie e la logistica sono state rinnovate, e lo spazio adiacente al Casinò è stato migliorato con una nuova comoda struttura che permette di raggiungere più velocemente tutti i punti principali del villaggio.
Film di apertura è ” Everest” , del regista islandese Baltasar Kormàkur. La pellicola, che fa parte della sezione “fuori concorso”, è prodotta in Gran Bretagna e racconta la storia vera di due spedizioni di scalatori intenzionati a sfidare la montagna più alta del modo. Attingendo alle varie memorie dei sopravvissuti, il regista ricostruisce i fatti riguardanti due spedizioni del 1996 che non ebbero la fortuna sperata perché molti di loro furono travolti da una violenta ed improvvisa bufera.
La tensione e l’emozione sono sempre alti, anche per il merito del 3D, che ravvicina le maestose creste innevate e le imponenti stalagmiti di un paesaggio mozzafiato. L’entusiasmo, la passione e il coraggio dei protagonisti si trasformeranno poi in una strenua lotta per la sopravvivenza. E qualcuno non ce la farà.
Il regista ha voluto girare il film senza troppi effetti speciali e la scelta è stata ottima perché tutte le scene sono già cariche di emotività. Girato in parte in Nepal ed in parte in Alto Adige (le bellissime Dolomiti della Val Senales), il film riesce a ricreare le ovattate atmosfere dell’altitudine: l’aria rarefatta, i crepacci, i precipizi profondissimi. Gli attori principali sono: Jason Clarke (nella parte di Rob Hall, capo spedizione), Jake Gyllenhaal (nella parte di Scott Fischer, altro capo spedizione), Josh Brolin (Beck Weathers), John Hawkes (Doug Hansen). Nonostante l’avventura presenti diversi ostacoli, la gioia degli scalatori non viene mai meno e il senso del gruppo si fa sempre più forte. Ma sulla via del ritorno una catastrofica tempesta di neve ed una roboante valanga provocano un lungo fragore assordante mescolandosi alle urla degli scalatori travolti. E poi il silenzio: la neve ricopre tutto. Avvincente, avventuroso, emozionante. Gli attori tutti molto bravi e il film non manca dell’effetto thriller.
Apre la sezione Orizzonti il film messicano “Un monstruo de mil cabezas” (Un mostro dalle mille teste), del regista Rodrigo Plà. E’ un adattamento del romanzo di Laura Santullo e racconta la storia di una donna che è costretta ad affrontare numerose peripezie contro una compagnia assicurativa negligente e corrotta, per ottenere una cura vitale per suo marito, malato terminale di cancro. Il film, lontano da ogni intento patetico, ma veloce, intrigante e con una buona dose di suspence, è interpretato dall’attrice Jana Raluy (nella parte della protagonista Sonia Bonet). Praticamente è lei la figura portante della storia, una donna che viene esasperata dalle infinite complicazioni burocratiche che le crea la compagnia che assicurava le spese per la salute di suo marito. Praticamente la compagnia non intende pagare alcun risarcimento: anzi, Sonia scopre che la dirigenza seguiva la strategia di eliminare senza scrupoli una certa percentuale di polizze dal diritto di risarcimento. Disperata per il peggioramento della malattia del marito, Sonia si chiede per quale motivo il medico dell’assicurazione non prescrive una cura più efficace (e probabilmente più costosa) e non si fa mai trovare, e perché è impossibile ottenere un appuntamento. Ma Sonia, con decisa ostinazione e con una pistola tra le mani, è disposta a cercare e rincorrere a tutti i costi i responsabili di queste negligenze, che hanno praticamente portato suo marito vicino alla morte. Tutto diventa una sfiancante corsa contro il tempo, e Sonia, con estrema determinazione, riesce a farsi consegnare i documenti che le servono per fare causa alla compagnia assicurativa. Ma il “mostro” non ha una sola testa, ne ha … mille, ed una ennesima complicazione dell’ultimo minuto, creata da una socia proprietaria della compagnia, attira la polizia. Sonia, ferita nella sparatoria, finisce in ospedale e quando si riprende non trova più la sua cartellina dove teneva tutti i preziosi documenti. Morale? Vince il male. La sopraffazione delle grosse società nei confronti della gente comune è una cosa molto frequente ed abominevole, soprattutto se si tratta della vita di una persona. Ottima l’interpretazione di Jana Raluy, protagonista che si presenta dignitosa nella sua presenza ma semplice e con poco trucco in viso, preoccupata solo della vita di suo marito e di scoprire le ingiustizie. In molti punti il regista sceglie di non far vedere allo spettatore la scena in sé ma di farla immaginare attraverso un ambiente esterno. Ed il risultato è molto interessante e ben riuscito. L’espressività degli attori è grande, ma è avvincente anche il solo sentire le parole, senza vedere la scena. Film da non perdere.
Jolanda Dolce
Attrice di origini marchigiane, da anni impegnata nel sociale, Chiara Pavoni spazia dal teatro al cinema, dalla televisione alla fotografia come modella, con disinvoltura e professionalità. Dopo un percorso iniziale nella danza studia recitazione, canto e percussioni fino a diventare un’icona del cinema thriller. Da oltre un anno è in scena con un monologo contro la violenza sulle donne “Tragicamente rosso”, diretto da Giuseppe Lorin e sta lavorando a nuovi progetti rivolti a sensibilizzare l’opinione pubblica.
Dare voce ad una tematica come il femminicidio attraverso il teatro che cosa comporta nel panorama culturale attuale?
“Nonostante la sempre più evidente espansione di altre forme di comunicazione che hanno generato i media cine-televisivi e l’universo del web, un immenso mare di immagini e messaggi in cui spesso si perde la concretezza e l’emozione artistica, il teatro ha un ruolo ancora molto importante nella società, poiché è tuttora in grado di suggestionare ed plasmare emotivamente ogni anima del pubblico.”
Come viene recepita la violenza dagli spettatori?
“In questo anno in cui le repliche di Tragicamente Rosso si sono susseguite in giro per l’Italia grazie alla bellezza del testo e alla sapiente regia di Giuseppe Lorin ho avuto la possibilità di raccontare una storia verosimile e toccante che sempre ha raggiunto l’anima degli spettatori facendoli commuovere e riflettere su questo tema tanto tragico, scottante e attuale.”
Il mondo femminile raccontato attraverso l’arte. Saranno sempre le donne al centro dei tuoi prossimi spettacoli? Qualche anticipazione.
“Prevalentemente mi piace raccontare attraverso il teatro il mondo femminile e nei prossimi mesi continuerò a portare in scena storie di donne, ad ottobre sarò ospite del Premio Italia Diritti Umani della Free Lance International Press e avrò modo di dare voce con l’arte a tematiche delicate, come la violenza e i diritti negati. Continueremo a girare l’Italia con Tragicamente rosso e chissà magari arriveremo anche ad Ischia!”
Michela Zanarella
Dal 5 a l16 agosto si svolgerà la 68esima edizione del Festival di Locarno, con un ricco programma di film indipendenti e pellicole d’autore.La rassegna del Canton Ticino vede la presenza di critici, addetti ai lavori e pubblico nella splendida cornice di Piazza Grande, trasformata per l’occasione in una delle sale proiezioni più grandi del mondo, con uno schermo di 26 metri di lunghezza, 14 di altezza e 8.000 posti in platea.
La figura femminile e le relazioni familiari, sono alcuni dei temi toccati nell’ambito della nuova edizione del Festival svizzero. Duecentocinquanta le opere proposte, tra cui molte anteprime, per una manifestazione ‘eclettica’, come l’ha definita lo stesso direttore artistico, Carlo Chatrian.
In apertura, la proiezione della pellicola di Jonathan Demme Dove eravamo rimasti (Ricki and The Flash), con un’inedita Meryl Streep nei panni di una rock star, nelle sale a partire dal 10 settembre. Presente alla serata l’istrionico Edward Norton che riceverà l’Excellence Award.
Diciotto lavori parteciperanno alconcorso internazionale, tra cui: Cosmos di Andrzej Zulawski; Right Now, Wrong Then del sudcoreano Hong Sang-soo; Chevalier della greca Athina Rachel Tsangari; No Home Movie della belga Chantal Akerman;The Sky Trembles and the Earth Is Afraid and the Two Eyes Are Not Brothers dell’ inglese Ben Rivers; la pellicola-favola dal sapore pasoliniano Bella e perduta di Pietro Marcello; Southpaw di Antoine Fuquacon Jake Gyllenhaal; Amnesia di Barbet Schroeder.
Tra i film italiani fuori concorso: Genitori di Alberto Fasulo, I sogni del lago salato di Andrea Segre e Romeo e Giulietta di Massimo Coppola. E ancora, sventolano bandiera italiana: il documentario L'infinita fabbrica del duomodi Martina Parenti e Massimo D'Anolfi, e Pastorale cilentana di Mario Martone, tra le proiezioni della sezione 'Piazza grande'.
Il regista Marco Bellocchio e il regista, sceneggiatore e produttore statunitense Michael Cimino riceveranno il Pardo d’onore.
Tra gli altri premiati: il montatore e “sound designer” Walter Murch, già vincitore di 3 premi Oscar, a cui verrà assegnato il Vision Award-NescensIl; l'attrice francese Bulle Ogier e Marlen Khutsiev che riceveranno il Pardo alla carriera; infine il Leopard Club Award all’attore Andy Garcia.
Il laboratorio Open Doors, di coproduzione del Festival, dedicato quest’anno a quattro Paesi del Magreb, Algeria, Marocco, Libia e Tunisia, darà l’opportunità ai registi e produttori dei 12 progetti prescelti di presentare i loro lavori a potenziali partner.
Ricki and The Flash
“Quando ho pensato di dedicare questa edizione de L’Isola del Cinema al tema della Luce, naturalmente avevo in mente l’invenzione dei Fratelli Lumière di 120 anni fa…quei fratelli che avevano nel loro nome un destino legato alla Luce”. Così Giorgio Ginori, direttore artistico dell’Isola del Cinema, ha introdotto la XXI edizione della manifestazione sul cinema intitolata: “L’Ile Lumière”. Dal cuore di Roma al mondo e ritorno, su un palcoscenico di inestimabili emozioni, l’Isola Tiberina, Patrimonio Artistico dell’Umanità, sarà una ribalta di cinema e creatività: un’Isola della Luce, rievocando appunto i due fratelli che diedero vita a questa straordinaria forma d’arte, e in virtù del fatto che il 2015 è stato proclamato dall’Unesco “Anno internazionale della Luce e delle tecnologie basate sulla Luce”. L’Isola Tiberina si trasformerà in un grande set cinematografico per accogliere, come ogni anno, film, registi, produttori, attrici, attori e autori, contenitore di tutti i mestieri della Settima Arte, tra eventi speciali, proiezioni, incontri e dibattiti.
Appassionatamente italiana, ma pronta a confrontarsi con gli altri Paesi per favorire e sviluppare un rapporto di scambio culturale e cinematografico, il Festival aprirà una finestra sulle capitali e periferie del mondo, alla presenza di molti artisti e personalità illustri.
La nuova edizione sarà arricchita dalla collaborazione con l’Istituto Luce-Cinecittà, come afferma alla conferenza stampa il Presidente e Amministratore delegato dell’istituto Luce, Roberto Cicutto: “E’ così che in questa edizione portiamo tanto del nostro patrimonio: filmati e fotografie d’Archivio, film classici e recenti, documentari e videoinstallazioni. Per tre mesi il pubblico vedrà molto dei nostri 90 anni di storia, con l’obiettivo puntato al cuore della città e alla sua memoria, e contemporaneamente all’internazionalità del nostro cinema. Presenza coerente – conclude – con il nostro progetto di creare un ‘museo diffuso’ della storia audiovisiva d’Italia: un viaggio fra grandi mostre e piccoli centri che trova un ottimo approdo nell’Isola Tiberina”. Presente alla conferenza stampa anche Mario Sesti, responsabile di Cityfest – Progetti Speciali, che ha dichiarato: “La Fondazione Cinema, che quest’anno ha dato luce a Cityfest, una sorta di festa del cinema 2.0, ovvero un programma di attività che animano tutto l’anno l’intero territorio metropolitano, è felice di poter collaborare con l’Isola del Cinema da anni punto di riferimento per gli amanti della Settima Arte”.
Tanti gli eventi e le iniziative che illumineranno le rive del Tevere.
Dal 2 Luglio al 3 settembre si svolgerà, nell’ambito della kermesse, il Festival Isola Mondo: una sezione interamente dedicata alla cinematografia internazionale, realizzata in collaborazione con le Ambasciate, gli Istituti di Cultura presenti a Roma, e con il supporto delle distribuzioni di tutto il mondo. Viene così proposta una selezione di film dei Paesi partecipanti, con un’attenzione particolare alle nuove correnti cinematografiche e la particolarità di proporre anche pellicole non distribuite sul territorio nazionale. Le serate sono arricchite da spettacoli della tradizione o contemporanei, arti performative e percorsi enogastronomici.
Dal 28 Giugno, ogni domenica, L’Isola del Cinema presenta il Concorso Groupama Assicurazioni – Opere Prime e Seconde: una selezione delle migliori opere dell’ultima stagione cinematografica nazionale. Una giuria di esperti decreterà il vincitore che riceverà il Premio Groupama Assicurazioni Opere Prime e Seconde, il 29 Luglio nella Sala Arena.
Torna anche l’atteso appuntamento con il concorso di cortometraggi dedicato a Roma: Mamma Roma e i suoi Quartieri 2015. Dopo il successo delle passate edizioni, L’Isola del Cinema, in collaborazione con Maiora Film e con il Patrocinio di Assessorato Scuola, Sport, Politiche Giovanili e Partecipazione e di Biblioteche di Roma, presenta la quarta edizione del concorso che ha come tema centrale i quartieri di Roma, luoghi di narrazione e fonti inesauribili di ispirazione per i grandi Maestri del cinema italiano e internazionale, tra cui Pasolini, Fellini, De Sica e Monicelli.
Novità di quest’anno è “Il Cinema Inventato”: un film collettivo nel quale ogni partecipante riceverà 120 metri di pellicola super 16mm per realizzare un cortometraggio, con una tecnica simile a quella usata in occasione dell’invenzione del cinema. Tra gli autori invitati a partecipare: Valerio Mastandrea, Claudio Noce, Paola Randi, Aureliano Amadei, Davide Marengo, Ivano Di Matteo, Claudio Giovannesi, Libero De Rienzo.
L’abbinamento cinema e promozione del territorio, sancito dalla stretta collaborazione tra l’APT della Basilicata e la Lucana Film Commission, è alla base della presenza, per il quinto anno consecutivo, del format “Basilicata terra di cinema” . A soli due anni dalla nascita della Lucana Film Commission, la Basilicata si inserisce tra i territori italiani di maggior interesse per le produzioni italiane e internazionali con pellicole come “Noi e la Giulia” di Edorado Leo, “Tre tocchi” di Marco Risi e il kolossal “Ben Hur”.
Torna anche l’appuntamento con la poesia: dal 4 luglio, ogni sabato, Agostino Raff conduce il gruppo di poeti emergenti che leggono i propri versi all’interno dello spazio Luce.
Tra gli eventi speciali, il 2 Luglio, una serata di gala, organizzata in collaborazione con l’Istituto Luce, che unirà Francia e Italia. Si potrà assistere alla proiezione del film “La Famiglia” di Ettore Scola, interpretato da Fanny Ardant, entrambi protagonisti della serata, insieme a diverse personalità del mondo del cinema e della cultura.
Teatro Eliseo E’. Una “E” maiuscola per il Teatro Eliseo e una “e” minuscola per il Piccolo Eliseo, sono i brand scelti per inaugurare la riapertura della sede storica di via Nazionale. Un messaggio di grande impatto che vuole trasmettere il concetto di un’identità importante, portavoce di integrità, di vita, di positività, di fiducia nei confronti di un ambizioso progetto culturale che va oltre l’idea tradizionale di teatro. Con queste premesse riapre il sipario del Teatro Eliseo con una stagione ricca di interessanti novità. Deus ex machina di questa radicale trasformazione e rinascita, sull’onda di un’incisiva ottimizzazione, è Luca Barbereschi: “farò del Teatro Eliseo il nuovo Beaubourg italiano”. Con queste parole il neo Direttore Artistico lancia la sua nuova sfida. Prima scommessa è recuperare e riconsegnare alla città il suo teatro per renderlo polo d’eccellenza, nucleo pulsante del territorio, che da sempre rappresenta la memoria depositaria di un elevato valore culturale.
Gettate così le fondamenta per instaurare un rapporto sinergico teso ad ampliare il più possibile le offerte culturali, scientifiche e d’intrattenimento, nell’ambito di un contesto che privilegia l’interazione sociale, grazie anche ai tredici progetti speciali che affiancheranno il programma della prima stagione. Il nuovo assetto del teatro vuole diventare un punto vitale di ritrovo aperto a tutti, con la possibilità di usufruire anche di spazi d’accoglienza e servizi di ristorazione. Cuore pulsante dell’attività è rappresentata dalla stagione teatrale 2015/2016 di entrambe le sale, Eliseo e Piccolo Eliseo.
Le proposte in cartellone accendono i riflettori sulla contemporaneità senza dimenticare il confronto con i classici. L’approccio del nuovo Teatro Eliseo vuole richiamare i modelli europei e internazionali: “Si tratta di un progetto innovativo per la città, un percorso inedito – afferma Luca Barbareschi - che porterà finalmente Roma verso una concezione europea delle arti sceniche, simile a quella delle grandi capitali europee”. Quindi, come ha evidenziato il Direttore Artistico, l’Eliseo diverrà una realtà senza confini, una fabbrica di idee, officina e luogo di vita, promuovendo e valorizzando le collaborazione e le sinergie con gli altri Teatri, l’unione e la condivisione di risorse artistiche e finanziarie, per arrivare alla produzione di eccellenze in ambito nazionale e internazionale, che mira ad un’offerta teatrale e culturale degna di una Capitale. “Eliseo multimediale – conclude Barbareschi – con il supporto delle nuove tecnologie che permetteranno di trasmettere gli spettacoli sui canali satellitari e produrre direttamente non solo teatro, ma anche cinema e televisione”.
Il programma prevede ventiquattro spettacoli tra Eliseo e Piccolo Eliseo e quattro progetti speciali, con particolare riguardo alla scelta dei testi drammaturgici che spaziano tra tradizione e presente con autori, come: Rajiv Joseph, Luca De Bei, Anton Cechov, Vittorio Franceschi, Harold Pinter, Luca Barbereschi, Luigi Pirandello, Nicola Piovani, Arthur Schnitzler, Charlie Chaplin, William Shakespeare, Stefano Bollani e Valentina Cenni , David Mamet, Anthony Burgess, Paolo Sorrentino, Claudio Fava, Gianni Borgna, Massimo Carlotto, Alessandro Bardani e Luigi Di Capua, Dorine Hollier, Neil LaBute, Giorgio Gaber e Sandro Luporini, Gustave Flaubert, Giovanni Testori, Gabriele Vacis, Fausto Paravidino, Gabriele Di Luca, Agota Kristof. Inaugurerà la stagione, in prima assoluta italiana, il testo del commediografo americano, finalista al premio Pulitzer, “Una tigre del Bengala allo zoo di Baghdad”: un gioco surreale condito da un umorismo noir sulla follia e la violenza umana. Si continua con: “Tempeste solari” di Luca De Bei, che firma anche la regia, e con Ugo Pagliai; “Ivanov” regia di Filippo Dini; “Grand Guignol all’italiana” con Lunetta Savino per la regia di Alessandro D’Alatri; “Tradimenti” con Ambra Angiolini per la regia di Michele Placido; “Cercando segnali d’amore nell’universo” di e con Luca Barbareschi; “Sei personaggi in cerca d’autore” con Gabriele Lavia in veste anche di regista; “Viaggi di Ulisse”, di e con Nicola Piovani; “Scandalo” con Franco Castellano e Stefania Rocca, per la regia di Franco Però; “Il grande dittatore” con Massimo Venturiello e Tosca; “La dodicesima notte” con l’interpretazione e la regia di Carlo Cecchi; “La Regina Dada” di e con Stefano Bollani e Valentina Cenni; “China Doll”, in prima nazionale, con Eros Pagni per la regia di Alessandro D’Alatri; “Arancia Meccanica” per la regia di Gabriele Russo. Particolarmente interessante anche il cartellone del Piccolo Eliseo con: “Hanno tutti ragione”, regista e interprete Iaia Forte; Mar Del Plata, in prima nazionale, con la regia di Giuseppe Marini; “Una giovinezza enormemente giovane”, ispirato ai testi di Pier Paolo Pasolini, con Roberto Herlitzka e la regia di Antonio Calenda; “Niente, più niente al mondo” con Crescenza Guarnieri per la regia di Nicola Pistoia; “Il più bel secolo della mia vita” regia di Alessandro Bardani e Luigi Di Capua; “Fratelli”, in prima nazionale, regia di Gianfelice Imparato; “Some Girl(s)” regia di Marcello Cotugno”; “Gaber, io e le cose” regia di Maria Laura Baccarini ed Elena Bono; “Madame Bovary”, in prima nazionale, con Lucia Lavia e la regia di Andrea Baracco; “Edipus” con Eugenio Allegri e la regia di Leo Muscato; “La parola padre” regia di Gabriele Vacis; “I vicini” regia di Fausto Paravidino; “Thanks for Vaselina” regia di Gabriele Di Luca; “John e Joe” regia di Valerio Binasco.
a sin. Luca Barbareschi |
Una grande festa del cinema che coinvolgerà l’intera città di Roma. Questo è il progetto CityFest, organizzato dalla Fondazione Cinema per Roma, presieduta da Piera Detassis, e curato da Mario Sesti, Gianluca Giannelli e Fabia Bettini, che vedrà diversi centri culturali della città, dall’Auditorium Parco della Musica alle sale cinematografiche, dalle Università al MAXXI, dalla Casa del Cinema al Teatro Biblioteca Quarticciolo, dal Teatro Villa Torlonia fino alla Casina di Raffaello, diventare un grande contenitore di eventi speciali, intrattenimento e formazione. Tra Giugno e Luglio si alterneranno spettacoli, masteclass, incontri, proiezioni e anteprime. Tra le novità della manifestazione, un nuovo format delle masterclass: illustri e autorevoli personalità terranno lezioni di cinema coadiuvati da clip selezionate e materiali inediti. Il primo incontro sarà con il regista cult danese Nicolas Winding Refn, che ha diretto grandi produzioni internazionali, da “Drive”, premiato a Cannes, a “Solo Dio Perdona”, presente con il documentario, realizzato con la moglie Liv Corfixen, My Life Directed By Nicolas Winding Refn.
Il 23 Giugno al Maxxi si potrà assistere alla proiezione di “Help!” di Richard Lester: un viaggio indietro nel tempo fino al lontano giugno 1965 quando si tenne a Roma lo storico concerto dei Beatles. Presenti alla serata Fabrizio Zampa, il giornalista che all’epoca intervistò la band di Liverpool, Gino Castaldo, critico musicale, e Teho Teardo, musicista. Il 25 giugno al Teatro Biblioteca Quarticciolo si terrà il primo appuntamento con “Lezioni Criminali, i più bei film polizieschi di sempre”, con la proiezione di “Milano Calibro 9” di Fernando Di Leo, a cui seguirà l’incontro con l’attrice Barbara Bouchet, Giancarlo De Cataldo, magistrato e autore, tra gli altri, di “Romanzo Criminale” e “Suburra”, e Mario Sesti. Il 28 Giugno alla Casa del Cinema, grande attesa per l’anteprima del film per ragazzi, distribuito da Warner Bros Entertaiment Italia, “Annie – La felicità è contagiosa” di Will Gluck, tratto dal fumetto di Harold Gray.
Dopo il successo ottenuto da Pierfrancesco Favino ed Elio Germano, il secondo appuntamento con i Duetti del progetto CityFest, vedrà la partecipazione di Isabella Ragonese e Michele Riondino, interpreti del film di Mario Martone “Il Giovane
Favoloso” e “Dieci inverni” di Valerio Mieli. Per le grandi anteprime family di Alice nella Città, Mercoledì 15 Luglio la Casa del Cinema ospiterà i simpatici protagonisti di “Cattivissimo Me”, che sfileranno su uno speciale red carpet animato per presentare il nuovo film d’animazione di Kyle Balda e Pierre Coffin: “Minions”. Il 16 Luglio, Luciana Littizzetto e Fabio Fazio saranno protagonisti di una masterclass sul doppiaggio. Una sintesi tra festa e festival, CityFest vuole celebrare i dieci anni dalla nascita della Festa del Cinema di Roma, che quest’anno si svolgerà dal 16 al 23 ottobre, con la direzione artistica di Antonio Monda.
Isabella Ragonese e Michele Riondino |
Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo (Voltaire).
Tutto pronto per l’ottava edizione del Film Festival Senza Frontiere, che si terrà alla Casa del Cinema dal 5 al 7 Giugno 2015. La nuova edizione sarà incentrata sul concetto di libertà, nel senso più ampio del termine, inteso come la necessità di condividere, conoscere e lottare per la libertà di espressione, lontana da vincoli e barriere costruite su paure e pregiudizi.
La kermesse accende i riflettori sul Medio Oriente, la Russia, l’Iran attraverso una selezione di film provenienti da cinematografie internazionali legati da un fil rouge che passa dai conflitti ai grandi temi e dilemmi del nostro tempo.
In apertura del festival l’anteprima italiana di Taxi, del regista iraniano Jafar Panahi, vittima nel suo Paese di persecuzioni, a cui è preclusa la possibilità di dirigere, scrivere e produrre film, viaggiare e rilasciare interviste. Nonostante ciò il 14 febbraio 2015 Jafar Panahi ottiene un ambito premio: l'Orso d'oro al 65° Festival internazionale del cinema di Berlino proprio con il film Taxi, girato in clandestinità a causa del divieto imposto dal governo iraniano. La pellicola raccoglie le testimonianze dei passeggeri del suo taxi, e dipinge uno spaccato eterogeneo, multicolore e variegato della vita a Teheran. La proiezione segna anche il debutto della neonata “Cinema”, casa di distribuzione creata da Valerio De Paolis.
Monk with a Camera, diretto da Guido Santi e Tina Mascara, è la biografia di Nicholas Vreeland (nipote della famosa Diane Vreeland) che ha rinunciato ai privilegi di un fotografo di successo per diventare un monaco buddista tibetano. Inviato dal Dalai Lama ad aprire e dirigere il Rato Monastery in India, è tornato alla fotografia per raccogliere i fondi necessari per la costruzione del monastero.
Sempre nel corso della prima giornata si assisterà alla proiezione di The Fool, per la regia di Yuriy Bykov: una finestra sulla corruzione in Russia, causa di morte e distruzione.
I tre film in programma nel pomeriggio di sabato 6 giugno sono dedicati a storie di bambini e adolescenti: My Neighborhood, regia di Jula Bacha, Redemption regia di Jon Alpert e Kes, regia di Ken Loach. Si continua il secondo giorno con A Girl Walks Home Alone at Night, diretto da Ana Lily Amirpour: “il primo western di vampiri iraniano”, fuori da tutte le categorie. Una città fantasma immaginaria, la sua gente, un vampiro e la musica, sono gli ingredienti principali di una pellicola densa di emozioni e di atmosfera.
In programma anche Gett - The Trial of Viviane Amsalem, diretto da Ronit Elkabetz e Shlomi Elkabetz in cui la protagonista lotta per la sua libertà contro un uomo che usa il suo potere per tenerla legata a sé, in una Israele in cui un divorzio è possibile solo con l’approvazione del marito. A seguire Last Days in Vietnam, di Rory Kennedy, che descrive il dilemma morale di militari e diplomatici americani alla fine della guerra del Vietnam: ubbidire a ordini superiori provenienti dalla Casa Bianca ed evacuare solo i cittadini americani o rischiare l’accusa di tradimento e salvare la vita al maggior numero di vietnamiti possibile.
Chiude il festival la proiezione di “Citizenfour”di Laura Poitras, reduce dal premio Oscar come miglior documentario, e che affronta il tema della mancanza di privacy in una società totalmente dipendente dalla tecnologia, che Edward Snowden evidenzia attraverso l’incontro con la macchina da presa della regista.
Un’originale e approfondita panoramica che affronta temi interessanti e attuali, il Festival rappresenta un’occasione unica e imperdibile per gustare il grande cinema dal respiro internazionale e dalla vocazione solidale.