
L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Marzia Carocci
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Molto sappiamo della cultura occidentale poco ancora, a parte gli addetti ai lavori, della cultura dell’Europa orientale. A parte i gradi, L.N. Tolstoj, Dostoevskij, pochi conoscono Michail Lermontov, geniale poeta russo vissuto nella regione di Penza, a circa 600 kilometri a sud-est di Mosca, nato nel 1814 e morto nel 1841 ad appena ventisei anni. Il suo villaggio, Tarkhany, antico borgo ora chiamato Lermontov in suo onore, immerso tra fitte foreste e verdi campi, piccoli fiumi cristallini e uliveti, ha ispirato al nostro grandi capolavori: "Borodino", "Patria", "Il Gladiatore Morente", poesia: "Canzone... sul mercante Kalashnikov", "Sasha," drammi: "Persone e Passioni", "L'uomo strano", "Due fratelli", romanzi " Vadim", etc. L'amore per la Russia e il popolo russo in tutte queste opere è incondizionato.
In questo antico borgo il poeta ha vissuto gran parte della sua pur breve vita e qui è la sua tomba, meta di pellegrinaggio dei tantissimi suoi estimatori. L’amore per Takrhany e i suoi dintorni ha avuto un ruolo fondamentale e lo ha segnato per tutta la vita. E’qui che per la prima volta, da bambino, scoprì il meraviglioso mondo della natura che ne rapì il cuore e la fantasia, è qui che per la prima volta conobbe le canzoni e le fiabe popolari giocando con i figli dei contadini, suoi coetanei, ed è a Takrhany che ascoltava le testimonianze che venivano dal fronte russo nella guerra contro Napoleone.
"Se Lermontov fosse vissuto più a lungo, non ci sarebbe bisogno né di me, né di Dostoevskij", disse L.N. Tolstoj.
Così il poeta descrive il mondo meraviglioso di Takrhany:"nel rumore del fiume nativo c'è qualcosa di simile a una ninna nanna, con le storie della vecchia tata...", "con la rete verde delle erbe è velato lo stagno dormiente", "il villaggio sta fumando", "si alzano le nebbie sopra i campi...", "l’arco del cielo è blu tranquillo e pulito ","la nebbia qui copre gli archi del cielo", "la steppa si estende con il velo di lilla","trepida il campo di grano ingiallito'', "ruggisce la foresta fresca con il suono del vento ","si nasconde nel giardino la prugna cremisi"," freddo silenzio delle steppe'', "faretra delle foreste sconfinate", "il silenzio dei boschi ","il cespuglio delle rose, curate nella primavera"," il mughetto d'argento ","il fumo della stoppia bruciata"," la coppia di betulle sbiancate ","la capanna coperta di paglia","la danza con il battere i piedi e i fischi "," il popolo russo, il gigante con cento braccia...".
Nel 1939, nell’antico borgo dove è vissuto, su iniziativa di alcuni estimatori è stato aperto un museo a lui dedicato che oggi fa parte del patrimonio culturale dei popoli della Federazione Russa, il Museo-riserva
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La dottoressa Julia Sablina |
statale di Lermontov. In questo sono esposti i suoi oggetti personali, i quadri di Lermontov pittore e i suoi scritti originali. L'ambiente in cui è cresciuto e ha fatto le più importanti esperienze di vita che poi hanno ispirato i suoi capolavori è stato ricreato: tutto, dai giardini ai parchi classici, ristrutturati secondo le regole della vecchie masserie, ai monumenti architettonici (9 di cui 2 chiese funzionanti) restaurati in modo rigorosamente scientifico e storico. Con la mostra "live" poi, combinato di scienza e arte, si sono ricreate le usanze del XIX secolo. feste popolari, antichi cerimonie di nozze, i balli dei
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Mostra fotografica del Museo-riserva Tarkhany presso il centro della cultura e delle scienze russo a Roma |
nobili, i giochi dei bambini, l' equitazione, l'andare con il calesse, in barca, il pranzo contadino e la cucina degli aristocratici, la macinazione della farina al mulino, la raccolta del miele e delle erbe medicinali e così via; viene così data al visitatore la possibilità di rivivere la realtà della provincia russa di un tempo.
La dottoressa Julia Sablina, Segretario Accademico del Museo-riserva statale di Lermontov "Tarkhany", lo scorso 2 febbraio è venuta ad inaugurare presso il centro della cultura e delle scienze russo a Roma la mostra fotografica dedicata al poeta e le finalità del museo.
Uno dei primi paesi che ha fatto conoscere ai propri lettori le opere di M.Ju. Lermontov è stata proprio l'Italia. Altamente professionali le traduzioni di D. Champolini, V. Narducci, F. Losini, V. Giusti e T. Landolfi. Tra i compositori A. Bizzelli ha messo in musica "Ninna nanna cosacca" ma molti sono gli attestati di ammirazione di altri compositori verso il grande poeta russo. Un primo film sulle opere di M.Ju. Lermontov è stato girato dal regista D. Vitrotti.
Al Vittoriano di Roma, presso la sala Zanardelli, si e' svolta la conferenza stampa dedicata alla mostra di lavori dei diplomati dell'Accademia russa di pittura, scultura e architettura ''I.S. GLAZUNOV'', intitolata ''HAEC EST CIVITAS MEA''
Organizzatori della mostra erano il Governo della Federazione Russa, il Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa, l’Ambasciata della Federazione Russa in Italia, il Centro dei festival cinematografici e dei programmi internazionali, l’Accademia russa di pittura, scultura e architettura “I.S. Glazunov”, la Fondazione Internazionale Accademia Arco e il Centro Studi sulle Arti della Russia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, con il sostegno del progetto culturale internazionale “Stagioni russe”
Ospiti della conferenza stampa sono stati: Sergez Razov, Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Federazione Russa in Italia, Edith Gabrielli direttrice del Polo Museale del Lazio, Gabriella Musto direttrice del Monumento a Vittorio Emanuele II, Ivan Glazunov Rettore ad interim dell'Accademia della pittura della scultura e dell'architettura Il'ja Glazunov, Tatiana Shimova presidente del centro dei festival cinematografici e dei programmi internazionali.
L'arte italliana ebbe un ruolo importante nella storia della Russia, molti artisti russi usciti dall'Accademia Imperiale di Belle arti venivano mandati in Italia per studiare arte antica e moderna voluto appositamente dall'imperatore , da' allora sono iniziati i legami culturali russi e italiani ancora oggi molto solidi.
La mostra, che fa riferimento al progetto ''Stagioni Russe'', vuole mettere in evidenza il contributo dell'Accademia Imperiale di Belle Arti nella formazione di giovani artisti russi j quali, con la loro pittura, raccontano storie o pagine di bellezze della natura nazionale e pitture di personalita' contemporanee. L'Accademia I.S. GLAZUNOV e' l'esempio portante delle tradizioni artistiche nazionali russe.
La mostra e' aperta dal 2 marzo presso il Monumento Vittorio Emanuele II (Vittoriano)
“Luci nel Blu”, la manifestazione scientifico - culturale ideata e promossa dal Presiedente dell’Associazione Nautilusncr.it, Salvo Cacciola, continua la propriadivulgazione grazie al successo e alla sempre calorosa accoglienza ricevuta dagli Istituti di ogni ordine e grado in particolare dalla dirigente degli Istituti (Alberghiero IPSEOA) "Tor Carbone" e "Peano" (Scientifico), la dott.ssa Cristina Tonelli. E ciò grazie anche alla partecipazione dei relatori dei più importanti Istituti di
Ricerca Scientifica Italiani, CNR, ENEA, ISPRA, INGV ed così via. Le richieste di collaborazione da da parte di Istituti Pubblici e Privati pervengono sempre piùnumerose.
Dopo le scuole di Anzio e della Sicilia, “Luci nel Blu” ha fatto tappa a Roma, presso l’ Istituto Scientifico “Peano” e l’Istituto Alberghiero IPSEOA “Tor Carbone”.
Il primo intervento all’ Istituto Scientifico “Peano” è toccato alla nostra Marina Militare per bocca del Tenente di Vascello Simone Pitto e del Maresciallo Biagio Nappi che hanno illustrato la procedura di arruolamento. Grande interesse manifestato dagli studenti e dai professori anche per l’Unità Mobile della stessa Marina Militare con a bordo il I° Maresciallo Vincenzo Mingolla e il sig. Sergio Pro.
A seguire Mauro Cappelli, ricercatore dell’ENEA, ha spiegato i concetti della Fusione e della Fissione nucleare, argomento attuale e sempre caldo dal punto di vista politico e sociale; Sandro Torcini, ricercatore dell’ Unità Tecnica Antartide ENEA, ha raccontato della propria esperienza di attività di ricerca in Antartide; Stefano Urbini, ricercatore del ‘INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) ha spiegato come viene vissuto e gestito il Cambiamento Climatico galoppante di questi anni dalla base di ricerca situata in Antartide e, per concludere, il Presidente Salvo Cacciola ha esposto la storia del prosciugamento del lago di Aral, seconda peggiore catastrofe causata dall’ uomo, dopo Chernobyl, grazie alle informazioni e alle ricerche svolte sul campo.
Il secondo appuntamento presso l’Istituto Alberghiero di “Tor Carbone” ha visto l’importante partecipazione del professor Roberto Verna, ordinario di Patologia Clinica e direttore del Centro per la Medicina e il Management dello Sport presso l’Università “La Sapienza” di Roma, che ha spiegato storia, caratteristiche e benefici del cioccolato, alimento che tutti mangiamo senza però soffermarci sulle reali qualità.
Sulla scia della cultura del cibo si sono poi innestati i preziosi contributi della dott.ssa Federica Nicolò, esperta della valorizzazione e promozione del Patrimonio storico, letterario e artistico, la quale ha parlato della storia e del folklore degli Antichi Romani a tavola; della dott.ssa Elisa Sfasciotti, direttrice delle ENUIP (Ente Nazionale UNSIC Istruzione Professionale) che ha presentato il lavoro del proprio istituto e la promozione di corsi professionali per assaggiatori di olio vergine ed extravergine, con relativo rilascio di un attestato riconosciuto dalla Regione Lazio; infine il dott. Christian Battistoni ha parlato di eventi organizzati per
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In collegamento con la repubblica Uzbeka |
la degustazione di vino per presentare la Social App “Glu Glu Wine”.
Il fiore all’occhiello degli appuntamenti è stato il collegamento via Skype promosso dal Presidente Cacciola che ha dato la possibilità di interaggire con alcuni responsabili delle istituzioni scolastiche pubbliche e private della repubblica dell' Uzbekistan, entusiasti di condividere le loro esperienze con i nostri Istituti.
Sotto le note di ''5 Minuti'' , colonna sonora di uno dei piu' famosi film sovietici ''Notte di Capodanno'', Free Lance International Press da Mosca, vi augura un felice anno nuovo con le bellissime immagini di festa sulla Piazza Rossa...un buon 2018 !
Lyudmila Gurchenko fu l'attrice nel ruolo principale di questo film e la pellicola fu diretta da uno piu' famosi registi sovietici, Eldar Ryazanov. La canzone fu cantata dalla stessa Gurchenko e da come si puo' intuire il titolo e' basato sull'idea che mancano solo cinque minuti all'anno nuovo, questa canzone divento' un vero inno natalizio.
Francesco Borromini, l’altro grande protagonista del Barocco, considerato l’antagonista di Bernini, moriva suicida nel 1667. In occasione del 350° anniversario, le celebrazioni si sono aperte con il Convegno Internazionale di Studi, che ha occupato tre giorni dall’11 al 13 dicembre e tre diverse sedi: Accademia Nazionale di San Luca; Musei Vaticani; Sapienza Università di Roma. Facoltà di Architettura.
A conclusione del secondo giorno del convegno, in una delle sale della Pinacoteca Vaticana, è stata inaugurata la mostra Francesco Borromini. I disegni della Biblioteca Apostolica Vaticana, in corso fino al 5 gennaio 2018. Le opere fanno parte di tre diversi manoscritti, il Vaticano Latino 11257 e 11258, dove sono raccolte le carte di Virgilio Spada, oratoriano, amico di Borromini e il Chigiano P.VII.9. Quest’ultimo, è stato curato direttamente da papa Alessandro VII Chigi per la propria biblioteca, quando l’architetto ticinese era ancora in vita.
La selezione di esempi dell’opera grafica dell’architetto barocco si è concentrata sul periodo del pontificato di Innocenzo X Pamphili. In particolare i progetti per la risistemazione di Piazza Navona con la Fontana dei Fiumi e del Palazzo Pamphili insistente sulla stessa piazza. L’altra grande committenza papale riguardava, sempre in vista del Giubileo del 1650, il restauro-rifacimento della Basilica di San Giovanni in Laterano. Anche la Basilica di San Paolo fuori le Mura era inclusa nei progetti dei lavori in previsione dell’Anno Santo, come testimonia il disegno esposto proveniente dalla Collezione Paolo Portoghesi.
La provenienza dalla Biblioteca Vaticana della Direttrice dei Musei Vaticani, Barbara Jatta, con le mostre che vedono, protagoniste e partecipi, le opere del patrimonio librario, ha ricostituito, quell’unità, non solo di storia e di situazione fisica, ma anche visiva e visibile, delle collezioni d’arte e librario-documentarie.
Le celebrazioni proseguiranno a gennaio 2018 con la Missa Ecce Sacerdos magnus, messa a tre cori su partitura di Orazio Benevolo (1605-1672), presso la Chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza, uno dei capolavori borrominiani, il giorno 27. Da gennaio a marzo sono previste visite, lezioni e letture sulle principali architetture del maestro barocco, tenute dalla Sapienza Università di Roma. Facoltà di Architettura. Sempre a marzo, scade il termine del Concorso fotografico per gli studenti «Le opere di Francesco Borromini», organizzato dalla Sapienza Università di Roma. Facoltà di Architettura insieme alla Accademia di Belle Arti di Roma. Infine, sempre a marzo, le giornate di studio Borromini e l’architettura moderna, che si terranno presso il MAXXI. Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo e alla Sapienza Università di Roma. Facoltà di Architettura, chiuderanno il programma.
Il debutto dell’ala del Vittoriano destinata alle mostre temporanee d’arte, anni or sono, era stata nell’ambito impressionista. La vocazione e specializzazione è stata confermata negli anni e ora è la volta di Monet. Capolavori dal Museé Marmottan Monet, Parigi, in corso fino all’11 febbraio 2018.
Sono sessanta le opere provenienti dal museo parigino, che, donate all’istituzione dal figlio Michel, erano conservate a Giverny, ultima residenza del pittore.
Come di consueto, in apertura è allestita la saletta con il filmato che introduce all’esposizione, mentre nel corridoio un grande pannello riporta la biografia.
La novità, ormai divenuta consuetudine, è costituita dalla realtà immersiva di schermi, dove foto di giardini e di fiori si trasformano nei dipinti. Quasi a voler suggerire e far assimilare, a livello subliminale, quello che è stato il processo creativo e rivoluzionario instaurato dal movimento impressionista.
Una ribellione giocata tra il fisico e lo spirituale. Fisicamente gli impressionisti avevano abbandonato gli atelier, luogo di azione dei pittori accademici, per immergersi nella natura en plen air. Alla fisica si erano affidati per la teoria del colore e gli studi sul funzionamento dell’occhio umano. Alla chimica avevano richiesto di sintetizzare colori che, spremuti dal tubetto, passavano direttamente sulla tela, dove, insieme al gesto, andavano a costituire la materia dell’opera.
L’invenzione della fotografia li aveva spinti a cercare un’arte più reale del reale. Così, abbandonando la prospettiva rinascimentale, interpretazione matematica dello spazio, si erano affidati all’occhio perchè fotografasse l’attimo fuggente di una porzione di mondo. Ma la pellicola su cui fissare l’immagine era l’anima, capace di imprigionare e rispecchiare l’infinito.
La mostra parte dalle caricature e dai ritratti dei figli, per poi snodarsi tra i diversi paesaggi e le dimore di Monet, fino ad arrivare ai giardini e ai fiori. È un percorso cronologico e tematico che vede nelle versioni del Salice piangente, ne Le rose, ne Il ponte giapponese e nelle Ninfee, il punto d’arrivo della ricerca e della poetica di Monet.
Come di consueto i dipinti sono esposti in modo labirintico, succedendosi senza sosta tra piano inferiore e piano superiore. La situazione è particolarmente penalizzante nel caso delle opere impressioniste, dove, la tecnica esecutiva fatta di macchie di colore e luce, impone un allontanamento dello spettatore, così che la mente sia in grado di ricostruire la scena e il soggetto inquadrati dall’occhio.
Monet
Capolavori dal Museé Marmottan Monet, Parigi
19 ottobre 2017 - 11 febbraio 2018
Roma, Complesso del Vittoriano - Ala Brasini
Orari: da lunedì a giovedì 9.30 - 19.30
venerdì e sabato 9.30 - 22.00
domenica 9.30 - 20.30
Ingresso: Intero €.15,00
Ridotto €. 13,00
Info: Tel. + 39 06 87 15 111
www.ilvittoriano.com
La tradizione apre alla innovazione
...è proprio così nella splendida cornice del Salone di Raffaello con la consulenza scientifica dei Musei Vaticani, la direzione artistica di Marco Balich che si è avvalso della colonna sonora di Sting, la Artainment Worldwide Show, ha presentato alla stampa lo spettacolo: "Giudizio Universale. Michelangelo and the Secrets of the Sistine Chapel"
Si tratta di uno show realizzato con i più sofisticati mezzi tecnologici; in proposito Barbara Jatta, direttore dei Musei Vaticani sintetizza lo spirito di collaborazione al progetto: "I Musei Vaticani sono musei dinamici dove tradizione e innovazione trovano una perfetta sintesi. Tradizione che è tutela, restauro, conservazione e valorizzazione delle collezioni attraverso gli studi, la ricerca, la didattica, i progetti internazionali, i convegni e le mostre.
Innovazione che è oggi imprescindibile per il funzionamento di un'Istituzione che accoglie più di sei milioni di visitatori l'anno e che è aperta alle nuove forme di comunicazione. La collaborazione dei Musei Vaticani con Artainment Worldwide Show per questo spettacolo va vista proprio in questa linea di sintesi fra tradizione e innovazione".
Inoltre da qualche mese Marco Balich, l'ideatore del progetto, è impegnato nell'allestimento di quello che viene definito come un viaggio emozionale nell'Universo Spirituale di Michelangelo che vede la Sistina come protagonista assoluta.
Il grande impatto emotivo viene assicurato sia dalla magia degli effetti speciali che dall'intensità del valore spirituale che perviene dalla Sistina stessa luogo di elezione di Papi.
Come non ricordare quella sera del Marzo 2013 quando dopo "la fumata bianca" dal noto tetto della Sistina, dal famoso balcone ad una folla festante arrivava come da una "voce amica".... "Buonasera a tutti..." : la gente applaudiva, pregava, piangeva...il mondo intero sperava.
Marco Balich aggiunge " Dopo aver diretto molte Cerimonie Olimpiche in tutto il mondo sono orgoglioso di creare uno show nella nostra bellissima Italia, affidandoci alla consulenza scientifica rigorosa dei Musei Vaticani. Questa è un'operazione che mira a coinvolgere ed emozionare le nuove generazioni con i capolavori del nostro patrimonio artistico. Vogliamo rendere i giovani fieri e consapevoli di chi siamo e da dove veniamo"
L'eccezionale evento debutterà il 15 Marzo 2018 presso l'Auditorium Conciliazione in Roma; il pubblico potrà scegliere di assistere allo Show in lingua Italiana o Inglese.
Il Museo di Roma e Palazzo Braschi si prestano particolarmente alla mostra di incisioni di Piranesi, in corso fino al 15 ottobre. Il primo per via delle sue collezioni composite, comprendenti anche parte delle stampe in mostra e per il suo scopo di istituzione, ospite delle memorie di Roma sparita. L’edificio è stato costruito nel Settecento, il secolo di Piranesi e della cultura che impronta la sua opera.
Già dal titolo, Piranesi. La fabbrica dell’utopia, l’esposizione suggerisce molteplici suggestioni, che si dipanano attraverso le sezioni e le stanze.
La prima suggestione-considerazione da fare è che le mostre di grafica, siano esse di disegni o di stampe, come in questo caso, non sono diffusissime e particolarmente apprezzate dal pubblico. In realtà le incisioni e le tecniche per realizzarle hanno un grande fascino. Due fondamentalmente i motivi per la loro realizzazione e suddivisione: si distingue solitamente tra incisione di riproduzione e di invenzione. La prima consiste nella diffusione a stampa di opere d’arte famose, la seconda è essa stessa un’opera d’arte prodotta dalla “fantasia creatrice” dell’incisore. Entrambi i tipi sono presenti in mostra: Piranesi ha usato l’incisione sia per divulgare i suoi progetti di architetto, sia per riprodurre architetture, rovine e paesaggi, reali o inventati. I cosiddetti capricci, nascono dal combinare e modificare elementi reali, che danno vita ad edifici e ambienti ideali o di fantasia. Così la parola utopia designa sia la ricostruzione di un mondo passato non più esistente, sia la possibile creazione di uno nuovo che ancora non c’è. In questo senso, tutta la mostra si gioca tra passato e futuro, tra ciò che non c’è più e ciò che non c’è ancora. Alle stampe si accompagnano oggetti come vasi e tripodi o decorazioni di caminetti realizzati, a partire dai progetti e dalle stampe di Piranesi, dall’Atelier Factum Arte di Madrid, nel 2010, in occasione della mostra tenutasi a Venezia, presso la Fondazione Giorgio Cini, da cui provengono parte delle stampe. Sono presenti anche calchi dal Museo della Civiltà Romana all’EUR.
Piranesi stesso testimonia e ama il fatto che, a Roma, vede finalmente, dal vivo, le vestigia della cultura romana che aveva imparato ad amare nelle riproduzioni dell’architetto veneziano del Rinascimento, per eccellenza, Andrea Palladio.
Nella sala dove le finestre di Palazzo Braschi si affacciano su piazza Navona, si può confrontare l’immagine che ne ha dato Piranesi con la realtà di oggi.
Un’altra suggestione è data dai frontespizi dei libri dell’architetto veneto, oltre che all’architettura, alla decorazione, all’archeologia, al paesaggio, il rimando è all’epigrafia e alla paleografia, la scrittura della lingua latina: monumentale, pubblica, letteraria.
Tornando sulle tecniche di incisione, Piranesi usa acquaforte e bulino per i progetti e la descrizione puntuale e reale. Con il bulino si rendono linee nette, pulite, con l’acquaforte, invece, crea l’atmosfera suggestiva, onirica, visionaria delle Carceri. È come se con il bulino la mente eserciti il suo controllo sulla mano che incide, mentre con l’acquaforte, è possibile far trasparire l’emozione, da sempre appannaggio del cuore. L’opera dell’artista ha ispirato a Marguerite Yourcenar La mente nera di Piranesi.
L’unica architettura non rimasta su carta è la Chiesa di Santa Maria del Priorato all’Aventino, è riprodotta in mostra nelle fotografie di Andrea Jemolo. Anche la fotografia, che possiamo considerare, in qualche modo, una sostituzione e uno sviluppo dell’incisione, quando nasce, si divide tra fotografia di divulgazione e d’arte, anche se le due funzioni possono anche coincidere.
Sempre sulla linea del non più e non ancora e dell’utopia, si inserisce la realtà virtuale delle Carceri, riprodotta dal Laboratorio di Robotica Percettiva, dell’Istituto TECIP - Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Per quanto interessante, l’esperimento contraddice l’atmosfera nel colore grigio-bianco e nelle linee degli edifici e degli oggetti, nette e rettilinee e non più vibranti. La musica cerca di creare l’ambiente e le sensazioni perse nella realizzazione virtuale, in parte ci riesce, ma è un’atmosfera fredda, come i volumi e le superfici 3D e un po’ troppo “moderna”.
Piranesi
La fabbrica dell’utopia
16 giugno - 15 ottobre 2017
Roma, Museo di Roma Palazzo Braschi
Orario: dal martedì alla domenica 10-19
Ingresso: intero €.9,00; ridotto €.7,00
Info: tel. 060608
Settembre è arrivato, Roma si è ripopolata, la scuola ricomincia, sembra proprio che le vacanze siano finite. Per esorcizzare la quotidianità che ripiomba addosso, fino al 17 settembre è in corso, presso il Museo dell’Ara Pacis, Spartaco. Schiavi e padroni a Roma. La mostra prende spunto dalla figura dello schiavo ribelle, resa mitica ed eterna, proprio per lo spirito indomabile e l’invincibile anelito alla libertà, insiti e caratteristici di ogni uomo. Ma è soprattutto la schiavitù, le sue motivazioni e le sue forme, che, attraverso i reperti archeologici e le opere, è documentata nel passato, mentre le foto contemporanee, ne restituiscono l’aspetto attuale.
Undici le sezioni che si succedono nel percorso dell’esposizione. Sono introdotte dalla spiegazione storico-sociale-economica della necessità della schiavitù come forza lavoro per la realizzazione delle infrastrutture dell’impero romano.
Quindi Vincitori e vinti mostra come la guerra, motivata da ragioni politico-economiche, fornisse tra ricchezze e bottini, anche gli schiavi. Particolarmente accattivante il video di questa sezione, le sequenze, accompagnate dal suono, animano il fregio del sarcofago. Il primo piano dei volti, rende i sentimenti, è come vedere la storia accadere di nuovo, in presa diretta. Il video da movimento alla descrizione del fatto storico, caratteristica dell’arte romana. I reperti archeologici in mostra sono in gran parte rilievi ed epigrafi.
Segue Il sangue di Spartaco, schiavo, gladiatore, più precisamente murmillo, della scuola di Capua, che guida la rivoltadi migliaia di schiavi tra 73 e 71 a.C. Viene sconfitto, seimila dei suoi compagni vengono crocifissi lungo la via Appia, ma il suo corpo non viene ritrovato. Il mito è raccontato in mostra da voci narranti che leggono i testi in latino, italiano e inglese, ma le citazioni sono tratte anche da autori moderni, a conferma della longevità della figura di Spartaco.
La terza sezione riguarda il Mercato degli schiavi, seguono quelle che illustrano i settori di impiego: Schiavi domestici; Schiavi nei campi; Schiavitù femminile e sfruttamento sessuale, le tematiche delle ultime due sezioni tornano nel video in chiusura di mostra, realizzato da ILO, International Labour Organization, agenzia delle Nazioni Unite che si occupa delle problematiche legate al lavoro e, specialmente, dell’eliminazione della schiavitù ancora presente in diversi ambiti.
Tra i Mestieri da schiavi vi erano quelli legati al mondo dello spettacolo, in questa sezione è presente una delle straordinarie erme degli aurighi del Museo Nazionale Romano a Palazzo Massimo.
Schiavi bambini, con la tematica del lavoro minorile, è un’altra delle sezioni, purtroppo, ancora attuali anche ai nostri giorni.
L’allestimento della sezione Schiavi nelle cave e nelle miniere, conduce lo spettatore in un percorso labirintico e claustrofobico che imita i cunicoli sotterranei, l’ambientazione è forse un po’ troppo caricata dall’accompagnamento audio.
Una strada verso la libertà è quella che viene descritta attraverso l’affrancamento da parte del padrone.
Un po’ povera, come contenuti e disposizione, soprattutto nella parte riguardante il cristianesimo, risulta l’undicesima sezione dedicata a Schiavitù e religione.
Il gioco…che rende liberi! è il titolo del laboratorio didattico ideato per bambini dai cinque agli undici anni.
Spartaco
Schiavi e padroni a Roma
Roma, Museo dell’Ara Pacis
31 marzo-17 settembre 2017
Orario: 9.30-19.30
Ingresso: intero €.11,00; ridotto €.9,00
Info: 060608
Catalogo: De Luca Editore, €.25.000
Due amici vengono a guidarci tra i Labirinti del cuore. Giorgione e le stagioni del sentimento tra Venezia e Roma, la mostra in corso fino al 17 settembre a Palazzo Venezia e Castel Sant’Angelo a Roma. All’ingresso del palazzo rinascimentale sarà il primo, il protagonista, a venirci incontro, in lui ci identifichiamo, provenienti da una realtà caotica ed estraniante. Come lui confusi tra una realtà esterna, indaffarata e chiassosa, e quella interiore, sospesa, senza tempo, tra il sogno e un sottile dolore. Ci rispecchiamo in lui, il bel volto sul palmo della mano e lo sguardo perso oltre lo spazio dove il quotidiano accade. Non ci guarda, non facciamo parte del suo mondo, ma è il nostro specchio, siamo noi a far parte del suo, condividendo lo stesso sentire. Questi spazio e tempo diversi, si incarnano nel melangolo, il frutto, simbolo della melanconia che, distrattamente, tiene in mano.
Lo stesso contrasto si vive nel passaggio dall'esterno all’interno del palazzo. Nel giardino, recentemente riaperto al pubblico, non arriva, se non come eco lontano, il chiasso del traffico caotico. Ci si siede o si passeggia all’ombra del verde o immersi nella luce, moltiplicata dal bianco della fontana monumentale centrale.
La mostra si snoda all’interno come in un labirinto, nel succedersi delle belle sale, dove lo sguardo si perde, si distrae dal contenuto dell’esposizione e vaga tra pavimenti, soffitti e pareti.
In un percorso a ritroso nel tempo, si incontrano le figure che il palazzo hanno costruito e vissuto. Abbellendolo con collezioni, specchio di raffinati e colti interessi.
In mostra i libri, testimoni e formatori della cultura rinascimentale, dall’Hypnerotomachia Poliphili al Cortegiano di Baldassarre Castiglione.
I bronzetti, virtuosistiche sculture in miniatura, riproducono, oltre agli animali, le opere più famose e significative, come l’immancabile Laocoonte dei Musei Vaticani.
Naturalmente non mancano le arti maggiori, pittura e scultura.
Il giardino dei sogni, installazione video sonora, che conclude il percorso, è un di più non necessario. Una realtà immersiva, per quanto virtuale, che in qualche modo contraddice l’atmosfera, impalpabile e indefinita, nostalgica e melanconica, del resto della mostra.
Alla fine del percorso è il secondo dei due amici a congedarci. Quello che, almeno apparentemente, ci rivolge lo sguardo con un abbozzo di sorriso. Testimone di una recuperata, presente e cosciente serenità.
Il percorso concentrico può proseguire nelle variegate e affascinanti collezioni permanenti del palazzo, che mostrano i punti forti nella scultura lignea, ma anche nei manufatti in terracotta e cartapesta, nei citati bronzetti e nella ceramica. La collezione epigrafico-lapidea si dispone ai lati del perimetro della loggia aperta superiore.
La mostra è allestita in due sedi che testimoniano i rapporti tra Venezia, patria di Giorgione, il famoso ed enigmatico pittore, autore del dipinto intorno a cui è imperniata l’esposizione e Roma. Il Palazzo di Venezia, ovviamente incarna la città lagunare, a Castel Sant’Angelo e, in particolare agli appartamenti papali, spetta, invece, la rappresentanza della Città Eterna. Sono i dipinti di artisti maestri coevi di Giorgione, come Tiziano, Tintoretto, ma anche Bronzino e Barocci, a costituire l’esposizione nel mausoleo-fortezza.
Labirinti del cuore
Giorgione e le stagioni del sentimento tra Venezia e Roma
24 giugno - 17 settembre 2017
Roma, Palazzo di Venezia - Castel Sant’Angelo
Orari: Palazzo Venezia dal martedì alla domenica 8.30-19.30
Castel Sant’Angelo tutti i giorni 9.00-19.30
Ingresso: unico per le due sedi, validità 3 giorni intero €.14.00, ridotto €.7.00;
solo Palazzo Venezia intero €.10.00, ridotto €.5.00. Audioguida inclusa a Palazzo
Venezia; apposita app scaricabile per Castel Sant’Angelo.
Info: +39 06 32810
www.mostragiorgione.it
Arcobaleno di Gyula Vàrnai (foto Artedamiani) |
Il progetto dal titolo Pace al mondo di Gyula Varnai ci parla della sopravvivenza e la necessità delle utopie e del fatto che sebbene le nostre aspettative sul futuro non si siano realizzate, tuttavia in ogni epoca c’è bisogno di nuove visioni per gli scopi dell’umanità.
Il messaggio positivo che viene offerto dall’artista Varnai è senza dubbio qualcosa di piacevole, che può migliorare le premesse di una giornata grigia e lo scenario in cui ce lo presenta non può che essere accolto da un sorriso dopo aver oltrepassato la scritta Peace on Earth, illuminata al neon, e trovarsi di fronte un Arcobaleno formato da ottomila “colori” creati con i distintivi originali di varie associazioni, società, città e movimenti od eventi degli anni Sessanta e Settanta. L’epoca evoca la promettente immagine del futuro della Guerra fredda, la visione della pace sui conflitti, un messaggio tramite i
foto Artedamiani |
segni racchiusi nei significati di ogni distintivo che riferisce di lavoro, diletto, sport e quant’altro.
Gyula Varnai crea le sue opere con le più svariate tecniche, utilizzando oggetti reali e visuali del passato, spesso reliquie della guerra fredda o riferite ai dintorni della sua città, Dunaùjvàros, l’antica Città Stalin ungherese. Le sue opere assemblate riscrivono l’immagine del mondo stereotipato nell’Europa dell’est con referenze contemporanee.
PEACE ON EARTH
Di Gyula Vàrnai
Padiglione Ungheria
Venezia, Giardini di Castello
13 maggio – 26 novembre 2017
Intervista a Michele Casamonti
Questo importante avvenimento, così esordisce Michele Casamonti, che ci accoglie con la consueta ed ineguagliabile cortesia, crea l'opportunità di presentare, in una galleria privata, la più importante retrospettiva, mai realizzata, dell'opera di Alighiero Boetti (1940-1994).
Boetti, ancora oggi vero maestro, guardando le generazioni di artisti a lui ispirata, si può considerare il fondatore principale dell'arte concettuale. Era con ciò naturale realizzare l'apertura in omaggio a questo importante artista italiano con cui la Galleria Tornabuoni ha tradizionalmente lavorato sino alla fine degli anni '80.
I grandi spazi della nuova galleria consentono di costruire un percorso articolato in cinque sezioni distinte, che seguendo un itinerario quasi cronologico, in realtà ripercorrono le diverse tappe delle vicende artistiche di Boetti.
Si inizia dalla prima sala così detta delle Mappe, una sala che raccoglie i lavori più conosciuti, più iconici della ricerca di Boetti. Sono lavori realizzati, pensati, costruiti e disegnati a Roma, ma ricamati in Afganistan dalle donne Afgane. Le mappe, approssimativamente 250, riproduzione fedele delle variazioni geo-politiche mondiali, sono a rappresentare così la globalizzazione del mondo nel tempo in cui vengono realizzate.
Si prosegue poi con la sala dedicata all'opera "Copertine 1984", dove Boetti restituisce un'immagine complessa e articolata, quasi indecifrabile nel suo insieme costruita con un criterio preciso, cronologico dell'anno 1984. L'idea è di realizzare e raccontare uno spaccato complesso di quel periodo storico; le stesse sono realizzate con 12 pannelli ciascuno di 1mt X 1,5 mt all'interno del quale sono riprodotti i dodici mesi e ciascuno dei dodici mesi contiene diciotto copertine.
Si passa poi al concetto "dell'ordine nel disordine": l'esigenza di classificare gli oggetti prima di tutto. Il ciclo chiamato Cielo - Alta Quota, raccoglie una molteplicità di oggetti che si trovano in una sola
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Michele Casamonti |
opera: gli aerei.
Modelli di aerei che hanno fatto la storia dell'aviazione: un cielo caotico, come se in qualche modo fosse condensato in un'estensione temporale, Boetti li rappresenta tutti in un sola immagine.
Una delle opere più conosciute sono I Ricami, con le frasi scritte e le lettere, esempio di passaggio concettuale tra disordine ed ordine.
Sono un caos di lettere, ma in realtà costruite secondo una grafica, una struttura per cui conoscendo le regole diventano leggibili.
Da questo omaggio parigino a Boetti è scaturito un evento più ampio e specifico dal punto di vista del tema che sarà organizzato dalla Galleria presso la Fondazione Cini dall'11 Maggio in concomitanza
E' un tributo all'opera di Boetti cercando di costruire una mostra che si chiama Minimum Maximum, tutte sul tema del formato e della dimensione, mettendo in relazione per ciascuna tipologia di opera la più piccola e la più grande.
L'idea di questa mostra è dimostrare che tra la piccola e la grande non c'è differenza, è tutto un gioco concettuale posto all'interno dell'opera stessa: tra il piccolo e il grande infatti non c'è differenza nella ricerca concettuale dell'artista.
Perché nonostante quattro ore di fila sotto la pioggia battente, il braccio anchilosato dall’aver retto l’ombrello per così tanto tempo in un freddo omeriggio della metà di maggio e le gambe intirizzite quando sono entrata nelle Scuderie del Quirinale qualche anno fa e ho visto i quadri di Michelangelo Merisi detto Caravaggio, invece di accasciarmi sulla prima poltroncina disponibile non ho saputo far altro che correre da un dipinto all’altro? Non riuscivo a staccare gli occhi dai suoi quadri e ad allontanarmi dalle sensazioni estreme che salivano dentro di me dallo stomaco al cuore.
Partendo dal celeberrimo “Canestra di frutta” ( non a caso è stato eletto logo della mostra) che apre subito il confronto tra il visitatore appena entrato e il genio del pittore maledetto e passando poi a tutte le altre opere dal “il Bacco” i Bari” “la Deposizione” “Il concerto di giovani” e tutte le altre posso dire con certezza che non stavo visitando una mostra, ma ero entrata in un teatro. Ho pensato ad Harry Potter alla famosa scuola di Hogwarts dove i personaggi dei quadri di punto in bianco iniziano a parlare e a muoversi e talvolta escono dalla tela.
Mi aspettavo da un momento all’altro che Giuditta una volta finito con Oloferne lasciasse cadere la spada e mi chiedesse“Ho fatto la cosa giusta?” che il Cristo flagellato mi si avvicinasse e mi poggiasse la testa sulla spalla, che il Bacco irriverente mi facesse l’occhiolino.
Quante volte davanti ai quadri di altri geni quali Leonardo da Vinci abbiamo pensato “Sembrano fotografie” e davanti a Raffaello “sono pura poesia” Ecco davanti a Caravaggio noi vediamo l’unione del realismo e della poesia, del sacro e il profano, ammiriamo il capolavoro Caravaggio non fotografa semplicemente l’umanità e allo stesso tempo non vuole ammantare di poesia la realtà. Non vuole mistificare neppure la rappresentazione della divinità. Furono diversi infatti i suoi quadri rifiutati da ordini monastici per i suoi santi e le sue madonne troppo “popolani” Caravaggio dipinge delle vicende e le usa come pretesto per catturare l’anima umana. Individua uomini e donne, dopo averli cercati per le vie Roma, e li traduce su una tela. Attua un semplice trasferimento, imprigiona la loro essenza, catturando le luce che una determinata azione accende nei loro corpi, ci mostra il loro lampo vitale circondato sempre e comunque da un’oscurità inquietante. E i chiaroscuri dei suoi quadri sapientemente fusi alle luci e alle ombre riprodotte nelle sale dai curatori della mostra, ci insinua quella lieve angoscia dentro, che si mescola allo stupore, all’ammirazione, alle mille domande che sorgono sulla sua vita disgraziata e dissennata. Ci lascia commossi, inquieti e riconoscenti. Con queste sensazioni complesse mi sono recata al punto vendita della mostra e mi è caduto l’occhio sul un libro intitolato “Caravaggio una luce nelle tenebre” scritto dallo studioso americano Roy Doliner. Più tardi andando avanti nella lettura di questo saggio ho rischiato di cadere nel tranello e provare un pizzico di delusione, ma è stato solo un attimo. E’ accaduto quando a pagina 71 ho letto questo brano: “Nella sua mansarda d’artista il soffitto e la finestra dell’abbaino erano dipinti completamente di nero e la
parte superiore del lucernario era stata sfondata per far entrare la luce che si rifletteva in uno specchio convesso collocato vicino alla finestra in modo da concentrarsi come in un riflettore nell’oscurità dello studio sottostante. Focalizzando la luce intensa dall’alto creava il famoso hiaroscuro teatrale delle sue opere, evidenziando i modelli e gli oggetti principali delle scene eliminando i dettagli inutili con l’uso dello scuro” Caravaggio usava insomma una rudimentale camera oscura, improvvisata con i mezzi dell’epoca. Con lo specchio l’immagine veniva proiettata direttamente sulla tela creando poi un effetto ricalco e quindi il più reale possibile.
Questo sistema facilitava il suo lavoro, velocizzava i tempi e gli lasciava più tempo libero per dedicarsi alle sue occupazioni preferite: i bagordi le risse e il gioco.
Tesi avvalorata anche da alcuni scritti dei suoi contemporanei, e dal fatto che conoscesse la tecnica perché a servizio del Cardinal romano Del Monte, uomo illuminato e al corrente di tutte le novità scientifiche del tempo tra cui anche la costruzione dell’ultima camera oscura della Porta a Venezia. Che dire? La sua improvvisata camera oscura gli era di aiuto certo...ma è veramente il suo grande segreto? Che tanto genio lo si possa spiegare solo svelando l’uso di uno specchio convesso? Che tutto di Caravaggio lo si debba sempre ricondurre alle sue intemperanze
e alle sue poco ortodosse inclinazioni e che non abbia nessuna grandezza spirituale un uomo che dipingeva quadri simili?
Io non credo. Pochi lo credono per fortuna.
Tra gli ultimi quadri esposti nel percorso della mostra troviamo “Davide e Golia” la testa di Golia è un autoritratto di Caravaggio a tre mesi dalla sua morte. Guardate bene l’espressione di Davide e quella di Golia nella testa mozzata. Se riusciamo veramente ad entrare dentro a questo dipinto, capiremo che la risoluzione del rebus e lì. Pietà, superbia, umiltà arroganza, luci ,ombre, eroi buoni, giganti cattivi, sacro e profano, ideali sublimi e istinti più bassi, tutto convive nelle tavole di Caravaggio così come dentro tutti noi e quindi nel mondo, ma lui solo ha saputo fissare il caos su una tela in modo talmente umano da risultare ultraterreno.
Facciamo una fila di quattro ore per vedere noi stessi riprodotti in modo magistrale. Forse è questo il segreto.
Le donne ritratte da Giovanni Boldini richiamano istantaneamente e immancabilmente l’aria del terzo atto del Rigoletto di Giuseppe Verdi, La donna è mobile. Non sono mai ferme o statiche, ma colte sul momento, perennemente accompagnate dal fruscio delle preziose, lucide e luccicanti stoffe dei loro elegantissimi abiti. Anche quando siedono o stanno fisse sui loro piedi, il movimento viene da dentro, dallo stato d’animo. La luce dei gioielli non offusca la lucentezza del loro sguardo, che, anzi, si sostituisce, in mancanza, ai preziosi monili. Il curatore Tiziano Panconi, autore del catalogo ragionato di Boldini nel 2002, ha detto, in conferenza stampa, che le donne dei dipinti emanano un fascino talmente grande, da non averne esse stesse piena consapevolezza.
Al contrario gli uomini ritratti dal pittore ferrarese, parigino di adozione, siedono statici. Il celebre ritratto di Giuseppe Verdi, presente in mostra, lo inquadra frontalmente, con lo sguardo rivolto allo spettatore, ipnotico, come quello delle divinità orientali e delle icone bizantine.
Alle donne di Boldini si uniscono quelle ritratte da Cristiano Banti, Vittorio Matteo Corcos, Giuseppe De Nittis, Antonio de La Gandara, Paul- César Helleu, Telemaco Signorini, James Tissot, Ettore Tito, Federigo Zandomeneghi.
Quattro le sezioni dell’esposizione: La luce nuova della macchia (1864-1870) rende conto dell’influenza dei Macchiaioli fiorentini; La Maison Goupil fra “chic” e “impressione” (1871-1878) racconta l’esperienza parigina nell’ambito degli Impressionisti; La ricerca dell’attimo fuggente (1879-1890) vede ancora Parigi protagonista, ma questa volta dalla parte dell’alta borghesia; Il ritratto Belle Époque (1892-1924) è caratterizzato dalla grandezza naturale delle figure.
Nel catalogo edito per i tipi della Skira, riveste particolare importanza la pubblicazione delle quaranta lettere circa, inviate da Boldini, in qualità di Presidente della commissione d’arte per la sezione italiana dell’Esposizione Universale di Parigi del 1889, a Telemaco Signorini, incarica della scelta e della spedizione delle opere degli artisti fiorentini.
Nel volume sono riprodotti anche quattro schizzi inediti risalenti agli anni tra il 1906 e il 1921.
Giovanni Boldini
4 marzo- 16 luglio 2017
Roma, Complesso del Vittoriano- Ala Brasini
Orario: da lunedì a giovedì 9.30-19.30
venerdì e sabato 9.30-22.00
domenica 9.30-20.30
Ingresso: Intero €.14,00, ridotto €12,00 audioguida inclusa
Info: 06 8715111
Catalogo: Skira €.39,00