
L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Marzia Carocci
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Antonio Panzera - Giuliano del Capo (Le) 1825 - Lecce 1886 |
Tra i personaggi Illustri che si sono particolarmente distinti durante il periodo del risorgimento italiano, oggi ci occuperemo di Antonio Panzera, oltretutto un mio avo, mia nonna paterna Clotilde Carmina Panzera classe 1889, parente del ramo brindisino della famosa famiglia di Giuliano del Capo.
Discendente di una antica famiglia detta dei - conti nobili - di Giuliano di Lecce, già del Capo, perché insieme a Santa Maria di Leuca e Salignano, è una delle frazioni confinanti con Morciano di Leuca, Gagliano del Capo e Patù, zona dell’entroterra sud Salentina all’estremità della nostra penisola italica, quasi sulla “punta del tacco”. Secondo una tradizione di famiglia, l’origine risalirebbe alla metà del sec. XV. Sin dal 1600 la famiglia Panzera viveva “more nobilium” - secondo la consuetudine dei nobili - e godeva di numerosi privilegi e benefici, tra cui quello di “frangere e molire”, cioè il trattamento e la lavorazione delle olive e la produzione di olio, che erano diritti di quei tempi riservati ai soli Baroni. Nel corso dei secoli i Panzera si distinsero per le ricchezze accumulate e la cultura, molti di loro divennero Dottori in “utroque” - i laureati in diritto civile e canonico - e in medicina, oltre a sacerdoti e Letterati tra i quali anche un poeta e scrittore. Cresciuto in una famiglia prevalentemente cattolica, si trasferisce a Lecce, come era consuetudine dei figli dei benestanti delle province limitrofe, per studiare presso il collegio dei Gesuiti di Lecce. Conseguita la laurea in legge, partecipò con entusiasmo e “ piena fede liberale ” al movimento risorgimentale.
Nato negli anni della dura restaurazione del Regno delle due Sicilie sotto l’Indipendenza di - Ferdinando Cito - dei Marchesi di Torrecuso, spietato Intendente della provincia d’Otranto, esecutore della vigilanza della “polizia borbonica" in terra d’Otranto, eseguito dal - 1825 al 1826 -, un anno di servizio “terribile” tra esecuzioni sommarie e addirittura 6000 arresti e interrogatori crudeli, e che riprese le inchieste sulle “sette” che i suoi predecessori – Guarini e Cammarota – avevano da tempo abbandonato. Nota che ci aiuterà a comprendere quale fosse lo spirito degli studenti di legge che si trovarono, come il giovane Antonio Panzera, nel bel mezzo di una riforma intellettuale e culturale che lo formò come un eccellente interprete del Libero pensiero in quel vento di libertà e di speranza che si respirava tra la popolazione che sognava un’Italia unita e indipendente. Precedentemente il – Cito - volle accertare l’effettiva esistenza in provincia di Lecce della “Setta degli Edennisti”, detta anche delle “otto lettere”, o dei “quattro colori ” - col primo nome si voleva indicare il giardino dell’Eden, col secondo nome si alludeva ai misteri della Setta, col terzo nome si indicava il - “segreto materiale” dei soci, consistente in lacci di seta o margheritine dai colori rosso, celeste, nero e giallo che indossavano di sotto la camicia, all'estremità di un triangolino equilatero con le lettere L.U.G. che significavano “Libertà, Uguaglianza, Giustizia” - che secondo le varie denunce, si era estesa nei Comuni del Capo di Leuca, nei quali, sempre secondo il “terribile Cito”, vi erano aderenti ed affiliati mai inquisiti dai suoi predecessori. Un linguaggio tipicamente “carbonaro” fatto di allegorie e simboli che richiamavano le materie esoteriche della “Massoneria” che in quel periodo aveva fortemente condizionato lo spirito liberale del popolo attraverso i suoi aderenti, come i più famosi nazionali G. Mazzini, N. Bixio, C.B. Cavour e i salentini C. Braico e B. Marzolla.
Antonio Panzera divenne orgogliosamente Capitano delle Guardie Nazionali, e riferendosi ai suoi soldati: < è da codardia non marciare alla loro testa >; frase riportata da un giornale locale del tempo, “il Dittatore”, episodio che mette in luce alcune delle sue virtù e cioè la semplicità e la modestia e il coraggio, caratteristiche spiccate di quest’uomo che fu, in seguito, uno dei protagonisti più stimati della vita politica attiva del tempo.
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Busto di Antonio Panzera a Lecce |
A seguito dell’Unificazione d’Italia avvenuta di fatto nel 1861, fu nominato, nel ’64, - Tesoriere dell’Associazione Unitaria Costituzionale Italiana - di Lecce, voluta e sostenuta dal Duca Sigismondo Castromediano, noto letterato e archeologo italiano, che gli servì da “apriporta” alle cariche più nobili per l’epoca quali quelle di Consigliere Comunale, carica ricoperta più volte, di Consigliere Provinciale fino alla Presidenza della Provincia di Terra d’Otranto. Per le politiche del 1870 la sua candidatura nella destra “storica”, si risolse con una vittoria significativa sul suo antagonista, soddisfacendo il desiderio di coloro che da tempo chiedevano una figura di spessore e di cultura a capo della politica locale e nazionale. Tre anni dopo, è a capo del “Partito Liberale Moderato” fortemente voluto dagli uomini più influenti e Illustri del Salento, i quali riponevano in lui, estrema fiducia per la provata onestà e rettitudine indiscussa. Fu Deputato al Parlamento, per Lecce, eletto attraverso il collegio di Tricase, fu in carica per quattro legislature – 1870/1886 – distinguendosi come deputato della Destra Liberale aperto alle riforme sulla legge elettorale proposte dalla Sinistra, ma che volle votare a favore, come “progressista” e difensore del diritto, con l’approvazione sull’abolizione della tassa sul “macinato”, detestata dal popolo contadino per il quale manifestava immenso rispetto. Lo stesso che nutriva per tutti coloro che, seppur di fazione opposta, lavorava per il bene comune. Una figura politica e umana con una sensibilità innata che si è perduta nel tempo, una particolare nobiltà d’animo che oggi si è trasformata in una “caciara romana” fatta solo di continui attacchi verbali e proclami populisti che identificano lo scarso livello politico che stiamo vivendo, e che di questo periodo risorgimentale potrebbero fare buon “uso” per il nostro prossimo a venire. Chi non conosce la storia, non ha futuro.
Sindaco di Lecce dal - 1884 al 1885 – nel bel mezzo della terribile epidemia da “colera” che colpì tutto il territorio Nazionale, che lo porto a istituire una Commissione Sanitaria, con lo scopo di una profonda ristrutturazione dei servizi sanitari e igienici. Eseguì tra l’altro, forse, il primo “Lockdown” a zona rossa della s
toria contemporanea, chiudendo le porte della città di Lecce durante la festa di Sant’Oronzo, fortemente voluta dai concittadini e che produsse un detto popolare che riporto: “ Durante lu colera, lu Sindacu Panzera, ha chiusu la città. Ricciu ricciu e lari rulì ”. Antonio Panzera muore il 09 Ottobre 1886, nel suo palazzo di via Palmieri dove fu, per deliberazione del Consiglio Comunale, appena quattro giorni dopo, a lui intitolata la piazzetta antistante il suo Palazzo. Fu commemorato alla Camera dei Deputati nella Tornata del 23 novembre dello stesso anno, e ricordato come uomo dai “modi gentili, squisitamente distinti, sommamente benevolo e premuroso nel suo pensiero che non fosse indirizzato al bene altrui e al bene pubblico”. Ebbe un solo fratello, Giovanni sopra citato come “poeta e scrittore”. Ad Antonio Panzera si deve anche la parentela di un’altra “garibaldina” altrettanto famosa che fu Antonietta De Pace di Gallipoli, patriota, educatrice e infermiera militare italiana, figlia di Gregorio De Pace cognato di Giuseppe Panzera e dunque sua cugina. Ma questa è un’altra storia.
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Rito del solstizio d’estate |
Antonio Presti, indiscusso mecenate d’arte siciliano, che vanta fra le sue creazioni anche il parco sculture più grande d’Europa ovvero Fiumara d’arte, ancora una volta centro del mirino dell’ennesimo atto reazionario che lo vorrebbe coinvolto negli ultimi tragici eventi di Caronia.
Del “caso” Presti e della sua opera di semina e produzione di Bellezza, invero ci eravamo già occupati poco più di un anno fa in occasione della ricorrenza del solstizio d’estate e della sua celebrazione fra le alture di Motta d’Affermo ai piedi dell’ormai tanto discussa scultura, un tetraedro di trenta metri in acciaio corten oggi co-protagonista insieme a Viviana Parisi di 43 anni e a suo figlio Gioele, del giallo di Caronia.
Anzi a giudicare dalle prime indiscrezioni sui fatti la scultura sarebbe “indagata” quale causa prima della scomparsa della dj di Venetico poiché, questo monumento inizialmente votato alla Conoscenza e al suo percorso di ricerca, ultimamente – hanno dichiarato i legali della famiglia di Viviana Parisi- è andata incontro ad una sorta di deriva mistica molto diffusa nella zona. Ipotesi che ben si inserisce nella complessa vicenda della donna e della “crisi mistica” che stava attraversando peraltro comprovata da un certificato medico trovato a bordo della sua auto. Partita da Venetico col pretesto di andare a Milazzo per comprare delle scarpe al piccolo, la donna ha poi notevolmente deviato il suo percorso probabilmente tentata di raggiungere il luogo della piramide sul quale la sera precedente aveva chiesto informazioni, forse per prendersi una pausa da un lungo periodo di stress emotivo.
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La materia poteva non esserci |
Antonio Presti non è certo nuovo a eventi incresciosi che da sempre, dall’inizio della sua attività nel territorio siciliano nel 1982, lo hanno riguardato nel tentativo di spegnere qualunque fiammella che arde quasi a scongiurare il divampare di un incendio.
Così ai primi, peraltro non tanto timidi, tentativi di bloccare il progetto ubicato lungo gli argini del fiume Halesus, da parte delle autorità locali, è presto seguita una vera e propria vicenda giudiziaria fatta di espropri, sequestri, minacce in pieno stile della mafia locale, come ebbe a riferire lo stesso Presti e, non ultima, un’interrogazione parlamentare che, a metà anni Ottanta vide coinvolto niente meno che Bruno Zevi. Anzi fu proprio Zevi l’autore della petizione al Ministero nel tentativo di fermare gli atti di persecuzione giudiziaria contro Presti che, a dispetto di ogni atto intimidatorio, è andato avanti comunque arricchendo progressivamente lo spazio di opere nuove fino alle ultime, recenti inaugurate lo scorso giugno: Bosco incantato installazione a cura di Umberto Leone e Ute Pyka e Cavallo eretico scultura di Antonello Bonanno Conti.
Due opere intimamente connesse, l’eresia dell’immaterico cavallo come base imprescindibile di un percorso di conoscenza laico e libero dal dogma dottrinale di una società asservita ad un clero mistico e mistificatore si intreccia con l’altrettanto imprescindibile percorso, arduo e travagliato, che bisogna compiere per affrancarsi dalle tenebre mentali dell’ignoranza qui simboleggiato dal sentiero dei tronchi in una tanto sorprendente quanto efficace analogia col libro. Il libro della Vita!
In ultima analisi, per noi questo è Antonio Presti, cultore e diffonditore di Bellezza, mecenate che dà spazio ad ogni artista nascente e non, persona che non lesina nell’esserci laddove si richiede la sua preziosa presenza al di là delle innegabili crisi “mistiche” o di qualsivoglia altro tipo che possono certamente influenzare la vita di ognuno.
Perché quando si fa la differenza…quello è veramente un problema!
Ancora una volta tutti colpevoli innocenti, figli di un Saturno che divora per paura di essere spodestato.
Si terrà il 5 settembre prossimo presso il Parque tecnologico di Fuerteventura nelle Isole Canarie la quarta edizione del premio Internazionale “Ut pictura poesis” dell’Associazione culturale IrdidestinazioneArte che nelle precedenti edizioni si è svolto a Firenze, patria della lingua italiana.
Quest’anno si è voluto guardare con maggior attenzione al mondo culturale spagnolo per rafforzare ulteriormente il settore culturale e creativo, la posizione internazionale e la visibilità sulla mappa europea, per promuovere i valori europei di multiculturalismo e multilinguismo.
Il Premio alla cultura “Ut pictura poesis” 2020 è stato assegnato a Neria De Giovanni, presidente dell’Associazione Internazionale dei Critici Letterari perché “con la sua professionalità ha contribuito a dare lustro e merito a tutto ciò che la cultura rappresenta nel mondo, in tutte le sue molteplici manifestazioni”.
“Sono molto lieta ed onorata di ricevere questo premio- ha commentato Neria De Giovanni- non soltanto perché Alghero, la mia città, è legata alla Catalogna, una Regione importantissima della Spagna, ma anche perché l’AICL- Associazione Internazionale dei Critici Letterari il cui Bureau presiedo, ha collegamenti molto stretti con gli scrittori spagnoli. Il nostro Segretario Generale è Angel Basanta Folgueira, dell’Università di Madrid, presidente dell’Associazione Spagnola dei Critici Letterari. Recentemente la Nemapress, di cui sono direttore editoriale, ha pubblicato “Ungarettiana”, un libro per ricordare i cinquant’anni dalla morte di Giuseppe Ungaretti, con ben 19 interventi di critici di tutto il mondo, tra cui tre della Spagna. E proprio nella provincia di Castilla e Leon ,a Ponferrada, grazie al critico e scrittore Manuel Angel Morales Escudero, il 19 agosto u.s. il libro è stato presentato per la prima volta a livello internazionale”.
Il 5 settembre a Fuerteventura, saranno presenti alla cerimonia: Josè Carlos De Blasio, console onorario d’Italia; Andres Brianso Carcamo, vicepresidente e consigliere insulare per la cultura; Moises Jorge Naranyo, direttore del patronato del turismo di Fuerteventura e Maria Grazia Genova responsabile progetti internazionali dell’Associazione IrdidestinazioneArte.
“Le belve”
Sono stati pubblicati alcuni articoli con i relativi commenti sul ritrovamento di un quadro del pittore francese André Derain, uno dei caposcuola della tecnica delle “fauves” ossia delle “belve”, così come sono stati tacciati pittori di questo stile nato alla fine del XIX secolo, per la violenza cromatica dei colori usati in modo quasi casuale, sia nei ritratti delle persone che nei paesaggi delle loro opere. André Derain era stato uno dei promotori di questa tendenza artistica insieme ai colleghi Matisse, Vincent van Gogh, Henri Manguin, Maurice de Vlaminck, Charles Camoin ed altri ancora.
Questi pittori, attraverso una sorta di protesta nei confronti della società adagiata sul vecchio stile, intesero esprimere con la loro intolleranza alla quiete, un incitamento al cambiamento: cambiamento di stile; cambiamento di valori; cambiamento di vita rivolto alla società conservatrice della tradizione del secolo precedente.
Anche i quadri di Derain nell’arco di tempo in cui il “fauvismo” è posto all’attenzione della società, sono stati caratterizzati da precisi tratti figurativi, apparentemente frettolosi e alquanto stilizzati, talvolta anche semplici ma mai semplicistici rispetto alla realtà delle figure rappresentate. Le inconfondibili zone cromatiche nello stile di Derain, acquistano però significato e vigore in luogo delle sfumature delle linee ornate, caratteristiche di volti e corpo delle persone ritratte nello stile classico.
Gli inconfondibili tratti
Molto è stato detto negli articoli precedenti attraverso un’analisi semiotica comparativa tra il quadro in questione ed altri ritratti di personaggi eseguiti dallo stesso autore, nei quali sono state indicate tratto per tratto, le analogie di stile di colore e di forma tra le varie opere. La comparazione con il dipinto in questione è stata sorprendente per il numero dei riferimenti che hanno delineato l’inconfondibile mano pittorica dello stesso Derain.
Tra i commenti di approvazione delle conclusioni a cui l’ analisi semiotica comparativa è pervenuta, sono stati sollevati dubbi non sullo stile ma sull’effettiva autenticità del quadro per il fatto che mancando la firma dell’pera, non poteva essere attribuita per la congruenza dei tratti, sic et simpliciter, alla creatività di Derain.
Vale quindi la pena di approfondire questo aspetto e le varie sfaccettature del quadro, meritevoli di ulteriori precisazioni.
L’acquisto fortuito
La prima è che per definizione, la firma non può esserci in quanto tutto ciò che è stato detto è proprio per il fatto che l’opera non firmata è stata ritrovata tale e quale al momento dell’acquisto. L’ acquisto è avvenuto in Inghilterra a metà del secolo scorso in un mercato di Londra probabilmente per la singolarità dei segni cromatici del fauvismo che da parte del venditore e dell’acquirente, rimarcavano soltanto la stravaganza cromatica di irreale aderenza alle forme classiche di un ritratto.
In secondo luogo, in forza o meglio dire in debolezza della scarsa conoscenza pittorica dello stile delle “fauves”, l’ acquirente non è andato oltre la conoscenza artistica della sua immediata sensazione di folclore pittorico, soprattutto nei colori del volto.
Malgrado la dedica sul retro del quadro al Presidente americano Roosevelt, con una frase di un suo stesso discorso riabilitativo di qualsiasi forma di progresso, questa dedica non è stata ricollegata dall’ acquirente del quadro al fermento storico della recente entrata in guerra. Fu infatti con la riabilitazione del progresso artistico fino allora considerato futile e marginale che in America iniziò l’ acquisto per i musei di ogni genere di arte. Fu questa geniale idea di Roosevelt per creare subito da niente, un notevole valore di mercato attraverso la veloce circolazione di moneta pubblica e privata per gli impellenti investimenti di guerra.
La dedica
La delega a Roosevelt apposta nel retro del ritratto è un estratto del messaggio al Congrsso USA del 6 gennaio 1942.
“Noi lottiamo per la sicurezza e per il progresso e per la pace, non soltanto per la nostra ma per quella di tutti gli uomini, non per una generazione ma per tutte le generazioni”.
Questa dedica esprime il grande consenso di Derain per la riabilitazione che il Presidente USA di cui era un ammiratore, seppe dare al progresso con il riconoscimento di ogni tipo di estro creativo, tra cui quello delle “fauves” ritenuto fino allora dalla critica, un arcaismo ormai esaurito. Da ciò si evince che il quadro incompiuto, sia stato interrotto nell’ aprile del 1945 nell’ imminenza della vittoria USA, a causa della inaspettata morte del Presidente a cui Derain gli dedicava il ritratto probabilmente per consegnarglielo, proprio nello stile riabilitato dallo stesso Roosevelt.
Dunque l’intenzione dell’acquirente del quadro è stata solo quella di entrare in possesso del dipinto in funzione della piacevole stravaganza pittorica e non invece per un atto speculativo mai avvenuto, inteso a presentare sul mercato d’ arte il dipinto a fine di lucro.
Infatti solo qualche anno fa è stata convalidata con un’analisi approfondita, l’intuizione durante una cena in un appartamento della Roma romantica, che uno dei quadri visitati in soffitta fosse proprio quello di cui si sta parlando adesso.
Conclusione
Per queste ragioni e per altre ancora che sembra inutile aggiungere, si ritiene che il ritratto del Presidente Roosevelt non sia affatto un’imitazione, ma un’opera importante di André Derain; opera realizzata nel corso degli anni ‘40 con il vecchio stile delle “belve” inizialmente incompreso, ma che il Presidente Roosevelt dette ragione e dignità artistica con il proclama che la stessa dedica riporta.
Senza pensarci e quasi controvoglia dopo mesi sono tornata ad entrare in un museo. Mi sono talmente concentrata nel tenermi occupata, in casa, al computer, che, quasi senza rendermene conto, ho interiorizzato il distanziamento.
Mi sono rifugiata, ancora una volta nello studio, però in qualche modo, stavolta l'arte ne era rimasta chiusa fuori, come tutto il resto.
Eppure ormai dovrei saperlo che se c'è qualcosa che mi consola e che mi da speranza è proprio lei.
Forse è che questa volta qualcosa è riuscito a togliermela, a tenermi lontano, a togliermi il gusto, almeno apparentemente.
Sono distratta in biglietteria, non so dove andare e che devo fare, non lo so più, non so più muovermi a casa mia.
Salgo le scale e la bella architettura del Palazzo dei Priori si insinua a poco a poco, sparisce il caldo, affiora il sorriso.
La custode spiega le regole di visita e il percorso, quasi si scusa per tutto questo, ma io sono già oltre, persa nella bellezza.
Comincio proprio con la mostra di Taddeo di Bartolo, mi attira quell'atmosfera rosso arancio, dalla luce calda e soffusa.
Subito mi catturano queste bellissime Madonne, fondo oro, colori tersi, ma soprattutto è il rosso, ali rosse intorno al trono. Rosso dappertutto, ali come fiamme, ma sono angeli, quelli che bruciano dell'amore di Dio, per Dio.
Procedo di rosso in rosso, rapita, torno in me quando scopro la tavoletta con S. Francesco e il Sultano, originariamente parte della predella della smembrata Pala di San Francesco al Prato. La quadratura del cerchio: è stata oggetto di uno dei corsi che ho seguito all'università quest'anno, tutto è tornato al suo posto, tutto ha di nuovo senso.
Attraverso il pianerottolo e torno a visitare la Galleria Nazionale dell'Umbria, non mi ricordavo tutte le magnifiche sculture policrome e anche molti dei dipinti.
C'è il piccolo (solo di dimensioni) dipinto perfetto di Raffaello. E un Santo Stefano che tiene, insolitamente, un sasso in mano, sembra quasi meditare con molta calma a chi tirarlo.
Un San Sebastiano un po' dandy, vestito di tutto punto, tiene una freccia come fosse un bastone da passeggio. Accanto a lui la Maddalena (?) ha lasciato a terra il vaso con l'unguento, chissà chi dei due, muovendo distrattamente il prossimo passo, lo rovescerà?
Taddeo di Bartolo
28.05-30.08.2020
Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria
Info: 075.58668436; This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.
Catalogo: Silvana Editoriale €.35,15
“La piazza come madre di una comunità”. Si potrebbe così sintetizzare la breve ma incisiva intervista rilasciata dall’archithetto Michele Schifano giorno 3 luglio, in merito alla polemica che sta sollevando tra la comunità mussomelese il progetto di riqualificazione di Piazza Umberto I. In meno di 24 h. il video ha superato le ….. visualizzazioni, successo probabilmente dovuto anche all’importanza e all’attualità del tema trattato. Al centro della polemica il tanto discusso e controverso “spostamento” del Monumento ai caduti del 1924, di non trascurabile rilievo artistico, fortemente voluto dall’amministrazione in carica e fortemente osteggiato dall’opposizione. Lo scopo della discussione, sin dal suo primo nascere, è stato quello di esulare dalla valenza politica acquisita dalla tematica in questione a qualche mese prima delle comunali e incentrare l’attenzione su principi di carattere universale. La (ri-)scoperta di un luogo dell’incontro e della memoria come può avvenire se non con il compimento di un atto poetico? E quell’atto poetico ci restituisce una piazza, una madre, la coscienza della fratellanza altresì nobilitata da un ben definito richiamo artistico che la vuole “Origine del mondo” in quanto “eterno femminino”, principio primo e arketipico, fondante e fondativo. Dall’altezza di Monte S. Vito, ammirando il crinale che, con la sua linea immaginaria, traccia il vissuto di una comunità in crisi come per l’appunto vuole l’etimologia della parola crinale che facciamo derivare dal verbo greco “krino” ossia giudico, prepotente emerge la necessità di una coscienza e di un giudizio critico nei confronti del mondo che ci circonda. Perché questa piazza ha deviato fortemente dalla sua funzione originaria e primordiale di “agorà” che la vorrebbe sede dell’”ekklesia”, dell’assemblea e principio di democrazia, assumendo i caratteri di una vera e propria arena degli oratori. Quasi una sfida a chi meglio riesce a rendere forte il discorso debole.
Luogo della memoria che, all’occorrenza, può anche diventare frutto dell’innovazione o dell’evoluzionismo, come ha tecnicamente precisato, Schifano, procedendo nella metafora antropomorfica che non è certo sterile teoria fine a se stessa ma tesi ben sperimentata in campo architettonico e, ancor di più, in sede urbanistica. E inevitabilmente, un organismo vivente pone e impone il problema della CURA e quindi di quell’apparato tecnico preposto a svolgere tale, delicato, compito. Con la figura allegorica del contrappunto che racchiude e svela la segreta speranza dell’anima volta al superamento dei contrasti, in virtù del raggiungimento di un bene supremo. Con la consapevolezza che laddove l’estetica incontra l’etica si raggiunge il Sommo Bene. Con l’invito ad ascoltare il silenzio che la Madre Piazza ci chiede, augurandoci che sia foriero di buoni consigli e generatore di nuove melodie, ci prefiguriamo questa piazza dell’immaginario come semantica di un luogo e della sua Comunità ritrovata!
Un particolare ringraziamento va a Peppe Piccica, artista noto non solo a Mussomeli, che ha dato il suo eccellente contributo per le riprese e i consigli .
Per cortese autorizzazione dell'Autrice - di cui, in calce, segue un profilo - e d'intesa con l'Editore originario BETAPRESS.IT, che ringraziamo, pubblichiamo un interessante e dinamico scritto che si riconduce alla vasta gamma di sensazioni originate dai giorni di lockdown ... ma non solo.
I Lettori, ne siamo certi, si sentiranno certamente attratti dalle sensazioni espresse dall'Autrice: ora identificandovisi, ora percependo connotazioni nuove o diverse di un recente, personale, vissuto. https://betapress.it/il-violinista-sul-balcone/
Quando taluno - con piglio autoritario ovvero dittatoriale, o 'a tassametro' come ama spesso indicare chi ora Vi scrive - tenta di soggiogarvi all'assioma "virus=niente sarà più come prima", non lo fà certo perché sia dotato di particolari doti cognitive o precognitive: lo fà per utilitarismo, o nella speranza di poter trarre personale vantaggio dall'opera dei 'burattinai' che stanno gestendo questa situazione, circondati da cortigiani e seguiti da gente che, purtroppo, ha limitata intelligenza, insufficiente cultura, ma anche quella paura subdolamente inoculata con il supporto di complici interessati: della cui buona fede chi scrive dubita fortissimamente. Ecco allora che le parole di questa capace e sensibile Autrice, ben captate da un Editore attento, assumono un Valore molto importante: quello della solidità, della forza delle Energie sane, dell'Armonia di quell'Amore Universale di cui ogni essere umano è pur intriso, anche se non di rado se ne dimentica o - peggio - non ci fa più caso. E questo fa sì che Jasmine Laurenti ci sappia ricondurre, anche se non lo percepiamo appieno, alla riflessione e quindi alla percezione concreta di quell'Armonia che c'era prima che il virus venisse sparso, nella certezza che i giusti Valori di 'prima' siano anche i giusti valori del 'dopo', piuttosto che non decaduti o sacrificati sull'altare di pseudo-valori nuovi, effimeri, distorti, moralmente corrotti quando non del tutto falsi.
Anche l'Accademia di Alta Cultura - una delle più antiche in Italia, nata nel lontano 1948 - si associa al plauso, complimentandosi con l'Autrice.
Gustata questa belle performance di Jasmine con il suo IL VIOLINISTA SUL BALCONE, non resta che attendere la sua successiva 'fatica'.
Per i nostri Lettori che ancora non conoscono bene JASMINE LAURENTI, ecco un breve profilo dell'eclettica Autrice, Artista seria e appassionata, e sempre entusiasta Professionista.
Jasmine Laurenti è giornalista iscritta all’Ordine dei Giornalisti Inglesi, Leadership Advisor in Charismatic Communication, Inspirational Speaker e Talk Show Host.
La sua carriera inizia a tredici anni, quale ‘voce’ in una delle prime radio private: rapidamente, la sua crescita si è imposta, e fin dall’inizio degli anni Ottanta la sua voce è già un vero e proprio brand, conosciuto e apprezzato in numerose radio locali di tutta Italia.
Oltre alla conduzione di programmi musicali e di talk show come animatrice e intervistatrice, Jasmine effonde il suo talento creativo nell’ideazione di format, spot pubblicitari e jingles canori.
Ma dove Jasmine ha raggiunto i primi vertici, è stato nella sua carriera di doppiatrice, iniziata a Milano. In più di trent’anni al leggìo, presta la sua voce ad attrici come Brooke Shields, Renée Zellweger, Rose Byrne, Julia Ormond, Fran Drescher, Julianne Moore. Ma ha anche doppiato personaggi dei cartoon, che oggi sono veri e propri cult: tra questi, ''I Cavalieri dello Zodiaco’ (Tisifone),’Sailor Moon’ (Sailor Venus),’Lamù’, ‘City Hunter (Kreta), ‘Scooby-Doo’ (Daphne), solo per citarne alcuni.
Gli armoniosi timbri della voce di Jasmine, non passano certo inosservati agli amanti del canto: è sua la voce scelta per le 'Canzoncine della Pimpa’ - composte e arrangiate dal M° Corrado Tringali - e per i background vocals di 'Ricetta di Donna’ e 'Samba della Rosa’ di Ornella Vanoni.
Nel 2015 Jasmine parte per New York e, in otto settimane di full immersion, conquista a pieni voti il suo meritato Diploma in Recitazione Cinematografica, alla prestigiosa New York Film Academy.
Tornata in Italia, intraprende un percorso formativo alla ‘NLP Italy School’ - certificata da Richard Bandler - e diretta da Alessio Roberti, diplomandosi ‘NLP Master Practitioner’. Il vero e proprio ‘colpo di fulmine’, l’entusiasmo e la passione di Jasmine per la Comunicazione e l’Interazione Carismatica, l’hanno ispirata nel mettere a frutto l’esperienza maturata nei media, ottimamente coniugata all’eccellenza linguistica, a favore di personaggi pubblici che desiderano acquisire il carisma necessario per ‘bucare lo schermo’ in video e in performance dal vivo.
Attualmente, è impegnata nello sviluppo di un particolare ed esclusivo Progetto multimediale volto alla diffusione della consapevolezza del potere creativo delle parole pronunciate e ascoltate. Questo Progetto di alto profilo, sta assumendo forte concretezza in uno speciale case nel Canale YouTube “Jasmine Laurenti”: vede Jasmine - con lo pseudonimo di Ondina Wavelet - nelle vesti di Inspirational Speaker e Talk Show Host.
Per ultimo collabora con BetaPress.it, della cui Redazione fa parte in qualità di Responsabile della Comunicazione Innovativa.
Il regista della Luce rimasto nell'ombra torna a far parlare di sè. Si riaccende l'ennesimo caso Caravaggio.
Il Seppellimento di Santa Lucia, l'opera siracusana di Michelangelo Merisi, al centro di una controversia fra Istituzioni ed esperti d'arte, pone l'accento sulla gestione dei patrimoni artistici e della loro fruibilità in sede nazionale.
Nello scenario politico siciliano, già recentemente agitato dalla decisione del Presidente della Regione di affidare l'Assessorato regionale dei Beni culturali e dell'Identità siciliana ad Alberto Samonà, noto esponente leghista, si innesta la causa perorata da Vittorio Sgarbi che vorrebbe inserire la pala d'altare, quale maggiore attrattiva, nell'ambito di una mostra al MART di Rovereto, museo del quale è il presidente.
Il "prestito" del Seppelimento sarebbe la condizione posta dalla Regione Trentino per il finanziamento di un ipotetico restauro della stima di 350.000 euro.
Nonostante il parlamentare Sgarbi sembrerebbe avere ricevuto tutti i nulla osta necessari, da parte delle autorità competenti, allo spostamento dell'opera, rimangono ancora parecchi i pareri sfavorevoli sia in ambito politico, da parte del sindaco di Siracusa, Francesco Italia e dell'Assessore alla cultura, Fabio Granata, nonchè dello storico dell'arte Paolo Giansiracusa, nomen omen, verrebbe da dire, che valuta alquanto rischioso lo spostamento di una Tela di 12 mt quadrati che versa in già precarie condizioni di forma.
Una macchia dovuta all'umidità del luogo in cui è "custodita" l'opera, fra l'incuria delle autorità e l'indifferenza generale, sembra comprometterne il complessivo stato di salute.
Già perchè il telone nomade che vanta ormai la veneranda età di più di 400 anni, nel corso degli anni, è stato soggetto ad una diaspora che ancora non accenna a finire. Pensato per la Chiesa di Santa Lucia al Sepolcro per cui fu concepito (ma che si rivelò successivamente fonte di danni irreparabili per le condizioni ambientali), trasferito poi a Palazzo Bellomo che per 20 anni ha accolto l'opera permettendone una fruizione più ampia ma "denaturalizzata" perchè spodestata del suo habitat naturale e, quindi, della sua autenticità, infine (forse) posizionato nell'attuale Santa Lucia alla Badìa dove quotidianamente paga il prezzo dell'incuria di una gestione inadeguata sommata alla precaria e peculiare configurazione interna che non ne assicura la necessaria visibilità, in senso letterale e metaforico.
E' anche opportuno ricordare che, in realtà, tale collocazione dell'opera è altresì infausta in quanto "occulta" il dipinto di un altro pittore, Deodato Guinaccia anch'esso dedicato alla Patrona aretusea e al suo martirio.
Due quadri per un altare...del resto siamo o non siamo la Terra della Cultura?!
Quindi nuovo viaggio della speranza per restituire "nuova luce" e dignità d'arte ad un capolavoro custodito nel dimenticatoio dei buoni propositi.
Ricatto, compromesso, l'esito di un do ut des del quale non se ne comprendono appieno le dinamiche, fatto sta che, a parere degli esperti, la Regione Sicilia comunque disporebbe dei mezzi necessari alla "cura" del capolavoro senza il bisogno di "elemosinare" una non meglio identificata beneficenza da parte di qualche sponsor del nord.
Già poco più di un anno fa, il tira e molla di Musumeci che non voleva cedere l'Annunziata dell'altro Grande Antonello al Palazzo Reale di Milano si concluse in realtà con il pellegrinaggio della Vergine che, per l'occasione, viaggiò in una preziosa cassetta di legno e permise che la mostra sbancasse il botteghino.
L'ultimo Caravaggio, quello più estremo, sembrerebbe continuare a non trovare pace e l'opera quasi incarnare lo spirito e perpetrare le rocambolesche vicende del suo Autore che morì iseguendo la Grazia promessa da quella Chiesa che prima lo aveva fatto Grande, che poi lo dimenticò, che infine ne barattò la redenzione pegno due dipinti. Quella stessa Chiesa che benedice la Santa e che ignara e indifferente assiste e partecipa al suo martirio nel dipinto che fu commissionato a Caravaggio dal senato della città (come riporta Francesco Susinno) grazie all'intercessone del siracusano Mario Minniti, vecchia conoscenza dei primi anni del pittore e pittore anche lui.
Quella pala d'altare che denuncia la morte che incombe come una taglia sulla testa del pittore, nella rappresentazione enfatizzata dei due becchini in primo piano, sotto il vuote che schiaccia drammaticamente l'opera tutta.
In quel vuoto, secondo la testimonianza di Padre Ippolito Falcone (Siracusa 1623) sarebbe stato richiesto a Michelangiolo da Caravaggio di dipingere un gruppo di angeli ma egli rispose: "Non havendone mai veduti, non so ritrarli"
Chiaro ed inequivocabile manifesto della poetica realistica di Caravaggio, pictor praestantissimus, regista della Luce, inventore della Fotografia, oggi contemporaneo più che mai.
… “ a universale giudizio non si era mai visto niente di più bello al mondo”
Nei giorni 17-23 Febbraio ha avuto luogo una straordinaria e unica esposizione, che ha fatto rivivere alla Cappella Sistina lo splendore che aveva durante gli anni di Papa Leone X (1513-1521), quando gli arazzi disegnati da Raffaello tra il 1515 e il 1519, da egli concepiti come un grande ciclo monumentale con le storie delle vite di San Pietro e San Paolo, furono tessuti a Bruxelles,nella bottega di Pieter Van Aelst, per essere esposti in occasione delle principali festività liturgiche.
Pochi mesi prima della prematura ed improvvisa scomparsa dell’artista, 26 dicembre 1519, i primi sette arazzi della serie vennero esposti alla presenza del suo illustre committente. Il cerimoniere della Cappella Papale, Paris de Grassis, con grande stupore si trovò ad affermare che: “ a universale giudizio non si era mai visto niente di più bello al mondo”.
E con altrettanto stupore, il Direttore dei Musei Vaticani, Barbara Jatta afferma: “una celebrazione favolosa-500anni- la metà di un millennio, che ha visto Raffaello Sanzio da Urbino protagonista della bellezza, dell’armonia, del gusto e dell’ispirazione creativa di generazioni di pittori,scultori, decoratori, architetti e artisti.
Un artista universale, Raffaello, che ha fornito alla civiltà figurativa occidentale i modelli supremi della Bellezza”.
Per un intera settimana, in onore del grande Raffaello, nel V centenario della sua morte, come speciale omaggio, è stato deciso di proporre nella sua interezza la serie completa di tutti gli arazzi nell’originale posizionamento,compatibilmente con le trasformazioni subite nei secoli dalla Cappella Sistina, a cominciare da quella della parete dell’altare per la realizzazione del Giudizio Universale di Michelangelo.
La Direzione dei Musei Vaticani e Dei Beni Culturali del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, a cura di Alessandra Rodolfo (Curatore dei Reparti Arazzi e Tessuti e Arte dei secoli XVII dei Musei Vaticani), con la preziosa collaborazione del Laboratorio di Restauro Arazzi e Tessuti dei Musei Vaticani e grazie all’intesto sforzo corale di tutti i competenti uffici e servizi impegnati nell’operazione, la ineguagliabile rievocazione dell’antico allestimento viene offerta alla pubblica visione.
I grandi eventi che caratterizzeranno le celebrazioni del maestro, saranno l’omaggio ad un grande papa e ad un grande artista, il “divino” Raffaello, e completare il messaggio religioso di uno dei più significativi luoghi della cristianità:La Cappella Sistina.
19 gennaio 2020. A Roma, nella prestigiosa cornice della Sala Verde dell’Istituto Nazareth, si è tenuto ieri un concerto lirico di eccellente livello artistico; evento che ha inteso celebrare tanto il nuovo CENTRO CULTURALE ITALIA-RUSSIA – che opererà nel segno della continuità con il Centro di Cultura Russo in Roma, fondato da Wanda Gasperovich che per offrire un momento di solennità nel ricordando la ricorrenza del Capodanno Ortodosso.
L’Associazione Culturale si propone di promuovere e favorire ovunque gli scambi culturali, scientifici, economici e turistici tra l’Italia e la Federazione Russa. Inoltre, l’Associazione curerà tutte le attività finalizzate al rafforzamento dei rapporti tra le due realtà, nonché le attività di ricerca in ambito commerciale, scientifico, culturale e turistico, con significativa attenzione verso tutte quelle altre tematiche di natura etica che possano esservi correlate.
La ripresa delle attività è coincisa con il rinnovo delle principali cariche sociali: alla Presidenza è stata designata la Prof.ssa Irina Iakobtchouk, mentre la direzione sarà seguita da Giuseppe Evaristo Massa, con la intensa e fattiva collaborazione di Olga Ivanova ed Elena Naryshkina.
Il clou è stato segnato dal concerto lirico, tenutosi alla presenza di un numerosissimo pubblico, che ha letteralmente colmato la grande Sala Verde dell’Istituto Nazareth, in via Cola di Rienzo 140 a Roma, e persino gli ampli corridoi limitrofi. Presentate da Elena Narysjkina. al pianoforte si sono avvicendate le pianiste Svetlana Dolotchenco, Marina Ciubotaru ed Elena Rusipova, accompagnando le soprano Irina Iakobrchouk, Olga Ivanova e Daniela Conti nelle loro interpretazioni di brani di Giuseppe Verdi, Giacomo Puccini, P.I. Tchaicoskij, S. Gastaldon e altri celebri Autori.
Il pubblico, costellato di raffinati melomani, ha applaudito con entusiasmo le eccellenti performance di queste Artiste di livello internazionale, e al termine si è brindato al Nuovo Anno secondo la Tradizione Russa, non senza aver prima ringraziato nuovamente l’Istituto Nazareth e l’Amm.re Lorenzo Ciliberti per la preziosa ospitalità, l’Accademia di Santa Cecilia per il cortese supporto e per la concessa disponibilità di un eccellente pianoforte, e l’Accademia di Alta Cultura per il suo prestigioso patrocinio.
Non si era ancora spenta l’eco delle ultime note e degli applausi, che l’Amm.re Lorenzo Ciliberti ha desiderato consegnare alla Prof.ssa Irina Iakobrchouk un Attestato a ricordo dell’evento, aprendo le porte a una collaborazione di più ampio respiro con l’Istituto Nazareth, nel segno di quelle nobili Tradizioni che accomunano il Popolo Russo e quello Italiano, particolarmente nel campo della Letteratura, delle Arti e della Musica.
Tra i molti presenti qualificati, giornalisti e personalità del mondo della Cultura e dell'Arte, notata la G.D. Anna Maria Petrova-Ghiuselev, Presidente della Nicola Ghiuselev Foundation, Fondatrice e Presidente della Biennale Artemidia, poetessa e imprenditrice.
In un incontro separato con i vertici del Centro Culturale Italia-Russia, nel corso del quale sono state ipotizzate varie possibili future iniziative comuni anche in collaborazione con l’Accademia di Alta Cultura e altri enti, l’Amm.re Lorenzo Ciliberti ha sottolineato il rinnovato corso dell’Istituto Scolastico Paritario Nazareth di Roma attraverso costanti e periodici eventi di divulgazione artistica e culturale, nonché di workhop, nell’interesse degli Allievi e delle loro Famiglie – ricordiamo: il Nazareth segue con cura e competenza dal Nido al Diploma liceale -, ponendo soprattutto enfasi per il nuovo Liceo a indirizzo Economico e Giuridico che il Nazareth metterà a disposizione degli Allievi con l’anno scolastico 2020-2021.
Presentato domenica 5 gennaio, a Mussomeli, in provincia di Caltanisetta, presso i locali del Manamanà, il progetto culturale “La Pescheria delle Idee” su iniziativa dei componenti del Collettivo “SempliCittà”, giovani intraprendenti dell’entroterra siciliano che, già da qualche anno, lavorano alla ricerca di un’alternativa possibile alle preoccupanti dinamiche demografiche che stanno svuotando le aree interne del sud del nostro paese.
Il titolo è già la dichiarazione “ante litteram” di quello che vuole essere il cammino pensante di una comunità che, nel suo territorio, conosce se stessa e ivi si riconosce. Un “incubatore di progetti”, come lo definisce uno dei suoi più accesi sostenitori, l’arch. Michele Schifano, il quale tende a sottolineare, con tale locuzione, che non si tratta di un programma preconfezionato, basato su concetti costituiti aprioristicamente ma di un progetto di innovazione sociale volto a produrre nuovi modelli di interazione e nuove possibilità. La produzione di contenuti culturali per aumentare lo spettro delle competenze e la possibilità della scelta per permettere a ciascuno di seguire liberamente il flusso dei propri interessi. Da un’attenta diagnosi del tempo, pratica alla quale la cronaca sembra averci irrimediabilmente votato, il controesodo si impone oggi quasi come necessità storica.“CONTROCORRENTE” appunto… volendo continuare con la metafora della pescheria! E mentre un dialogo vivace prende sempre più forma e sostanza fra i tavoli dei presenti, in una ventosa e fredda sera di inizio gennaio, nel simposio di giovani fiduciosi, emergono le mille, inevitabili e, quasi scontate, problematiche legate alla logistica e alla viabilità. Quell’indolenza tipicamente siciliana volta quasi pirandellianamente a “scoprire il nulla”. E invece, è proprio da queste problematiche più o meno latenti, da queste contraddizioni istruttive che deve muovere in Senso della Ripartita.
Mettere assieme tutte queste note stonate e riaccordarle per dare musica alle meravigliose melodie del concerto della vita. Una vita nella propria terra, “Tra la mia perduta gente”. E si avverte anche la necessità impellente di lottare contro pregiudizi e preconcetti, contro la diffidenza di chi, cittadino scoraggiato, ritiene impossibile che un’associazione culturale possa offrire, senza alcuna richiesta di compenso, la possibilità di assistere ad uno spettacolo teatrale piuttosto che ad un concerto. Un problema storico delle piccole comunità: la diffidenza atavica verso ogni forma di partecipazione culturale, spesso caricata di tutta una serie di implicazioni sociali. Questa l’osservazione di Carmelo Vitellaro, creatore, insieme ai componenti del Circo Pace e Bene, del magazzino culturale e ideatore del Festival sociale “Mi Fa Sol”. Ed ancora Elio di Salvo che racconta l’impegno nell’organizzare le tre edizioni di Battichiè, un tuffo nella Sicilia degli anni 40. E poi la fortissima testimonianza di Vito Geraci, visionario cultore della sua terra, con i suoi rimandi e i suoi profumi, che sente quasi come un imperativo morale quello di tradurre in un prodotto quella luce che rifulge nella sua lampada gialla. Quelle lampade che sono state pensate, disegnate e ritagliate perché potessero raccogliere le Idee, quella sera per un domani. In ogni lampada impigliata in quella rete, metafora della vita di ogni isolano, ogni giovane ha potuto vedere ed esprimere un Futuro Altro. Un futuro fatto di fiducia, Bellezza, comunità. Un futuro che è storia. Perché a questi giovani, così tanto chiacchierati e condannati, al di là di ogni logica e buon senso, bisogna restituire quanto gli è stato sottratto in termini di pensiero: la significanza sociale. Se vogliamo che ricomincino a vivere di giorno e non di notte. Necessità forse di sopperire al vuoto amministrativo che, se non si argina anzitempo, rischia di diventare una voragine. In quella voragine troverebbe la fine quell’ingente patrimonio di Bellezza, cultura, storia, vita, vissuti che ci è stato consegnato ma del quale non ci siamo presi cura. Quanta Bellezza sprecata! E tutti quei giovani che si autocondannano ad un nuovo volontario esilio, quell’esilio che fece scrivere a Pavese di un “Dio che non c’è” fuori dal legame sacro con la propria terra. E proprio questa terra, grazie all’attività degli organizzatori, è stata meta del viaggio attento di Agostino Riitano, autore del libro “Artigiani dell’immaginario” che, con Sicilia Immagina, ha percorso il suo tour di presentazione del libro in vari paesi dell’isola. “Primo pesce pescato”, sarebbe a dire Riitano. Molto vario il carnet delle attività da svolgere, con molta probabilità a Mussomeli, che prevede eventi sulla cultura d’impresa (imprenditoria femminile, turismo, opportunità e risorse, i lavori del futuro, ecc.).Il calendario di presentazione del progetto, dopo la Sicilia, si sposta a Roma l’8 febbraio. Seguiranno Bologna, Milano, Torino.
A Roma - presso l'ISTITUTO NAZARETH, al 140 di Via Cola di Rienzo - Il 6 Dicembre 2019 ha avuto luogo l'OPEN DAY nel corso del quale è stato presentato il LICEO ECONOMICO.
In una Sala colma e attenta, gli interventi di Illustri Ospiti ha fatto seguito al benvenuto della Presidenza dell'Istituto Nazareth, teso anche a ricordare e sottolineare le tradizioni dell'Istituto nel panorama scolastico della Capitale.
Ha preso la parola per primo il Prof. Avv. Giuseppe Catapano (Rettore dell’AUGE-Accademia Universitaria degli Studi Giuridici Europei, Commercialista-Tributarista, Rettore Emerito dell’Università degli Studi Popolari – Milano, Docente ordinario per le Discipline Giuridiche presso UniMilano) che ha ricordato il ruolo innovativo dell'AUGE nel campo della formazione giuridica, sottolineando come l'iniziativa di dare sostanza al LICEO ECONOMICOinterpreti in modo coerente gli indirizzi della Società e l'influenza dei settori giuridico ed economico nella vita quotidiana. A seguire, l'intervento di S.E. il Prof. Avv. Salvatore Sfrecola (Patrocinante in Cassazione, già Presidente di Sezione della Corte dei conti, Docente di Diritto Amministrativo Europeo, Presidente dell’Associazione Italiana Giuristi di Amministrazione) che facendo anche riferimento alla propria lunga esperienza - specie quale Alto Magistrato della Corte dei conti - ha evidenziato per i giovani tanto la necessità di fare affidamento su solide basi culturali di tipo classico - insostituibili - che di poter contare su un bagaglio di esperienze formative di ampio spettro, al fine di acquisire maggiore e migliore consapevolezza delle loro possibilità di fronte alle sfide del presente e quindi del futuro. Ha poi preso la parola la Dott.ssa Fiorella Ialongo (Docente presso l’Università di Roma Tre-Master di Linguaggi del Turismo e Comunicazione Interculturale, Pubblicista, esperta di Economia Creativa ed Ecosistemi dell’Innovazione) che, proprio riferendosi alla propria esperienza universitaria e richiamando l'attenzione sulle sfide dell'attuale mercato globale, ha evidenziato all'attenzione dei giovani l'ineludibile importanza del lavorare in team: le sfide attuali si devono affrontare con gruppi preparati e coesi, dove ciascuno abbia un ruolo pre-definito e si assuma le coerenti responsabilità correlate proprio ai compiti a lui affidati. Il Dott. Virgilio Violo (Pubblicista, Presidente della FLIP-Free Lance International Press, già membro Consulta Giuridica per la Tutela dei Diritti Umani, già Capo Uff. legale dell’Ente Nazionale Risi, già collaboratore di ANSA) si è poi soffermato sul ruolo dell'informazione e quindi della comunicazione: due arterie molto trafficate, in verità, e non sempre in linea con le esigenze di trasparenza e obiettività che i Cittadini si aspettano - e pretendono - da chi operi in tali delicati settori. E' poi intervenuto il Prof. Cesare Cilvini (Docente presso l'Università Federico II°, Accademico dell'AUGE) che, ricordando pragmaticamente che non si lavora solo per il piacere di far ciò, ha inteso stimolare i giovani ad aprirsi fin da subito a prospettive di crescita, guardando oltre l'orizzonte prossimo della loro vita, confidando su una formazione eccellente. Prima delle conclusioni ha preso la parola il Dott. Riccardo Carnevale (responsabile organizzazione eventi educativi di ‘Starting Finance’, innovativa start-up di settore) che con toni carichi di energia e quindi coinvolgenti, si è soffermato sulla mission della start-up e sulle esperienze di cui già può farsi vanto. La comprensione dei meccanismi della finanza, quale elemento portante della nostra quotidianità, insieme al diritto, è di estrema importanza: fermo restando l'importanza di valide, concrete e pratiche basi culturali, utilissime a rapportarsi correttamente con ogni interlocutore.
Al termine dell'incontro il Dott. Lorenzo Ciliberti ha ringraziato tutti gli intervenuti all'interessante e per certi versi unica iniziativa del LICEO ECONOMICO, che mette al centro – così come nobile tradizione dell’ISTITUTO NAZARETH – gli Studenti e le loro Famiglie. La dinamica socio-economica contemporanea; sempre più intensa, rapida e persino poco prevedibile impongono che i giovani studenti maturati dalle scuole – in generale - possano superare fin da subito le difficoltà che affrontare il mondo 'reale' comporta. Comunicazione, Giornalismo, Marketing, Espansione e Integrazione dei Mercati e dei Territori, non disdegnando di entrare nel mondo delle grandi possibilità innovative offerte dal mondo delle start-up. In sintesi: gli studenti acquisiranno tutta una serie di vere e proprie pre-professionalità nel campo dell’Innovazione Tecnologica, della Comunicazione, delle Pubbliche Relazioni e del Marketing, tali da agevolarli ad approcci più rapidi con settori qualificati del mondo del lavoro.
Arrivederci all'11 di Gennaio 2020 con un incontro programmatico e quindi più tecnico: la parola d'ordine è fare squadra, lavorando in team! .
Il 28 ottobre è stato riaperto al pubblico un settore del Museo Missionario Etnologico dei Musei Vaticani, fondato dopo la grande mostra tenutasi nel 1925.
Gli spazi all’interno dell’edificio costruito dagli architetti Passarelli negli anni Sessanta del secolo scorso, sono stati completamente ristrutturati.
Pareti di vetro lasciano vagare lo sguardo in senso orizzontale, permettendo di vedere in contemporanea più sezioni differenti. In senso verticale, la vista si apre sulle scaffalature dei depositi, permettendo, almeno in parte, la visione dei manufatti che non sono rientrati nel percorso espositivo.
Altrettanto particolare è il lavoro svolto dalle restauratrici del Laboratorio polimaterico, che, già dal nome, esprime le diverse competenze necessarie per trattare manufatti composti da materiali eterogenei, sia organici che inorganici.
I lavori continuano e, a breve, l’intera ala sarà riaperta al pubblico.
Il rinnovamento del museo si è esteso anche al nome, Anima Mundi, a sottolineare il fatto che la nuova disposizione rispecchia una nuova concezione e una nuova sensibilità verso questa particolare tipologia di collezioni. Nonché la responsabilità morale del creato come casa di tutti. In tale ottica è stata discussa, decisa ed effettuata la restituzione della testa tsantsa, trofeo rituale della popolazione degli Shuar, tribù indigena del sud ovest della Foresta Amazzonica, tra Ecuador e Perù.
In contemporanea e in accordo con il Sinodo per l’Amazzonia, nel settore riaperto dedicato all’Australia e all’Oceania, è stata allestita la mostra Mater Amazonia. The deep breath of the world, in corso fino all’11 gennaio 2020.
Il percorso multimediale immersivo vuole guidare lo spettatore alla conoscenza dell’Amazzonia. Viene perciò accolto in tre ambienti caratteristici della vita quotidiana, cioè la foresta, il fiume e la maloca, la casa comunitaria.
Oltre ai manufatti di appartenenza dei Musei Vaticani, sono presenti in mostra oggetti provenienti dal Museo Etnografico e di Scienze Naturali “Missioni Consolata” di Torino, dal Museo Missionario Indios-Frati Cappuccini in Amazzonia (Muma) di Assisi, dal Museo Etnologico Missionario del Colle Don Bosco (Mem) nell’Astigiano, dal Museo d’Arte Cinese ed Etnografico di Parma dei Saveriani.
La mostra racconta il rapporto tra l’uomo e l’ambiente, ma anche, con la presenza dei missionari, il rapporto tra culture diverse.
La realizzazione tecnica è stata curata dalla Mediacor di Torino, responsabile anche della foto, che raffigura alcuni degli oggetti contenuti nella vetrina dell'inculturazione.
Il copricapo di piume di tucano è appartenuto al missionario salesiano don Luigi Bolla, che ha trascorso la sua vita tra gli Shuar e gli Achuar, in Ecuador e Perù dal 1971 al 2013, dal Museo Etnologico Missionario di Colle don Bosco.
L’Intaglio con la Madonna Assunta in legno di cedrella lucidato, reca le firme di Julio Pires e Nazico, artisti Tikuna, gruppo etnico dell’Alto Solimões, nella parte occidentale dello Stato brasiliano di Amazonas. Il pastorale fu donato nel 1986 a Mons. Marzi, missionario dei Frati Minori Cappuccini umbri, per il 75° anniversario della Prelazia e il 25° del suo Episcopato. I due manufatti provengono dal Museo Missionario Indios Frati Cappuccini dell’Umbria in Amazzonia. L'amaca di cotone che si vede sullo sfondo, era del missionario salesiano don Luigi Cocco, che ha trascorso gli anni dal 1951 al 1974 sulla Sierra Parima in Venezuela, attualmente è conservata nel Museo Etnologico Missionario di Colle don Bosco.
A Matera, capitale europea della Cultura, per il 2019 - il 9 c.m., nel corso della manifestazione 'Una Notte per l'Europa', ha avuto luogo un incontro indetto dalla GRAN LOGGIA D'ITALIA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI - Obbedienza di Piazza del Gesù - Palazzo Vitelleschi - nel cui contesto ha preso la parola anche il giornalista Paolo Mieli, il cui intervento è stato etichettato quale lectio magistralis, peraltro ripreso dall'emittente televisiva RAI3-Regione Basilicata.
Orbene, è opportuno chiarire, poiché non tutti sanno. Una lectio magistralis - per propria intrinseca natura - è una lezione di significativa rilevanza e alto profilo tecnico, tenuta da un personaggio dotato di notevoli competenze in particolare sul tema trattato; difatti, che lezione sarebbe se i discenti dovessero apprendere dal docente di turno concetti non in linea con le tematiche oggetto dell'intervento stesso, o persino erronei riferimenti storici e temporali?
Dobbiamo anche intenderci sulla figura dello 'storico': è colui che nel suo agire ha per oggetto e fine la storia, intesa come ricerca, descrizione e interpretazione di fatti che hanno una linea comune di sviluppo nel tempo (opera s.;narrazione s.; studî s.; ricerche s.; trattazione s.; notizie s.; cenni s.; letture s. Nella sua attività costui ne tratta, ne scrive anche attraverso saggi o brani di critica storica, utilizzati specialmente nell'insegnamento a sussidio del libro di storia). L'opera dello 'storico' costituisce quindi un sussidio - per qualità dei contenuti, spesso inediti - e si incardina su tutta una serie di attività (che fanno riferimento a un vero e proprio metodo) su ciò che già possa esistere: un metodo costituito da indagini, ricostruzioni, approfondimenti, interpretazioni coerenti di fatti e circostanze, con indubbie implicazioni in diverse altre discipline. Ma per 'fare' materialmente dette indagine e per far si che queste avvengano con serietà, occorre agire in profondità, attingendo ai documenti ma ancor più alle fonti; senza apriorismi, con obiettività, con giusto senso critico, senza dare per scontato delle verità precostituite.
Insomma, è evidente che non possa definirsi 'storico' chi si abbeveri solo a una fonte, o chi possa ripetere - senza averla prima verificata - una notizia, una storia: che così diventa 'storiella' soggetta a critiche.
Fin qui la cronaca spicciola e qualche mio commento 'letterario.grammaticale', sicuramente superfluo.
Ma vi è di più, e non lo ritengo superfluo, poiché ciò che scrivo è sostenuto da documenti - ed è quindi certo - ed è nell'interesse dei moltissimi Fratelli che nell'attuale Massoneria Italiana 'ignorino' o si abbeverino a 'fonti inquinate'. Quanto qui contenuto, invece, sarà forse fonte di preoccupazione per coloro che - attraverso affabulazioni e/o coreografie varie - possano intendere ovvero possano prestarsi a far credere cose non vere - quindi non reali, ossia irreali -; cose errate che qui si intendono ristabilire quali VERITÀ' STORICHE e DOCUMENTATE, non certo artefatte né rimodellate 'pro domo '.
1) La GRAN LOGGIA D'ITALIA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI - Obbedienza di Piazza del Gesù - Palazzo Vitelleschi (dal nome delle propria Sede in Roma), è nata negli anni '60 del 1900. Per l'esattezza, in data 4 Maggio 1962, Giovanni Ghinazzi, Riccardo Granata, Anton Gino Domeneghini e altri - al termine di un regolare processo massonico basato su più documenti d'accusa - vennero espulsi con ignominia, a seguito di tradimento, dalla SERENISSIMA GRAN LOGGIA NAZIONALE ITALIANA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MASSONI- COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙ - sedente a Piazza del Gesù 47, in Roma. In sede processuale interna, venne anche accertato che mentre era ancora attivo nella COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESU', Giovanni Ghinazzi e altri avevano già costituito altra e diversa associazione per proseguire nel proprio disegno qualora il colpo di mano interno non fosse riuscito. Tale altra e diversa associazione scimmiottava spudoratamente, riprendendolo pressoché in toto, il titolo distintivo - il nome, per capirci - della Comunione di cui costoro avevano tentato di impossessarsi con un colpo di mano e indubbie complicità interne. Quindi, la nuova e diversa realtà costituita allora dal Ghinazzi, e che tenne la propria prima Grande Assemblea il 24 Giugno 1962, NON ha mai avuto alcuna attinenza storica, documentale, iniziatica e ritualistica con la regolare e unica COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙ.
Quindi, il citato contesto NON ha un secolo di vita, NON ha compiuto alcun centenario, né tanto meno è ultra-centenario: 2019 meno 1962, in aritmetica fa solo 57: 57 anniè quindi la corretta età dellaGRAN LOGGIA D'ITALIA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI - Obbedienza di Piazza del Gesù - Palazzo Vitelleschi.
Il contesto che ruotava intorno al Ghinazzi NON ha mai avuto - né ha, né mai potrà averne - alcun legame di causa-effetto per cui possa ricondursi - nientemeno! - a Saverio Fera od a Placido Martini o ad altre luminose Figure del passato e della Storia della Massoneria Italiana - in generale - e della Massoneria di Piazza del Gesù - in particolare -; come pure NULLA ha a che vedere con la storica scissione avvenuta nel 1908 e che allora segnò la divisione tra feriani e balloriani.
E ancora: NULLA c'entra con il GRANDE ORIENTE sorto nel 1805.
NULLA c'entra con i fatti storici e massonici intercorsi tra il 1805 e il 1908, e dal 1908 ad oggi..
NULLA ha a che vedere con la GRAN LOGGIA D'ITALIA, già attiva alle dipendenze del Supremo Consiglio e quindi della Massoneria di Rito Scozzese Antico ed Accettato. anche se forse taluno - con disinvolte abbreviazioni - possa indulgere alla tentazione di confondere, ricondursi e quindi accreditarsi solo citandola. Sia ben chiaro: la GRAN LOGGIA D'ITALIA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI di Palazzo Vitelleschi è cosa altra, diversa e distinta della GRAN LOGGIA D'ITALIA tout court.
2) Gli ALAM (anche se trattandosi di un plurale, l'esatta abbreviazione è AA.LL.AA.MM.) ossia gli ANTICHI LIBERI ED ACCETTATI MASSONI della SERENISSIMA GRAN LOGGIA NAZIONALE ITALIANA della COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙ, erano e sono cosa ben diversa dagli ALAM - ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI di Palazzo Vitelleschi. Certamente gli AA.LL.AA.MM. NON videro la luce con il Ghinazzi nel 1962: così che costoro non possono certo appropriarsi della nascita/costituzione/adozione d una realtà non loro.
3) L'inserimento della componente femminile nella Massoneria Italiana, che il Sig. Mieli fa risalire a 50/55 anni or sono (quindi, tra il 1964 ed il 1969) per illuminata volontà di Palazzo Vitelleschi, ha invero altri padri nobili e altre date di riferimento: tanto il giornalista che lo storico rimarrebbero sorpresi nell'indagare a fondo! La SERENISSIMA GRAN LOGGIA NAZIONALE ITALIANA della COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙdalla quale venne espulso il Ghinazzi, aveva già al proprio interno più Logge femminili di adozione: Senza citare altre date, si ricorda che nel 1956 la COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙ diede energica enfasi e rinnovato vigore alla componente iniziatica femminile. Sempre seduta al proprio fianco con pari dignità.
4) Per il Sig. Mieli la nascita della Massoneria risalirebbe a 1000 anni fa (ossia ca. all'anno 1000, epoca del Basso Medioevo e per estensione momento di grande dinamismo di corporazioni medievali e gilde: corporazioni nate nell'82 d.C. in Inghilterra - costruttori -, e nel 680 d.C. in Francia). . NON è così: se è vero che la c.d. MASSONERIA MODERNA ebbe origine in Inghilterra nel 1717 -1720 (ossia ca. 300 anni or sono) è altrettanto vero che prima dei quella data era attiva una diversa forma di Massoneria - operativa piuttosto che non speculativa, e quindi vera e propria MURATORIA - più scrupolosa e rispettosa delle antiche origini e quindi di per sé ben riconducibile all'originaria Tradizione. Ricondursi in modo limitativo 'solo' all'anno 1000 è inesplicabile, e non calza con la vera Storia della Massoneria. Una mini-cronologia ci riconduce al 950 a.C.(costruzione del Tempio di Salomone); al 714 a.C. (Collegia Fabrorum romani); al 75 d.C. (Vitruvio con i suoi volumi sull'Architettura); al 643 d.C: (Editto di Rotario, Magistri Comacini: precursori italici della Massoneria speculativa), al 1259 d.C. (Bonaventura, Itinerarium in Mentis Deum, ritenuto a ragione una sorta di rituale mistico-operativo, per molti versi precursore)... solo per citarne in minima parte.
5) E' quantomeno strano dover apprendere che c'è chi sostenga essere difficile, se non molto difficile, ricostruire la presenza e la Storia della Massoneria Italiana nelle fasi del fascismo e successive alla caduta del regime stesso. Se non una sorta di buco nero, viene evidenziata una sorta di intensa opacità. Un sommesso suggerimento: forse altre e diverse consultazioni di testi e documenti, anche presso gli Archivi di Stato, potrebbero agevolare quantomeno il diradarsi e quindi l'attenuarsi delle intense foschie.
6)Le indagini della Commissione Parlamentare d'Inchiesta sulla Loggia P2-Propaganda 2, coinvolsero tutte le principali Famiglie massoniche operanti in Italia: gli inquirenti volevano accertare irregolarità, illeciti e trasversalismi, individuando sopratutto Logge o gruppi 'coperti', 'segreti' o 'all'orecchio'. A prescindere dal buon gusto o meno di citare ciò, riferendosi implicitamente al Grande Oriente d'Italia di Palazzo Giustiniani, se si vuole fare un riferimento obiettivo al contesto di allora, occorre precisare che in quel momento tutti ne vennero coinvolti, pur con esiti diversi delle indagini. Anche la GRAN LOGGIA D'ITALIA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI - Obbedienza di Piazza del Gesù - Palazzo Vitelleschi di Ghinazzi venne coinvolta, e non in modo leggero: le cronache dell'epoca e gli Atti della Commissione fanno giustizia di ipotesi e chiacchiere. Vero è che il Ghinazzi visse allora momenti molto seri durante i lunghi interrogatori degli inquirenti. Quindi anche la GLDI di Palazzo Vitelleschi non fu indenne dai travagliati momenti di allora. Solo per la cronaca: la Commissione Parlamentare d’Inchiesta, presieduta da Tina Anselmi, giudicò la P2 una vera e propria organizzazione criminale che mirava ad “assumere segretamente il controllo della vita pubblica italiana, svuotandone la democrazia”. Tra gli innumerevoli interventi, anche quello che il Sig. Mieli ebbe ad esprimere al riguardo (4-5-2017) "fu indubbiamente nociva al Paese, ma sarebbe iniquo incolparla di ogni sventura nazionale, caso Moro e brigatismo rosso compresi".
7) Il Ghinazzi (cfr. punti 1 e 2) e altri con lui ai vertici del loro sodalizio, fin da subito tentarono di appropriarsi illecitamente del nome dell'ente dal quale erano stati espulsi. Vuoi utilizzando l'indicazione SERENISSIMA e il toponimo PIAZZA DEL GESÙ, vuoi utilizzando l'indicazione DISCENDENZA DI PIAZZA DEL GESÙ, vuoi utilizzando COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙ. Nonostante gli innumerevoli tentativi di far recedere il Ghinazzi ed i suoi da tale abuso (all'epoca, il ricorso all'Autorità 'profana' veniva scrupolosamente evitato: la regola aurea era che 'i panni sporchi si lavano in famiglia'), non ci fu niente da fare. Fu così che il Sovrano Piero Piacentini, nell'interesse della Comunione di Piazza del Gesù, il 29 Gennaio 1965 formulò espresso atto di intimazione, diffida e messa in mora nei confronti del Ghinazzi, e - proseguendo imperterrita l'azione del Ghinazzi - richiedendo poi al Tribunale di Roma di pronunciarsi. Il 18 Giugno 1967 il Tribunale di Roma diffidò il Ghinazzi dal proseguire nella sua disinvolta opera, inibendogli tra gli altri l'utilizzo dei termini SERENISSIMA, PIAZZA DEL GESÙ, COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙ, DISCENDENZA DI PIAZZA DEL GESÙ. (riconoscendoli prerogativa esclusiva della controparte). Quel che venne concesso e quindi autorizzato dal Tribunale lo si può leggere nell'attuale carta intestata del sodalizio fondato dal Ghinazzi. Ancora nel 1974, a margine della fallita unificazione della Comunione di Piazza del Gesù con il GOI di Palazzo Giustiniani, il Ghinazzi tentò invano di inserirsi nuovamente in tale discorso.
8) L'esternazione del Sig. Paolo Mieli rivolta pubblicamente non solo ai presenti ma al sodalizio tutto della GRAN LOGGIA D'ITALIA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI - Obbedienza di Piazza del Gesù - Palazzo Vitelleschi "... siete la parte migliore della Storia... questa e' la massoneria buona quella che non ebbe a che fare con la P2 e che ha una lunga tradizione di trasparenza...." appartiene solo al giornalista-scrittore e ai suoi convincimenti, anche se questi possano essere opposti ad una realtà oggettiva. Ma tant'é L'assunto avrebbe potuto essere minimamente giustificabile - a volte i conferenzieri amano 'caricare' la platea con contenuti più forti - se sviluppato solo all'interno della sala ove si teneva la manifestazione. Ma l'esternazione del Sig. Mieli è divenuta sconcertante, stonata e urticante quando tale assunto è uscito all'esterno e quindi diffuso pubblicamente, persino etichettato e quindi fatto proprio e diffuso dalla GLDI di Palazzo Vitelleschi. Che si tratti di Massoneria 'buona' è un'idea tutta personale del Sig. Mieli? Ha lui dati oggettivi - massonici, di cronaca o altro - per basare il suo ragionamento, le sue parole? Quali sono questi dati? La sua è o non è un'idea personale? Nel secondo caso indichi chi possa avergliela suggerita! Tanto Lui che chi possa aver ripreso le di lui parole - facendone citazione più utile alla propaganda che a rinsaldare i cuori - hanno offeso gratuitamente e pesantemente tutti i Massoni Italiani: una disdicevole graduatoria - quella dei 'buoni' e dei 'cattivi' - discriminante e lesiva, oltre che di cattivo gusto.
E' poi difficile ritenere che l'intervento sopra riportato non sia strettamente correlato con l'altro: “Sappiate che l’attenzione che un mondo esterno a voi vi da è un’attenzione in crescita. Non siete soli. Non sentitevi soli perché, senza volervi fare da scudo a priori, se ci saranno delle cose che non andranno, le persone come noi, lo diranno. Tutto quello che avete passato in questi anni non ci è stato indifferente, lo abbiamo notato, ne abbiamo preso nota, lo abbiamo scritto ... e lavoreremo tutti nel mondo dell’informazione perché non accada mai più”. Cosa significano queste parole? Il Sig. Mieli vuol farsi portavoce del mondo dell'informazione, o intende influirvi, mobilitandolo per alleviare le presunte 'pene' dei destinatari delle sue parole? Sarebbe interessante avere una risposta a questi quesiti con un gradito elenco del tipo di 'pene' o 'sofferenze' che si vorrebbe alleviare a questi 'buoni' soggetti, come sarebbe gradito conoscere come il Sig. Mieli pensi di poter influire benevolmente sull'informazione.
Che il Sig. Mieli abbia voluto sdoganare in modo salvifico la GLDI dalle citazioni della stessa in altre situazioni, in altre città, in altre regioni? Una sorta di nèmeṡi storica?
Chissà, solo lui potrebbe chiarire il proprio pensiero: che è sempre il pensiero di uno studioso illustre e affermato ma non necessariamente il pensiero di altri.
In ogni caso, nella serata di Matera la Massoneria Italiana ed i Massoni Italiani sono stati disinvoltamente svillaneggiati per essere trasformati in un qualcosa - che non c'entra niente con la 'vera e autentica' Massoneria.
Non può quindi destare meraviglia se nel generale contesto proprio certi atteggiamenti, certi comportamenti, certi richiami, possano stimolare e aizzare ondivaghe tifoserie sorrette da propositi vendicativi piuttosto che non animate da presupposti costruttivi. Per edificare Templi alla Virtù... recitavano e recitano i nostri testi, e per rafforzare Ideali e Tradizioni.
Ma attualmente il clamore delle tifoserie (e nient'altro di consistente...) supera il sommesso brusio degli Operai; lo sbracciarsi e sbraitare sguaiato dei capipopolo stordisce chi, nell'ordine, possa intendere 'crescere' e 'svilupparsi', confuso dal proliferare di gruppi e gruppuscoli e di nomi e nomignoli di famigliole che sarà difficile svezzare. Se continua così, venendo meno le risorse da cui attingere nel continuo copi-incolla, verranno alle mani per definirsi "discendenza della discendenza di un'obbedienza" o ricondursi a una qualche supposta forma di Tradizione.
Già: altro punto dolente (ma fa anche ridere...): sta sorgendo la 'moda' di chi si intende definire come attivo secondo una certa 'tradizione'. Costoro sarebbero in grado di esibire un attestato di chi a tale 'tradizione' sia direttamente riconducibile? E questo attestato sarebbe 'sine die' od a termine? Cosa seria la Tradizione, e cosa serissima è indicare che la si segua senza spiegare come.
Come vedete, come può ben vedere chi la Massoneria la ami e la pratichi correttamente, vivendola nell'unico modo possibile, mentre chi scrive auspica e inneggia da tempo all'UOMO NUOVO, il vecchio ci opprime e ci toglie l'aria, preferendo spesso incensarsi e autocelebrarsi.
Aria nuova, dunque... spalancate le finestre... non smarritevi e non fatevi menare per il naso da chi vi possa vedere solo come 'teste paganti', utili solo a mantenere baracche e burattini.
Contribuite lavorando intensamente, confrontandovi con lealtà e apertura mentale: non aspettate che qualcuno faccia il compitino per poi leggerlo e plaudire estasiati: siamo colmi di note trite e ritrite su questo o quel pur illustre personaggio; c'è desiderio, forte desiderio, di novità, di cose nuove e diverse.