L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.


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Kaleidoscope (1293)

Free Lance International Press

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Pietro Ubaldi, nasce a Foligno il 18 agosto 1886; filosofo, scrittore, insegnante di italiano, candidato al premio Nobel nel 1939, che poi fu assegnato a Jean-Paul Sartre. Indaga sull’evoluzione dell'universo partendo dalle leggi dell'evoluzione umana. Il suo testo “La grande sintesi” (messo all' indice nel 1939, poi riammesso da papa Giovanni XXIII), fu giudicato da Enrico Fermi "Un quadro di filosofia scientifica e antropologica etica, che oltrepassa di molto i consimili tentativi dell'ultimo secolo”. Studiò pianoforte, apprese l'inglese, il francese e il tedesco, viaggiò negli Stati Uniti; nel 1912 sposò Maria Antonietta Solfanelli,dalla quale ebbe due figli. Divenne professore di lingua e letteratura inglese, insegnando nelle scuole medie inferiori e superiori, prima a Modica, in Sicilia, e poi a Gubbio.

Nel 1927 fece voto di povertà e gli sarebbe apparso Gesù Cristo.
L'apparizione si sarebbe ripetuta nel 1931, insieme a san Francesco di Assisi. Il giorno dello stesso anno avrebbe ricevuto il primo di numerosi "messaggi".
Quando si trasferì definitivamente a São Vicente, nello stato di São Paulo, scrisse altri quattordici volumi, dichiarando conclusa la sua opera nel giorno di Natale del 1971, esattamente quarant'anni dopo il primo "messaggio" ricevuto.

Nei suoi 24 volumi ed in un notevole numero di articoli e libretti, Pietro Ubaldi con sistema d’indagine intuitivo e un linguaggio chiaro, pulito e logico, parla della nuova Scienza dello Spirito, della Reale Essenza dell’Uomo e dell’Universo, della vera sostanza di tutte le cose come di un’essenza profondamente Spirituale, e rivela il “Metodo” per penetrare il mistero e accedere all’Imponderabile.

Secondo Ubaldi è tempo che si superino le chiusure delle religioni istituzionalizzate, cristallizzate in dogmi e cerimonie, è tempo di amare lo Sposo dell’anima: DIO! Il mondo fenomenico viene decifrato secondo la ferrea Legge di causa e di effetto, ove la Sapienza Divina regna Sovrana.

In un processo di unificazione tra scienza e fede, Pietro Ubaldi chiarisce il rapporto esistente tra involuzione ed evoluzione tra le tre dimensioni della materia, dell' energia e dello spirito. Spiega il senso della vita, la funzione del dolore e la presenza del male. Inoltre ritiene che esiste un'unica "Sostanza", la cui essenza sarebbe il movimento e che si manifesterebbe come " materia" (statica), " energia" (dinamica) e "spirito" (vita). L'essere umano è chiamato ad evolversi ampliando la percezione della sua coscienza, che da individuale deve farsi collettiva, per farsi poi coscienza cosmica. Viene delineato il futuro dell'umanità, permeato da una nuova etica internazionale, come consapevolezza razionale e non emotiva o pacifista, dove l’essere umano attua la sua evoluzione tramite la reincarnazione.

In ogni situazione invita a cercare ciò che unifica. Per questo fare il male significa voler andare contro la corrente del Sistema, perpetuando la separazione, che genera sopraffazione e violenza, sino   all'autodistruzione.
Fare il bene, invece, vuol dire cercare di armonizzarsi con tutto e con tutti, in un processo di unificazione che è rappresentato dall'ordine e della giustizia divina. Il segreto della felicità consiste nell'inquadrarsi
nell'ordine cosmico e la preghiera autentica come docile accettazione della Legge.

Il fine dell'esistenza è rappresentato dall'evoluzione etica, iscritta nell'evoluzione dell'universo inteso come un'inestinguibile volontà di amare, di creare, in lotta col principio dell'inerzia, dell'odio e della distruzione. L'etica viene concepita come realtà ascendente a seconda le dimensioni dell'essere lungo la scala evolutiva. Fondamentali sono gli ideali come funzione di orientamento e di guida aventi il compito di proiettare l’essere umano verso la realtà della spiritualizzazione enunciati storicamente delle grandi religioni e dalle leggi morali, in un continuo cammino ascensionale, nella comprensione reciproca e nella fratellanza  universale.

Nella legge dell’evoluzione collettiva si tende a sempre più ampie convergenze: dalla coppia alla famiglia, dalle nazioni alle unioni di popoli, sino all'unione di tutti gli esseri viventi del pianeta, pur mantenendo il valore delle diversità. Per questo, la via è quella del superamento di ogni separazione: la separazione da sé stessi, dagli altri, dal mondo.

L'evoluzionismo di Ubaldi, ben diverso da quello di Darwin, guarda all'avvenire come tensione spirituale verso il superuomo che è presente in ognuno di noi, diverso dal superuomo enunciato da Nietzsche  caratterizzato dal desiderio di espandere solo le potenzialità dell'io.

Attraverso il metodo intuitivo la coscienza riesce a penetrare l'intima essenza dei fenomeni, diversamente dal metodo obiettivo, anche se giunge a conclusioni più universali perché basato sulla distinzione tra l'io e il non io, tra il soggetto e l'oggetto, tra la coscienza e il mondo esteriore.

I suoi scritti sarebbero passati da una forma ispirata di contatto telepatico con le correnti di pensiero a livello "supercosciente", al controllo razionale dell'ispirazione che consente di esaminare sia la "materia" che lo "spirito" nella loro armonia, unificando scienza e fede, considerate due aspetti della stessa verità.

A Roma succede di sentirsi in vacanza nelle giornate di agosto, quando la mattina, le strade del quartiere sono silenziose e il passaggio delle macchine di chi è rimasto per lavoro, sulla strada principale, ha il ritmo e il suono delle onde che si infrangono sulla battigia. Non c’è l’ansia della ricerca del parcheggio e i pedoni un po’ per la mancanza di traffico, un po’ per il caldo, camminano più lenti e rilassati, senza fretta. Non c’è fila alla posta, i negozi sono quasi tutti chiusi. Sono andati in vacanza anche i vestiti dei manichini del negozio di abbigliamento, lasciati nudi, di schiena e in fila contro il vetro della vetrina, come una barriera contro chi avesse dei dubbi sulla chiusura del negozio o volesse attentare alle sacrosante vacanze.
Chi si sente solo, armandosi di pazienza nell’attesa delle diradate corse d’autobus, potrebbe spostarsi in centro, dove gli stranieri fanno numero.
I musei offrono rifugio dal caldo e l’opportunità di viaggiare nello spazio e nel tempo. Viaggio esotico alle Scuderie del Quirinale con i Capolavori della scultura buddhista giapponese. Al Complesso del Vittoriano, il fascino liberty delle donne di Alphonse Mucha. Ai Mercati di Traiano Made in Roma. Marchi di produzione e di possesso nella società antica permette un confronto tra il consumismo e lusso antico e quello contemporaneo. Contrasto di antico e contemporaneo anche con Ugo Rondinone. Giorni d’oro + notti d’argento, l’installazione ai Mercati di Traiano consiste in 5 calchi di ulivi millenari di Puglia e Basilicata in alluminio verniciato di bianco, l’archeologia industriale dell’ex mattatoio, sede del MACRO Testaccio, accoglie l’altra installazione dell’artista svizzero. Ai Musei Capitolini, le già ricche collezioni permanenti, sono affiancate da due mostre temporanee: La Spina. Dall’Agro Vaticano a Via della Conciliazione. Materiali, Ricordi, Progetti e La Misericordia nell’arte. Itinerario giubilare tra i Capolavori dei grandi Artisti Italiani.
La sera si può andare a spasso nel tempo con le ricostruzioni virtuali dei Fori di Augusto e di Cesare.

August 12, 2016

Dall'inizio di agosto, gli Stati Uniti hanno rafforzato il loro impegno sul quarto fronte della guerra dichiarata ai cartelli del jihad oltre ad Afghanistan, Iraq e Siria; ma i fattori di divisione più preoccupanti vengono dall'interno dell'Alleanza Atlantica


Dalla morte del colonnello Muammar Gheddafi, il cammino della Libia verso l'instaurazione di uno stato di diritto, e persino verso l'instaurazione di uno stato, si può a buon diritto definire un'Odissea. Odyssey Dawn era il nome dato da Washington alle operazioni militari del 2011, nelle quali un ruolo importante fu giocato da Francia e Gran Bretagna. L'intervento, che ufficialmente avrebbe dovuto proteggere i civili da Gheddafi spianando la via al processo democratico, ha finito per destabilizzare l'intera regione, come dimostra il colpo di stato in Mali del 2012. In Libia, intanto, le milizie un tempo artificialmente alleate per rovesciare il regime, non trovano un accordo: il conflitto si polarizza gradualmente e si arriva alla formazione di due governi rivali, l'uno con sede a Tobruk e riconosciuto dalla comunità internazionale, l'altro con sede a Tripoli e vincitore delle elezioni del 2012. Dall'inizio del 2015 gruppi islamici che si proclamano affiliati ai cartelli del jihad del cosiddetto Stato islamico (Daech) iniziano a prendere il controllo di alcune aree, in particolare a Sirte e Derna. Tutto questo malgrado la presenza in territorio libico (non sempre dichiarata) di truppe speciali statunitensi, britanniche, francesi e italiane. E malgrado l'imposizione, di fatto, da parte della comunità internazionale di un governo di accordo nazionale (GNA), non votato da nessuno dei due parlamenti rivali e non riconosciuto dai due rispettivi presidenti.

Nel 2016 Washington ha messo in atto un piano, con l'obiettivo dichiarato di sostenere il governo di accordo nazionale, favorire la stabilizzazione e combattere i gruppi affiliati a Daech. Anche questa nuova serie di operazioni, coordinata dalla AFRICOM (comando delle truppe USA in Africa) fa riferimento all'Odissea, ma si articola in tre fasi. La prima, Odyssey Resolve, avviata all'inizio di quest'anno, comprende voli di ricognizione e supervisione congiunti a operazioni di intelligence; con la seconda, Junction Serpent, subentra la raccolta informazioni su “eventuali” bersagli da colpire, magari su richiesta del GNA e sotto la copertura della risoluzione ONU 2259 del 2015. I raid contro questi bersagli, infine, fanno parte della terza fase Odyssey Lightning: bombardamenti di supporto all'assedio di Sirte (città natale di Gheddafi, ultimamente sotto il controllo dei cartelli del jihad) da parte dell'esercito che fa riferimento al GNA. Un intervento controverso, definito illegale sia dal governo di Tripoli che dall'ambasciatore russo in Libia, ma soprattutto una mossa rischiosa, visti i risultati delle operazioni internazionali degli ultimi decenni. Come ha osservato il generale Sean MacFarland, comandante USA in Iraq, i successi militari non indeboliscono Daech, ma ne determinano la riorganizzazione in altri luoghi o secondo diverse modalità, come, ad esempio, l'adozione di tattiche di guerriglia. È quanto accaduto ad al-Qaeda in Afghanistan, mentre in Iraq, Siria e Libia i cartelli del jihad sono stati un “rifugio” di molti ex sostenitori dei regimi rovesciati.

 

Concentrando gli sforzi sulla guerra dichiarata al terrorismo, la comunità internazionale sembra dimenticare che non è questo il principale problema della Libia, ma l'assenza di uno stato e l'estrema difficoltà di fondare istituzioni in grado di gestire il paese. Inoltre, lo stesso aggrava le tensioni internazionali, acuite dagli ultimi sviluppi della situazione politica (e militare) in Turchia e dal recente riavvicinamento tra Ankara e Mosca, essenzialmente economico ma ricco di ripercussioni sul piano geopolitico. Tensioni che si riflettono in conflitti che, sia in Medio Oriente che in Libia, vengono portati avanti da numerosi gruppi che si contendono il controllo di un territorio e hanno, ciascuno da solo o con alleanze posticce, reti di alleanze a livello internazionale. È emblematico il caso del generale libico Khalifa Haftar, che nel 2014 ha lanciato l'operazione “dignità” nell'Est del paese, ufficialmente contro le milizie islamiche, e nel marzo 2015 ha guidato un'offensiva militare per “liberare” Tripoli dai combattenti di Fajr Libia, coalizione di gruppi islamici. Comandante dell'esercito durante il regime di Gheddafi, dopo la sua caduta Haftar ha ottenuto il sostegno di Egitto, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita ed è sospettato di avere legami con l'intelligence USA. Infine, lo scorso aprile, guidando una campagna per sottrarre Benghasi e, nelle intenzioni, Sirte da Daech, è arrivato anche il sostegno della Francia. Il suo peso politico in Libia, che va ben oltre la sua carica ufficiale di comandante dell' “esercito nazionale” e ministro della difesa del governo di Tobruk, rappresenta un ostacolo quasi insormontabile per il GNA.

 

Gli intrecci di alleanze che si sono avvicendati e sovrapposti dopo la fine della guerra fredda si stanno rivelando come altrettanti fattori di destabilizzazione. Si pensi ai privilegi di cui gode l'Arabia Saudita, importante esportatore di petrolio ma anche baluardo contro l'influenza iraniana in Medio Oriente. Il rapporto della Commissione congiunta di inchiesta statunitense, costituita immediatamente dopo gli attentati dell'11 settembre 2001, oltre a sostenere la possibilità (pur precisando la necessità di prove, quindi di ulteriori ricerche) di contatti tra gli attentatori e “individui connessi al governo saudita”, evidenzia la scarsa collaborazione di Riyadh e il suo rifiuto di condividere informazioni su persone sospette e indagate dall'FBI, in quanto persone a conoscenza di segreti riguardanti la sicurezza nazionale. Nello stesso rapporto (secretato dall'ex presidente USA George W. Bush) si legge, peraltro, che l'FBI non aveva individuato queste reti di contatti prima degli attentati proprio in virtù dell'alleanza tra USA e Arabia Saudita. Ultimamente, poi, è la Turchia a suscitare tensioni. Dopo il “golpe fallito”, il comportamento del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha provocato in Europa dure reazioni, mentre le pressioni di Ankara su Washington per l'estradizione del predicatore islamico Fethullah Gülen hanno aperto un pericoloso contrasto con gli USA. Eppure la NATO ha reso la Turchia (seconda potenza militare dell'alleanza dopo gli USA) indispensabile nella “guerra al terrorismo”, anche se il principale obiettivo turco in Siria sono i Curdi del Partito di Unione Democratica più che i cartelli del jihad. Dal canto suo, l'Europa ha reso la Turchia indispensabile nella gestione del flusso dei profughi dalla Siria, arrivando persino a definirla “paese sicuro”, dimenticando i bombardamenti continui nelle regioni a maggioranza curda. A volte gli alleati possono rappresentare una minaccia più grave dei nemici stessi.

 Il 3 e il 5 agosto scorso si sono svolti, il primo ad Anzio e il secondo a Lavinio, ambedue località sul mare vicino Roma, due spettacoli di danza folkloristica indiana, organizzati nell’ambito del Festival dell’India in Italia, “Rhythm of India”, promosso ed organizzato dall’Ambasciata dell’India a Roma e dal Ministero della Cultura Indiano, in collaborazione con AQ International, società di promozione culturale italiana.

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Con il microfono in mano (da sinistra) l’ambasciatore dell’India in Italia
S.E. Anil Wadhwa e Salvo Cacciola ceo di AQ international

Le manifestazioni sono parte di un Festival itinerante, a carattere nazionale, al quale parecipano 3 gruppi folkloristici che si esibiscono in diverse date e in più località: Anzio, Roma, Cori, Anagni, Assisi.       

Dei tre, i “Kalbelia” si sono già esibiti ad Anzio il 3 Agosto scorso, mentre Il 5 Agosto a Lavinio, che è una frazione di Anzio, si è esibito il “Kathak Group”.

I ritmi, le evocazioni religiose, le atmosfere tipiche della vita quotidiana e della tradizione indiana hanno letteralmente coinvolto tutti. Il “contatto diretto e spontaneo” nelle  DSC9736piazze, luoghi deputati alla vita pubblica per eccellenza, ha sortito il suo effetto. Oltre al pubblico, numerosissimo, ovviamente la comunità indiana del litorale laziale al completo.

La perfomance e la danza “Kalbelia” ha origine nelle zone rurali del Rajasthan; i movimenti vogliono ricordare e replicare il movimento dei serpenti e della vita gitana di alcune comunità indiane che vivono in questa regione. Bellissimi i costumi, soprattutto le gonne nere delle danzatrici, finemente ricamate a mano. La forza di queste danze sta nella spontaneità della perfomance: le coreografie sono spesso accompagnate da improvvisazioni, anche musicali.

Nel 2010 l’UNESCO ha riconosciuto il gruppo, le canzoni e i balli della Regione del Rajasthan e quindi il Kalbelia folk, Patrimonio dell’Umanità.

il Kathak Group che, tra l’altro si era esibito il giorno precedente presso l’Auditorium della FAO a Roma, è stato guidato da Shovana Narayan, artista di fama internazionale, onsiderata la più grande danzatrice di Kathak al Mondo. La sua eleganza e forza interpretativa hanno letteralmente incantato il pubblico. Il Kathak è una danza e un genere

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il Kathak Group con  Shovana Narayan (al centro con veste chiara)

musicale originario dello Stato dell'Uttar Pradesh.Il nome Kathak deriva dal sanscrito katha, che significa storia, e kathaka ossia colui che narra una storia.

Presenti alle serate l’Ambasciatore dell’India in Italia S.E. Anil Wadhwa, sua moglie Deepa Gopalan Wadhwa ed il consigliere Gianfanco Tondini, in rappresentanza del comune di Anzio.

La proposta di legge dell’onorevole Elvira Savino di Forza Italia, al fine di impedire ai genitori di adottare una dieta vegan per i loro bambini (convinta che l’alimentazione vegetale sarebbe carente di zinco, ferro eme, vitamina D, vitamina B12 e Omega3”) ha del paradossale: è più  adatta alle multinazionali di allevatori e macellai che ad un’esponente politico cui sta a cuore il benessere della popolazione giovanile.

Se l’onorevole Elvira Savino non vive sulla luna conosce benissimo la situazione allarmante cui versa la salute dei bambini alimentati nella maniera onnivora convenzionale. Ma dovrebbe anche conoscere lo stato di benessere cui godono i bambini vegan. Le statistiche parlano chiaro: un terzo dei bambini onnivori è in sovrappeso e l’obesità tra i giovanissimi ha raggiunto cifre allarmanti. Il calcolo è presto fatto: dei circa 600.000 vegani in Italia, almeno un terzo di questi sono genitori; sfidiamo chiunque a trovare 200.000 bambini onnivori che godono della stessa ottima salute dei bambini vegan.

A mio avviso, considerata la preoccupante pericolosità di quello che mangiano i bambini onnivori che li espone alla peggiori patologie che vanno manifestandosi in età sempre inferiore, ed essendo la dieta vegan la sola compatibile con l’essere umano, la sola a in grado di garantire salute e benessere, ben venga la proposta della Savino purchè i genitori e che IMPONGONO la dieta onnivora con cibi spazzatura ai loro bambini, siano obbligati non solo ad avere la giusta conoscenza in fatto alimentare, ma a farsi seguire da un nutrizionista, indipendente, libero responsabile e preparato, pena la perdita della patria potestà.

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Mangiare animali è come mangiare i nostri parenti

La superiorità dell’alimentazione vegetale appare immediatamente evidente dal fatto che se nella dieta si escludono tutti i prodotti di derivazione animale si continua a vivere in ottima salute, mentre se si escludono i prodotti vegetali si va incontro inevitabilmente a malattie e a morte
precoce. Se mangi solo carne difficilmente arrivi vivo a fine mese; se invece mangi solo frutta o solo vegetali a fine mese la tua salute sarà eccellente.

Intervista a Madame Bérénice Lurton dello Château Climens, 1er Cru – Barsac

Recentemente ho visitato lo Château Climens, 1er Cru – Barsac, anzi meglio dire la “quintaessenza” del Barsac.
Classificato nel 1855, insieme ai Grandi Vini del Médoc, è rimasto famoso negli anni per quel tocco di eleganza dei suoi vini.
Spesso facciamo confusione con le Denominazioni francesi. Ogni territorio vitivinicolo ha la sua Storia, le sue classificazioni e non sempre risulta facile comprenderle. Come nel caso dei Sautèrnes. Provo a fare un po’ di chiarezza.

Il piccole fiume Ciron attraversa la denominazione Sautérnes limitando a sinistra il territorio del Comune di Barsac e a destra gli altri quattro Comuni facenti parte della Aoc Sautèrnes (Bommes, Fargues, Preignac e Sauternes). Proprio per questa sua particolare posizione il Comune di Barsac detiene una sua “autonomia” e può utilizzare, in etichetta, l’appellation Barsac o Sautèrnes-Barsac. Preciso che non è solo una questione di riva sinistra o destra. Sono i terreni che hanno una composizione dissimile, i venti soffiano da quadranti non omogenei e la botrytis delle prime ore del mattino si posa sopra le vigne in maniera diversa e in tempi disuguali. Tutto questo lo ritrovi nei vini. Tutto questo lo riscontri nei vini di Château Climens: eleganti e diversi. Lo stile Climens.

È iniziata così l’intervista a Madame Bérénice Lurton, attuale proprietaria dello Château Climens.

Definirla solo proprietaria è limitativo. È la Madame della svolta, dell’introduzione a regime della conduzione bio-dinamica. Insomma “la Madame del vino del Barsac”.

- Madame Bérénice, lo Château Climens è ricordato per la sua eleganza e freschezza. Si può parlare di Stile Climens?

R. Climens è un vino sottile, aereo , come nessun altro . Esprime il meglio di Barsac per il suo equilibrio e freschezza . Esprime anche il potere e la magnificenza dei più grandi Sauternes . Climens si definisce in primo luogo, per eleganza e profondità conferite dal suo terroir unico .

- L’appellation Barsac, riva sinistra del fiume Ciron, significa essere diversi dagli altri?

R. All'interno dei Sauternes , Barsac singolo villaggio, situato sulla riva sinistra del Ciron , ha un proprio nome : il suo terreno calcareo dominante dà vini diversi , spesso meno abbienti rispetto a quelli di Sauternes , ma di solito con più freschezza in termini di equilibrio e aromi .

- Climens, ovvero “TERRA INGRATA”. Vitigno Semillon la risposta? Sauvignon Blanc NO? Perché?

R. Abbiamo solo Semillon Climens Castle, uno dei pochi vitigni varietali singoli della regione. La simbiosi perfetta tra vitigno e territorio esigente permette a questo particolare ed unico clone Semillon di trovare qui una espressione aromatica e un equilibrio veramente eccezionali . Il Sauvignon Blanc non è adatto per i terreni dello Chateau Climens.

- Dal 2010 la conduzione è biodinamica. Perché questa scelta di filosofia applicata alla viticoltura?

R.  Ho fatto la scelta di convertire l'intero vigneto alla conduzione biodinamica nel gennaio 2010 , con l’assenso incondizionato di Frédéric Nivelle , direttore tecnico di Climens . Stavo cercando da molto tempo una gestione più naturale , preventiva e globale del vigneto ed ho preso, con il pieno appoggio di tutto lo staff di Chateau Climens, la decisione. A dire il vero è maturata in me la scelta dopo aver visitato e seguito da vicino l’evoluzione biodinamica nel vigneto Pontet Canet di Jean - Michel Comme. Questo incontro è stato un rivelazione ! Così i trattamenti chimici sono stati sostituiti da tè vegetali e altro . L' obiettivo non è solo il rispetto dell'ambiente ma trovare un proprio equilibrio e trasmettere meglio le qualità di questo territorio unico .

- Madame Lurton, Sautèrnes è “donna”?

La risposta non è stata immediata. Madame Lurton mi ha guardato fisso negli occhi per capire meglio la domanda. Afferrare se “adulatrice” nei suoi confronti o perché ritenuto dai più un “vino dolce” e conseguentemente più amato dal mondo femminile. Poi accennando un breve sorriso…

R. Je crois qu’il faut demander aux personnes qui le dégustent ce qu’ils en pensent !

Le Donne del Vino nel Mondo : Madame Bérénice Lurton. Chateau Climens, 1er Cru Barsac.

Testo originale dell’intervista in francese e tradotta da Urano Cupisti

Madame Bérénice, le Château Climens est connu pour son élégance et sa fraîcheur. Vous pouvez parler de Style Climens ? 
Climens est un vin subtil, aérien, qui ne ressemble à aucun autre. Il exprime le meilleur de l’appellation Barsac par son équilibre et 
sa fraîcheur. Il exprime également la puissance et la somptuosité des plus grands Sauternes.
Climens se définit avant tout par un éclat, une élégance et une profondeur, conférés par son terroir unique. 

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L' Appellation Barsac , rive gauche du Ciron , cela signifie d'être différent ?  
SAM 3491Au sein de l’appellation Sauternes, seul le village de Barsac, situé sur la rive gauche du Ciron, bénéficie de sa propre appellation:
son terroir à dominante calcaire donne des vins différents, souvent moins opulents que ceux de Sauternes mais généralement dotés de plus de fraîcheur en termes d’équilibre et d’arômes.
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Climens ou « terre ingrate» . Sémillon la réponse ? Sauvignon Blanc Non? Pourquoi ?  
Planté uniquement en sémillon, le Château Climens est l’un des rares crus monocépages de la région. L’adéquation parfaite entre ce cépage exigeant et ce terroir permet au sémill de trouver ici une expression aromatique et un équilibre véritablement exceptionnel. Le Sauvignon Blanc ne convient pas au terroir si particulier de Climens. 
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Depuis 2010 , la course est biodynamique . Pourquoi ce choix de philosophie appliqué à la vinification? 

J’ai fait le choix de convertir l’intégralité du vignoble à la biodynamie en janvier 2010, en adhédion totale avec Frédéric Nivelle, le Directeur Technique à Climens. Je suis à la recherche depuis très longtemps d’une gestion plus naturelle, préventive et holistique du vignoble, j’ai décidé de passer à l’action après avoir rencontré Jean-Michel Comme et ses vignes à Pontet Canet : cette rencontre a été une révélation ! C’est ainsi que les traitements chimiques ont été remplacé par des tisanes de plante entre autre. Le but est non seulement de mieux respecter l’environnement, mais aussi de permettre à la vigne de trouver elle-même son équilibre, afin de mieux transmettre les qualités de ce terroir unique.

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Le Vin de Sauternes est femme?

Je crois qu’il faut demander aux personnes qui le dégustent ce qu’ils en pensent !

August 04, 2016

L’archetipo del gentiluomo coraggioso, che crede negli ideali e per questo combatte, contrapposto al plebeo codardo, facilmente corruttibile, sta nuovamente prendendo forma nelle gesta politiche dei sostenitori del Movimento, che ha l’obiettivo della rinascita d’intenti. Serve ancora compiacersi della propria figura in specchi resi opachi dal tempo per incrociare le armi contro mulini a vento scambiati per giganti e spasimare per sguattere impresentabili, per restituire alla cultura universale la prova della congiunzione tra il mondo delle cose e il mondo dei segni? Mettere a nudo i malfattori, gli imbroglioni, i prestanome con la poesia e l’arte è un impegno encomiabile che solo l’estro di un regista attore come Gennaro Duccilli riesce sempre diplomaticamente a smascherare. Lo abbiamo seguito in varie realizzazioni degne di teatri stabili, se ancora ne esistono, e la vena satirica e ironica tipica, specialmente in questa sua messa in scena, dei romanzi cavallereschi, mira ad evidenziare i mali della società del nostro tempo, che sembrano sulla strada dell’abbandono grazie al nuovo respiro di cambiamento! Sì, è vero, potrebbe sembrare un sogno esaltato e maniaco di avventure e di gloria di un allampanato cavaliereimmerso in una sua perenne insoddisfazione, ma è l’umanità del suo robusto scudiero che lo porta a soppesare il bene ed il male. Regna Filippo III in Spagna e la stagnazione di un secolo di decadenza politica ed economica si respira in ogni luogo, in ogni nucleo familiare. Sequestri territoriali, minacce di bancarotta, mancanza di lavoro, esorbitanti processi inflattivi, i cui effetti vengono amplificati da epidemie e recrudescenze di fenomeni criminali, riportano a situazioni politiche attuali e ben venga quindi, il "Don Chisciotte e Sancio Panza", elaborato da Gennaro Duccilli, tratto dall’opera di Miguel de Cervantes Saavedra.
È Gennaro Duccilli che lo dirige e lo interpreta per il Teatro della Luce e dell’Ombra.

La prima dello spettacolo sarà ad Anzio il 19 agosto 2016 – ore 21,15 – nella splendida e storica cornice di “Villa Adele”, così chiamata fin dal 1° ottobre 1834, in onore della sposa di Francesco Borghese.

Ci vuole un bel coraggio a considerare nobili le proteine che derivano dal cadavere di un animale. Chi ancora si ostina a considerarle necessarie per la salute umana deve fare i conti non solo con l’eccellente salute di coloro che non ne fanno uso ma con tutti gli animali più forti della terra che costruiscono le loro possenti masse muscolari mangiando erba.

E’ importante considerare che gli animali carnivori assumono le proteine necessarie mangiando gli animali erbivori i quali hanno a loro volta hanno tratto le proteine dai vegetali, la sola e vera fonte di aminoacidi da cui dipende la vita di tutti gli animali sulla terra.

A tal proposito il Dr. Michele Riefoli dice: “L’essere umano invece di mangiare proteine da fonte vegetale prende i vegetali che le contengono e le da mangiare agli animali che alleva (con tutte le spese che comporta per la gestione della stalla, spreco d’acqua, dio terreno, cure veterinarie, costi di personale ecc.) e poi mangia l’animale dove trova le stesse proteine che
aveva prima a disposizione, pagandole di più, ma con una concentrazione di sostanze chimiche di sintesi (concimi, diserbanti, anticrittogamici ecc. 16 volte maggiori rispetto a quelle che si ritroverebbe mangiano proteine da vegetali, quelli coltivati non in modo biologico”.

In sostanza è da sconsiderati scegliere di mangiare il prodotto A perché contiene il fattore X anche se può favorire ictus, infarto, cancro, ipertensione o diabete ecc. quando posso mangiare i prodotti B e C che hanno la medesima peculiarità senza gli effetti negativi di A. E, nella fattispecie, non è necessario abbinare cereali e legumi in uno stesso pasto per ottenere la perfetta miscela di aminoacidi. Chiunque assuma nell'arco della giornata cereali (pane, pasta, riso, etc.) e legumi (come i fagioli, le lenticchie, i ceci, etc.) è in grado di ottenere facilmente tutti gli aminoacidi necessari, senza dover ricorrere al consumo di prodotti animali, con le inevitabili dannose conseguenze scientificamente riconosciute.

Se un individuo mangiasse per un mese solo carne il suo stato di salute sarebbe a pezzi: se invece per un mese consumasse solo pasta e fagioli, oppure solo frutta o solo legumi o solo ortaggi la sua salute sarebbe ottima. Da questo esperimento si può facilmente intuire quali alimenti meritano l’appellativo di “nobili”.

Gli 8 amminoacidi “essenziali” furono dichiarati tali da W. C. Rose nel 1949 in seguito ad esperimenti effettuati sui topi bianchi i quali hanno un fabbisogno proteico 7-8 volte maggiore dell’uomo. In sostanza, come asseriva il Dr. H. Shelton: “Tutti gli alimenti, senza alcuna eccezione contengono tutti gli aminoacidi essenziale”.

Nel 1728 il Dr. Bartolomeo Beccari, scopritore del glutine del frumento, dimostrò scientificamente l’isovalenza tra le proteine animali e vegetali, cioè gli aminoacidi di origine vegetale sono assolutamente identici agli aminoacidi di origine animale. Non solo, ma l’utilizzazione delle proteine di un determinato alimento è tanto più grande, quanto minore è la sua percentuale proteica.

Gli esperti di nutrizione dicono che le proteine animali servono costruire i muscoli, ma succede che nonostante la popolazione occidentale mangi almeno il triplo delle proteine necessarie, nella maggior parte dei casi le persone mostrano un organismo tendente al grasso, al flaccido.

Nel 1957, un comitato di esperti della Fao e dell’Oms stabilì il necessario quantitativo in un grammo per Kg di peso corporeo al di. Nel 1963, lo stesso comitato concordò di dimezzare la quota, precedentemente stabilita e di portare a 35 grammi la percentuale di proteine necessarie, per persona al giorno, cioè 0,5 grammi per peso corporeo. Gli igienisti ritengono che tale quantitativo sia ancora eccessivo e che sono sufficienti 0,25 grammi per peso corporeo.

L’organismo umano necessita di circa 25-30 gr di proteine al giorno, le proteine in eccesso, oltre a trasformarsi in glucidi e grassi di deposito con probabile produzione di radicali liberi, non possono essere accumulate nell’organismo come i lipidi ed i glucidi: al fegato tocca l’onere di trasformarle in urea e ai reni di eliminarle. Ma se i reni non sono pienamente efficienti l’organismo resta intossicato e per liberarsene lega le proteine eccedenti alle pareti dei capillari che diventano più spesse impedendo il transito delle sostanze nutritive. Per compensare questa situazione l’organismo aumenta la pressione arteriosa.

L’eccesso proteico più di ogni altro fattore intossica l’organismo. Le scorie prodotte dal consumo eccessivo di proteine, veri e propri veleni per l’organismo, oltre ad acidificare il sangue, ad affaticare fegato e reni, spesso sono causa di uricemia, obesità, calcolosi, reumatismi, dispepsie, eczemi, arteriosclerosi ecc.

L’eccesso proteico (oltre a causare carenza di triptofano e serotonina) è più insidioso dell’eccesso di zuccheri o grassi, perché con l’aumento del quantitativo proteico aumenta anche la quantità di calcio espulsa con le urine e che col tempo, questo meccanismo genera osteoporosi. Per espellere le proteine in eccesso l’organismo elimina la parte azotata; restano
idrogeno, carbonio e ossigeno che utilizzerà come carboidrati con produzione di grassi di deposito.

Le proteine animali, oltre a bloccare la produzione di vitamina D, e ad essere in compagnia di grassi saturi e colesterolo, danno come prodotto finale l’acido urico che i carnivori, provvisti dell’enzima uricasi (di cui l’uomo è sprovvisto) viene trasformato in urea e quindi eliminato.
Nell’uomo questo acido urico si combina con il sodio e si deposita soprattutto nelle articolazioni provocando gotta, dolori articolari, tumefazioni e deformazioni.

Inoltre, mentre le proteine di arachidi, semi di soia, di girasole, di sesamo, di quinoa sono complete, non lo sono le proteine del singolo muscolo di animale (per avere le proteine complete bisognerebbe mangiare l’animale intero. Ed è fuorviante invitare a consumare la carne per la completezza degli aminoacidi essenziali, dal momento che la carne per motivi di sicurezza e gusto deve essere cotta, e la cottura distrugge (a parte molti altri nutrienti) due dei più importanti aminoacidi essenziali, la Lisina e la Glutammina.

August 01, 2016

Che il tentativo di colpo di stato del 15 luglio rappresenti un punto di svolta nella storia della Repubblica turca, è certo; ma la pista del golpe “autodiretto” potrebbe essere più una speranza che una soluzione, mentre l'ipotesi del golpe fallito suscita preoccupazioni sul futuro della Turchia, paese membro della NATO e importante tassello nello scacchiere regionale


Per analizzare le ipotesi avanzate da esperti e osservatori sul “golpe fallito” del 15 luglio, può essere utile risalire al punto di partenza della parabola ascendente del presidente Recep Tayyip Erdoğan: l'alleanza con i Fethullahçı, seguaci del predicatore Fethullah Gülen, il cui movimento, nato negli anni '80, ha guadagnato progressivamente terreno nei settori chiave della società: istruzione, soprattutto privata, scuole coraniche, moschee, accademie di polizia. Al punto che nel 2010 è stata vietata la pubblicazione dell'Esercito dell'Imam, saggio sulle “infiltrazioni” del movimento di Gülen nella società e nelle istituzioni turche: le bozze sono state distrutte e l'autore, il giornalista Ahmet Şık, condannato a un anno di carcere. Sono stati i Fethullahçı infatti a permettere al Partito giustizia e sviluppo (AKP) di Erdoğan di vincere le elezioni del 2002, anche se Gülen era già in esilio volontario negli USA dal 1999. Da allora il primato dell'AKP è sempre più solido, un fenomeno che potrebbe destare perplessità in un paese la cui costituzione prevede esplicitamente che l'esercito, costruito da Mustafa Kemal Atatürk sul modello giacobino, intervenga in caso di minaccia per i “valori kemalisti” (quindi, tecnicamente, se ad attuarlo sono i militari non si dovrebbe neppure parlare di “golpe”), pilastri della costituzione patria del 1924: primo fra tutti, la laicità dello Stato.

Eppure, già prima di Erdoğan, a puntare sull'islamizzazione della società era stato il generale Kenan Evren, autore del golpe del 1980, secondo alcuni caldeggiato o addirittura sostenuto dagli Stati Uniti per costruire un baluardo turco in un Medio Oriente in pieno riassetto geopolitico dopo la rivoluzione dell'ayatollah Khomeini in Iran, nel 1979, e per impedire l'ascesa delle forze della sinistra, che avrebbero potuto stabilire una “pericolosa” alleanza con i kemalisti. Insomma, dell'intervento in difesa dei valori repubblicani e laici c'era solo l'aspetto: il governo di Turgut Özal, controllato dai militari, ha adottato infatti una linea politica concentrata sulla privatizzazione e liberalizzazione dell'economia e sulla “tolleranza” delle confraternite religiose, due elementi contrari alla politica kemalista, ma utili per debellare i movimenti di sinistra. In particolare, hanno favorito l'ascesa di una nuova borghesia, mentre la fondazione di scuole religiose (perlopiù private) ha spianato la via alla nascita di una borghesia islamica. È qui che è nato il movimento di Gülen. Prima prezioso alleato, poi avversario pericoloso per Erdoğan, sempre per lo stesso motivo: la sua presenza radicata nel tessuto sociale. Un ostacolo che il presidente turco ha cercato di superare espugnando gradualmente tutte le sue roccaforti: in questo quadro andrebbe letta l'organizzazione da parte di Erdoğan della rete dei mukhtar (rappresentanti di quartiere o di piccoli centri urbani, eletti alle amministrative tra i non iscritti a partiti politici), nel 2015, con il pretesto della lotta al terrorismo, ma in realtà per ottenere un maggior controllo della società.

La rottura ufficiale tra Erdoğan e Gülen risale al 2013, quando il ricco predicatore (che intanto aveva espanso la sua rete di scuole in tutto il mondo, soprattutto negli USA) ha aspramente criticato la brutale repressione del governo turco delle proteste di Gezi park. Una buona occasione per Erdoğan per disfarsi del suo antico alleato in un momento di forza. Infatti, già nel 2007 l'AKP era riuscito a far eleggere presidente della repubblica Abdullah Gül, e, al contempo, a indebolire gradualmente il peso politico dell'esercito, fino ad arrivare al successo del referendum costituzionale del 2010: uno degli emendamenti proposti prevede che i militari accusati per tentativi di golpe siano giudicati da tribunali civili. Nel 2007, intanto, sono iniziati i maxi-processi a presunti membri di Ergenekon, una struttura parallela di Stato nata in piena guerra fredda sul modello di Gladio, che negli anni '70 in Turchia ha innescato la spirale di violenze politiche sfociata nel golpe del 1980. Tra le inchieste avviate c'è quella sul presunto piano Balyoz (ordito, secondo l'accusa, dai militari per rovesciare il governo dell'AKP), che nel 2014 la Corte costituzionale turca ha definito una montatura, annullando le precedenti sentenze di condanna.

Secondo diversi osservatori lo scandalo di corruzione che ha investito l'AKP e la stessa famiglia di Erdoğan alla fine del 2013 sarebbe stato scoperto (o costruito) dalla magistratura controllata dai Fethullahçı, per indebolire il presidente turco. Se fosse vero sarebbe stato un flop, anche perché l'AKP era in piena ascesa, nel mondo arabo, per la reazione all'incidente della freedom flotilla del 2010, in Occidente per il sostegno di Ankara all'Esercito siriano libero e per la creazione della Coalizione nazionale siriana, nata nel 2012 e dal 2013 con quartier generale a İstanbul. In questo modo Erdoğan ha avuto via libera persino per annullare la dialettica interna al suo partito, come dimostra l'uscita di scena forzata, a maggio, dell'ex primo ministro Ahmet Davutoğlu. Al di là delle conferenze stampa, il pomo della discordia, sia con Davutoğlu che con Gülen, è il progetto di Erdoğan di trasformare la Turchia in una repubblica presidenziale e la sua scelta di comportarsi come se questo ordinamento fosse già in vigore (che sia questo il vero golpe?). Progetto silenziosamente avallato dall'Unione Europea con l'accordo su migranti e rifugiati e dalla NATO che continua a non poter rinunciare all'esercito di Ankara, il secondo per dimensioni dopo quello statunitense.

Riepilogando, Erdoğan ha iniziato la sua ascesa sulla scia dell'islamizzazione della società favorita dal colpo di stato del 1980, formalmente organizzato e attuato da militari, mettendo a frutto l'eredità politica di Necmettin Erbakan e alleandosi con Gülen, l'unico a potergli garantire una solida base per guadagnare potere limitando il peso politico dell'esercito. Se fosse vero il coinvolgimento di Gülen nel tentato golpe del 15 luglio, sarebbero quindi da spiegare le posizioni lealiste della polizia, visto che quest'ultima è una sua roccaforte, non l'esercito “giacobino”. A meno che Erdoğan non sia riuscito a “purificare” le strutture dello Stato dalla presenza dei Fethullahçı ben prima delle ultime epurazioni. In questo quadro si potrebbe interpretare la forte “pressione” esercitata dal presidente turco sul capo dell'intelligence, Hakan Fidan, cui lo scorso anno ha di fatto impedito di dimettersi (nonostante il parere favorevole dell'allora primo ministro Davutoğlu). Quanto all'ipotesi che sia stato lo stesso Erdoğan a organizzare il golpe fallito per legittimare arresti arbitrari, non sembra che finora Ankara abbia avuto bisogno di pretesti, né per limitare le libertà fondamentali, né per giustificare l'uso della forza (basti pensare alle migliaia di sfollati curdi del Sud-est del paese o al rifiuto della comunità internazionale di affrontare seriamente il caso di Abdullah Öcalan). Se poi fosse stato davvero un tentativo dell'esercito di “salvare” la costituzione patria dal nuovo sultano, il suo fallimento significherebbe il tramonto definitivo della Turchia di Atatürk, uno Stato ma soprattutto una cultura.

August 01, 2016

15 novembre 2015, Parigi: Bataclan, il concerto della Rockband del momento; 22 marzo 2016, Bruxelles: sala partenze dell’aeroporto ...; 1 luglio 2016, Dacca: cena di chiusura della stagione lavorativa; 14 luglio 2016, Nizza: festeggiamenti in onore della giornata di festa nazionale sul lungomare affollato di vacanzieri; 26 luglio 2016, Rouen: una chiesa violata, un anziano parroco sgozzato....

Azioni terroristiche ....attacchi senza un reale filo conduttore...

Eppure sono “Brandelli di vita quotidiana portati via alla normalità per diventare momenti di paura e di morte...”

Ecco cosa sono gli attacchi terroristici, nulla più di questo...e la religione è solo un pretesto; l’ideologia o la provenienza geografica sono solo illusioni e l’unico risultato è l’ODIO.

Siamo caduti nella trappola della paura e i gruppi che si organizzano per ripulire paesi e città dai cittadini stranieri, musulmani e non musulmani... (in fondo non importa: l’importante è che chiunque è diverso da me, sia cacciato via!!) non sono altro che la negazione della Civiltà, della Democrazia e della Libertà di ogni uomo a sperare in un futuro dignitoso.

Abbiamo passato secoli ad erigere confini tra i popoli, a difendere territori e beni, ad alimentare l’intolleranza e il disprezzo e abbiamo dimenticato che non esistono razze superiori o religioni giuste...esiste, come sosteneva Einstein già nel 1933, soltanto la Razza Umana.

Quando arrivò negli Stati Uniti, anche al grande scienziato Albert Einstein gli impiegati dell'ufficio immigrazione chiesero di indicare su un modulo a quale razza appartenesse. E Einstein spiazzò tutti scrivendo: «umana». Allora sembrò una provocazione: era il 1933 e lo scienziato, fuggiva dalla sua Germania proprio perché erano iniziate le persecuzioni contro gli ebrei come lui.

Eppure aveva perfettamente ragione: gli uomini non hanno razze. O, meglio, la razza umana è una sola, con infinite variazioni al suo interno. Anche quando esprimiamo nobili e sacrosanti propositi, come nelle solenni dichiarazioni «Rifiuto ogni discriminazione per religione, genere, razza...», in realtà stiamo commettendo un errore.

Per fortuna, la scienza si è resa conto che dividere gli uomini in razze è semplicemente un errore. Quello che si può fare è individuare "popoli" o "etnie", cioè gruppi identificati da un insieme di caratteristiche che, nel loro complesso, li rendono unici. Ma non (o almeno non solo) caratteristiche fisiche, come il colore della pelle o dei capelli: decisivo, per identificare un popolo, è riconoscere una cultura comune. Come c'insegnavano gli antichi.

Ma purtroppo non basta cancellare la parola “razza” per cancellare l'atteggiamento di chi insulta le persone che ritiene "diverse" da sé.

E allora dobbiamo essere concreti e interrogarci sugli errori fatti fino ad ora, su come abbiamo gestito i flussi di uomini che, nel corso degli ultimi decenni hanno preferito affrontare i pericoli dei deserti, le insidie del mare, la cattiveria degli sfruttatori e degli aguzzini, per cercare, oltre i confini della propria Patria, una vita dignitosa, lontana dalle guerre, dalla fame e dall’assoluta assenza di libertà.

Quante delle nostre politiche migratorie sono basate sullo studio della Geopolitica, sulla conoscenza delle motivazioni profonde che portano interi popoli a cercare “vita” in terre lontane?

Credo che il massiccio fenomeno migratorio che stiamo vedendo sotto i nostri occhi, meriti una analisi più attenta, più accurata e soprattutto intesa a cercare soluzioni.

Quello che avviene nelle nostre città ha bisogno di una gestione esperta, che tenga conto dei pericoli che sono nascosti nei cittadini immigrati di seconda generazione, che frequentano le scuole dei nostri figli, che occupano posti di lavoro al fianco dei coetanei “nativi” e non certo per trovare ragioni di opposizione, ma piuttosto per cercare punti di incontro, reali scambi culturali e condivisioni.

In fondo esiste una precisa e puntuale normativa che spinge in questa direzione e sono sempre più convinta che la civile convivenza non possa non passare attraverso la reale conoscenza della legislazione, della cultura e delle abitudini del Paese che ci ospita. L’abbiamo visto nei nostri padri, che nel dopoguerra hanno lasciato campagne e abitazioni, per aspirare ad una vita migliore per se e per i propri figli...nulla di strano, dunque, nelle motivazioni di base che portano giovani disperati e numerose famiglie a tendere alla vita (migliore) in un Paese lontano dal proprio!

Ma non possiamo cavalcare la PAURA...questa distruggerà ogni buon proposito e alla fine distruggerà tutti noi!

Il primo segnale concreto, Domenica 31 luglio: una giornata memorabile!

23 mila musulmani sul territorio italiano hanno risposto all’appello del Prof. Foad Aodi, Presidente del Co-mai e del Movimento Uniti per Unire e Focal Point per l’Integrazione in Italia per l’Alleanza delle Civiltà (UNAOC) ed hanno portato il loro saluto a tutte le Chiese di Italia. Il messaggio del Presidente Aodi “Solo con l’unione possiamo far desistere gli assassini delle religioni dalla loro opera di massacro. Siamo stanchi di violenza che non ha Dio e siamo stanchi delle strumentalizzazioni del mondo arabo e musulmano ...”

... ancora il Presidente Aodi rinnova l’invito a tutte le comunità musulmane ad andare “oltre le divisioni di cultura di provenienza, di ideologia politica e di religione per sconfiggere il male comune”.

Questa è l’unica strada possibile!

                                                                                                      

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