L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Carlotta Caldonazzo
This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.
VIDEOCONFERENZA (clicca sull'immagine) |
Il rapporto che intercorre tra il potere e il diritto d'opinione ha - da almeno un paio di secoli a questa parte contrassegnato, nel bene e nel male, i processi politici delle società occidentali. Questo rapporto, molto dinamico e sovente conflittuale, è stato messo in crisi dallo sviluppo delle tecnologie di comunicazione e dall'applicazione al dominio politico delle sempre più sofisticate tecniche di persuasione/comunicazione, proprie alle società industrializzate.
I beneficiari ultimi di tale crisi sono i gruppi di potere, siano essi i detentori delle tecnologie e delle piattaforme digitali, i grandi gruppi editoriali o i possessori dei maggiori circuiti radiotelevisivi. In Italia, in particolare, la relazione falsata tra potere e libera opinione si è resa evidente nella sua rischiosità con l'arrivo al governo di esponenti proprietari di grandi porzioni dell'industria televisiva e cinematografica e con la discussione pubblica sul conflitto d'interesse. A fronte di ciò, si è sviluppata nel tempo, quasi esclusivamente nella sfera cibernetica, una comunicazione alternativa, spesso confusa e spontanea e perciò stesso suscettibile di essere manipolata, screditata e marginalizzata, paradossalmente, proprio dal suo contraltare mainstream, legato al sistema politico-economico imperante. Oltre a inquinare lo sviluppo della libera opinione, la comunicazione del nostro tempo, in particolare proprio quella cosiddetta mainstream, ha concorso alla stabilizzazione dei gruppi di potere e alla creazione del consenso intorno ad essi. Il mondo dell'informazione, invece di esercitare, come suo compito e dovere, una funzione critica rispetto ai governi, ha spesso svolto il ruolo di megafono delle decisioni di quest'ultimi. Lo abbiamo visto nel corso di questi due anni di pandemia e lo viviamo ora nel contesto del drammatico confronto tra la Federazione russa e l'Occidente. In quest'ultima circostanza, poi, la comunicazione mainstream svolge sempre di più un ruolo attivo nel quadro della cosiddetta guerra ibrida; ne è testimonianza, tanto per fare un recente esempio, l'opaco caso del Corriere della Sera-Copasir. Si osserva che il sistema politico italiano — grazie alla funzione della nuova comunicazione - si sta sempre più strutturando sul modello dei sistemi liberaldemocratici anglostatunitensi, contraddistinti dal rapporto dinamico e autoreferenziale tra gruppi di potere, marginalizzando, inibendo ed escludendo di fatto la partecipazione al libero dibattito di larghi strati della popolazione.
Significativa l’iniziativa annunziata dall’on. Pino Cabras circa un accordo da lui promosso con realtà mediatiche di altri paesi per rendere l’informazione on line meno condizionata dai social, soprattutto d’oltre oceano, che paiono anteporre gli interessi dei loro proprietari al fluire della libera informazione. Purtroppo in Italia chi fa informazione per i grandi media è condizionato dalle direttive dell’editore, è quindi ricattabile, e chi si avventura nei social per fare informazione, oltre alla censura (non dimentichiamo che i nostro Paese ha perso la guerra e che, da allora, i media nostrani non hanno fatto che da cassa di risonanza dell’informazione proveniente d’oltre oceano) deve confrontarsi con la falsa informazione gettata nella mischia dai centri decisionali per avvelenare il campo e renderlo impraticabile. E quanto mai urgente quindi una seria riflessione sul problema del diritto alla formazione di una pubblica opinione scevra da condizionamenti, sul diritto alla critica e al dissenso e sulla degenerazione del sistema politico.
Ne hanno discusso alla sala stampa della Camera dei deputati Tiberio Graziani — Vision & Global Trends, Jessica Costanzo — Italexit, Pino Cabras — Altemativa, Geminello Preterossi — La Fionda — Università di Salerno.
A oltre quattro mesi dall'inizio dell' "operazione speciale militare " in Ucraina - secondo la versione russa - o 'invasione" - secondo la speculare versione euroatlantica — cominciano a emergere le prime avvisaglie di una frattura all'interno del cosiddetto fronte occidentale che si riflette nelle società civili dei vari paesi europei. Facendo leva su una prima e subitanea reazione emotiva, l'Unione Europea e i singoli parlamenti e governi nazionali hanno scelto e deciso di scendere in campo a favore dell 'Ucraina, inasprendo le sanzioni contro la Federazione russa e inviando armi a Kiev. Tali decisioni, in particolare quella dell'invio di armi - che di fatto rende cobelligerante anche il nostro Paese - sono avvenute senza un serio e approfondito dibattito democratico sulla opportunità dello schieramento a favore di uno dei contendenti e sulle relative conseguenze, nel medio e lungo periodo, di una decisione forse avventata e certamente non adeguatamente ragionata. Anzi, chi ha tentato di aprire un dibattito in seno alla società civile o si è pronunciato, fin dall'inizio della crisi, a favore della pace o ha sostenuto le ragioni della neutralità, o solamente abbia cercato di comprendere sul piano analitico e accademico le cause della grave crisi geopolitica è stato ostracizzato, messo alla berlina, ridotto all' autocensura o strumentalizzato nel grande circo mediatico dei talk-show e, a seconda dei casi, perfino accusato di connivenza con il "nemico".
Per un migliore approccio al contendere, bisogna fare alcuni passi in dietro per capirne meglio i termini. Con il crollo del muro di Berlino nel 1990 fu data garanzia dalle potenze occidentali alle autorità sovietiche che la Nato non si sarebbe spinta oltre la Germania nell’Europa dell’est. Così non fu e, un po’ alla volta, vennero inglobate nel Patto Atlantico e nella E.U. Polonia, Romania, i Paesi Baltici, la Bulgaria, l’Ungheria, la ex Cecoslovacchia. Per quanto riguarda l’Ukraina nel 2014, a fronte di regolari elezioni politiche, ci fu una sommossa popolare promossa e finanziata dagli Stati Uniti, non nuovi nella performance, capobranco dell’Alleanza Atlantica, soprattutto in funzione anti russa. Il fatto è che insediatosi il nuovo governo fu subito promossa da questo una campagna anti russa e, nonostante quasi la metà della popolazione fosse russofona, venne imposto l’obbligo della lingua Ukraina. Al contempo i militari ukraini, complice il silenzio dei media occidentali e l’aiuto della Nato, iniziarono la persecuzione della popolazione russofona. Dal 2014 al 2018 si sono contati più di 14 mila morti. Invano la Federazione russa ha cercato in questi anni di poter comporre la controversia con l’occidente, il trattato di Minsk stipulato dai contendenti è stato completamente disatteso da parte occidentale. Ovviamente le regioni del Donbass e Lugansk si sono viste costrette a chiedere l’intervento della Federazione Russa a fronte della persecuzione in atto. L’intervento dell’esercito russo è finalizzato alla protezione della popolazione russofona, questo è nei fatti e questo è dichiarato dalle autorità della Federazione russa. I mainstream dei paesi occidentali parlano di invasione dei militari russi nei confronti di un paese sovrano dimenticando gli antefatti. Dimenticano che nel 2014 in Ukraina c’è stato un vero e proprio colpo di stato promosso dagli Stati Uniti. Intanto in Italia, paese che si autodefinisce democratico fioriscono le liste di proscrizione, i rapporti 'scientifici" sull'infiltrazione di presunti fiancheggiatori della Russia putiniana nel mondo accademico, economico, politico e giornalistico, perfino le ridicole messe al bando di eventi culturali dedicati a eminenti personalità della cultura russa.
E' verosimile supporre — e comunque argomento di dibattito democratico - che le scelte a favore di una guerra di resistenza senza se e senza ma sostenute dal Governo e dal Parlamento, in assenza di una libera e pubblica valutazione e sulla base del semplicistico schema "aggredito-aggressore", che non tiene conto della guerra del Donbass iniziata otto anni fa, siano state influenzate dagli interessi della NATO, dell'amministrazione Biden anziché dagli interessi concreti del Paese.
Oggi, quando iniziano a rendersi sempre più palesi le disastrose conseguenze economiche dovute alle decisioni del Governo e del Parlamento, si registra, da parte di larghi strati della popolazione, come anche da parte di diversi autorevoli osservatori, un ripensamento che testimonia una frattura in seno al Paese e, soprattutto, una frattura tra elettori e classe dirigente, proprio alla vigilia di importanti appuntamenti nazionali, tra cui il bilancio per il 2023 e le elezioni politiche previste per la prossima primavera.
Ne hanno parlato in un dibattito dal titolo: “Guerra e Pace – l’Italia divisa” svoltosi presso la sala stampa della Camera dei Deputati lo scorso 6 luglio Tiberio Graziani di Vision & Global Trends, gli on. Pino Cabras e Raphael Raduzzi di Alternativa.
Jacques Cheminade |
Sono trascorsi più di 75 anni dalla fine dell’ultima guerra e le stigmate del trascorso sono ancora tutte lì, intatte, fautrici di libertà vigilata, piena di illusioni magiche che ci incatenano mani e piedi alla dura realtà. La storia, maestra di vita, ci spiega che mai nessuno si è sentito libero senza lottare per la propria dignità. Terra di conquista fino a un secolo e mezzo fa il nostro Paese unito, grazie al sangue e agli ideali dei nostri nonni, prese il destino in mano e ne pagò le conseguenze, sia nel bene che nel male, ma l’evoluzione del nostro sentire, della nostra coscienza collettiva, hanno ridato ai più quell’orgoglio e quella dignità che non conoscevamo più dal tempo degli antichi romani. Troppo tardi per ignorarli. Nessuno ci concederà nulla, anzi, saremo ostacolati in tutti i modi. Dovremo combattere per noi e il futuro dei nostri figli. Ma bisogna prima combattere per poi poter donare. E’ così che si preserva la centralità dell’uomo. Le forze del male sono sempre in agguato.
“Sursum corda” (in alto i cuori - facciamoci coraggio) sentenziavano i nostri antenati, e questo pare essere il momento propizio per ripeterlo a noi stessi. Quale via potrebbe ridarci la dignità perduta? Solo e unicamente quella dell’Eurasia! Nostro sbocco naturale. Chi guarda unicamente al profitto per preservare il proprio potere lo sa bene. La lotta sarà dura, nella speranza non si arrivi alle estreme conseguenze. In tal caso non ci saranno né vincitori, né vinti.
Lo stesso appello filtra tra i più consapevoli del tragico momento, in ogni parte dell’Europa. Jacques Cheminade, giornalista e politico francese, già candidato alle elezioni presidenziali francesi del 2012, in un suo recente articolo/appello afferma che la Francia deve ritirarsi dalla Nato. In nome degli interessi fondamentali della nazione e della pace nel mondo. In una recente dichiarazione Jens Stoltenberg, segretario generale dell'Alleanza, ha auspicato la volontà dei paesi membri di ottenere la vittoria contro la Russia. In effetti, l'Ucraina viene quindi associata alla NATO, il che equivale a superare una linea rossa nei confronti di Mosca.
Allo stato attuale, contrariamente alle previsioni delle dichiarazioni del mainstream occidentali le forze militari ucraine sono vicine alla sconfitta sul campo. Quindi cosa può fare la NATO in queste circostanze? Stando alla sua logica, diventerebbe sempre più un cobelligerante poiché aumenterebbe il suo coinvolgimento nella guerra, sia nel suo contesto cibernetico, sia nel rischio di varcare la soglia dell'uso di armi nucleari tattiche di cui dispone anche la Russia.
A ben vedere, un’organizzazione nata per la difesa comune dei suoi membri è stata trasformata in una “Global Nato” a uso e consumo di altri interessi. Si è estesa la competenza agli affari del mondo intero nonostante abbia perso la sua ragion d'essere con lo scioglimento del Patto di Varsavia.
Per il giornalista e politico francese accettare questa politica significherebbe alienare l’indipendenza nazionale e intraprendere una guerra permanente nel mondo, la quale potrebbe degenerare, per caso o per una folle corsa a capofitto, in un conflitto nucleare, con il rischio "che l'umanità si annulli in una distruzione totale”. Che i media e l'irresponsabilità dei politici cerchino di immergerci nella negazione della realtà non cambia la realtà.
Cambiare l'Alleanza dall'interno non è possibile. L'unica opzione ragionevole quindi è scendere da questo treno impazzito. C’è una maggioranza in Francia che lo vuole. Circa due terzi dei francesi hanno votato per i candidati che hanno preso questo impegno. Cheminade rivolge a questi candidati, con l'urgenza richiesta dall'attuale situazione mondiale, l’appello a mantenere le promesse e a guidare la battaglia. Non farlo porterebbe alla sottomissione, al disonore e, in fine, alla guerra.
Risultato storico oggi quello ottenuto da #DamianoTommasi con la sua #Rete nelle elezioni a Sindaco di Verona.
Un dato che la dice lunga sul pensiero della gente, che piuttosto preferisce affidarsi ad un uomo fuori dagli schieramenti politici, per governare una città meravigliosa come Verona.
Anche se il dato è schiacciante, le regole vogliono che la partita non sia terminata e la vincerà soltanto chi, ai tempi supplementari, avrà più "cambi" in panchina...
E sono proprio i cambi il grosso problema, "cambiare per non voler cambiare", preferendo l'altro non votato alla prima tornata, anziché schierarsi dalla parte della maggioranza.
Il risultato di oggi, se confermato anche il prossimo 26 giugno, potrebbe segnare l'inizio di nuova era, un nuovo modello di "politica" che, affermandosi a Verona, investirà tutto il nostro Paese.
Visto i tristi risultati della nostra Nazionale di calcio, di cui Tommasi ha fatto parte nella sua prestigiosa carriera, verrebbe da dire: "Non fateci perdere per la terza volta la possibilità di giocare il nostro mondiale", come è già successo proprio a lui, in occasione delle elezioni a Presidente della FIGC!..
Forse è giunto il momento di dare la possibilità a questo uomo, distintosi sempre per i suoi valori, oltre che per le qualità sportive, la possibilità di esprimersi per la sua città.
Sarà sufficiente mantenere il proprio pensiero, non serve cambiarlo, non serve coalizzarsi con l'uno o con l'altro, perché è certo che entrambi i candidati vogliono il bene della propria città, ma chi ha vinto deve governare , chi ha perso deve vigilare e chi non ha voluto esprimersi, avrà l'opportunità di guardare e magari, chi lo sa, essere più convinto la prossima volta...
Un video con immagini apparentemente raccapriccianti di massacri è diventato virale su internet. Ma le immagini sono volutamente false. Sono andata a parlare con gli autori.
Non sono pacifisti.
“Non siamo pacifisti” è la prima cosa che mi dicono quando li intervisto.
Anzi argomentano: “Rifiutare a priori la guerra è, a nostro parere, un atteggiamento rigidamente dogmatico non giustificato dalla multiforme varietà delle situazioni reali. Se ti aggrediscono, hai il diritto dovere di usare la violenza e la guerra per difenderti. Questo vale anche per l’Ucraina.”
Ma allora? Perché lo avete fatto?
“E’una questione di scelte democratiche. Su cosa valutano gli italiani la partecipazione a questo conflitto? Su argomenti razionali o solo sul pathos? Perché la guerra è molto costosa, faticosa e carica di dolore, morte e distruzione. Quindi deve valerne davvero la pena e deve essere valutata sulla base di informazioni e necessità reali che riguardano l’effettiva sopravvivenza del tuo Paese; in più, bisogna calcolare chi hai di fronte e quali sono le conseguenze possibili, per te e per tutti i belligeranti”.
Insomma, perché la guerra in Ucraina non è interesse italiano e gli italiani non sanno scegliere?
“Molto peggio di così: il sospetto è che qui qualcuno della classe dirigente non sia realmente al servizio del nostro Paese, e ci voglia piuttosto spingere nelle fauci del lupo. La confisca dell’informazione mainstream è davvero preoccupante, in questo senso.”
Ormai il video è diventato virale. Un minuto di scene raccapriccianti, di enorme realismo, con cadaveri legati ed abbandonati, ragazze stuprate, edifici distrutti, l’intero set dell’orrore che vediamo proposto dai media ormai da novanta giorni. Dopo, un minuto per spiegare che è tutto falso, che il set è stato realizzato ad arte da cinque ragazzi senza esperienza di cinema o di televisione.
https://www.youtube.com/watch?v=4Vg5f17Qodk
C’è da dire che siete stati bravissimi…
“ Vero? E siamo solo un gruppo di cittadini disgustati dalla degenerazione dell’informazione. In questo conflitto è accaduto talmente spesso che ci propinassero balle, che ci siamo chiesti: ma quanto è facile manipolare le coscienze? Quanto è facile spingere l’italiano medio a commuoversi, per poi orientarlo politicamente verso decisioni totalmente irrazionali?”
E quanto è facile?
“Facilissimo. Per costruire il set e scattare le foto ci abbiamo messo due ore. La location è una villa lasciata in abbandono da decenni, e il sangue l’abbiamo fatto con del colore per intonaci e della Maizena. Per i trucchi, abbiamo utilizzato quelli delle ragazze: il costo totale è stato più o meno di dieci euro”.
Da qui il piano…
“All’inizio il piano era diverso: avevamo pensato di mandare le foto ai giornali, attraverso un falso account. Non avevamo dubbi che sarebbero state prese per vere e fatte girare come buone; e poi avremmo smentito pubblicamente per mostrare il funzionamento dei media. Però poi abbiamo pensato che forse la smentita non sarebbe stata fatta circolare, poteva rimanere circoscritta a pochi, e quindi avremmo sortito l’effetto non voluto di aiutare a diffondere menzogne. Allora abbiamo optato per questa versione “soft”, “pedagogica” che smentisce subito le sue premesse”.
Allertare sugli inganni della propaganda e stimolare il senso critico, quindi…
“Assolutamente! e soprattutto sul mondo delle immagini, specie quelle più apparentemente palesi e inequivocabili. Le immagini puntano alle emozioni, il testo alla ragione. Sul testo si ragiona, sulle immagini no. E’ molto pericoloso, come si è visto; e, soprattutto, volevamo dire forte e chiaro che è molto facile realizzare “bombe sporche di propaganda”, anche senza Spielberg. Se ci siamo riusciti noi, possono riuscirci tutti!”.
Che tipo di riscontri avete avuto?
“La gran parte degli spettatori ha creduto che i cadaveri fossero veri: una signora ci ha anche scritto che si stava per sentire male. Ma questo ci mostra quanto siamo tutti vulnerabili alle sollecitazioni emotive: con la fiction, le immagini decontestualizzate e la manipolazione dell’”empatia” ci possono portare dove vogliono.”
Quindi i riscontri sono stati totalmente positivi?
“No. La stragrande maggioranza delle persone ha colto perfettamente il senso dell’iniziativa, ma pochi in verità hanno opposto qualcosa come: “beh, ma lo sappiamo che esiste il cinema e si possono simulare le stragi”, il che significa che non avevano capito il senso dell’iniziativa. Primo, non è cinema; secondo, ci hai creduto, e quindi fatti qualche domanda…”
Volete dire che qualcuno non ha capito un video così semplice?
“Non solo! Molti hanno condiviso prima ancora di essere arrivati alla spiegazione, e incitando alla guerra contro la Russia. Se ci fate caso, le immagini non sono contestualizzate, e avrebbero potuto essere riferite a qualunque posto: potevano riguardare i curdi, o i siriani per esempio. Ma no: qualcuno, fra il popolo web, aveva già deciso che era una strage di ucraini da parte russa”.
Oltre all’uso strumentale di un video totalmente a-contestualizzato, direi che c’è anche un altro problema, stando a quello che raccontate, relativo al modo in cui si fruisce un contenuto, facendolo girare prima ancora di averlo visto e capito… Ma voi, credete che a Bucha o Mariupol siano state messe in scena?
“E’ molto difficile sapere cosa accade a molti chilometri di distanza, specialmente con un’informazione monolitica e del tutto acritica, quindi sospendiamo il giudizio; però va ricordato – questo si può fare – che i media hanno mentito continuamente e che certe storie che ci hanno propinato erano una vera offesa all’intelligenza” .
Effettivamente ci troviamo in un momento storico in cui il bombardamento della propaganda sta azzerando, per convenienza o per paura, ogni spirito critico…
“C’è di più. L’obiettivo non è il nemico – il nemico non verrà mai convinto – ma l’immensa zona grigia che ha il disperato bisogno di sentirsi dalla parte della ragione e a cui si fornisce un modo facile facile per sentirsi a posto con la coscienza. Come si dice, la propaganda è quella cosa che non riesce a ingannare i suoi nemici, ma riesce a confondere i loro amici…”
per gentile concessione dell'agenzia di stampa "Pressenza"
Tiberio Graziani, presidente della “Vision and Global Trends International Institute for Global Analyses”, è certo che questa marcia degli eventi gioverebbe solo agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna.
L'ulteriore espansione della NATO, inclusa l'ammissione della Finlandia, rischia di trasformare l'attuale crisi regionale in una crisi continentale. Ritarda, oltremodo, il raggiungimento di una pace e stabilità durature, afferma Tiberio Graziani.
"L'adesione della Finlandia alla NATO è un vivido esempio della strategia dell'alleanza di ampliare intenzionalmente gli orizzonti della crisi russo-ucraina. Dimostra, inoltre, la logica espansionistica della NATO. Il suo obiettivo a breve termine è di prolungare temporaneamente questa crisi. Gli effetti di questa decisione potrebbe essere catastrofici per l'Europa. C'è il rischio che la crisi regionale si trasformi in una crisi continentale", ha avvertito.
Graziani è certo che questa marcia degli eventi gioverebbe solo agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna.
In termini geostrategici, l'intera Europa comincerà a essere vista dalla Russia come una roccaforte statunitense schierata contro di essa nel cuore stesso dell'Europa, ha proseguito. "L'alleanza continua a ignorare le argomentazioni sulla sicurezza di Mosca e la sua ulteriore espansione può essere considerata un tentativo di intimidire e umiliare la Russia. Le prospettive di pace diventano più remote", ha concluso.
Secondo una dichiarazione congiunta del presidente finlandese Sauli Niinisto e del primo ministro Sanna Marin, la Finlandia dovrebbe presentare domanda di adesione alla NATO il prima possibile. Una decisione formale dovrebbe essere adottata domenica 15 maggio. Il ministero degli Esteri russo ha interpretato tali dichiarazioni come un cambiamento radicale nella politica estera del paese. Ha avvertito che la Russia si sarebbe vista costretta ad adottare misure tecnico-militari di ritorsione per neutralizzare le minacce alla sua sicurezza nazionale derivanti dalla possibilità dell'ammissione della Finlandia alla NATO.
Il nostro collega e associato Luca Scantamburlo ci ha segnalato il suo appello affinché venga ritirata immediatamente la proposta di legge costituzionale in materia di dichiarazione di disciplina dello stato di emergenza nazionale. Non solo ne condividiamo l’appello, ma la speranza è quella che i nostri concittadini prendano consapevolezza del radicale sconvolgimento che sta per essere perpetrato alla nostra Costituzione, atto fondante del nostro vivere civile. Di seguito l’appello.
Virgilio Violo
alla c.a. Deputati e Senatori della XVIII Legislatura
e p.c. ai vertici ed organi istituzionali di Camera e Senato
Onorevoli Deputati e Senatori della Repubblica italiana
Per iniziativa degli On. deputati
TOMASI Maura; MOLINARI Riccardo; BAZZARO Alex; BIANCHI Matteo Luigi; CANTALAMESSA Gianluca; CESTARI Emanuele; COMENCINI Vito; COVOLO Silvia; CRIPPA Andrea; DE MARTINI Guido; GOLINELLI Guglielmo; GRIMOLDI Paolo; LOSS Martina; LUCCHINI Elena; MICHELI Matteo; PAOLIN Giuseppe; PICCOLO Tiziana; PRETTO Erik Umberto; TATEO Anna Rita; TONELLI Gianni; ZENNARO Antonio (C. 3444):
vi accingete a discutere prossimamente in Parlamento l'atto parlamentare n. 3444, una proposta di modifica costituzionale la quale costituisce un atto di inaudita pericolosità per l'assetto democratico e repubblicano del nostro Paese, che dal 1° gennaio 1948 riconosce i diritti inviolabili dell'essere umano (ex art. 2 Cost., e lo ha fatto ancora prima della Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la celebre DUDU del dicembre 1948) in quanto il rispetto dei diritti inviolabili della persona umana sono posti a fondamento e perno della nostra Costituzione all'insegna del principio personalista, come già ribadito dal padre costituente Giorgio La Pira secondo il quale l''individuo è un "prius" e lo Stato un "posterius" e non viceversa, cosa sottolineata anche dal nostro già Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro - altro membro della Assemblea Costituente - che amava raccontare pubblicamente la genesi della Costituzione e questa osservazione di Giorgio La Pira contenuta in una sua relazione sui lavori della Costituente.
La proposta di modifica costituzionale dei deputati italiani di cui sopra rischia di rovesciare questo principio e far dimenticare che la Costituzione della Repubblica è stata pensata senza possibilità di stati emergenziali per ragioni molto precise e ponderate: non è stata una dimenticanza o una distrazione.
Con la presente, il sottoscritto come cittadino italiano ed in forza del principio di sussidiarietà orizzontale costituzionalmente garantito (IV comma art. 118 Cost.) e nel solco ed augurio del padre costituente Piero Calamandrei che si auspicava che i cittadini fossero sempre vigili guardiani della Costituzione della Repubblica, chiede URGENTEMENTE il RITIRO IMMEDIATO della Vostra proposta di legge costituzionale dopo consultazione e per volontà concorde di tutti i parlamentari promotori.
Allo scopo, si invitano alla attenzione tutti gli Onorevoli deputati - soprattutto coloro che hanno depositato l'atto firmato (ventuno deputati) - e tutti i vertici istituzionali per conoscenza, e si allega il testo di un atto giudiziario depositato presso la magistratura inquirente, inerente gravi illeciti di natura penale che potrebbero essere stati commessi dalle Autorità nel corso della emergenza sanitaria nazionale 2020-2022 ("pandemia" dovuta al presunto agente patogeno opportunista denominato "SARS-CoV-2"), e che la magistratura inquirente vaglierà in queste settimane per valutarne la fondatezza e consistenza oggettiva, decidendo se aprire o meno un fascicolo penale.
L'atto esplicito di ritiro della legge costituzionale qui richiesto con urgenza, si rende necessario non solo perché a giudizio di chi scrive Voi state commettendo un grosso errore sul quale i cittadini hanno il dovere di richiamare la Vostra attenzione, ma soprattutto perché in queste settimane la magistratura inquirente sta accertando la fondatezza dell'esposto-denuncia depositato nel mese di aprile 2022 presso la Procura della Repubblica di Udine, di cui sopra.
Altre indagni preliminari penali in materia di farmacovigilanza sono già state avviate e sono in corso presso la Procura della Repubblica di Roma dopo denunce e querele presentate da cittadini ed associazioni di tutta Italia, dal Piemonte alla Sicilia, come la IDU (Istanza Diritti Umani) e DUS (Diritti Umani e Salute), rif. inchiesta "AIFA Le verità mai emerse sui vaccini", di Francesca Ronchin, Panorama 20 aprile 2022, ed articoli di quotidiani, in particolare si legga "Lotta al COVID: indagato mezzo Governo Conte", di Patrizia Floder Reitter, 21 aprile 2022, La Verità, 21 aprile 2022.
Già questa attività inquirente di natura penale preliminare - con fascicoli di indagine già aperti - in tema di farmacovigilanza e rispetto dei diritti umani e civili, dovrebbe invitarvi alla estrema prudenza - attendendo perlomeno l'esito di tali indagini - prima anche soltanto di pensare di toccare i diritti fondamentali dell'individuo che trovano riconoscimento nella carta costituzionale e nostra legge fondamentale dello Stato.
Il sottoscritto - assieme ad oltre cento cittadini di Veneto e Friuli Venezia Giulia ed alla Associazione UHRTA di Trieste - ha firmato con autentica dell'avvocato del Foro di Udine presso cui abbiamo eletto domicilio, l'atto di denuncia qui in allegato che espone fatti ed illustra i documenti allegati e depositati in Procura ad Udine e che configurano dieci (10) ipotesi di reato, fra le quali quelle previste agli artt. 283- 414-415-422-443-452-610-629-640-661 c.p. (codice penale).
La vostra proposta di modifica costituzionale dell'art. 78 Cost. - giuridicamente parlando - avrà ed avrebbe l'inevitabile conseguenza di snaturare e turbare in modo irreversibile il delicato equilibrio ed assetto costituzionale che garantisce la democrazia e la salvaguardia delle libertà e dei diritti fondamentali dell'individuo, nel bilanciamento fra diritto all'autodeterminazione del singolo e tutela della dimensione collettiva del bene comune (l'interesse della collettività).
Esistono già nel nostro ordinamento giuridico principi di riserva di legge, leggi e poteri di ordinanza sindacale e ministeriale, che consentono la gestione di crisi sanitarie locali ed anche nazionali. Anche lo strumento del DPR - Decreto del Presidente della Repubblica - poteva essere impiegato nella gestione sanitaria nazionale della malattia COVID-19, ed avrebbe trovato maggiore attenzione alla garanzia costituzionale, essendo firmato e sottoscritto dal Presidente della Repubblica che è il primo garante della Costituzione.
Nella cornice dei gravi fatti e documenti illustrati alla attenzione della magistratura inquirente, il Vostro atto di proposta di modifica costituzionale - che si può pensare fatto da Voi in buona fede per la tutela di tutti e per una maggiore chiarezza normativa e rispetto della gerarchia delle fonti - porterebbe invece ad un autentico tradimento del patto fondativo fra popolo sovrano e Stato, ad un tradimento dei principi e valori più cari ai padri ed alle madri costituenti, e le ragioni sono espresse indirettamente qui di seguito nelle parole di un insigne giurista, ma vanno lette anche alla luce del quadro drammatico che emerge dall'atto di esposto-denuncia depositato presso la Procura della Repubblica di Udine.
L'assenza di qualunque opzione o possibilità di dichiarare un vago o specifico stato di emergenza nazionale nel nostro testo costituzionale - diverso dall'unica eccezione costituita da quello bellico (stato di guerra deliberato dalle Camere, art. 78 Cost.) - è stata una precisa scelta frutto della volontà delle madri e dei padri costituenti che appositamente hanno voluto evitare che la Costituzione della Repubblica italiana contenesse una falla strutturale analoga a quella presente nella Costituzione di Weimar del 1919: il famigerato articolo 48 della Costituzione di Weimar prevedeva infatti in certi frangenti la sospensione di ben sette (7) diritti fondamentali da parte del Presidente del Reich, utilizzando se necessario la forza armata
"[...] A tale scopo può sospendere in tutto o in parte la efficacia dei diritti fondamentali stabiliti dagli articoli 114, 115, 117, 118, 123, 124 e 153"
Sappiamo tutti come andò finire nella Germania di Adolf Hitler e del nazionalsocialismo: Hitler dopo essere stato nominato Cancelliere del Reich nel 1933, ebbe buon gioco - assieme ai gerarchi nazisti - nel sospendere le garanzie costituzionali.
Voi deputati - con la Vostra inopportuna proposta di modifica costituzionale anche se promossa da Voi in buona fede - state per aprire uno squarcio nel testo costituzionale, una vera e propria falla nell'architettura costituzionale sapientemente costruita fra il 1946 ed il 1947, falla che rischierebbe di far affondare definitivamente l'Italia e con essa il proprio popolo, in frangenti analoghi a quelli già vissuti nel 2020 e 2021.
Non si può toccare un punto della Costituzione - così delicato come quello dei diritti fondamentali e delle libertà dell'individuo - e pensare che una modifica in quel punto, correlandoli ad uno stato di eccezione teorizzato e contemplato in una modifica della Costituzione, non si ripercuota poi in tutta la architettura costituzionale in modo sistemico, con grave pregiudizio ai plurimi diritti soggettivi dell'individuo, che così rischiano di essere degradati a meri interessi legittimi in una declinazione schimittiana e leviatana che è proprio ciò che l'Assemblea Costituente - e la speciale Commissione dei 75 incaricata del progetto costituzionale - hanno voluto evitare con il loro estenuante e complesso lavoro compiuto fra il 1946 ed il 1947.
Si allega pertanto alla presente il testo dell'esposto denuncia di cui sopra - allegati esclusi - depositato presso la Procura della Repubblica di Udine in data 14 aprile 2022 da un avvocato di nostra fiducia che ha autenticato le 120 firme dei cittadini sottoscrittori e della Associazione UHRTA di Trieste anch'essa partecipe e firmataria, e si invitano tutti i parlamentari a leggerlo con attenzione perché si responsabilizzino nel loro ruolo di rappresentanti del popolo ed esercitino tutto il loro potere di parlamentari perché cessi la illogica politica sanitaria restrittiva dei diritti fondamentali, sul piano legislativo sublegislativo e provvedimentale: una vera e propria deriva autoritaria che ha configurato un golpe normativo nel 2020 e 2021 ed ora - con la Vostra infelice proposta di modifica dell'art 78 Cost. - rischia di strutturare un "colpo di stato permanente" di cui Voi sembrate non essere pienamente consapevoli.
Si richiama altresì la Vostra attenzione sul fatto che il nostro esposto-denuncia depositato ad Udine è stato inoltrato per conoscenza anche alla Corte Penale Internazionale dell'Aja, per possibili crimini contro la umanità commessi dall'Italia nella gestione emergenziale sanitaria COVID-19.
Qualora vogliate persistere nella Vostra inopportuna proposta di modifica costituzionale dell'art. 78 Cost., prima di spingervi in territori inesplorati che rischiano di fratturare definitivamente la popolazione dal punto di vista della coesione sociale e minare definitivamente la fiducia che i cittadini ripongono nelle Istituzioni - già quasi compromessa dalla stagione liberticida e di libertà "autorizzate" durata oltre due anni e figlia del Governo Conte bis e del Governo Draghi, con la complicità di un Parlamento che ha dato delega in bianco al Governo sin dal febbraio 2020 - leggete con attenzione il documento in allegato ed i seguenti estratti: l'ultima parte del nostro esposto denuncia, qui riportato in calce (testo integrale dell'atto in allegato alla presente), ed un passaggio di un editoriale dell'aprile 2020 a firma di un autorevole studioso di diritto costituzionale:
"[...] Si fa presente anche – in tema di potenziale attentato contro la costituzione dello Stato ovvero in ogni caso in presenza di condotte idonee a sovvertire l'ordine democratico – quanto affermato nella primavera 2020 da un docente costituzionalista dell’Università La Sapienza di Roma, il professor Gaetano Azzariti, che aveva già intuito i rischi e i pericoli di uno stato di eccezione permanente, ove l’eccezione si fa regola e ove le libertà e i diritti costituzionali diventino libertà e diritti autorizzati, spogliati del loro valore intrinseco e degradati – in modo illegittimo – a meri interessi legittimi. Eventuali limitazioni e compressioni dei diritti costituzionali – decise nell’ambito della situazione emergenziale – non possono che avere un orizzonte temporale limitato, a scadenza, e laddove misure emergenziali e lesive dei diritti fondamentali si strutturino permanentemente oltre ogni ragionevolezza, proporzionalità e provvisorietà, vi è dunque il pericolo di un “colpo di stato permanente”.
Estratto dall'Esposto-denuncia depositato presso la Procura della Repubblica di Udine
14 aprile 2022.
Il prof. Gaetano Azzariti - ordinario di diritto costituzionale press la Università degli Studi La Sapienza di Roma - scriveva nel suo illuminante editoriale "Il diritto costituzionale d'eccezione" dell'aprile 2020:
[...] "Vorrei essere netto sul punto: un Governo che adottasse misure simili a quelle attualmente assunte, ma in assenza di pandemia e in materie che non implichino la salvaguardia del diritto fondamentale alla salute (ma anche “interesse della collettività”, scrive la Costituzione) porrebbe in atto fatti eversivi della legalità costituzionale. Nessuna assimilazione è possibile tra l’attuale eccezionale stato di necessità e le ordinarie crisi perpetue o le emergenze perenni cui siamo abituati in tempi “normali”.
Riconoscere, limitare e circoscrivere gli stati d’eccezione per evitare che un futuro Governo si senta autorizzato, “passata la peste”, fosse anche con il consenso del “popolo” (che in tempi di populismo ben poco vuole dire) ovvero della stessa maggioranza parlamentare, ad utilizzare gli stessi mezzi per affrontare la crisi economico-sociale, ovvero per imporre le proprie politiche nelle materie più controverse, soprattutto nei settori più sensibili (dalla gestione dell’ordine pubblico, alle politiche securitarie). Dopo la pandemia spetterà a tutti noi ricordare che la Costituzione si pone a fondamento delle libertà e non delle sue eccezionali limitazioni, rivendicandone il valore e l’essenza.
Ma soprattutto si dovrà vigilare perché nessuno abusi della situazione presente ponendo così in essere un colpo di stato permanente.
Nella Roma antica, com’è noto, esisteva una figura giuridica che permetteva di salvare la Repubblica nelle situazioni in cui era messa in gioco la sua sopravvivenza. Il Senato trasferiva tutti i suoi poteri ad un soggetto per un massimo di sei mesi. Poi, cessato il pericolo, ma anche solo trascorso invano il tempo definito, nessuno era più autorizzato a porre in essere atti “dittatoriali”.
Quando qualcuno (Silla prima, Cesare poi) ha pensato di estendere lo stato di emergenza e si fece confermare oltre il tempo i pieni poteri, ecco che la dittatura da “commissaria” si fece “sovrana”, e la Repubblica capitolò. Ancora oggi è questa la sfida più grande. Se infatti adesso sopportiamo limitazioni di libertà disposte in piena e solitaria responsabilità dal Governo pro tempore in carica, lo facciamo per necessità, avendo ad esso trasferito di fatto i poteri sovrani. Consapevoli però che, se dopo aver sconfitto il terribile e invisibile nemico, non si dovesse tornare alla normalità, rischieremmo di precipitare nel buio della Repubblica"
di Gaetano Azzariti
Il diritto costituzionale d’eccezione,
Editoriale Scientifica, Fascicolo 1 | 2020, Editoriale.
Per tutto quanto premesso, si richiede urgentemente il ritiro immediato della Vostra proposta di L. Cost. atto parlamentare n. 3444 Camera dei Deputati anche e soprattutto alla luce della lettura del testo dell'atto giudiziario di denuncia depositato presso la Procura della Repubblica di Udine, che Voi come Onorevoli Deputati italiani avete l'obbligo morale e civico - oltre che parlamentare come Rappresentanti del popolo messi al corrente di fatti e documenti di una gravità inaudita - di leggere con estrema attenzione non appena possibile e compatibilmente con i Vostri numerosi impegni.
In fede
dr. Luca Scantamburlo
RAVEO (UD), 1 maggio 2022
uno dei 120 firmatari ed Autori dell'esposto-denuncia
depositato presso la Procura della Repubblica di Udine (aprile 2022)
ESPOSTO-DENUNCIA depositato in Procura (aprile 2022)
Per chiunque scriva, non è semplice liberarsi dalle proprie passioni o dai propri convincimenti: ma ciò è necessario se si rispettano realmente i Lettori, ai quali vanno proposti cronaca e fatti per al fine di contribuire al formarsi delle loro idee.
Diversamente è fin troppo facile offrire pappe pronte da ingoiare anche turandosi il naso, ce ne sono fin troppe in giro.
Una premessa è necessaria: chi vi scrive è un convinto atlantista, grato oltremodo ai militari alleati che hanno versato il loro sangue per liberare l’Italia e l’Europa dal nazismo, come pure grato agli USA del Sen. Marshall che ci aiutò a conquistare un benessere repentino: quasi avessi vinto e non perso una (brutta) guerra.
Ogni anno sono tra coloro che commemorano questi giovani caduti in battaglia, rendendo loro omaggio ai Cimiteri di guerra di Anzio e Nettuno non dimenticando né il loro coraggio né le brutture umanamente e materialmente devastanti di ogni guerra.
Ma oggi, per scrivere, approfondisco e valuto: non fidandomi più di quanti già da anni danno notizie distratte o false o manipolate, ovvero inventate di sana pianta.
Troppi i corrispondenti di guerra dall’Ukraina che hanno bisogno di darsi un ruolo, e che pullulano tanto quanto gli ‘esperti’ virologi, che trasmettono dalle auto o quelli che che si calano l’elmetto mentre fuori si vede la gente che passeggia e fa la spesa, o quelli che trasmettono da una stanza con immagini fisse dietro di loro; o quelli che mandano le immagini di videogiochi spacciandoli per azioni di guerra; o quelli che pubblicano immagini di devastazione, con palazzi sventrati, provocate però da un’esplosione di gas a Magnitogorsk nel 2018 e certamente non colpiti da missili o cannoni tantomeno russi.
Ci sono anche esplosioni formidabili vecchie del 2015 verificatesi in altri territori; o carri armati bruciati su strade nei pressi di Kiev spacciati per ‘tank russi distrutti dalle truppe regolari ucraine’ per poi rivelarsi dopo poche ore tank ucraini distrutti da armi anticarro lanciate dalle forze di penetrazione russa; e altri episodi ancora tutti nel segno della totale e assolutamente equivoca disinformazione offerta, salve rare eccezioni, per lo più grazie alla rete, dall’occidente.
Tutta tesa a colpevolizzare i ‘cattivi’ russi.
Per Betapress informare correttamente i suoi Lettori è una vera e propria missione: per cui apriremo un ‘Dossier Ukraina’ nel quale collocare i fatti, uniti da commenti, dubbi, sottolineature e rilevamento di contraddizioni quando non di menzogne.
Sempre pronti a correggerci se altri fatti ‘veri’ e documentati dovessero emergere successivamente: ma chi scrive, teme che, almeno per il momento, ciò sia difficile da realizzarsi.
Oggi, daremo un inizio al nostro ‘Dossier UKR‘, partendo da una cartina che riconduce alle Nazioni sotto l’ombrello NATO:
Direi che ogni commento al riguardo possa essere superfluo: salvo il dover prendere nota che il decantato (da ovest) allargamento della NATO, è diventato un assembramento di Nazioni che, sollecitate dal fascino perverso dell’Euro e di una UE che non rappresenta affatto il concetto di Unione Europa, di Comunità, voluta dai Padri Fondatori.
Bisogno di Europa che vide mobilitate in primis Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo e cui contribuirono le idee e gli sforzi di eccellenti Uomini e Donne, di pionieri, come Alcide de Gasperi, Altiero Spinelli, Konrad Adenauer, Anna Lindh, Helmuth Kohl, François Mitterand, Jean Monnet, Johan Willem Beyen, Robert Schuman, Joseph Bech, Louise Weiss, Marga Klompé, Simone Veil,Nicole Fontaine, Paul-Henri Spaak, Sicco Mansholt, Walter Hallstein e lo stesso Winston Churchill, tra i primi a sollecitare la costituzione degli Stati Uniti d’Europa mentre ancora non si erano spenti le eco dei drammatici bombardamenti di un’Europa messa a ferro e fuoco a causa del nazismo allora imperante
Ecco che già questa cartina, considerata con mente aperta ed elastica e occhi giusti, assume un significato forte e particolare: che, guarda caso, riconduce all’evocata ‘coalizione’ anti-russa (e non altro!) che Zelenky vorrebbe venisse costituita per sostenerlo nelle sue ambizioni. Mire che coinvolgono quasi tutti gli attori principali: tutti trincerati proprio dietro le citazione di coloro che si adoperarono per porre termine agli orrori di due guerre mondiali, promuovendo la pace e la solidarietà, facendosi paladini di concreti valori fondanti quali libertà, democrazia e uguaglianza, rispetto della dignità umana, dei diritti umani e dello Stato di diritto, esaltando i concetti di solidarietà e protezione per tutti.
Cose che oggi per molti ‘suonano strane’, quasi fossero concetti antichi, superati da una realtà che tende a schiacciare e livellare tutto e tutti; enunciazioni svuotate dalla loro forte dignità e neanche più studiate nelle scuole.
Pensate: anche l’ONU si è sollecitamente schierata (o è stata mobilitata?) non solo per schierarsi contro il brutale invasore, ma anche per sollecitare il rispetto dell’autodeterminazione, per i diritti umani, per la libertà e la democrazia, e riferendosi alle manifestazioni in Russia, il sacrosanto diritto di protestare.
Ma guarda un po’: ma l’ONU non si è mossa quando la Russia reclamava attenzione per i diritti umani calpestati nel Donbass, restando muta e inerte. Come l’ONU non si é mossa per le violazioni umanitarie ossia per gli stessi temi di principio violati anche con rudezza in Italia, in Francia, in Germania, in Canada, in Australia in Nuova Zelanda, con manifestanti colpiti, imprigionati, colpiti dal getto degli idranti, mentre difendono la loro Costituzione, le loro Libertà, la Democrazia, la propria volontà di non subire arbitrii e imposizioni, il proprio diritto al lavoro e i profondi timori per un futuro incertissimo e incerto, sul quale dominano parole più che concetti e programmi.
E che dire di coloro che giocano ai soldatini, mettendo a disposizione uomini e mezzi, ma anche denaro.
L’Italia destina veramente ‘alla cieca’ 12 o 15 milioni di Euro mentre Kiev capitola, o mentre non si è ancora capito chi ha fatto cosa, e come e perché?
Invasione o missione di peace-keeping per tutelare chi nel Donbas è stato sottoposto per più di otto anni a una vera e propria pulizia etnica?
Tutela a oltranza di un sistema-UKR che forse non è casto e puro come lo dipinge l’occidente?
Aiuto occulto-palese a chi in Europa ne ha fomentato certe attese, mirando ad appropriarsi di materie prime, collocarvi fabbriche e industrie delocalizzando per sfruttare manodopera a basso costo (in Ukraina, i salari ‘normali’ vanno dai 150 Euro a mese nelle zone più rurali ai 450/500 nei posti più qualificati: senza il corollario di altri costi che in Europa pesano tremendamente sul lavoro; leggasi, senza molti altri diritti riconosciuti ai lavoratori ucraini)?
Ma è sfruttamento o progresso, incentivo allo sviluppo?
Non tralasciando un piccolo particolare: l’Ukraina non fa parte della NATO, l’Ukraina non fa parte della Unione Europea; nonostante i molti (poco nobili) padri e le molte (altrettanto poco nobili) madri che si sono candidati con enfasi… e con una serietà tale da far sembrare vero ciò che non è.
Stiamo assistendo nostro malgrado alla replica di un canovaccio con componenti-base identici: testimonianza dell’esistenza di abili pupari, di marionette e di un pubblico inerme e inerte che tutto (pare) deve subire: la falsa viro-pandemia, il costruito scandalo Russiagate negli USA, ora questo confronto armato.
Con un occhio allo scacchiere asiatico dove aerei e flottiglia cinese, tengono Taiwan i massima allerta.
E sarebbe opportuno che i Cittadini del mondo, cessassero di essere (apatici?) spettatori e comprendano che la Pace, il Rispetto e la Dignità si conquistano solo se si è custodi e protagonisti della propria Libertà, dei propri Diritti, del proprio Destino.
per gentile concessione di Betapress.it
La dichiarazione del presidente ucraino Volodymyr Zelensky sul possibile ritiro del Paese dal Memorandum di Budapest è una provocazione deliberata e fa parte della "guerra dell'informazione" e della strategia di disinformazione. Questa opinione è stata espressa domenica scorsa dal presidente dell'Istituto internazionale per l'analisi globale Vision & Global Trends, il politologo Tiberio Graziani, commentando il discorso del leader ucraino alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco. “La dichiarazione del presidente Zelensky sul possibile ritiro del Memorandum di Budapest non mi è sembrata casuale, dato il luogo in cui è stata detta (Conferenza sulla sicurezza di Monaco – ndr.). Credo che ciò si inserisca nel contesto della guerra dell'informazione e della disinformazione cui l'Occidente è impegnato da molte settimane. L'obiettivo principale è provocare la Russia per spingere a prendere decisioni con la forza e "giustificare una nuova ondata di sanzioni", ha affermato l'esperto.
"Queste dichiarazioni, insieme alla richiesta di date certe per l'ingresso di Kiev nella NATO, hanno confermato ancora una volta la disponibilità dell’Ucraina all’attuazione della strategia di espansione dell'alleanza atlantica a est, ai confini della Federazione Russa", ha aggiunto. Il politologo ritiene che la principale tensione tra Nato, Usa, Ue e Russia derivi dalla "guerra dell'informazione", alimentata dalle dichiarazioni dei rappresentanti occidentali, in cui alle richieste di una soluzione diplomatica si alternano le minacce. Questo, a suo avviso, serve anche a "nascondere" il fatto che né gli USA né la NATO hanno dato risposte concrete alle proposte russe di garanzie di sicurezza. Sabato, alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, il presidente dell'Ucraina Volodymyr Zelensky ha affermato di aver incaricato il ministero degli Esteri del suo paese di convocare un vertice dei paesi partecipanti al Memorandum di Budapest. Secondo lui, "se non ha luogo o non fornisce garanzie di sicurezza all'Ucraina, allora [il memorandum] non sarà riconosciuto più valido da Kiev insieme alle clausole firmate nel 1994". Il Memorandum di Budapest è stato firmato il 5 dicembre 1994 dai leader di Ucraina, Russia, Gran Bretagna e Stati Uniti e secondo questo documento, l'Ucraina doveva eliminare il suo arsenale nucleare e la Russia, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna garantire la sicurezza di Kiev.
Il 10 febbraio di quest'anno, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, dopo un incontro con la sua controparte britannica Liz Truss, ha ricordato in una conferenza stampa che il Memorandum di Budapest era accompagnato da una dichiarazione, firmata da Francia e Ucraina, dove era richiesto a tutti i partecipanti di non consentire alcuna violazione dei principi dell'OSCE, compreso il principio del rispetto dei diritti delle minoranze nazionali, ma l'Ucraina ignora ancora del tutto questo documento.
L’espansione dell’alleanza guidata dagli Stati Uniti è finita. La Russia vuole un accordo ferreo per fermare la NATO. La Russia chiede un nuovo approccio all’architettura di sicurezza europea su cui ritiene di esercitare un’influenza significativa e simile agli Stati Uniti.
Zorawar Daulet Singh
Dopo essersi sottoposta a cinque round di espansione dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) tra il 1997 e il 2020, la Russia ha finalmente lanciato la sfida agli Stati Uniti (USA). Dichiarando la fine del gioco della Russia, il viceministro degli Esteri Sergei Ryabkov all’inizio di gennaio 2022 ha affermato senza mezzi termini: “Non ci fidiamo dell’altra parte … abbiamo bisogno di garanzie legalmente vincolanti” che l’Ucraina e la Georgia “mai e poi” diventeranno membri della NATO.
Ci si chiede: perché la Russia ha deciso di creare un problema con la NATO proprio ora? La risposta più semplice: qualsiasi ulteriore allargamento dell’alleanza guidata dagli Stati Uniti la porterebbe letteralmente a una distanza di marcia dal cuore della Russia. Le truppe della NATO sono oggi schierate entro 100 miglia da San Pietroburgo. Nel corso della storia russa, fatta eccezione per i brevi conflitti con il Giappone e la Cina in Estremo Oriente, la principale minaccia alla sicurezza della Russia e, in almeno due occasioni, alla sua stessa sopravvivenza come stato e civiltà, è partita dal cuore dell’Europa. Sebbene in ogni occasione la Russia sia riuscita a respingere quelle minacce e alla fine ne sia uscita vittoriosa, i costi in sangue e perdite economiche sono stati sorprendentemente elevati. Ossessionata da questa storia, la creazione di una zona periferica di stati amici della Russia, o per lo meno non allineati contro di essa, ha quindi sempre attratto i suoi leader come salvaguardia contro ingerenze e aggressioni esterne.
Durante la Guerra Fredda, questa zona cuscinetto fu il naturale culmine dello sforzo bellico sovietico contro il Terzo Reich. Quando la macchina da guerra nazista fu respinta di 1.000 miglia dal suo massiccio ingresso in Russia, l’Armata Rossa si ritrovò presto come l’unica forza di liberazione in un’ampia fascia di territorio nell’Europa centrale e orientale. Quando i cannoni tacquero nel maggio 1945, gli eserciti sovietici dominarono almeno sette stati europei, inclusa gran parte della Germania. Il Cremlino ha promesso di non permettere mai il ripetersi ddi 28 milioni di vittime sovietiche subite durante la seconda guerra mondiale.
Assicurazioni smentite sull’espansione della NATO
La fine della Guerra Fredda e l’unificazione della Germania, precedentemente divisa tra la sfera di influenza statunitense e quella sovietica, si basava sulla promessa che la NATO non avrebbe sfruttato il vuoto politico-militare nell’Europa orientale dopo il ridimensionamento dell’Armata Rossa. Il tema più ampio durante quei negoziati critici con la leadership sovietica nel 1990 era che l’Occidente si sarebbe sforzato di creare un’architettura paneuropea inclusiva con una trasformazione della NATO in un’organizzazione molto meno militarizzata con un orientamento più politico. Fu questa assicurazione inequivocabile da parte dei responsabili politici occidentali che persuase la leadership sovietica a consentire e sostenere le transizioni politiche pacifiche in Europa.
Ora sappiamo da archivi declassificati che i responsabili politici occidentali hanno fatto di tutto per placare le profonde apprensioni e paure tra i leader sovietici sul ruolo della NATO nell’era del dopo Guerra Fredda. Vale la pena ricordare alcuni di questi casi perché continuano a plasmare l’atteggiamento russo su come Mosca sia stata fuorviata sul ruolo della NATO nell’era del dopo Guerra Fredda.
Già nel gennaio 1990, il ministro degli esteri della Germania occidentale Hans-Dietrich Genscher, in un importante discorso, ha osservato che:
i cambiamenti nell’Europa orientale e il processo di unificazione tedesca non devono portare a una “lesione degli interessi di sicurezza sovietici”. Pertanto, la NATO dovrebbe escludere “un’espansione del suo territorio verso est, cioè un avvicinamento ai confini sovietici”.
Nella sua conversazione, pochi giorni dopo, con il ministro degli Esteri britannico Douglas Hurd, Genscher ha affermato: “I russi devono avere la certezza che se, ad esempio, il governo polacco avesse lasciato il Patto di Varsavia un giorno, essi non si sarebbero uniti alla NATO il giorno successivo .”
I politici statunitensi hanno quindi proceduto a rassicurare direttamente i sovietici. In un incontro ormai famoso tra il segretario di stato americano James Baker e il supremo sovietico Mikhail Gorbachev, Baker osserva:
“Il Presidente (Bush) ed io abbiamo chiarito che non cerchiamo alcun vantaggio unilaterale” nel processo di unificazione tedesca. “Comprendiamo la necessità di assicurazioni ai paesi dell’est. Se manteniamo una presenza in una Germania che fa parte della NATO, non ci sarebbe alcuna estensione della giurisdizione della NATO per le forze della NATO un pollice a est”. Gorbaciov: “Va da sé che un ampliamento della zona Nato non è accettabile”. Baker: “Siamo d’accordo con questo”.
La portata dell’apprensione sovietica sulla NATO è evidente anche dalle osservazioni di Gorbachev a Douglas Hurd nell’aprile 1990. Gorbachev ha parlato “di un dialogo comune su una nuova Europa che si estende dall’Atlantico agli Urali“, come “un modo per trattare con il problema.” Un processo unilaterale, d’altra parte, cioè una Germania unita nella NATO, troverebbe pochi acquirenti nella leadership sovietica.
Se una Germania unita doveva essere incorporata nella NATO, perché accelerare il processo di riduzione delle forze armate sovietiche? Ciò potrebbe sconvolgere l’equilibrio della sicurezza, cosa inaccettabile per l’Unione Sovietica.
Alcuni esperti hanno avvertito Gorbachev di non essere beatamente ingenuo riguardo alle intenzioni degli Stati Uniti. Un memorandum del più alto esperto di Germania del Comitato Centrale Sovietico predice la storia che si sarebbe svolta in seguito:
L’Occidente ci supera, promettendo di rispettare gli interessi dell’URSS, ma in pratica, passo dopo passo, ci separa dall'”Europa tradizionale” … Invece di un’Europa stabile con un futuro pacifico garantito e una cooperazione reciprocamente vantaggiosa in una varietà di sfere , gli apologeti della “Guerra Fredda” stanno imponendo … un raggruppamento di forze per prolungare l’era della politica conflittuale.
Una delle intuizioni più chiare sul pensiero sovietico sulla sicurezza collettiva paneuropea, inclusa l’idea di Gorbaciov di avere una Germania multi-allineata, si riflette nella sua conversazione con il presidente degli Stati Uniti George H.W. Bush nel maggio 1990.
Bush: la NATO è l’ancora della stabilità.
Gorbaciov: Ma due ancore sono meglio. Come marinaio, dovresti essere in grado di capirlo.
Bush: E dove troveremo la seconda ancora?
Gorbaciov: A est… È possibile che la NATO e il Patto di Varsavia (OMC) continuino ad esistere in qualche forma per un periodo di tempo più lungo di quanto possiamo immaginare ora. (Loro) potrebbero concludere una sorta di accordo, spiegando la creazione della Germania unita e anche le metamorfosi delle loro stesse organizzazioni. Allo stesso tempo, ci sarebbe la possibilità di un’adesione [simultanea] associata all’OMC e alla NATO. Perché se vogliamo porre fine una volta per sempre alla scissione del continente, allora anche le strutture politico-militari dovrebbero essere sincronizzate secondo le tendenze unificatrici del processo tutto europeo…
Spero che nessuno qui creda all’assurdità che una delle parti abbia vinto la guerra fredda. Pensieri come questi scivolano sulla superficie afferrando solo la punta dell’iceberg. La conclusione deve essere completamente diversa: 50 anni di confronto hanno dimostrato la sua assurdità e che porta solo all’autodistruzione… Ora sulla fiducia. Lei afferma che non ci fidiamo dei tedeschi. Ma allora perché dovremmo dare il via libera alla loro aspirazione all’unificazione. Avremmo potuto dare loro il via libera, avevamo meccanismi adeguati. Tuttavia, abbiamo dato loro l’opportunità di fare la loro scelta con mezzi democratici. Tu, d’altra parte, stai dicendo che ti fidi della Repubblica federale di Germania, ma la stai trascinando nella NATO, non permettendole di determinare da sola il suo futuro dopo l’accordo finale. Lascia che sia lei a decidere da sola a quale alleanza vuole appartenere.
Alla fine, con gli Stati Uniti che guidavano l’agenda e gli eventi che si svolgevano troppo rapidamente per essere controllati da Mosca, Gorbaciov alla fine accettò l’unificazione della Germania nel luglio 1990, armato solo di assicurazioni ma senza garanzie concrete o di un trattato di sicurezza sul futuro della NATO. L’anno successivo, la stessa Unione Sovietica era scomparsa dalla scena.
Ciò che seguì, almeno dal punto di vista russo, fu una sfacciata disprezzo di quelle assicurazioni mentre gli Stati Uniti si aiutavano a raggiungere gli stati di nuova indipendenza dell’ex blocco sovietico. In cinque ondate di espansione dal 1997, la NATO ha assorbito 14 stati dell’Europa centrale e orientale nell’alleanza guidata dagli Stati Uniti.
Resistere alla NATO
Il respingimento di Mosca è iniziato con le parole e poi con i fatti negli anni 2000, quando l’economia e le forze armate russe si sono gradualmente ricostruite. Il conflitto georgiano del 2008 è stato il primo grande intervento della Russia per contrastare la presunta ingerenza della NATO in uno stato chiave del Caucaso meridionale. Sebbene le possibilità effettive di Tbilisi di entrare nell’alleanza siano crollate dopo il 2008 – oggi un gran numero di forze di pace russe sono permanentemente dispiegate all’interno del territorio georgiano in province che la Russia ha riconosciuto come indipendenti – gli Stati Uniti si sono scrollati di dosso la battuta d’arresto.
L’Ucraina è diventata il prossimo obiettivo principale della rivoluzione del 2014 o di un colpo di stato sostenuto dagli Stati Uniti, a seconda che siano gli Stati Uniti o la Russia a descrivere il drammatico cambio di regime a Kiev. Anche in questo caso, gli eventi hanno seguito uno schema simile. Mosca è prontamente intervenuta nell’Ucraina orientale, popolata principalmente da russi di etnia russa, oltre a proteggere rapidamente la penisola di Crimea, situata in posizione strategica. La Crimea è stata successivamente assorbita dalla Federazione Russa dopo un referendum tra la sua popolazione prevalentemente russa. In breve, un altro obiettivo della NATO era sull’orlo della disintegrazione. Oggi, il cessate il fuoco o la linea di contatto che attraversa l’Ucraina non è in definitiva scritto dall’esercito russo.
Nonostante queste azioni coercitive, la politica statunitense sembrava ostinatamente insensibile al cambiamento. Dal 2014, gli Stati Uniti hanno adottato severe sanzioni contro l’economia russa e raddoppiato la NATO. Dal momento che l’adesione dell’Ucraina è diventata impraticabile nel breve termine, i collegamenti militari sono stati perseguiti bilateralmente, con gli Stati Uniti e il Regno Unito che guidavano lo sforzo occidentale per sostenere Kiev come stato in prima linea.
Sebbene l’Ucraina sia rimasta una spina dorsale nei legami tra Stati Uniti e Russia, nel 2021, in occasione di una nuova amministrazione a Washington e di preoccupanti cambiamenti politici a Kiev, Mosca ha iniziato una nuova formazione militare vicino al confine con l’Ucraina. La disposizione delle forze, comprese le armi offensive avanzate e le forze di terra, suggeriva che la Russia stesse ancora una volta alzando la posta in gioco. Nel maggio 2021, il presidente russo Vladimir Putin ha evidenziato come
L’Ucraina si sta trasformando, lentamente ma costantemente, in un antipode della Russia, un anti-Russia… e i nostri partner occidentali non hanno battuto ciglio, e nemmeno hanno sostenuto queste decisioni.
La Casa Bianca di Biden ha risposto avviando un vertice con Putin in estate a Ginevra. Nella sostanza, però, poco è cambiato. Washington non ha ripensato al suo confronto con la Russia. Dal 2014, gli Stati Uniti hanno impegnato 2,7 miliardi di dollari in assistenza alla sicurezza all’Ucraina, di cui 650 milioni di dollari nel 2021. Nell’agosto 2021, gli Stati Uniti hanno firmato un accordo quadro di difesa strategica con l’Ucraina volto a “la cooperazione bilaterale in materia di sicurezza e l’assistenza degli Stati Uniti che aiutino efficacemente l’Ucraina a contrastare L’aggressione russa, anche attraverso un solido programma di allenamento ed esercizio”. Nel settembre 2021, in un incontro pubblicizzato alla Casa Bianca, Biden ha detto al presidente ucraino Volodymyr Zelensky,
Gli Stati Uniti rimangono fermamente impegnati a favore della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina di fronte all’aggressione russa e al nostro sostegno alle aspirazioni euro-atlantiche dell’Ucraina.
Non essendo riuscita a convincere Washington a rispondere ai segnali russi, Mosca iniziò un altro round di schieramenti militari volti a concentrare una grande forza di combattimento ad armi combinate di oltre 1.00.000 soldati nel nord, nell’est e nel sud dell’Ucraina in grado di intraprendere un’ampia gamma di interventi in Ucraina. È ampiamente accettato, anche dai politici statunitensi, che la Russia detenga una schiacciante superiorità militare sull’Ucraina anche dopo aver tenuto conto del limitato impegno e supporto militare degli Stati Uniti a Kiev.
Non abbiamo bisogno di leggere le foglie di tè per discernere l’obiettivo fondamentale della Russia. In una serie di pronunciamenti e dichiarazioni alla stampa di Putin, del ministro degli Esteri Sergei Lavrov e di altri alti funzionari, la Russia ha articolato una serie di richieste, tutte volte a ripristinare l’architettura della sicurezza in Europa. Mosca ha anche proposto due accordi agli USA e alla NATO delineando l’essenza del suo pensiero. Nella sua bozza di accordo con gli Stati Uniti, la Russia ha sollecitato la cooperazione “sulla base di principi di sicurezza indivisibile, uguale e immutata”. La sezione più pertinente è l’articolo 4,
Gli Stati Uniti si impegneranno a impedire un’ulteriore espansione verso est della NATO ea negare l’adesione all’Alleanza agli Stati dell’ex Unione Sovietica. Gli Stati Uniti non stabiliranno basi militari nel territorio degli stati dell’ex URSS che non sono membri della NATO, non utilizzeranno le loro infrastrutture per attività militari o svilupperanno con loro una cooperazione militare bilaterale.
In una seconda bozza di documento alla NATO e anch’essa destinata al pubblico europeo, la Russia ha chiesto il ritiro delle forze militari e degli armamenti schierati dalla NATO dopo il 1997 nell’Europa orientale e nei Paesi baltici (articolo 4). L’articolo 6 esplicita ancora una volta la questione centrale dell’espansione della NATO,
Tutti gli Stati membri della NATO si impegnano ad astenersi da qualsiasi ulteriore allargamento della NATO, compresa l’adesione dell’Ucraina e di altri Stati.
Quindi, insieme, attraverso questi trattati, i russi chiedono un nuovo approccio all’architettura di sicurezza dell’Europa su cui credono di esercitare un’influenza significativa e un’influenza simile agli Stati Uniti. Mentre le linee rosse della Russia sono in discussione, ciò che è chiaro è che qualsiasi ulteriore espansione della NATO nell’Europa orientale o degli Stati Uniti o dell’assistenza militare bilaterale dei suoi membri all’Ucraina, in particolare sullo sviluppo di sistemi d’arma offensivi, inviterebbe quasi certamente una ritorsione risposta. La risposta scritta formale degli Stati Uniti alla bozza di accordo russa ha aggirato tutte le questioni centrali delineate da Mosca, il che significa che la crisi rimane in una grave situazione di stallo.
I pericoli dell’espansione della NATO e la creazione di un nemico dalla Russia del dopo Guerra Fredda erano stati previsti, ironicamente, nientemeno che dal principale autore della dottrina del contenimento della Guerra Fredda, George F Kennan, il quale avvertì che sarebbe stato un “errore strategico di proporzioni potenzialmente epiche”. l’espansione della NATO, scrisse Kennan nel 1997,
sarebbe l’errore più fatale della politica americana nell’era del dopo Guerra Fredda. Ci si può aspettare che una decisione del genere… spinga la politica estera russa in direzioni decisamente non di nostro gradimento.
Come abbiamo visto, il sistema di sicurezza collettiva in Europa dopo la Guerra Fredda si è sviluppato a spese della Russia. La storia attesta, come riassume eloquentemente Dmitry Trenin,
se una grande potenza sconfitta non è stata incorporata nell’ordine del dopoguerra, o se non le è stato offerto un posto in esso che ritenga accettabile, nel tempo inizierà ad agire per distruggere quell’ordine o, a per lo meno, alterandolo in modo significativo.
L’Europa si trova oggi in questo frangente.
Le ambizioni esorbitanti della NATO e degli Stati Uniti hanno portato alla creazione di impegni nell’Europa orientale che potrebbero non valere la carta su cui sono scritti. Non sarebbe un’esagerazione affermare che la geostrategia russa nell’ultimo decennio ha contribuito profondamente alla fine dell’era unipolare.
Zorawar Daulet Singh è ricercatore aggiunto presso l’Institute of Chinese Studies di Delhi e autore di Powershift: Relazioni India-Cina in un mondo multipolare. Twitta @Z_DauletSingh. Le opinioni sono personali.
Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta dall’Economic and Political Weekly (EPW). È stato riprodotto qui con autorizzazione dell’autore.
Per gentile concessione di Vision & Global Trends
Gerhard Schröder |
L'ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder, già presidente di Nord Stream, il gasdotto che attraverso il mar Baltico dovrebbe collegare direttamente la Russia alla Germania, e buon amico di Vladimir Putin, è stato nominato consigliere di amministrazione di Gazprom, la compagnia energetica russa che sovrintende alla costruzione di Nord Strem 2. La nomina è stata decisa nello scorso giugno a San Pietroburgo dagli azionisti stessi.
L’accettazione della nomina da parte dell’ex cancelliere è stata criticata in Germania da più parti, soprattutto da coloro che si ostinano a considerare la Russia come paese ostile alla Germania e, in generale, all’Europa. Addirittura il presidente della commissione di difesa del parlamento tedesco, Marie-Agnes Strack-Zimmermann, ha suggerito di privarlo della pensione che riceve come ex cancelliere e dello stesso avviso anche Stefan Müller, dell'Unione sociale cristiana bavarese.
Imperterrito però l’ex cancelliere tira dritto, insensibile alle critiche. Venerdì pomeriggio durante la cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali di Pechino, si è affidato a LinkedIn per criticare coloro che hanno boicottato l'evento sui diritti umani di Pechino, affermando che la Cina è il "mercato di vendita più importante della Germania": "Chiunque voglia fare pressione sulla Cina con richieste di boicottaggio e moralizzazione della politica estera sta facendo un gioco pericoloso", ha scritto sul social.
I rapporti tra Stati Uniti, Germania e Russia vanno quindi complicandosi sempre di più: l'attuale cancelliere tedesco Olaf Scholz partirà per Washington domenica per colloqui con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e visiterà Kiev e Mosca la settimana successiva.