L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Kaleidoscope (1474)

Free Lance International Press

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                                     VIDEO

Nela serata del 27 settembre scorso, presso al Grand Hotel Gianicolo di Roma, gli “Amici della Grande Russia” hanno rinnovato la memoria per il pensiero di Alexander Pushkin, importantissimo esponente della cultura russa.

L'evento ha avuto lo scopo di estendere ad un più vasto numero di romani la conoscenza delle attività dell'associazione culturale e apartitica dell’associazione fondata dalla D.ssa Yulia Bazarova e dal. Dott. Paolo Dragonetti De Torres Rutili.  Maggiori informazioni sul sito istituzionale www.amicidellagranderussia.com. “Arte, bellezza e tradizioni” gli scopi. Un tuffo della cultura russa in quella italiana. I contenuti culturali, di tutto rispetto, sono stati equamente distribuiti fra canto e recitazione poetica. Il programma della manifestazione ha visto l’eccellente performance della soprano barocca Marianna Ivashchenko con i brani musicali:  Rimskij-Korsakov. Elegia, ⁠Kjui. La statua di Tsarskoje Selo, ⁠Rachmaninov. Non cantare, o bella, davanti a me, ⁠Glinka. Ricordo il magico istante, ⁠Čajkovskij. La scena finale della lettera di Tatiana,  e l’ omaggio finale all'Italia con l’aria "O mio babbino caro" tratta dall’opera “Gianni Schicchi” di Puccini, tutto all'insegna della interculturalità.

Tra un pezzo musicale e l'altro si sono alternati amici amanti della cultura russa che hanno letto, sia in russo che nella traduzione italiana, diverse poesie e brevi brani di prosa composti da Pushkin.

Sul podio lettori e lettrici: Elena Litasova, Manlio Lo Presti – Strofe 4, 5 e 6 del poema “Eugenio Oneghin”,  Marzia Sorbia - “Rinascita”, ⁠Franco Nicoletti che ha presentato la vita di A. Pushkin, l’avv. Maddalena C. del Re- “Terra e il Mare”,  ⁠Anna Gentilini e Giuseppe Cerasari - “Autunno” tradotto da Annalisa Alleva.

La lettura dei brani dell’opera del grande poeta e scrittore nazionale russo è collaterale al Premio internazionale Pushkin, quest’anno giunto alla sua VI Edizione.

 

September 23, 2024

Video

September 16, 2024

 

 

Da Mosca, Mark Bernardini. Novantacinquesimo notiziario settimanale di lunedì 16 settembre 2024 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona visione.

- Washington accusa RT di essere organica ai servizi segreti russi e di complottare per diffondere le “narrazioni putiniane” nei Paesi del Sud del mondo, che per questo non supportano Kiev.

- Il 7 settembre un’ennesima protesta ha riunito più di 300.000 francesi in tutto il Paese.

- Si è svolto a Mosca il X Forum Internazionale Antifascista, dedicato alla Giornata Internazionale della Memoria delle Vittime del Fascismo.

- Rapporto sulla competitività dell’Unione Europea, presentato da Mario Draghi il 9 settembre 2024.

- Il 13 settembre 2024, l’Ambasciatore della Federazione Russa in Italia Aleksej Paramonov è stato invitato presso il Ministero degli Esteri della Repubblica Italiana.

- “La Russia non è nostra nemica”, si legge in un manifesto con una stretta di mano: una con i colori della bandiera italiana, l’altra con quelli della Russia.

- Вставайте, люди русские, Alzati, popolo russo, scritta nel 1938 da, pensate un po’, Sergej Prokof’ev, per la regia di Sergej Ejzenštejn, con riferimento ad Aleksandr Nevskij, XIII secolo.

 

 

 

 

September 11, 2024

L’autorevole rivista russa a carattere internazionale “Geopolitica.ru” riporta l’appello che la nostra scrittrice Ornella Mariani Forni indirizza al presidente Putin affinché distingua i sentimenti degli italiani nei confronti della Russia dal comportamento dei politici asserviti  alla Nato, la quale a sua volta è condizionata dagli interessi anglo-americani. L’intervista è a firma del giornalista freelance Costantino Ceoldo. Ne riportiamo in italiano il testo scritto in inglese.

 

Appello ad un Presidente

L'intervento russo in Ucraina è stato il risultato di una trappola tesa dall'Occidente per costringere il Cremlino a fare scelte che nei piani occidentali avrebbero dovuto portare alla sconfitta e alla sottomissione definitiva della Russia. Ma la realtà spesso differisce dalle nostre aspettative e la Russia ha invece mostrato una resistenza non comune ed eroica.

All'inizio dell'operazione militare speciale, i grandi dell'Occidente ( sic ) e i loro papponi si strofinavano le mani in previsione di una vittoria che era già improbabile all'epoca e ora sembra sempre più improbabile. Altri, d'altra parte, si sono alzati e continuano a farlo, denunciando a gran voce i pericoli della crisi sotto i nostri occhi e la minaccia esistenziale che ha spinto la Russia all'azione.

Anche l'Italia ha seguito l'isteria della NATO ed eletto eroe universale il presidente ucraino Volodymyr Zelens'kyj, l'ex comico che suonava il pianoforte con il pene e che sembra avere una spiccata preferenza per la cocaina. Infatti, il nostro paese continua a fornire armi e denaro a un governo straniero e corrotto, quello ucraino, che sta agendo contro gli interessi del suo stesso popolo e mandando letteralmente i suoi soldati al macello in  operazioni assurde e mal pianificate come l'attacco al territorio russo a Kursk .

O Roma, come Kiev e il resto dell'Occidente, si ostina a credere in una realtà parallela e autoreferenziale che non corrisponde al mondo reale, oppure il nostro Paese si muove forzatamente su binari decisi dall'esterno, incapace di riscattarsi dalla sottomissione psichica e spirituale a Washington.

Durante il Covid,  necessario per realizzare l'attuale situazione internazionale , la maggior parte degli italiani si è comportata come un gregge di pecore addomesticate, pronte a obbedire agli ordini più assurdi perché stordite dalla paura. All'indomani dell'inizio dell'Operazione Militare Speciale, lo stesso comportamento del gregge è rimasto, a parte qualche eccezione: italiani diversi, si potrebbe dire.

E tra questi pochi, l'  altra italiana  Ornella Mariani, che già si era rivolta al presidente Putin in un suo  video  all'inizio dello SMO ricordandogli come governo e popolo siano due cose diverse,  torna a rivolgersi al presidente russo  per ricordargli la necessità di distinguere tra governi e popoli avvelenati dalla propaganda:

“...Vi prego davvero, tenete l’Italia nel vostro cuore... Insisto rispettosamente: abbiamo paura di un conflitto che non è nostro e avremmo voluto che un establishment moralmente qualificato lo amministrasse affiancando la Storia, l’etica e il terreno della solidarietà...”

sono alcune delle parole che la signora Mariani rivolge oggi a Vladimir Putin, pur con tratti di candore e rettitudine spesso inusuali quando si tratta di relazioni tra nazioni.

Ho parlato con Ornella Mariani e propongo ai lettori una breve intervista con lei.

 

Dott.ssa Mariani, la ringrazio per il tempo che mi  dedica. Vorrei chiederle cosa l'ha spinta a rendere pubbliche tutte le sue iniziative, i suoi video, le sue lezioni, che hanno attirato l'attenzione anche della magistratura italiana?

Sono stata motivato dagli orrori che abbiamo sofferto per mano di una classe politica corrotta e screditata. Ho quindi deciso di espormi contro un terribile esperimento di ingegneria sociale per proteggere, soprattutto, il futuro dei nostri figli vessati e provati dalle aberranti iniziative di sanità pubblica, contro le quali nessun Magistrato ha aperto le dovute inchieste.

Potreste riassumere per i nostri lettori l'attuale posizione italiana sulla Russia?  È diversa dal passato?

 Il governo fornisce soldi e armi mortali all'Ucraina e contro la Russia, che era un paese amico. Il conflitto con l'Ucraina, che comunque non riguarda l'Eurozona, non ci interessava e, per giunta, era vecchio di anni... Avervi preso parte era ed è strumentalmente funzionale al servilismo e agli interessi della NATO e dell'Anglosfera. Avevamo solidi legami e debiti storici con la Russia. Mi rassicura il fatto che il sentimento popolare verso quella realtà non coincide con il sentimento politico e istituzionale.

Non crede che l'attesa delle prossime elezioni americane di novembre condizioni pesantemente il nostro governo e determini il suo comportamento attuale? 

Sono convinta che le elezioni americane avranno un impatto enorme sulla situazione attuale, ma permangono fondate apprensioni sul loro esito. Credo che Putin stia conducendo una guerra di logoramento in previsione degli eventi, ma non escludo un’escalation pericolosa e irreversibile. Credo anche che le azioni sconsiderate del governo italiano, incapace di svincolarsi dalle prescrizioni dell’UE e da quello che il generale Eisenhower definì “un affare sporco” concluso a Cassibile  [1], produrranno una deriva epocale nel nostro Paese.

Temete per il futuro del nostro Paese e di noi italiani?

 Naturalmente nutro dei timori per il futuro del nostro Paese e del nostro popolo: un conflitto che coinvolga l'Europa coinvolgerebbe il territorio italiano, sul quale insistono circa 120 basi americane.

Secondo lei, quali dovrebbero essere le scelte coraggiose da fare? 

La scelta coraggiosa è quella di “denunciare” e desegretare l’accordo Stato/mafia stipulato a Cassibile e i successivi trattati, abbandonando le politiche della NATO e degli Stati Uniti che fanno guerre per procura e pretendono di esportare la democrazia, ma di fatto tergiversano e soffocano la volontà dei Popoli.

 

[1]  L'armistizio di  Cassibile , del 3 settembre 1943, segnò la resa incondizionata dell'Italia alle forze alleate. Il generale Eisenhower definì l'accordo "l'affare più sporco" che avesse mai concluso a causa delle clausole segrete che sancivano la sottomissione italiana per i decenni a venire.

 

 

 

 

 Mappa albanese

Sapevo di questo avvenimento da tempo ed attendevo l’invito da parte degli amici della Community Vino una Passione che non si è fatto attendere. Primo Banco d’Assaggio sui vini d’Albania dalle mie parti e non solo.

“Nel Wine Corner all’interno del Ristorante Europa, lungomare Europa 106,  Lido di Camaiore. Degustazione: Blind Wine Tasting ”.  SEI campioni provenienti da una terra vinicola sconosciuta dove, da sempre, si fa vino.

Di fronte ad un invito di questo genere, dove poter poi parlare di vini albanesi provenienti da diverse zone, l’occasione fa parte di quell’eventi da condividere, istruttivi, didattici, formativi.

Rinfreschiamoci la memoria.

  I vini assaggiati

Negli ultimi trent'anni, il settore vitivinicolo albanese ha assistito a una crescita lenta ma costante. La superficie vitata è passata dai 2.776 ettari nel 2010 ai 7.442 nel 2021 e 11.339 nel 2022!!!.

In quanto membro dell’OIV, l’Albania può avvalersi delle informazioni, della cooperazione e dei servizi offerti da una rete di circa mille esperti. Tale rete le ha consentito di partecipare a decisioni fondamentali relative all’evoluzione del settore e di esprimere le proprie posizioni.

Come detto nel 2022 l’Albania vantava una superficie vitata di 11.339 ettari, collocandosi, in base alle statistiche dell’OIV, rispettivamente al 41° e al 55° posto per produzione e consumo su scala mondiale.

La pratica vinicola ebbe origine nel territorio oltre duemila anni fa. Esistono testimonianze

  Pulez

della coltivazione e della produzione risalenti all’epoca degli Illiri. Si tratta di una tradizione che non ha conosciuto interruzioni nel corso della storia, tenuta viva durante l’Impero romano e bizantino. Anche sotto la dominazione ottomana, dimostratasi lungimirante visto il credo musulmano,  la viticoltura sopravvisse. In epoche più recenti, la Seconda guerra mondiale e il successivo regime comunista, allontanarono i contadini dai campi coinvolgendoli in attività industriali e collettivistiche. Infine il graduale risveglio e la situazione dei giorni nostri.

Alcuni piccoli produttori si sono trasformati in vere e proprie aziende capaci di rispondere alle esigenze attuali non solo in termini quantitativi, ma anche dal punto di vista della qualità. Delle settanta case vinicole registrate in Albania oggi, oltre venti, sono aziende di medie/grandi dimensioni.

È stato inoltre avviato un percorso nella direzione di un allineamento con le leggi e le disposizioni dell’Unione Europea, culminato con l’approvazione in seno al Parlamento della nuova legge n. 86/2022 nell’ambito della viticoltura e del vino. L’obiettivo ultimo è quello di regolamentare il settore in maniera più efficace ed espandere le opportunità di esportazione per i produttori nazionali.

Il Banco in sintesi:

- Tre distretti di provenienza: Lezhe, Durres, Berat.

- Sette i vitigni interessati: Shesh i Bardhë, Ceruja, Pulez, Carmenere, Kallmet, Cabernet Sauvignon, Merlot.

  Udha

La degustazione in pillole:

DUKA Shesh i Bardhë, 2021. 13,5%, Inox. Il vino Shesh i Bardhë è prodotto dal vitigno autoctono albanese del vitigno Shesh i Bardhë, Nel Distretto Durrës, villaggio di Lalëz. Il processo di vinificazione è effettuato a temperatura controllata e l'intero sistema produttivo è certificato con la norma di sicurezza alimentare ISO 22000. Percorso in Inox. Ottimo, voto 88/100;

CERUJA, Uka Wines. 2018, 12,5%. Inox Il Ceruja Bianco della giovane cantina Uka è un vino più unico che raro, prodotto a base di uve provenienti da viti cresciute spontaneamente arrampicandosi agli alberi nei pressi della tenuta, senza alcun intervento umano. Questo vino ci riporta agli albori della viticoltura. Un vino della memoria e della tradizione che il giovane enologo Flori Uka, fondatore di Uka Wines, ha voluto realizzare per dar voce alla storia della viticoltura albanese. Le uve provengono da viti ultracentenarie, coltivate ancora a piede franco, La vendemmia si svolge ovviamente a mano e i grappoli sono sottoposti ad una criomacerazione di 24 ore prima di essere pressati in modo delicato. La fermentazione avviene in serbatoi d’acciaio inox a temperatura controllata. Prima dell’imbottigliamento, il vino matura per circa un anno in vasche d’acciaio. Si è presentato con un colore giallo paglierino luminoso e seducente, con un bouquet caratterizzato da aromi agrumati, di lime, pompelmo, di mela verde, frutta a polpa bianca, sfumature floreali e di erbe officinali. Limpido e leggermente aromatico ha regalato un sorso intenso e persistente terminando su sensazioni di grande freschezza. Ottimo, voto 89/100;

PULËZ, Uka Wines, 2018. 12,5%. Inox. Vino bianco prodotto a Berat da vitigno Pulëz, vendemmiato nel villaggio di Roshnik, considerata la sua zona di origine più antica. Anche questa  è una vite cresciuta naturalmente sugli alberi.  Questo vino si è presentato con un colore dorato chiaro, con sentori di frutta bianca matura e una grande struttura da invecchiamento. La regione vinicola di Berat vanta un'altitudine ideale per i vigneti, compresa tra i 300 e i 400 metri. La consistenza del terroir è costituita principalmente da terra nera.  Il clima del vigneto corrisponde alle caratteristiche del clima mediterraneo. Il processo di raccolta e vinificazione è eseguito con cura per garantire la produzione di vini ottimi. Raccolta  a mano da vecchie viti che si arrampicano con grazia sugli alberi, preservando il loro carattere e il loro gusto unici Viene impiegata una crio-macerazione di 48 ore, seguita da una pressatura soffice per estrarre delicatamente il mosto che viene poi sottoposto a precipitazione naturale in serbatoi di acciaio inox. La fermentazione controllata a freddo avviene per un periodo di 12-15 giorni, consentendo lo sviluppo olfattivo delicato. Ottimo, voto 88/100;

BELLO Carmenere, 2021. 13,5%. Jorgli Bello, Sukth, Perlat, Durrës. 100% Carmenere (di cui 30% in appassimento). Un vino rosso porpora, dalla consistenza morbida e avvolgente, con un aroma che ricorda il velluto. Si sono percepiti profumi di rosa, violette e more selvatiche, insieme a delicate note floreali. Inoltre, il breve periodo di affinamento in botte di quercia francese, ha conferito al vino le delicate sfumature di vaniglia e marmellata di frutti di bosco. La prima bottiglia di vino prodotta dalla Cantina Bello risale al 1977 per poi, dopo vari decenni di esperienza, dar luogo alla fondazione vera e propria della Cantina stessa, avvenuta ufficialmente nel 1994. Situata in una frazione di Durazzo, Perlat, ubicata in una zona collinare a 2 km di distanza dal mare che funge da ponte tra il litorale e la zona montuosa. I vitigni della Cantina Bello sono tutti certificati dai Vivai Cooperativi Rauscedo (VCR), un’azienda viticola all’avanguardia e leader del settore. I vitigni sono selezionati e piantati dopo un’accurata analisi del terreno il quale, grazie alla posizione geografica e al vento favorito dal mare, necessita di una minima quantità di trattamento fitosanitario. La superficie vitata è di circa 8/10 ettari. Una particolarità molto rilevante della Cantina riguarda la fermentazione, in quanto tutte le fermentazioni avvengono utilizzando il “Metodo Ganimede”,  un metodo importato dall’Italia ed unico nel suo genere, utilizzato in Albania solo dalla Cantina Bello. Ottimo, voto 88/100;

KALLMETI 2020, Dal Villaggio Kallmet, Regione Lezhë. 14%. Kallmet è una zona prevalentemente collinare dove il campo Zadrima è in relazione in armonia con il monte Vela. Situato a 11 km dalla città di Lezha, a 18 km dalla costa di Shengjin e 55 km da Tirana. È conosciuta come un'area con un'antica tradizione di coltivazione della vite. L'azienda vinicola Kallmeti nasce nel 2006 grazie alla passione per il vino dei fratelli Gjini e al loro amore per la terra in cui vivono, nel cuore del loro luogo natale: Kallmet, da cui prende il nome l'uva. Dietro ai Fratelli Gjini c’è SEA, Studio Enologico Associato italiano, che ne cura la consulenza. Questo vino matura 10 mesi in contenitori di acciaio inox, poi 6 mesi in botti di rovere francese e 4-6 mesi in bottiglia prima dell'immissione sul mercato. Si è presentato con un rosso sanguigno, espresso e diversificato, dominato da profumi freschi tipici del vitigno, abbastanza tannico, pieno di corpo ed abbastanza equilibrato. Eccellente, voto 90/100;

Vino Bello
 Vigneti sopra gli alberi

UDHA. Uka Winery. 2018, 13,5%. Inox. Cabernet Sauvignon, Merlot, Kallmet e Shesh i Zi.  “Udha” è l’antico termine di “cammino”, il percorso immaginario che unisce tutti i viticoltori in un unico prodotto. Un assemblaggio di Cabernet Sauvignon, Merlot, Kallmet e Shesh i Zi, che vengono raccolti in diversi vigneti dell’Albania e vinificati separatamente. È un viaggio attraverso tutti i distretti che producono uva. Un vino rosso di ottima struttura che si adatta perfettamente ai piatti di carni rosse. In cantina, le uve vengono sottoposte ad un meticoloso processo di vinificazione. Viene impiegata una crio-macerazione di 48 ore, seguita da una pressatura soffice per estrarre delicatamente i mosti che vengono poi sottoposti a precipitazione naturale in serbatoi di acciaio inox, separatamente. La fermentazione controllata a freddo avviene per un periodo di 12-15 giorni, consentendo lo sviluppo di sapori delicati. Terminata la prima fase si procede all’assemblaggio in tini inox dove il vino riposa per qualche mese prima dell’imbottigliamento. L’Albania che cambia. Eccellente, 91/100.

Solo la Community Vino una Passione poteva coinvolgermi in una serata che resterà viva nella memoria degli appassionati wine lover. Chapeau!

 

Degustazione resa possibile da ME ZEMËR, negozio online di  eccellenze enogastronomiche Made in Albania.

September 09, 2024

 

 

 

 

Da Mosca, Mark Bernardini.

Novantaquattresimo notiziario settimanale di lunedì 9 settembre 2024 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona visione.

 

- Sono ormai decenni che il tema dell’allargamento della NATO a Est non cessa di essere all’ordine del giorno.

- Russofobia italiana in modalità ucraina.

- Lavrov: noi non trattiamo con nessuno dei nostri territori. E non svolgiamo negoziati per ciò che riguarda i nostri territori. Siamo pronti, invece, a discutere di come porre fine alle azioni criminali messe in atto dal regime di Kiev a seguito del colpo di Stato.

- Il 3 settembre in Russia è legato ai tragici eventi avvenuti a Beslan nel 2004, le cui vittime furono 334 persone, di cui 186 bambini.

- Svolta dell’intelligenza artificiale nelle relazioni internazionali: ambito di confronto o cooperazione

- La Russia ha confini a ovest, a sud, a est e a nord. Stiamo sviluppando naturalmente l’interazione con tutti i Paesi vicini, tra le altre cose, non solo con quelli confinanti.

- Per quasi due anni dall’attacco terroristico contro i gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2, la Russia ha costantemente e apertamente parlato del suo interesse a stabilire la verità su questo caso, della necessità di consegnare alla giustizia i responsabili di questo atto di bombardamento del terrorismo, la necessità di condurre un’indagine trasparente e aperta sotto gli auspici, come abbiamo proposto, dell’ONU e del suo Segretario generale personalmente (questa proposta è stata bloccata dagli occidentali, in primo luogo dagli Stati Uniti).

- Le ultime dichiarazioni di Pavel Durov sollevano logicamente il sospetto che egli abbia comunque “ceduto” ai goffi dettami occidentali e francesi. Tuttavia, non tutto è così semplice.

- Il governo degli Stati Uniti ha accusato il politologo Dmitrij Simes e sua moglie Anastasija di “violazione delle sanzioni americane”; ciascuno di loro rischia fino a 60 anni di prigione.

- “Žužžalka”, UVB-76 o Buzzer è una stazione radio che trasmette ad una frequenza di 4625 kHz.

- Robert Roždestvenskij, 1971.

Per questa settimana è tutto. A risentirci e rivederci, sui miei canali!

September 03, 2024
  Weir

E’ il Festival cinematografico che nello storico Palazzo del Cinema, sul Lungomare Marconi, si celebra al Lido e nella Laguna di Venezia. Manifestazione cinematografica più antica al mondo, vide la prima edizione tra il 6 e il 21 agosto del 1932. La Mostra del Cinema di Venezia va inquadrata nella più vasta attività della Biennale di Venezia, istituzione culturale fondata nel 1895 che, a far data da quell’anno, organizza l’Esposizione Internazionale d’Arte Contemporanea e dal 1930 il Festival Internazionale di Musica Contemporanea. E’ il Leone d’oro il Premio più importante che viene assegnato, onora il simbolo della città, ossia il Leone di San Marco. La critica internazionale lo classifica tra i più importanti Premi del mondo assieme alla Palma d’oro di Cannes e l’Orso d’Oro di Berlino. Ogni anno a Venezia si contano ben 140 Titoli proiettati tra lungometraggi, documentari e progetti speciali. In questo anno siamo all’81esima edizione dacchè la pensò il Conte Giuseppe Volpi insieme allo scultore Luciano De Feo (già fondatore dell’Unione Cinematografica Educativa-a quel tempo direttore dell’Istituto Internazionale per la cinematografia educativa, emanazione della Società delle Nazioni con sede in Roma) che sposò l’idea di svolgere al Lido di Venezia la rassegna e ne divenne il primo direttore-selezionatore. Quella 1^ edizione si tenne sulla terrazza dell’Hotel Excelsior; non vi fu competizione, solo la presentazione delle opere al pubblico e vantò titoli di grande importanza per la Storia del Cinema: “Proibito” del grande regista cinematografico Frank Capra, il primo Frankenstein di James Whale, Gli uomini, che mascalzoni di Mario Camerini, A me la libertà di Renè Clair e via ancora con tanti grandi registi del calibro di: Raoul Walsh, Ernst Lubitsch, Maurice Tourneur, Anatole Litvak e ancora. Le stars presenti: Grata Garbo, Clark Gable, James Cagney, Ioan Crawford, Jonh Barrymore, Leretta Young, i grandi Vittorio De Sica e Boris Karloff (passato alla storia per aver interpretato il mostro del

primo Frankenstein). Il primo film proiettato? Il dottor Jekill (Dr. Jekill and Mr. Hyde) di Rouben Mamoulian - nella sera del 6 agosto 1932. Alla proiezione seguì un grande ballo nei saloni dell’Hotel Hexcelsior. Il primo film italiano? Gli uomini, che mascalzoni di Camerini alla sera dell’11 agosto. Mi fermo alle luci

della prima edizione per fare un salto fino al 2024 in cui trionfa un glamour scintillante che mi fa pensare subito ed insistentemente ad una rinascita del Cinema nella forma e modi dei migliori tempi. Da quel lontano 1895, quando i fratelli Lumière inventarono la macchina magica, l’immaginazione del mondo è andata esplodendo grandemente e il cinema è diventato uno dei massimi miti dell’epoca contemporanea che neppure la soverchiante luce dei cellulari e dei tablet riesce a scalfirne la magnifica luminescenza. E’ il Cinema ad aver fotografato, da sempre, rivoluzioni e catastrofi, da sempre ha prestato volti e gesti agli eroi della storia e della letteratura incarnando ogni tipo di storia possibile.

Il Cinema è un rito che incanta ancora, è arte della luce e delle ombre che affascina e continua a segnare il costume e i comportamenti fino ai modi di pensare e a plasmare nuove forme sempre più sfaccettate del sentire, facendo tutto con più pregnanza che qualunque altro strumento espressivo. Il Cinema compone altre realtà, disegna fantasmi che entrano nelle nostre vite e fa diventare nostri familiari attori che non abbiamo mai conosciuto personalmente. Il cinema ci affranca dalla noia e fa battere più forte il cuore, accelera i battiti della vita in noi e tutt’attorno a noi. Nutre la nostra fantasia il Cinema e ci porta le storie dall’altro emisfero del pianeta, alla nostra umanità aggiunge l’umanità di altri, da noi lontanissimi, che piano piano vengono a comporre -incredibilmente- la nostra memoria e aggiungendo colori, arditezza e possibilità finanche ai sogni. Sa far passare davanti ai nostri occhi tutto il possibile e l’impensabile, nella tragedia e nella violenza, nel crudo e nel soave, il fantascientifico si fa profetico e lo storico rivela verità taciute. Insomma muove tutte le nostre emozioni, soprattutto quelle che non potremmo mai provare poiché quelle circostanze non accadranno mai nella nostra vita…allora il cinema aumenta il numero di vite vissute? In qualche modo, si. Espande il tempo, moltiplica la meraviglia, ci fa vivere la realtà d’un sogno. Vale la pensa, dunque, guardarlo anche nello scintillìo di questa edizione spettacolare e grandiosa, diretta da Alberto Barbera il quale ha dichiarato: Arte, spettacolo e industria in uno spirito di libertà e dialogo con una sezione dedicata alla valorizzazione di operazioni di restauro di film classici per contribuire a una migliore conoscenza della storia del cinema, in particolare a vantaggio del pubblico dei giovani. I film vengono proiettati nella lingua originale con i sottotitoli in italiano e inglese. I Premi saranno assegnati nella serata conclusiva del 7 settembre, intanto il Leone d’Oro alla carriera è andato a Peter Weir (1944, Sydney, Australia), regista e sceneggiatore australiano (L’attimo fuggente, The Truman Show, Master & Commander) che della Mostra di Venezia ha dichiarato: è nell’immaginario di coloro che fanno il mestiere del cinema. E Alberto Barbera di Lui: cinema audace, rigoroso e spettacolare in cui c’è la costante di una sensibilità che gli consente di affrontare tematiche eminentemente moderne, come il fascino per la natura e i suoi misteri, la crisi degli adulti nelle società consumiste, le difficoltà dell’educazione dei giovani alla vita, la tentazione dell’isolamento fisico e culturale, ma anche il richiamo degli slanci avventurosi e l’istinto della salutare ribellione…un percorso artistico che ha saputo conservare la sua integrità di fondo sin dentro il successo commerciale dei film realizzati…”. ll Premio Cartier Glory to the Filmaker - dedicato a una personalità che abbia segnato in modo particolarmente originale il cinema contemporaneo- va a Claude Lelouch (1937, Parigi, Francia) (Un uomo, una donnaUna donna e una canaglia; La belle histoire)- grande regista, sceneggiatore e produttore francese;  il premio gli è stato consegnato ieri, 2 settembre, in Sala Grande-Palazzo del Cinema,  prima della proiezione Fuori Concorso del suo nuovo film, Finalement. Lelouch è regista ambizioso i cui film illustrano le più grandi passioni dell'uomo: l'infanzia, gli incontri, l'amore, l'amicizia, i rischi, l'ingiustizia, la morte, la reincarnazione, il ritorno a casa, i viaggi...Il cinema è sempre stato per lui una storia d'amore, un elemento indissolubile dalla vita stessa.

Alberto Barbera, di Claude Lelouch ha detto: è uno dei maggiori autori del cinema francese, molto prolifico, avendo diretto oltre sessanta lungometraggi. Cinefilo precoce, autore di corti e video musicali, direttore della fotografia, sceneggiatore, attore e produttore, raggiunge il successo internazionale nel 1966 con il film Un uomo, una donna (Un homme et une femme) vincitore della Palma d'oro al Festival di Cannes e di due Premi Oscar nel 1967, come miglior film straniero e per la migliore sceneggiatura originale. La colonna sonora di Francis Lai diventa refrain leggendario di un'epoca- “Chabadabada” è stata canticchiata da un’intera generazione e fa parte del mito musicale del cinema. Lelouch segna in modo indelebile il cinema, soprattutto incontrando il gusto e il favore del pubblico. Autore anomalo e

 Lelouch

inclassificabile, predilige la contaminazione dei generi (drammi, commedie, polizieschi, film d’avventura e western, fantascienza e musical, film di guerra e d’ambientazione storica), le cui convenzioni non esita a scompaginare ricorrendo a strutture narrative e temporali irrituali. Restano indimenticabili alcuni suoi successi come L'avventura è l'avventura (L'aventure, c'est l'aventure, 1972), Una donna e una canaglia (La bonne année, 1973), Una vita non basta (Itinéraire d'un enfant gâté, 1988), La belle histoire (1991), modelli di un cinema stilisticamente sofisticato, sensibile ai temi melodrammatici e alla commedia corale, dalla proverbiale capacità affabulatoria.

E’ tecnicamente all'avanguardia il cortometraggio L'appuntamento (C'etait un rendez-vous, 1976), 9 minuti di piano sequenza in steadicam sfrecciando su una Mercedes per Parigi, resta un punto di riferimento per chiunque abbia con la macchina da presa un rapporto “fisico”. In oltre 60 anni di attività, Claude Lelouch ha saputo creare con attori e attrici di eccezionale talento – da Anouk Aimée a Jean-Louis Trintignant, da Françoise Fabian a Lino Ventura, da Belmondo a Fabrice Luchini – la geografia moderna di un cinema dei sentimenti…La sua filmografia si estende per oltre sessantaquattro anni, con molti film premiati, tra cui il mitico duo formato da Jean Louis Trintignant e Anouk Aimée, che incarnano -per l’eternità- la coppia romantica. I personaggi di Lelouch sono incredibilmente umani, le sue storie di vita rimangono impresse nella nostra mente, in particolare la sua incrollabile ossessione per le belle storie d’amore. Come farebbe l’Amore, senza Claude Lelouch, a esprimere la sua forza inarrestabile? Dal 2021, Cartier collabora con La Biennale di Venezia quale main sponsor della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, contribuendo allo stesso tempo a sostenere la produzione del cinema contemporaneo. L’arte e la cultura sono sempre state intimamente legate alla storia di Cartier. In questo caso la si basa sugli impegni duraturi della Maison, volti a preservare l’eredità culturale e a sostenere la produzione artistica contemporanea. Oggi che una moltitudine alluvionale di immagini ci arriva da piccoli schermi tra le nostre mani, lo schermo di una sala cinematografica ci restituisce la vera dimensione del Cinema e soprattutto delle storie che ci regala insieme all’atmosfera che si crea solo dinanzi-dentro a quel grande schermo. Ho tanta voglia di dire e lo dico: Evviva il Cinema!

 

 

 

Se la foto Reuters non è di repertorio ma attuale, in questi giorni nella striscia di Gaza, si sta impiegando il vaccino antipolio orale di tipo Sabin in una grande campagna di massa nei confronti della prima infanzia palestinese.

Purtroppo se le Autorità hanno scelto il vaccino orale di tipo Sabin (non ne sono certo ma questo pare dalle foto Reuters), bisogna ricordare che tale vaccino ad uso orale è stato già responsabile nel mondo di migliaia di casi di poliomielite vaccino-associata (paralisi flaccida causata dal vaccino stesso come reazione collaterale dovuta al riattivarsi del patogeno nell'organismo, perché esso è attenuato nel preparato Sabin ma non ucciso).

L'impiego del vaccino orale di tipo Sabin fu infatti non a caso abbandonato negli Stati Uniti d'America alla fine degli anni Novanta del secolo scorso, proprio per ragioni di sicurezza, ed evitare che molti bambini (e adulti a contatto con le loro feci) finissero in sedia a rotelle a causa del vaccino stesso.

Anche in Europa, qualche anno dopo, il vaccino fu abbandonato sostituendolo con l'antipoliomielite tipo Salk a virus ucciso, il quale non garantisce immunità di gregge ma non presenta i problemi di sicurezza manifestati dal vaccino Sabin.

Vaccinare centinaia di migliaia di bambini a Gaza, in quelle condizioni igieniche così disastrate, significa incrementare ancora di più il rischio di poliomielite vaccino-associata.

Mi unisco alla indignazione di Giorgio Bianchi che ha stigmatizzato l'Occidente il quale rimane impotente e timido nei confronti del massacro di oltre trentamila civili inermi (di cui un 70 % di donne e bambini) negli ultimi mesi a causa della sproporzionata e criminale forza e strategia di ingaggio militare scelta dallo IDF israeliano contro Hamas, ma trova il tempo di occuparsi di 1 caso di poliomielite dopo mesi di guerra e migliaia di mutilati e bambini orfani e a cui è stata rubata la infanzia, e perorare una campagna vaccinale di

massa che rischia di aggiungere sofferenza alla sofferenza.

Come non si capisca che condizioni igieniche buone, acqua potabile e alimentazione sana ed equilibrata riducono e azzerano il rischio di focolai di poliomielite?

Di fronte ai corpi smembrati di tanti bambini (ho visto foto e video raccapriccianti di innocenti fatti a pezzi dalle esplosioni degli attacchi dello IDF israeliano), la campagna vaccinale antipolio (con un farmaco di profilassi con gravi rischi di sicurezza) suona una beffa, un insulto alla vita e alla dignità umana.

I bambini di Gaza hanno bisogno di acqua potabile, un tetto sulla testa, e di una città al sicuro dagli ordigni di morte.

L'Occidente è naufragato nella dissonanza cognitiva ove i diritti della sessualità e l'ardire della provocazione intersessuale, in un caos totale, sono più importanti dei diritti di un bambino palestinese ad avere una infanzia serena.

 

September 02, 2024

 

Da Mosca, Mark Bernardini. Novantatreesimo notiziario settimanale di lunedì 2 settembre 2024 degli italiani di Russia. Buon ascolto e buona visione.

- Io non sono mai stato un giornalista professionista, che vende la sua penna a chi gliela paga meglio e deve continuamente mentire, perché la menzogna entra nella qualifica professionale. Gramsci

- Il problema del transito del petrolio russo attraverso l’Ucraina non può cambiare la nostra posizione sulla guerra in Ucraina, che deve essere conclusa con un rapido cessate il fuoco, e non prolungata artificialmente con l’obiettivo irrealistico di mettere in ginocchio la Russia e con l’obiettivo reale di riempire ancora di più le tasche degli armaioli. Robert Fico

- Diritti umani negli USA

- Puoi guardare la TV cinese o russa in Svizzera? Se è proibito, è una democrazia? In Serbia puoi guardare la TV ucraina, la TV russa, la TV cinese, ma anche la TV americana, la TV britannica, la TV svizzera, la TV francese, la TV tedesca, qualunque cosa tu voglia. Vučić

- Nazisti ucraini su Belgorod

- Sto litigando con le aziende italiane perché devo consegnare un sistema Samp T di difesa all’Ucraina e l’azienda italiana che deve sistemarlo ad agosto era chiusa per ferie, sabato e domenica non lavora e di sera non lavora. Crosetto

- La rimozione delle restrizioni sull’uso delle capacità contro l’esercito russo porterà presumibilmente a rafforzare l’autodifesa dell’Ucraina, a salvare vite umane, a ridurre la distruzione in Ucraina e a promuovere il mantenimento della pace. Borrel

- Gli approcci di Washington consentono all’Ucraina di effettuare contrattacchi come una sorta di “difesa” dagli attacchi russi provenienti dalle regioni di confine, tra cui Kursk e Sumy. Sabrina Singh

- Quando è iniziata la pandemia, in internet in tutto il mondo sono proliferati i virusologi. Dopo l’inizio dell’operazione militare speciale, è comparsa una marea di esperti e strateghi militari. E tra l’altro, spesso le due categorie coincidono. Alla ricerca di like, di visibilità, nella speranza di essere monetizzati, molti dimenticano la condizione principale in tempo di guerra: non chiacchierare invano.

- El perro del hortelano, Il cane sulla Senna.

- 1963, На безымянной высоте, in un avamposto senza nome.

August 30, 2024

Una notizia apparsa sui mezzi di informazione alla vigilia di Ferragosto, riportava – cito testualmente dallo ‘strillo’ – “L'accorato appello di Bruno Cergnul, vicesindaco di Pola, di riavere il busto di Dante apposto sulla facciata dell'Arsenale…” di Venezia.

Lo dico con franchezza, la notizia – ufficiale e riconducibile a una ‘accorata’ esternazione di un vicesindaco la cui origine è certamente italiana, e che in loco rappresenta proprio le sensibilità e le possibili istanze della minoranza Italiana di Pola – ha suscitato in me una certa curiosità ma anche sorpresa e meraviglia.      

Ammetto che – per rinfrescare la memoria - sono riandato indietro all’immediatezza di un dopoguerra più che sfortunato per le popolazioni Italiane di Nord-Est, e in particolar modo quelle di Istriani, Fiumani e Dalmati, ricche di amor patrio e di un forte radicamento alle tradizioni, ai ricordi, alle fatiche, spese per generazioni nel segno di una schietta italianità. Eh sì! Perché è impossibile non ricordare che proprio quelle terre – e come non ricordare anche le questioni e le tensioni legate alle nostre amate e italianissime città di Trento e Trieste – costituirono momento di vero e proprio cruento baratto tra gli Alleati vincitori della II° Guerra Mondiale e il tetro regime che in Jugoslavia era sottoposto a Josip Tito e ai suoi esecutori, qual era Milovan Dilas.   Come non ricordare la vera e propria persecuzione etnica che subirono pesantemente e drammaticamente gli Italiani che risiedevano in quelle terre, e i cui uomini avevano versato il loro sangue per l’Italia: come non ricordare il cruento, canagliesco, sterminio – il numero degli Italiani allora uccisi pecca tuttora per difetto - degli Italiani di tutte le età infoibati per mano di bande e militari Jugoslavi, uccisi sì per feroce odio etnico ma anche per derubare quella povera gente di terre, case e beni personali, costringendola all’esilio.  Bande cui si unirono, con pari efferatezza, anche miserabili, infami, Italiani: altrettanto violenti, ladri e sanguinari, che forti della forza delle armi e vantando spesso la loro dichiarata appartenenza a bande pseudo-partigiane, saccheggiavano, stupravano ferocemente, uccidevano senza pietà, anche consumando vendette per antiche invidie o rancori prescindendo così da altre motivazioni di tipo etnico e/o politico.                                                           

Nel rispolverare vecchi testi, ho ritrovato il Trattato Dini-Granic - “Trattato tra la Repubblica Italiana e la Repubblica di Croazia concernente i diritti delle Minoranze;  Zagabria, 5 novembre 1996” – che all’Art. 3 recita “Tenendo conto dei documenti internazionali rilevanti accennati nel preambolo, la Repubblica di Croazia, nell'ambito del suo territorio, si impegna ad accordare alla minoranza italiana l'uniformità di trattamento nel proprio ordinamento giuridico al più alto livello acquisito; questa unitarietà può essere acquisita attraverso l'estensione graduale del trattamento accordato alla minoranza italiana nella ex zona ‘b’ sul territorio della repubblica di Croazia tradizionalmente abitato dalla minoranza italiana e dai suoi membri”.         

Leggendone, mi è sorta una domanda: l’esternazione con toni ‘accorati’ di Bruno Cergnul, vicesindaco di Pola, intesa a ottenere in restituzione’ del busto di Dante, allora portato in Italia dai profughi e oggi collocato in una nicchia sulla facciata dell'Arsenale a Venezia, al pari di ogni azione della vita quotidiana, ha delle motivazioni: ma di quale tipo? Credo poco a una boutade personale: quindi, l’antico quesito cui prodest si pone, proprio per voler risalire alle pulsioni che possano aver mosso il vicesindaco Cergnul a formulare la particolare richiesta, fors’anche potenziale causa del possibile rinfocolarsi di polemiche e idonea a riaccendendo dolori mai sopiti.   

Lo ha fatto per motivazioni squisitamente di tipo ‘culturale’? Come “stava qui” e “qui“deve tornare? Voglia cortesemente chiarirlo.                                  

Lo ha fatto per motivazioni ideologiche, fors’anche di segno politico, personali e/o collettive? Anche in questo caso, voglia cortesemente chiarirlo.                                

Lo ha fatto per una motivazione di tipo sociale, o per captare la possibile benevolenza di una qualche ‘parte’? Sia cortese nel chiarirlo.

In ogni caso, di norma, per aderire a una qualsiasi richiesta, è buona norma verificarne lo spessore e le reali motivazioni che possano rendere il richiedente credibile e meritevole di attenzione, piuttosto che i contenuti della richiesta stessa; nel particolare, una tematica fatta di pesi e contrappesi: impossibili da ignorare.           

Proprio riandando all’Art.3 sopra menzionato è notorio – e il vicesindaco, proprio perché rappresentante in loco della minoranza italiana, non può non sapere - che proprio alcune parti essenziali dello stesso siano tuttora disattese, e non certo da parte Italiana.                                                                          

Ad esempio sono cadute nel vuoto le richieste di parte Italiana di dar luogo a una doppia toponomastica tanto negli atti istituzionali che nelle cartine; l’utilizzo anche della lingua Italiana nelle indicazioni descrittive dei luoghi di interesse turistico e naturalistico; l’applicazione della legge croata che stabilisce ‘Il diritto all’educazione e istruzione nella Lingua e nella scrittura delle minoranze nazionali nella Repubblica di Croazia’, come pure per quanto riguarda l’applicazione concreta delle ‘modello C’, ovverosia ‘l'insegnamento viene svolto in Lingua croata, ma un monte ore che può variare da due a cinque ore settimanali viene dedicato all'insegnamento della Lingua e della cultura della minoranza nazionale nello specifico Lingua e letteratura, geografia, storia, arte musicale, arte figurativa’, che – è di tutta evidenza - includa l’utilizzo e il rispetto della lingua italiana (cfr. Fiume 6-1-2017, comunicaz. della Unione Italiana dal titolo ‘Il diritto all’educazione e istruzione nella Lingua e nella scrittura delle minoranze nazionali nella Repubblica Croazia’; cfr. intervento 7-12-2016 del Presidente della ‘Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani Fiumani e Dalmati’, dr. Antonio Ballarin, nel corso delle cerimonie per la ‘Celebrazione dei 25 anni dell’Unione Italiana ed i 20 anni del Trattato tra la Repubblica Italiana e la Repubblica di Croazia concernente i diritti minoritari’).                                      

Quindi, parlando un linguaggio piano e rispettoso verso il vicesindaco, chiederei se sia per lui ‘normale’ o meno formulare richieste pretendendone attenzione e soddisfazione, mentre da controparte Croata molte e più serie inadempienze di Atti ufficiali, formali e istituzionali, restano irrisolte: nonostante il trascorrere del tempo.      

E ancora: se i profughi Italiani nell’abbandonare le loro case e le loro cose, ritennero di portare con sé ‘quel’ busto di Dante fu perché esso era testimonianza di cultura, patria e di libertà, Italiane: in esso fu anche riposto simbolicamente lo stesso affetto che si rivolge a un familiare, a un parente, trasmettendolo di mano in mano mettendolo così in salvo da mani diversamente degne. Proprio la raffigurazione di Dante Alighieri, tra i massimi rappresentanti della Cultura e della Storia Italiane, che non si poteva lasciare nelle mani di chi tale Storia, tale Cultura, tale respiro antico, non rispettava e anzi offendeva e combatteva aspramente.  E ritengo che queste considerazioni - proprio alla luce delle motivazioni relative alla perdurante e tenace inappliccazione di parte delle intese istituzionali tra Italia e Croazia – abbiano mantenuto la propria attualità.           

La stessa impossibilità si riverbera sul rilascio di una eventuale copia proprio di ‘quel’ busto di Dante. Dall’originale dovrebbe ricavarsi un calco da poter lavorare: ma il calco, a contatto con l’originale, ne trarrebbe un quid di immateriale ma esistente: un pezzo dello spirito di quella scultura, se vogliamo. Uno spirito meno peregrino di ciò che possa sembrare. La scultura in questione, così come ogni opera d’Arte, ha in sé la scintilla creativa dell’Artista che la concepì, e tale scintilla permea la scultura stessa.  L’Artista in questione fu lo scultore – ma anche pittore, deputato, Direttore e Professore presso il Regio Istituto di Belle Arti di Roma – Ettore Ferrari: lo stesso dalle cui mani capaci ebbe vita anche la Statua di Giordano Bruno, collocata tuttora a Campo de’ Fiori, a Roma.   Ferrari – i cui valori erano e sono ben noti, essendo stati improntati nel segno degli Ideali di Tolleranza, Libertà e Fraternità - realizzò per la Città di Pola, un busto dedicato a Dante Alighieri, dando così testimonianza e corpo ancorché simbolico ad alcuni celebri versi danteschi “Sì come a Pola presso del Quarnaro / Che Italia chiude e i suoi termini bagna.”. (cfr. Inferno, Canto IX, versi 113, 114).              

Certamente, anche l’Artista non avrebbe accettato né gradito – né lo farebbe ora - che la sua opera, con tutto ciò che in essa fosse ed è tuttora riposto e rappresentato, non fosse più nelle mani di coloro cui essa era stata solennemente destinata e quindi consegnata: autentici Italiani, dignitosi e di forte personalità, e non certo gente da ‘poco’.  Opera Italiana, di uno scultore Italiano, fatta per la comunità di Italiani residenti allora a Pola, rappresentante anche un Autore e una Cultura unicamente Italiani.    

Egregio vicesindaco, se permette un sommesso e rispettoso suggerimento; se proprio dovesse accontentarsi di un calco, ma non di ‘quel’ calco, non è meglio comprare un oggetto similare da qualche parte in uno dei negozi lì presenti? Potrà così dire ‘è mio’, è ‘nostro’, anche con enfasi: lo avrà acquistato con i suoi mezzi, e sarebbe veramente e totalmente ‘suo’. E se lo volesse potrà ancor più adoperarsi, con l'usuale vigore che le gocce di sangue Italiano che scorrono nelle sue vene certamente le danno, a far sì che proprio la minoranza italiana presente a Pola, possa lì godere appieno dei propri diritti.                                           

E ciò con buona pace di Dante Alighieri, di Ettore Ferrari e delle sensibilità, affatto irrilevanti, di quanti allora subirono offese e violenze inenarrabili, e che dovettero abbandonare terre, case e oggetti di famiglia, ma che non vollero abbandonare il loro simbolo di cultura e italianità, in territorio e in mani non italiane, fors’anche insanguinate.

 

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