L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.


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Kaleidoscope (1299)

Free Lance International Press

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February 12, 2023

 

Testo e regia di David Mastinu. Con Stefano Ambrogi, Nadia Rinaldi, Martina Zuccarello, Germana Cifani e Michele Capuano

costumi di Alessio Pinnella, scenografia di Cristian Carcione

 

Siamo nella periferia di Roma nei primi anni '50, a ridosso della Seconda Guerra Mondiale, le cui cicatrici sono ancora visibili sul territorio e sulla popolazione. Mentre comincia una lenta rinascita economica, nelle periferie il tempo sembra essersi fermato. Baracche in legno e lamiera ospitano famiglie numerose che, resti senza casa dopo i bombardamenti, cercano di tirare a campare come possono.

“Amara” è la storia amara di una di queste famiglie. Renato (Stefano Ambrogi) e Teresa (Nadia Rinaldi) sono marito e moglie, Maria (Martina Zuccarello) è una trovatella che Teresa cresce come una figlia, Rosetta (Germana Cifani) è un'amica della baraccopoli e Pierpaolo… Pierpaolo è il giovane Pasolini (Michele Capuano), che David Mastinu immagina di aggirarsi per queste periferie in cerca di ispirazione. Cenni delle sue opere si affacceranno durante il racconto e sono in ogni angolo della scena. Una bella idea.Soprattutto il confronto di Pierpaolo con le persone della borgata, che sottolinea il baratro sociale tra lo scrittore e questi sfortunati, ma che permette di far emergere la profondità d'animo dello scrittore nel volerli capire, dargli voce, come farà per esempio in “Ragazzi di vita”.

Renato è gretto, violento, un carnefice della sua famiglia, che sfoga su di loro tutte le sue frustrazioni; costringe la moglie Teresa a subire le sue angherie ea prostituirsi. Maria è una ragazza del sud, orfana di guerra, per di più menomata ad una gamba, adottata affettuosamente da Teresa. Tra le due c'è un forte sentimento, ben manifestato dalla sceneggiatura. Rosetta è l'immancabile e onnipresente “vicina di casa” (o forse è più corretto dire di baracca). In questa cruda realtà arriva Pierpaolo, persona colta che stona con l'ambiente e che col suo parlare forbito spesso non viene capito dalle tre donne, con le quali cerca di relazionarsi allo scopo di scrivere un libro.

Le tre donne, per uscire dalla loro amara realtà, hanno maturato un'idea, che però Renato, diffidente e malfidato, ha fiutato. Il padre padrone è poco propenso a farsi sfuggire le sue vittime: la moglie, unica fonte di reddito, e la figliastra, la sua servetta.

La storia è dura e cruda e così la sceneggiatura la propone, come quella che abbiamo visto rappresentata spesso nei film neorealisti con Fabrizi, Totò, Manfredi, Magnani e altri grandi nomi del primo dopo guerra. Le stesse baracche di quei film che ancora ricordo aver visto nella mia adolescenza; le ultime rimaste, per fortuna.

La scenografia è perfetta: il canneto vicino al fiume, lo stendino per i panni, la baracca, la gabbia con tanto di pollo vero, i pneumatici a mo' di sofà e le sedie sgangherate con il tavolo disadorno. Poi i costumi: fatiscenti, sudati, sporchi di unto e fango, che sprizzano degrado e povertà. Un ottimo lavoro di Alessio Pinnella e Cristian Carcione che restituiscono quello spaccato di vita, accompagnati da un ottimo inserimento delle luci e dall' efficace colonna sonora con qualche brano dell'epoca in sottofondo, in cui ho riconosciuto Gabriella Ferri.

La sceneggiatura di David Mastinu funziona, tocca, va nel profondo. Ci annichilisce proiettandoci in una realtà neanche troppo distante nel tempo dalla nostra e che involontariamente ci riporta a ciò che sta accadendo in Ucraina, come a sottolineare che purtroppo ci sarà sempre una realtà come questa. Un racconto duro, tremendo, fastidioso, ma che trova lo spazio anche per indurre delle risate di cuore, seppur con un retrogusto amaro. La naturalezza, la disinvoltura, la schietta e verace romanità dell'epoca dalla battuta pronta, ci fanno dimenticare a tratti questa storia, grazie a sagaci, divertenti ed argute battute . Poi la storia ci risprofonda inevitabilmente nella vita degradata delle favelas capitoline. Finito di ridere, infatti, si ha l'impressione di rimanere ancora di più invischiati in quel fango, che sembra cementarci, bloccarci,

Gli attori? Magnifici! Stefano a tratti spaventa, sembra che la sua rabbia non si affievolisca maltrattando le donne. Pare voler scendere dal palco per venire a sbatacchiare ognuno di noi. È arrabbiato con tutto il mondo, con la vita, con il destino, forse anche con se stesso. È vittima delle circostanze, della sfortuna, della società; ma preferisce essere carnefice degli altri, vomitare la sua frustrazione sulle persone che dovrebbero amare invece di farsele alleate per tentare di uscire da questo circolo vizioso; ma forse è troppo vigliacco o pigro per farlo. Stefano è perfetto: la fisicità, le movenze, la voce profonda e dura, il dialetto fanno sì che risultano antipatico dal primo momento, ma avrà teatralmente il suo momento di gloria quando tutta la sofferenza per questa vita verrà palesata attraverso uno sfogo davvero toccante e profondo. Si arriva a capirlo nell'intimo, ma ne ha fatte davvero troppe per poterlo scagionare alla nostra coscienza. Non può non far tornare in mente Nino Manfredi in “Brutti sporchi e cattivi', in versione forse anche più cattiva.

Teresa è la vittima predestinata, il capo espiatorio su cui si riversa tutta la frustrazione dell'uomo. Come anche Nadia, una stupenda disgraziata romana, la “Lupa” che forse dà a Teresa la forza di resistere alle vessazioni del marito. Tutta la sofferenza si legge non solo nelle parole, ma negli occhi di quest'attrice, perfetta nella sua interpretazione che non può far ritornare alla mente Anna Magnani. I suoi sentimenti, le sue paure, le violenze patite, ogni gesto, ogni sguardo ci fanno soffrire e capire. È davvero una bella e stupenda rappresentazione di una tipica donna romana dal cuore grande, ma anche dal grande fardello di scelte sbagliate portate sulle spalle.

Martina è dolcissima in questa parte. Claudicante, si muove indossando una calza su è una giù; ottimamente assorbita dal personaggio, con naturalezza ci appare brutta, sciatta, ignorante facendo uso di smorfie enfatizzate che le distorcono il viso trasformandola in una riuscita immagine caricaturale dell'ignoranza e del suo disagio interno, pur lasciando trasparire nei suoi modi una fievole speranza. Davvero bravo. In realtà Martina è una ragazza dolcissima e molto carina. Una grande trasformazione, la sua. Lei è la rappresentazione di un'adolescenza abortita, amputata, sbattuta in quel fango e in quel lezzo, mentre cerca di sopravvivere al suo crudele destino. Unica fortuna riservatale dal fato è quella di aver trovato un' affettuosa e brava seconda madre in Teresa, che con tutti i suoi limiti cerca di darle un futuro. Quando racconta la storia della sua vita diventa ancora più struggente, colpisce il pubblico con le sue parole, ma soprattutto con l'empatia che riesce a trasmettere lasciando davvero senza parole. Personalmente sono rimasto con il groppo in gola…

Germana e l'altra tipica romana, la vicina di casa a cui si può confidare tutto e che ti viene sempre in aiuto. La persona sulla quale puoi sempre contare, un peperino, divertente e schietta, anche lei in questa situazione di disagio, ma sicuramente più fortunata di Teresa perché almeno ha un marito migliore. Ci riserverà un colpo di scena finale inaspettato della sceneggiatura che farà molto riflettere. Germana, dà vita ad un bel personaggio, schietto e vero; anche lei una donna di cuore, che si trovò suo malgrado a fare una scelta crudele, scelta che con molta probabilità va contro il suo carattere o quell'etica che nella sua ignoranza ha comunque sviluppato.

Michele invece è nei panni di un giovane e timido Pierpaolo, così come lo vede David. Colto, attento, ma ancora acerbo in cerca della sua stagione per sbocciare. Mi piace l'idea che David ha voluto osare di Pasolini e che Michele ha saputo capire e ben interpretare. Dà un bel taglio al suo Pasolini; entra quasi in punta di piedi in questa realtà, timoroso, fortemente rispettoso, spontaneo, premuroso e disponibile verso queste persone.

Credo che Davide abbia fatto un ottimo lavoro di sceneggiatura e di regia. Credo che il cast sia perfetto, che i quattro baraccati rendano davvero l'idea di quella realtà triste. Significativi i risvolti umani e molto realistici che la sceneggiatura e gli attori manifestano, veri gli stati d'animo che portano a galla i desideri più reconditi, le paure, le confidenze reciproche, le crisi di rabbia, di violenza. Riuscitissimi i momenti di comicità, ben inseriti nel contesto drammatico. Il tutto è dannatamente realistico e alcuni passaggi sono veramente eccezionali per la loro forza e asprezza. Io, come il pubblico, sono rimasto colpito nel profondo da questa storia e dalla poesia con cui è stata presentata.

Bello spettacolo, bella storia, intense emozioni, bravissimi attori.

 A Milano (Palazzo Reale) una Mostra di rara bellezza

 

Della vita di Hieronymus (o Jheronimus) van Aeken, meglio noto con lo pseudonimo di Hieronymus Bosch, sappiamo pochissimo, quasi nulla. E anche le opere a lui attribuite non sono certo numerose. Inoltre, cosa fondamentale, un mistero immensamente più fitto e impenetrabile di quello biografico avvolge la sua formazione culturale e la sua produzione artistica, facendolo risultare, senza alcun dubbio, come il pittore più enigmatico e impenetrabile dell'intera storia dell'arte occidentale.

Eppure, ben pochi altri artisti sono tanto presenti nell'immaginario collettivo, anche per quanto concerne gli individui meno culturalmente attrezzati e interessati al mondo delle Belle arti.

Ma perché l'arcano pittore fiammingo riuscirebbe a colpire tutti noi con tanta efficacia?

  • Ci innamoriamo forse della sua vulcanica capacità di concepire esseri e mondi fantastici, combinando e ricombinando le infinite pietruzze del mosaico della Vita?
  • Ci facciamo forse ipnotizzare dal suo inesausto giocare con i regni di questo mondo, nel tentativo di costruire innumerevoli altri mondi, formicolanti di bizzarre creature?
  • Ci lasciamo forse stregare dal sentimento di stupore che ci invade fin nelle vene, sbigottiti e increduli quanto basiti e inquieti?
  • Ci lasciamo forse abbracciare dalla sua torrentizia irruenza demiurgica capace di abbattere e cancellare ogni confine fra reale ed irreale?

 

Un po' tutto questo, credo … e tanto tanto altro ancora.

Ma se è indiscutibile il fatto che la pittura di Hieronymus riesca a conquistarci in maniera del tutto indipendente dalla nostra capacità di comprendere e decodificare, riuscendo ad entrare in contatto con le nostre più impalpabili sfere pre-razionali, sub o sovra-razionali, è impossibile pensare che la sarabanda pirotecnica delle sue suggestive fantasticherie non scaturisca da una considerevole profondità di riflessione filosofica e di ricerca spirituale (gnostica? magico-alchemica? mistica ed esoterica? libertina e iconoclasta?).

 

Bosch non è soltanto, infatti, un disinibito incantatore, uno spregiudicato giocoliere, un prestigiatore dell'assurdo.

Bosch è, oltre che pittore tecnicamente raffinato e illimitatamente creativo, un attentissimo osservatore del suo mondo, dei vortici di follia dei suoi tempi, delle aberrazioni morali della sua società, nonché, soprattutto, critico indignato e severo delle ingiustizie, ingiurie e ipocrisie che, avvelenando l'animo dei gruppi di potere (civili e religiosi), condannano i popoli ad una esistenza di dolori, di stenti ed orrori.

Ritengo, pertanto, molto saggio e illuminante quanto scritto da Wilhem Fraenger, nel sostenere che l'" errore capitale " a lungo commesso dalla critica sia stato

 “ quello di interpretare tutti i simboli oscuri di Bosch come altrettante “diavolerie”. Un nugolo di parafrasi cieche e di interpretazioni arbitrarie si è abbattuto sull'oracolo muto ed ha annegato nella confusione il suo linguaggio criptico. Poiché le metafore ei geroglifici di Bosch sono sempre apparsi incomprensibili al critico, questi li ha definiti irrazionali e non vi ha visto che dei sogni, delle allucinazioni e delle chimere, delle ossessioni suscitate da un terrore medievale del mondo e dell'Inferno .

(W. Fraenger, Il Regno Millenario di Hieronymus Bosch , Guanda, Milano 1980, p.27)

Le sue inarrivabili architetture simboliche, pertanto, sono tutt'altro (e immensamente di più) che scurrili e grotteschi “ fantasmi di un sognatore esaltato e irresponsabile ” (ivi, p.19).

Tutta l'opera boschiana, infatti, è attraversata da una travolgente furia smascheratrice delle iniquità perverse e pervertitrici del suo tempo, un tempo in cui, per usare le parole di un altro gigante a lui contemporaneo, “ la frenesia del guadagno è arrivata al punto che non c'è più cosa al mondo, né sacra né profana, che non sia stata trasformata in una fonte di reddito ” (Erasmo, Adagia , Einaudi, Torino 1980, p. 31), e “ i ceti più umili si vedono defraudati del necessario, tutta una serie di decime e di contributi viene a rosicare morso a morso il pane del povero ” (p. 33).

Un tempo in cui a trionfare sono la menzogna, la falsità e l'inganno. Un tempo in cui, sempre nelle parole di Erasmo da Rotterdam, “ Non c'è povero più diseredato di coloro che la folla venera come ricchi. Non c'è vescovo più alieno dall'ufficio episcopale di quelli che, fra i vescovi, vanno per la maggiore (…). E che dire di quelli che, per titolo, abito e cerimonie pretendono di rappresentare la perfezione in fatto di religione? Magari non fosse vero che, anche loro, dalla religione vera sono lontanissimi . (ivi, p.72)

Già, la “ religione vera ”…

Forse, è soprattutto di questo (o, addirittura, soltanto di questo!) che la pittura boschiana martellantemente vuole parlarci, vomitando rabbia e disgusto verso le vanitose lordure di una società inautentica, in cui, strappando la maschera agli individui che affollano la ribalta del potere,

 “ Troverai dentro a questo un maiale, dentro a quello un leone, dentro a quell'altro un orso o, forse, un asino. ” (ivi, p. 79)

Già, la “ religione vera ” restituita al suo candore primigenio, alla sua catartica potenza taumaturgica, in grado di restituire luminosa innocenza al genere umano, in grado di far risorgere nel cuore di tutti gli esseri una gioia di vivere affratellante, capace di abbattere tutti i confini moralistici e cerebrali, immergendo tutto e tutti nel sereno godimento di un Eros sacro e profano insieme, nella danza giocosa di un Divino non più lontano o minaccioso, ma pulsante in tutto il respirare e il palpitare della Natura.

 

            Per tutti coloro che desiderano immergersi nell'universo pluridimensionale dell'artista olandese, la città di Milano, sempre prodiga di iniziative eccellenti, offre (fino al 12 marzo) una mostra di straordinaria bellezza:  BOSCH E UN ALTRO RINASCIMENTO .*

L'Esposizione, curata con raffinata intelligenza da Bernard Aikema (già professore di Storia dell'Arte Moderna presso l'Università di Verona), da Fernando Checa Cremades (professore di Storia dell'Arte all'Università Complutense di Madrid e già direttore del Museo del Prado) e da  Claudio Salsi (direttore Castello Sforzesco, Musei Archeologici e Musei Storici e docente di storia dell'incisione presso l'Università Cattolica di Milano), permette di assaporare   alcuni dei più celebri capolavori di Bosch, accompagnati da numerose opere derivate da soggetti del Maestro fiammingo.

Non quindi una monografica di tipo convenzionale, ma una suggestiva esposizione che getta un prezioso fascio di luce su aspetti meno noti (ma affascinantissimi) della cultura rinascimentale e che, soprattutto, offre al nostro sguardo avido e stupefatto, opere di Bosch di bellezza abissale, come il Trittico delle Tentazioni di Sant'Antonio , il Trittico del Giudizio Finale e il Trittico degli Eremiti .

 

Al di là di ogni ambiziosa quanto ipotetica speranza di apprendimento, comprensione e interpretazione, un'unica granitica certezza:

 dopo esserci lasciati permeare da un disorientante effetto di inebriante stordimento psico-sensoriale, ci porteremo via mille interrogativi, infiniti dubbi e un insondabile desiderio di conoscenza.

 

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*https://www.palazzorealemilano.it/mostre/e-un-altro-rinascimento

Informazioni e prenotazioni

Infoline 02 54912
palazzorealemilano.it
mostrabosch.it

 

 Prima Nazionale il 26 febbraio a San Vito Romano a Teatro Caesar (Rm)
"Cose di ogni giorno" di David Norisco
 con Denny Mendez e Francesco Branchetti





Il 26 febbraio al Teatro Caesar a San Vito Romano, si terrà l'attesissima prima di uno spettacolo che descriverà la storia di tante famiglie borghesi, dove il tutto verrà sconvolto dalla separazione di una figlia, dall'inattesa rivelazione dell'altro figlio e dai comportamenti di una cameriera "affettuosa" che peggiorerà la situazione già in bilico. Tutto si distingue in un primo tempo in modo angosciante, i fatti hanno sicuramente travolto la routine della famiglia ma...
Là dove esiste l'amore, l'affetto, l'apertura e la lealtà, è possibile ricomporre qualsiasi situazione perché non vi è diversità alcuna se c'è comprensione, ascolto e soprattutto l'amore.

Certo vi è curiosità e attesa per questo nuovo lavoro. Chiediamo direttamente al regista Francesco Branchetti che nello spettacolo sarà anche il protagonista principale-


D- Francesco sei in giro in lungo e in largo per l'Italia portando bellissimi spettacoli di successo e adesso sta per uscire da questo ultimo lavoro. Vuoi parlarcene più ampiamente?


R-In una bella casa con domestica a tempo pieno, vive una famiglia ben organizzata, sorretta da due genitori giovani, attenti e amorosi, hanno una figlia sposata e un figlio laureato.In questo mondo organizza borghese qualcosa si inceppa, niente di eccezionale, ma come tutte le situazioni le diverse fa saltare l'equilibrio quotidiano. Naturalmente sarà la madre, che è l'elemento affettivamente più fragile, a gestire con spirito aperto la paventata separazione della figlia e l'inattesa confessione del figlio. Il Padre, commerciante di successo, vive le situazioni con la foga canina di chi sente tremare la terra sotto i piedi della propria famiglia.

Lo scorrere della vita familiare non distrugge, ma trasforma i rapporti ben organizzati in rapporti più scoperti dove ognuno ritrova la sua dimensione vera ricomponendo così il nucleo sorretto dall'affetto di sempre. Se ci fosse una morale direi che niente è come noi la vediamo e vogliamo, ogni persona o situazione ha delle diversità che l'affetto e l'amore costruttivo possono benissimo ricomporre.

D- Puoi anticiparci alcune date dove chi non potrà essere presente a San Vito Romano verrà comunque a vedervi?

R- Cose di ogni giorno sarà il scena nelle maggiori città italiane a Firenze alle Laudi sarà in scena a Torino al teatro Cardinal Massaia poi a Genova a Roma e in moltissime altre città italiane dalla Calabria al Piemonte alla Sicilia.


D- Vuoi raccontarci come nascono i tuoi spettacoli e in particolar modo perché la scelta di "Cose di ogni giorno"? Cosa ti piacerebbe che la gente "leggesse" in questi due atti che porterai in scena fin dal 26 febbraio?

R- è un testo molto bello ed emozionante e se ci fosse una morale direi che niente è come noi la vediamo e vogliamo, ogni persona o situazione ha delle diversità che l'affetto e l'amore costruttivo possono benissimo ricomporre soprattutto nella famiglia, tema centrale nel nostro spettacolo.

D- Hai sempre avuto accanto bravissime attrici che ho avuto il piacere d'incontrare ai tuoi spettacoli, donne del calibro di Corinne Clery, Nathaly Caldonazzo, Barbara De Rossi, Matilde Brandi e adesso la bellissima Denny Mendez.



R- Con Barbara De Rossi la collaborazione è durata molti anni e non posso che esserne grato per i magnifici spettacoli che abbiamo fatto insieme con Natalie la collaborazione è tutt'ora in corso stiamo portando il scena Sunshine nei maggiori teatri italiani e con Matilde abbiamo appena debuttato felicemente con un commedia molto divertente con Denny stiamo provando Cose di ogni giorno di David Norisco che debutterà' il 26 febbraio appunto a San Vito Romano in prima nazionale.

D- Francesco tu hai un curriculum di tutto rispetto.
Tantissimi e meritati premi a tuo nome, hai interpretato come attore sceneggiato, film, fiction di successo, hai curato la regia di vari spettacoli con grandi nomi, hai diretto intere stagioni teatrali e di spettacoli.Il covid per un po' ti ha tappato le ali ma adesso spicchi voli altissimi con fortunati e indovinati spettacoli.
A quale sei più emotivamente catturato? perché?

R Sono legato emotivamente a tutti gli spettacoli soprattutto a quelli su cui sto lavorando attualmente per cui "Cose di ogni giorno" è senz'altro in questo momento la mia magnifica ossessione.

D-Eccomi come sempre alla domanda "neutra" dove lascio libero arbitrio e spazio per la divulgazione artistica.
Francesco, se hai qualcosa da comunicare a chi ti legge, questo è il tuo spazio.

R- Beh la mia speranza e ciò che mi auguro è che in un momento così difficile per la cultura e per il teatro italiano possa prevalere la positività della volontà e dell'impegno alla negatività che spesso avvolge e travolge tutto ciò che incontra.


E con questo bellissimo augurio ricco di speranza e di luce verso il bello, saluto Francesco Branchetti a cui invio la migliore energia per i suoi bellissimi lavori!

 

"Cose di ogni giorno" Di David Noriso - Regia di Francesco Branchetti
Prima al teatro Caesar a San Vito Romano il 26- febbraio 2023


Attori: Francesco Branchetti, Denny Mendez
 con Isabella Giannone e José De La Paz
 Costumi di Clara Surro
Scene di Andrea Franculli
Musiche a cura di Pino Cangialosi

In occasione della giornata contro la violenza di genere organizzata dall'Istituto San Gallicano di Roma una conferenza Internazionale per combattere il dramma delle mutilazioni genitali femminili.

 

Le mutilazioni genitali femminili (MGF) si riferiscono a tutte le procedure che comportano la rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni o altre lesioni agli organi genitali femminili per motivi culturali o di altro tipo non medico.

Dal 2012 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha designato il 6 febbraio come Giornata Internazionale della tolleranza zero per le Mutilazioni Genitali Femminili (MGF), al fine di intensificare l'azione globale contro questa violazione dei diritti di donne e ragazze. Il tema delle MGF investe ambiti a maglie strette intorno all'individuo e richiama un'attenzione multidisciplinare, di tipo sanitario, socioantropologico, giuridico ed etico.

Nessuna religione promuove la pratica delle MGF. Tuttavia, più della metà delle ragazze e delle donne, in quattro paesi su 14 in cui sono disponibili i dati, vedono le MGF come un requisito religioso. La MGF spesso purtroppo è percepita come collegata all'IsIam, forse perché è praticata da molti gruppi musulmani, ma non tutti i gruppi islamici praticano la MGF, e molti gruppi non islamici la eseguono, tra cui alcuni cristiani, ebrei etiopi e seguaci di alcuni religioni tradizionali africane.

 
 

Le MGF sono quindi più una pratica culturale piuttosto che religiosa. In effetti, molti leader religiosi lo hanno denunciato.

Il Novecento è stato il secolo in cui il concetto di salute ha delineato un valore universalmente inteso ed ha esteso le aree di intervento nei paesi sia a Nord che a Sud del mondo. Purtroppo gli sforzi delle comunità internazionali risultano essere ancora insufficienti se confrontati con il fenomeno delle MGF. Oltre 250 milioni di donne e bambine, infatti, hanno subito una forma di MGF e ogni anno, 4 milioni di bambine nel mondo, rischiano di essere sottoposte a questa "pratica tradizionale". Eseguito in oltre 30 paesi di Africa e Medio Oriente, il fenomeno interessa anche donne immigrate che vivono in Europa occidentale, Nord America, Australia e Nuova Zelanda. Abolire le MGF è uno degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell'OMS per il 2030.

Oltre la metà delle ragazze che ha subito una forma di MGF non ha compiuto ancora cinque anni di vita, mentre sarebbero almeno 4 milioni le bambine e adolescenti ad averle subite entro i 14 anni. In questa fascia di età la disparità maggiore è stata riscontrata in Gambia, con il 56 per cento, in Mauritania con il 54 per cento e in Indonesia, dove circa la metà delle bambine fino a undici anni avrebbe subito una delle diverse forme di mutilazione. I Paesi con la più alta prevalenza tra le ragazze e le donne tra i 15 ei 49 anni sono Somalia (98 per cento), Guinea (97 per cento) e Gibuti (93 per cento). Occorre rimarcare che  si tratta di una vera e propria violenza sulle bambine, un problema globale dei diritti umani che colpisce le ragazze e le donne in ogni regione del mondo e che non si può più pensare che venga confinato in un determinato paese, visto anche l'enorme 

        video dell'intervento del prof. Aldo Morrone

aumento dei fenomeni migratori a livello globale.

Anziché diminuire con il tempo, queste pratiche sembrano diventare ancora più diffuse, anche in Paesi dove prima erano apparentemente sconosciute. Secondo il Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta, (CDC) persino negli Stati Uniti il ​​numero degli interventi è addirittura triplicato negli ultimi anni, a causa dell'incremento del fenomeno migratorio.
Per comprendere, invece, quanto le MGF siano diffuse in Europa basta guardare al numero delle donne che chiedono asilo provenienti da Paesi a forte tradizione escissoria. Nel 2008 erano 18.110, nel 2013 hanno superato le 25mila, oggi sono oltre 36mila.
In Italia, si stima che nel 2020 siano almeno 88 mila le donne che abbiano subito una delle diverse forme di MGF nel loro Paese di origine di MGF. Stando a questi dati, anch'essi comunque considerati inattendibili, stando la clandestinità in cui viene eseguita questa pratica, il nostro paese sarebbe al quarto posto in Europa, come numero di vittime delle MGF.

Questi alcuni Target dell'obiettivo 5 dell'Agenda ONU 2030 in merito:

1) Porre fine a ogni forma di discriminazione nei confronti di tutte le donne, bambine e ragazze in ogni parte del mondo

2) Eliminare ogni forma di violenza contro tutte le donne, bambine e ragazze nella sfera pubblica e privata, incluso il traffico a fini di prostituzione, lo sfruttamento sessuale e altri tipi di sfruttamento

3)Eliminare tutte le pratiche nocive, come il matrimonio delle bambine, forzato e combinato, e le mutilazioni dei genitali femminili

4) Garantire alle donne la piena ed effettiva partecipazione e pari opportunità di leadership a tutti i livelli del processo decisionale nella vita politica, economica e pubblica

5) Garantire l'accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva e ai diritti riproduttivi.

L'Istituto San Gallicano di Roma da oltre 30 anni è presente nei principali Paesi Africani, in particolare nel Corno d'Africa, nell'Africa Sub-Sahariana e nel Medio Oriente con iniziative volte all'accoglienza, all'ascolto delle donne e delle bambine, con la realizzazione di campagne di sensibilizzazione volte a dissuadere le donne a far praticare le MGF alle bambine, coinvolgendole in attività di tutela della salute. Inoltre numerose iniziative sono state messe in atto per facilitare l'accesso alle scuole per le bambine. Sono stati realizzati numerosi centri per la tutela della salute materno-infantile sia in aree urbane, ma soprattutto in regioni rurali remote.

Non di meno l'istituto ha sempre operato per porre fine alla pratica delle MGF anche attraverso la formazione di personale socio-sanitario e scolastico in vari Paesi a forte tradizione escissoria, in particolare in Africa e in Medio Oriente dove l'impegno costante e strutturale ha portato , in molti casi, all'approvazione di leggi che proibiscono la pratica delle MGF. "La nostra capacità di accoglienza e sensibilizzazione, di cura e assistenza, è proseguita anche durante la pandemia" afferma il Direttore Scientifico Istituto San Gallicano (IRCCS) di Roma, il professor Aldo Morrone.

Per il professore durante il lockdown  le mutilazioni sono aumentate. Sempre più donne e bambine rischiano di subire una MGF perché, negli ultimi tre anni, le scarse risorse sanitarie destinate alla prevenzione e al contrasto di questa pratica sono state dirottate sulla pandemia da COVID-19, inoltre la chiusura dei servizi socio-sanitari e scolastici insieme al confinamento a casa, come misura di contrasto alla diffusione del SARS-CoV-2, ha provocato almeno un milione in più di bambine vittime di MGF. La pandemia da COVID-19 ha squarciato il velo delle ipocrisie sulle disuguaglianze e le iniquità in tema di salute e ha determinato una battuta d'arresto ai risultati significativi ottenuti a livello globale per contrastare le MGF. La pandemia da Covid-19, ha determinato anche un peggioramento clinico ed epidemiologico di tutte le altre malattie trascurate come l'AIDS, la Malaria e la Tubercolosi.

 

Le conseguenze delle MGF sulla salute psichica, sessuale e fisica delle donne mutilate sono molteplici e spesso particolarmente gravi. Tra quelle immediate di più frequenti riscontro possiamo includere la morte, le emorragie, le infezioni sovrapposte sino alla setticemia, la ritenzione urinaria acuta e lo shock emorragico e, tra quelle tardive, vanno sottolineate le difficoltà di guarigione delle ferite, ascessi, cheloidi, le fistole vescico-vaginali, stenosi dell'orifizio vaginale e complicanze del parto. I problemi legati alla gravidanza e al parto possono essere molto gravi. È stata segnalata con sempre maggiore evidenza l'infezione da HIV da Chlamydia, Gonorrea, e Papillomavirus umano (HPV).

Le MGF rappresentano un potenziale fattore di rischio per l'infezione da HPV. Le donne sottoposte a MGF, infatti, presentano prevalenze di infezione da HPV fino a quattro volte più elevate rispetto alle donne non mutilate. Il ruolo causale dell'HPV nello sviluppo del carcinoma della cervice uterina rende le donne sottoposte a MGF a maggior rischio di tumore del collo dell'utero.

Oggi in Italia la Legge 9 gennaio 2006, n. 7, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 14 del 18 gennaio 2006, recante "Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazioni genitali femminili", prevede il divieto di praticare le MGF, considerandole un grave reato. La legge però non ha più ricevuto fondi per consentire l'avvio di campagne di sensibilizzazione e di dissuasione della pratica delle MGF. Una stima approssimativa delle donne che hanno subito una delle forme di MGF nei loro Paesi di origine, e che vivono in Italia, indicherebbe una cifra intorno a 88 mila donne di cui oltre 7 mila minorenni.

La Commissione Europea stimava a febbraio 2022 che, almeno in 13 paesi europei di questa, come minimo 180.000 bambine continuino a essere a rischio di mutilazione, mentre 600.000 donne convivono con le conseguenze delle MGF in Europa.

La domanda a cui dobbiamo porci è: si riuscirà davvero ad eradicare le MGF? Per rispondere a ciò l'Istituto San Gallicano, guidato dal professor Morrone, ha organizzato il 6 di febbraio scorso a Roma, presso il Ministero della Salute, un congresso internazionale contro la violenza di genere dal titolo “Mutilazioni Genitali Femminili – Restituire Dignità e Salute alle Donne tra Nord e Sud del Mondo”. Ne hanno discusso studiosi, rappresentanti politici e istituzionali, della società civile e del volontariato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

February 05, 2023

 

Bene la prima!

Nelle premesse, di solito, essere partecipe ad un “nuovo evento”  è sempre emozionante, appassionante, entusiasmante. In questo caso invece, la mia presenza in quel di Firenze, è stata mossa da curiosità.

 

Quella del ficcanaso, alla ricerca (leggere constatazione) di uno scoop per sottolineare  “ancora una volta” l’ennesimo tentativo di scissione campanilistica. Non è stato così!

Dai primi approcci con i produttori ho recepito, capito i loro intenti: “Esistiamo anche noi, da sempre i portabandiera della specificità del Chianti Colli Fiorentini (diverso dalle altre realtà), del Vino di Firenze (storicamente esistente da lunghissimo tempo)”.

Una giornata intera passata insieme a loro per approfondirne la conoscenza. E le occasioni di questi  incontri hanno fatto emergere specificità nascoste, sconosciute ai più.

Nessun scoop; una scoperta ricca di fascino e attrazione tanto da farmi annotare nel fedele ed inseparabile moleskine,  i nomi delle realtà da dover visitare nel tempo per andare a calpestare le vigne e capire i micro-terroir esistenti, differenti, che sappiano dare le risposte concrete a quanto assaggiato in quella sala di Palazzo Vecchio.

Niente è stato lasciato al caso in questa “prima”. A partire dalla scelta della location.

Il Vino di Firenze dove presentarlo se non nel luogo maggiormente rappresentativo della Città di Firenze agli “occhi” del mondo?

In una sala di Palazzo Vecchio, sotto le volte della storica e suggestiva Sala d’Arme.

Le premesse perché questo evento rappresenti  l’inizio di un nuovo corso, ci sono state tutte. Adesso è il momento di mettere in cantiere idee, programmi e continuare sulla strada appena intrapresa; è il territorio che lo chiede.

Certaldo, Montespertoli, Montelupo Fiorentino, Lastra a Signa, Scandicci, San Casciano in Val di Pesa, Impruneta, Bagno a Ripoli. Tutti Comuni rappresentati che “sanno di vino”.

Per adesso 18 aziende partecipano a questo progetto il Vino di Firenze.

Qualche collega presente le ha definite “poche nel rappresentare  un così vasto territorio”.

NO- ho risposto convinto.

“Consideriamole pionieristiche” ed allora il numero è sufficiente per assumersi la responsabilità di ricoprire il ruolo di “apri pista”.

Urano Cupisti

January 29, 2023

300 mila api protette e 300 milioni di fiori impollinati al centro del nuovo progetto sostenibile del Consorzio della Finocchiona IGP.

 

 

L'amore per la natura non può essere solo un argomento romantico, scaturito davanti ad un bel tramonto. Bisogna concretizzare questo sentimento: cosa c'entra la Finocchiona con le api? Scopriamo questo strano sodalizio.

Da sempre il Consorzio della Finocchiona IGP si dedica alla tutela della tradizione e alla qualità del prodotto. Questo salume, noto anche come la Regina dei salumi toscani ha un disciplinare molto rigido che detta le regole per avere un prodotto eccellente: la scelta e la provenienza delle carni, le pezzature dei salumi, la conservazione, gli ingredienti ed i metodi di produzione vengono normati dettagliatamente e solo chi aderisce al Consorzio e rispetta queste regole può utilizzare il marchio “Finocchiona IGP”.

L'origine della Finocchiona risale al Medioevo, quando i norcini scelsero di sostituire il costoso pepe nero con i semi ei fiori del finocchietto selvatico, che nasce spontaneamente nelle dolci colline toscane. Si racconta che Niccolò Machiavelli fosse un grande estimatore di questo salume, tanto da non farlo mai mancare sulla sua tavola. Piaceva molto ai nobili che la consideravano una prelibatezza, ma anche gli osti la servivano perché il suo profumo intenso di finocchio riusciva a camuffare i vini di pessima qualità... infinocchiavano i clienti! 

Mangiare una fetta di Finocchiona, ti porta la mente ai borghi toscani, alle tradizioni contadine ea scorci di paesaggi leonardeschi. Dei cinque ingredienti necessari per la Finocchiona IGP uno ovviamente è il finocchietto di cui si utilizzano i semi ei fiori. Proprio da questo ingrediente è partito il progetto “Adotta un alveare” in collaborazione con la società 3BEE per la tutela delle api impollinatrici del  finocchietto selvatico. 

Hai presente quei bei campi di fiori gialli che si vedono d'estate? Cosa sarebbero quei campi senza l'impollinazione delle api? Va da sé che la Finocchiona non sarebbe più tale senza l'aroma di questa pianta.

Da questo piccolo fiore è nato questo progetto che ha messo in contatto il Consorzio della finocchiona, con i ragazzi della 3BEE che hanno sviluppato dei sistemi intelligenti di monitoraggio e di diagnostica per la salute delle api. Attraverso un QR code, è possibile collegarsi al proprio alveare e verificare come stanno le api e intervenire tempestivamente. Con questo sistema si è riusciti a proteggere 300 mila api e impollinare 300 milioni di fiori.

Questi piccoli insetti sono, inoltre, un anello fondamentale dell'intera catena alimentare. Grazie al loro instancabile lavoro, le api sono responsabili di circa l'80% del cibo che mangiamo tutti i giorni.

“La Finocchiona IGP nasce dallo stretto legame con il territorio ed i suoi frutti. Il Consorzio vuole fare in modo di tutelare la biodiversità ed il territorio: questo bellissimo progetto vuole proteggere l'ambiente e aiutare l'impollinazione naturale grazie alle api bottinatrici delle casette” - afferma il Presidente del Consorzio di Tutela della Finocchiona IGP, Alessandro Iacomoni. “Con questa iniziativa, che ripetiamo per il secondo anno consecutivo, vogliamo osare valore aggiunto al territorio in termini di mantenimento della biodiversità e preservazione dell'ambiente. Un approccio rispettoso delle terre in cui viene prodotta la Finocchiona IGP, dove anche il territorio diventa parte integrante della ricetta della produzione.Infatti, questa nasce secoli fa dalla conoscenza di questi territori.  

Nel corso degli anni, a causa di inquinamento e uso di pesticidi, il numero di api presenti sul territorio si è drasticamente ridotto, causando notevoli scompensi per tutto l'ecosistema e per il comparto agricolo di zona: un alveare mediamente ha circa 70.000 api mellifere e un'ape visita 700 fiori in media al giorno, per cui un alveare con 20.000 api visita 14 milioni di fiori al giorno e per produrre 1kg di miele, devono essere percorsi circa 150.000 chilometri. Il raggio di raccolta di un'ape è di circa 3 km, ma se trova “cibo” più vicino rimane nella zona.

Ma ovviamente trattandosi di Finocchiona IGP, prodotto molto apprezzato, il Consorzio non poteva  tralasciare l'aspetto più squisitamente gastronomico. Il miele che verrà ricavato dalle api tra aprile e giugno  , infatti, sarà utilizzato anche dall'Unione Regionale Cuochi Toscani (URCT) per mettere a punto una raccolta di ricette innovative in grado di abbinare il gusto inconfondibile della Finocchiona con le note del miele. 

“Io e un gruppo selezionato di colleghi come Lorenzo Pisini, Giampiero Cesarini e il pizzaiolo Tommaso Vatti  siamo stati coinvolti dal nostro Presidente Roberto Lodovichi nella creazione di questo ricettario - afferma  Maria Probst, una stella Michelin, chef dell'Osteria di Torre a Cona – Sono davvero orgogliosa di essere una delle ambasciatrici di questo progetto, perché ritengo sia fondamentale sensibilizzare il pubblico su queste tematiche. Dal lato gastronomico, per quanto riguarda l'abbinamento, il dolce e salato sono estremamente complici e, nelle giuste dosi la Finocchiona e il miele, danno vita ad un connubio equilibrato e divertente al palato.” 

Il progetto del Consorzio di Tutela della Finocchiona IGP è in sintonia con l'ultima direttiva del MITE – Ministero della Transizione Ecologica – sulla conservazione della biodiversità ed al riguardo della tutela degli insetti impollinatori. 

Grazie al lavoro delle api, il territorio “monitorato” dalle piccole e instancabili amiche dell'agricoltura, può godere di buona salute, regalando un prodotto – in questo caso il finocchietto selvatico – di qualità assoluta, che si integra e arricchisce la Finocchiona IGP, donandole il suo inconfondibile sapore e il suo gusto intenso.

 

 

January 23, 2023

 Esilarante spettacolo con Gianni Ferreri e Danila Staltari prodotto da StArt LAB regia e drammaturgia a cura di Roberto D'Alessandro 

 

Definire solo esilarante lo spettacolo "l'ammazzo col gas" è a dir poco ridurre una manifestazione teatrale di grande professionalità e divertimento per tutti.

Rappresentazione spassosa, ironica, sarcastica e piacevolissima; una brillante recitazione a pieno respiro comico. Mogli e mariti fra gelosie, litigi, parodie e difetti portati all'eccesso dove le magistrali interpretazioni degli attori, rendono il tutto estremamente gradevole fra risate e applausi di un pubblico attento e divertito.

Gianni Ferreri e Danila Staltari portano in scena una decina di personaggi che susseguono uno sketch dopo l'altro  con continui cambi di abito, parrucche e situazioni che rappresentano alcune tipologie di coppie sposate dove l'ironia e la parodia caratteriale umana, prende il sopravvento regalando al pubblico un'ora e mezzo di puro spasso.

Mai un istante statico, mai una pausa di defaiance degli attori che si sono donati interamente al pubblico con professionalità, maestria e sapienza intrattenitrice. Totale l'apprezzamento dei numerosi presenti in teatro per una coppia di artisti talentuosi ben affiatati e dal grande calibro autoriale.

Gianni Ferreri durante lo spettacolo ha inoltre proferito un cadeau a tutte le donne recitando "In piedi signori davanti ad una donna" attribuita a Shakespeare. L'interpretazione dell'attore è stata di un'intensità emozionale da sottolineare ancor più la sua capacità espositiva e professionale; un momento d'impatto forte e delicato al contemporaneo

Meravigliosa e divertentissima la brava Danila Staltari che è riuscita a interpretare ogni personaggio femminile con sarcasmo, ironia e una potente vena comica dal talento esplosivo!

Un Gianni Ferreri e una Danila Staltari da applaudire e da ringraziare perché vedere il bello, è sempre qualcosa di gratificante.

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