L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

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Andrea Signini
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November 19, 2019

Questo lo scenario descritto ieri sera a Mussomeli durante la presentazione del libro “La mafia dei pascoli” da Giuseppe Antoci, sopravvissuto fortunosamente all’attentato avvenuto in territorio dei Nebrodi, la notte fra il 17 e il 18 maggio 2016: un affare da 5 miliardi di euro perpetrato ai danni della Comunità Europea con il tacito consenso delle Istituzioni regionali.

In un clima di intimidazioni e vessazioni che umiliava i contadini onesti impedendogli di partecipare ai bandi pubblici, pena la condanna per “Lesa Maestà”, si è creato quel fertile humus in grado di alimentare la fonte principale di sostentamento della mafia in Sicilia, l’Agricoltura.

Basti pensare che la latitanza di Messina Denaro si è mantenuta proprio “grazie” ai fondi europei per l’agricoltura.

A partecipare ai bandi in un territorio molto esteso, capace di includere anche più province, sempre e solo un’azienda, con incremento di 1- 1,50 euro al massimo per asta.

Ad ogni bando veniva costituita una nuova società sempre con infiltrazioni mafiose dove affitti che normalmente rendono 36- 36,40 euro compreso IVA ad ettaro riuscivano a lucrare anche 1.300 euro adottando lo stratagemma di applicare più misure con una sola particella.

Contratti medi da 5 a 9 anni per una stima di 7/8 milioni di euro ad affare.

Cercando anche di contenersi per “non dare all’occhio”!

I cognomi sempre gli stessi: Riina, Madonia, Ercolano, Santapaola, Gallino, Pesce, … colleghi fuori isola compresi, che, sempre “grazie” alla Legge dello Stato sugli appalti, POTEVANO partecipare ai bandi con certificato antimafia autocertificato, una procedura di evidentissima semplicità.

E così, con i fondi europei destinati ed erogati per l’agricoltura, si mantiene Cosa Nostra e si alimentano i mercati illeciti…e qualora qualche mafioso dovesse, per fortuite circostanze, trovarsi a scontare qualche debito di giustizia, ecco i figli sfrecciare in paese con le loro Jeep di lusso a rimarcare un potere che non si sconfigge.

Ma il bando civetta di Giuseppe Antoci, uscito proprio 5 giorni prima dell’approvazione del Protocollo, a stessa firma, che impone alle aziende la presentazione del certificato antimafia rilasciato dalla Prefettura, ha scoperchiato un calderone pericoloso e incandescente…perché, come riferisce, “in italiano puro”, il Giornalista Nuccio Anselmo, coautore del libro, con le sue spiccate doti di cronista: “La mafia si scatena quando vai a toccare la sacchetta”.

E da quel momento la reazione è stata spietata.

Intimidazioni in tipico stile mafioso sfociate poi la notte del 17 maggio in quel tentato attentato che è stato e continua ad essere motivo di dibattito non solo nazionale, (del caso Antoci ha parlato anche la più importante emittente televisiva cinese) peraltro anche controverso, viste le incongruenze e le divergenze fra gli organi preposti a Fare Giustizia.

Perché, di fatto, ancora Giustizia non è stata fatta…e, su quel teatrino fatto di mashere e “mascariamenti”, paradossi e recite a soggetto, ancora ci si chiede quale, fra le tre opzioni, proposte dall’Antimafia sia la più plausibile!

Perché in questa terra la mistificazione la fa da padrona e così chi fa agisce nell’ambito della legalità è un “cornuto” (così, almeno, veniva definito Antoci dai mafiosi nelle loro comunicazioni intercettate) e chi vive nell’ inganno e nel sopruso ci appare come paladino del bene.

E’ quello status quo che, ad un anziano signore, con in mano il bastone da pastore, fa rispondere alle domande provocatorie di un giornalista: “Ma signor mio siamo nella pace e ci dobbiamo mettere nelle guerra”?

“Il giuoco delle parti”… Pirandello docet!

Intanto le indagini sono state archiviate, senza assicurare alcun colpevole alla Giustizia, senza “risarcire” gli uomini della scorta né tantomeno Antoci che rivendica la perdita della propria libertà e che, alla sottesa domanda: “Ma cosa ne pensa della relazione conclusiva dell’Antimafia?”, secco, risponde: “Mi sarei aspettato che l’Antimafia si occupasse delle collusioni e delle connivenze, di tutti quei funzionari regionali che, nel visionare pratiche riportanti certi “cognomi illustri” quantomeno accennassero a un sospetto, piuttosto che mettersi a discutere su dei particolari che, a suo modo, inquinassero la scena del mancato crimine”!

E quello che, per l’efferatezza e il modus operandi è stato paragonato agli eventi stragisti del 92/93 , rimane comunque un caso irrisolto.

Il debito di giustizia non vale solo per i morti!

Non solo i morti sono eroi ma anche quanti hanno fatto e continuano a fare per una terra che, indubbiamente, non è solo Cosa Nostra.

E Cosa Nostra qualche volta perde, lo provano i 14 arresti scattati immediatamente dopo l’applicazione del Protocollo, un Protocollo di legalità adottato ad oggi in tutto il Paese.

November 17, 2019

 

Ai miei tempi sono stata chiamata in molti modi: sorella, amante, sacerdotessa, maga, regina. Ora, in verità, sono una maga e forse verrà un giorno in cui queste cose dovranno essere conosciute...” con queste parole la scrittrice Zimmer Bradley ci presenta Morgana, antagonista degli “eroi solari” Artù, Ginevra e Merlino.

È dall'albero genealogico di Morgana che le autrici fanno emergere dieci ritratti di donne. “Strane, difficili, non convenzionali e persino stronze... un seme che passa di mano in mano e arriva a chiunque, maschio o femmina, voglia vivere senza dover giustificare l'unicità della propria storia

Ci sono storie solari che ci trasmettono messaggi “puliti”, e ci sono eroine torbide, confuse, che sono controcorrente per il solo fatto di aver scelto e perseguito la via della propria unicità.

Il libro prende origine dal podcast https://storielibere.fm/morgana: è un progetto è importante e mai scontato: riscoprire il valore della biografia, quando la storia narrata e la vita si intrecciano per creare un valore intrinseco.

Vite distanti, nel tempo e nella realizzazione, come le prime due storie: quella di Caterina da Siena e quella di Moana Pozzi: due figure visionarie.

Visioni interiori sono quelle di Caterina da Siena che sfida i dettami dell'epoca che l'avrebbe inchiodata al ruolo di moglie sottomessa, e grazie alla castità, fa del suo corpo “il teatro costante del dialogo con Cristo” (p. 41). Caterina arriverà persino ad essere la consigliera del Papa, potrà viaggiare, altro atto per sé rivoluzionario.

Moana Pozzi, che apre il libro, fa del suo corpo una liturgia perfetta, si offre alla visione altrui, mantenendo protetta la sua vita privata fino alla fine: un'esteriorità costruita alla perfezione in un'interiorità fatta di ricerca e spiritualità.

Dal cinema alla religione, il progetto Morgana ingloba poi le sorelle Bronte, “pioniere sventurate” (p. 78), che hanno ribaltato la loro infanzia difficile attraverso la scrittura: le loro opere, presentate in principio sotto lo pseudonimo maschile dei fratelli Bell, faranno la storia della letteratura, ognuna con uno stile differente.

Segue la storia di Moira Orfei, regina brilante del tendone che nessuno riuscirà mai a domare.

Morgana ingloba poi figure meno note come Tonya Harding, la prima donna a fare un triplo axel sui pattini, ma per l'estetica e per i suoi costumi è stata sempre penalizzata. Ad essere da esempio è anche il suo coraggio di moglie soggetta a soprusi.

Shirley Temple, angelo biondo dell’America, dovrà confrontarsi con il tempo che scorre che, da bambina, la trasforma in donna. Quando le cineprese si spegneranno, sarà l'attivismo a contraddistingerla, come deputata e ambasciatrice.

Marina Abramović, artista unica, ha messo al centro il corpo, i suoi limiti, i suoi simbolismi. Si è spinta oltre, nella carne e nell'arte.

Dieci vite che aprono spiragli di rivoluzione, biografie che mettono al centro l'autenticità con se stessi.

Michela Murgia e Chiara Tagliaferri  
MORGANA: storie di ragazze che tua madre non approverebbe
Mondadori 2019

November 04, 2019

 Con la pubblicazione di Due secoli di fantasmi. Case infestate, tavoli giranti, apparizioni, spiritisti, magnetizzatori e medium, di Simona Cigliana*, le Edizioni Mediterranee ci permettono di riappropriarci di un’opera decisamente fuori dal comune, precedentemente apparsa una decina di anni fa per l’ Editore Fazi, e presto esaurita e divenuta pressoché introvabile. Il volume, che incontrò, all’epoca, un buon successo anche a livello di critica qualificata e attenta, nell’ambito dei maggiori quotidiani, settimanali e riviste, è stato felicemente ampliato e aggiornato e dotato di una nuova veste scientifica arricchita da una preziosa bibliografia.

Va subito precisato che titolo e soprattutto sottotitolo potrebbero risultare fuorvianti, dando l’impressione di trovarci di fronte ad una mera rassegna di curiosità paranormali, ovvero ad una sorta di passeggiata panoramica nel campo delle varie fenomenologie relative a quello che potremmo definire il “mondo dell’Occulto”. Ebbene, nulla di più sbagliato. Con il volume di Simona Cigliana, siamo di fronte ai risultati di una imponente ricerca condotta in vari settori del sapere, volta a presentarci, in maniera scrupolosamente documentata, “un lato della storia della cultura rimasto in ombra, su cui nessun manuale si sofferma”, e desiderosa di farci comprendere quanto la cultura occidentale, soprattutto del XIX secolo e della prima metà del XX secolo, sia stata impregnata di “spiritismo, occultismo ed esoterismo, con il loro corredo di spiritualità alternative”, e quanti e quali siano state le significative e assai proficue occasioni di interazione con tale multiforme sfera di interessi teorici e pratici.

L’opera si prefigge, innanzitutto, di dimostrare che il cosiddetto mondo dell’Occulto non dovrebbe essere relegato con sprezzante alterigia nello scantinato delle cose buffe, stravaganti e insulse prodotte dalle morbosità della fantasia umana, bensì considerato come un ingrediente tutt’altro che trascurabile della cultura contemporanea. E che di conseguenza, quindi, meriterebbe di essere studiato e indagato senza pregiudizi, e non trattato sbrigativamente come qualcosa di affine alla superstizione, al fanatismo, alla truffa, intendendolo e adoperandolo, anzi, come indispensabile strumento interpretativo.

Questo perché, qualora volessimo intestardirci a ritenere di poter prescindere dalle chiavi di lettura offerte dalla immensa letteratura magico-spiritistica, teosofico-antroposofica, esoterico-orientalistica fiorita nella cosiddetta età del Decadentismo, ben poco sarebbe possibile adeguatamente comprendere delle esplorazioni culturali, delle creazioni rivoluzionarie, nonché delle innovative scoperte scientifiche dei vari V. Kandinsky, E. Munch, P. Mondrian, A. Schonberg, W. B. Yeats, W. Crookes, C. Flammarion, H. Bergson, ecc …

E per poter fare tutto ciò, il mondo dell’Occulto, rappresentando una realtà sterminata e assai variegata, dai contorni alquanto sfuggenti e indeterminati, non certamente riducibile a qualche tavolino traballante, andrebbe considerato, a tutti gli effetti, degno di accurata indagine storico-culturale condotta con il necessario rigore critico.

Cosa questa che, per poter essere effettuata, liberati dai prevedibili pregiudizi e dalle logore etichette, richiederebbe pazienza, impegno e grandi quantità di tempo. Basti pensare, tanto per fare solo qualche riferimento di particolare rilievo, alla vastità e alla complessità di opere abissali come l’Iside Svelata o la Dottrina segreta di Helena Petrovna Blavatsky, alla monumentale pluritematica produzione steineriana, alla sconfinata ricerca di Ernesto Bozzano nell’ambito della fenomenologia del cosiddetto paranormale. Ma, accanto ai colossi menzionati, non andrebbero certo ignorate o trascurate le varie forme di filosofia esoterica e occultistica, nonché le varie sperimentazioni e indagini di natura spiritistica e metapsichica che hanno dato vita ad un vero e proprio oceano di riviste, libri, libroni e libretti avidamente divorati da molte fra le massime figure della cultura dell’epoca (soprattutto nell’ambito delle numerose avanguardie). Riviste, libri, libroni e libretti, quindi, che, indipendentemente dai loro (non pochi) pregi e dai loro (indubbi) limiti, avendo costituito un immenso e ribollente serbatoio di ispirazioni e sollecitazioni, non potrebbero dover essere ignorati, ma anzi andrebbero ritenuti indispensabili per riuscire davvero a penetrare all’interno delle coordinate etiche, psicologiche e speculative di tutti coloro che se ne sono avvalsi, spesso dando vita a sperimentazioni artistiche, a sincretismi, a ibridazioni e contaminazioni filosofico-scientifiche e filosofico-religiose, capaci di promuovere uno straordinario rinnovamento radicale dell’intero panorama culturale contemporaneo.

E così, la Cigliana ci guida (anzi ci trascina!) in un rutilante viaggio all’interno di angoli della nostra storia quasi del tutto ignorati o trascurati, dalle vicende delle sorelle Fox alla vita avventurosa di Franz Anton Mesmer, dalla figura eccezionale di Daniel Dunglas Home alle ricerche di William Crookes e alla sua enigmatica Katie King, da Conan Doyle ad Eusapia Palladino. Particolarmente densi e interessanti, poi, il capitolo dedicato alle tesi reincarnazionistiche di Giuseppe Mazzini e quello dedicato alla presenza della dimensione del soprasensibile all’interno della letteratura e delle arti figurative di fine Ottocento e di inizio Novecento.

In definitiva, il libro di Simona Cigliana non può che essere considerato, senza alcuna esitazione, un libro felicemente riuscito. Perché si tratta di un’opera che riesce ad assemblare con ariosa padronanza una mole vastissima di informazioni, sempre documentate in maniera puntigliosamente accurata, risultando sempre in grado di alimentare suggestive curiosità conoscitive. E perché riesce, inoltre, ad accalappiare l’attenzione e l’interesse sia di lettori mediamente preparati in ambito storico-culturale, pur se del tutto (o quasi) ignari nel campo dell’”occulto”, sia di lettori di solida preparazione nell’uno e nell’altro campo. Perché, infine, si tratta di un libro scritto con vena instancabilmente briosa e zampillante, con prosa nitida e controllata; di un libro ponderato e incisivo sotto il profilo intellettuale, avvincente, dalla prima all’ultima pagina, come una grande, imprevedibile, entusiasmante avventura.

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Simona Cigliana ha insegnato Letteratura Italiana, Critica Militante e Letterature Europee Comparate alla “Sapienza” di Roma e in altre Università italiane ed europee. È autrice, in Italia e all’estero, di numerosi studi scientifici su Luigi Capuana, Giovanni Verga, Luigi Pirandello, Massimo Bontempelli, Filippo Tommaso Marinetti e diversi autori otto-novecenteschi. Tra le sue pubblicazioni, relativamente all’ambito dei rapporti tra occultismo, spiritualismo e storia delle avanguardie, ricordiamo: Futurismo esoterico. Contributi per una storia dell’irrazionalismo italiano tra Otto e Novecento (Napoli, Liguori, 2002); La seduta spiritica. Dove si racconta come e perché i fantasmi hanno invaso la modernità (Roma, Fazi, 2007); “Il fantasma senza spirito. Storie di apparizioni, spettri ed ectoplasmi da Mesmer a Baudrillard (passando per Marx)”in Ritorni spettrali. Storie e teorie della spettralità senza fantasmi (Bologna, Il Mulino, 2018).

Simona Cigliana

Due secoli di fantasmi. Case infestate, tavoli giranti, apparizioni, spiritisti, magnetizzatori e medium

    

Editore: Edizioni Mediterranee

Anno edizione: 2018

October 26, 2019

 

128 mila partenze nell’ultimo anno. Quasi 5,3 milioni di residenti all’estero

 

 

È stata presentata a Roma la XIV edizione del “Rapporto Italiani nel Mondo” della Fondazione Migrantes. Con il contribuito di circa 70 studiosi italiani e non, la mobilità dall’Italia e nell’Italia è analizzata partendo dai dati quantitativi (socio-statistici). L’approfondimento di questa edizione è stato dedicato alla percezione delle comunità italiane nel mondo: “Quando brutti, sporchi e cattivi erano gli italiani: dai pregiudizi all’amore per il made in Italy”. Il Rapporto Italiani nel Mondo riflette cioè sulla percezione e sulla conseguente creazione di stereotipi e pregiudizi rispetto al migrante italiano. Il fare memoria di sé diventa quindi occasione per meglio comprendere chi siamo oggi e chi vogliamo essere.

Quasi 5,3 milioni di residenti oltre confine (dati Aire 1.1.2019)

Su un totale di oltre 60 milioni di cittadini residenti in Italia a gennaio 2019, alla stessa data l’8,8% è residente all’estero. In termini assoluti, gli iscritti all’AIRE, aggiornati al 1° gennaio 2019, sono 5.288.281.

Dal 2006 al 2019 la mobilità italiana è aumentata del +70,2% passando, in valore assoluto, da poco più di 3,1 milioni di iscritti all’AIRE a quasi 5,3 milioni.

Quasi la metà degli italiani iscritti all’AIRE è originaria del Meridione d’Italia (48,9%, di cui il 32,0% Sud e il 16,9% Isole); il 35,5% proviene dal Nord (il 18,0% dal Nord-Ovest e il 17,5% dal Nord-Est) e il 15,6% dal Centro.

Oltre 2,8 milioni (54,3%) risiedono in Europa, oltre 2,1 milioni (40,2%) in America. Nello specifico, però, sono l’Unione Europea (41,6%) e l’America Centro-Meridionale (32,4%) le due aree continentali maggiormente interessate dalla presenza dei residenti italiani. Le comunità più consistenti si trovano, nell’ordine, in Argentina (quasi 843 mila), in Germania (poco più di 764 mila), in Svizzera (623 mila), in Brasile (447 mila), in Francia (422 mila), nel Regno Unito (327 mila) e negli Stati Uniti d’America (272 mila).

Oltre 128 mila iscritti all’AIRE per espatrio nell’ultimo anno: da 107 province e verso 195 destinazioni diverse nel mondo

Da gennaio a dicembre 2018 si sono iscritti all’AIRE 242.353 italiani di cui il 53,1% (pari a 128.583) per espatrio. L’attuale mobilità italiana continua a interessare prevalentemente i giovani (18-34 anni, 40,6%) e i giovani adulti (35-49 anni, 24,3%). Il 71,2 è in Europa e il 21,5% in America (il 14,2% in America Latina). Sono 195 le destinazioni di tutti i continenti. Il Regno Unito, con oltre 20 mila iscrizioni, risulta essere la prima meta prescelta nell’ultimo anno (+11,1% rispetto all’anno precedente). Al secondo posto, con 18.385 connazionali, vi è la Germania. A seguire la Francia (14.016), il Brasile (11.663), la Svizzera (10.265) e la Spagna (7.529).

Le partenze nell’ultimo anno hanno riguardato 107 province italiane. Con 22.803 partenze continua il solido “primato” della Lombardia, seguita dal Veneto (13.329), dalla Sicilia (12.127), dal Lazio (10.171) e dal Piemonte (9.702).

Il Rapporto Italiani nel Mondo 2019, attraverso analisi sociologiche e linguistiche, aneddoti e storie fa riferimento al tempo in cui erano gli italiani ad essere discriminati, risvegliando “il ricordo di un passato ingiusto – spiega il testo - non per avere una rivalsa sui migranti di oggi che abitano strutturalmente i nostri territori o arrivano sulle nostre coste, ma per ravvivare la responsabilità di essere sempre dalla parte giusta come uomini e donne innanzitutto, nel rispetto di quel diritto alla vita (e, aggiungiamo, a una vita felice) che è intrinsecamente, profondamente, indubbiamente laico”. Si tratta dunque di “scegliere non solo da che parte stare, ma anche che tipo di persone vogliamo essere e in che tipo di società vogliamo vivere noi e far vivere i nostri figli, le nuove generazioni”. La Fondazione Migrantes auspica che questo studio possa “aiutare al rispetto della diversità e di chi, italiano o cittadino del mondo, si trova a vivere in un Paese diverso da quello in cui è nato”.

 

Le partenze degli italiani nell’ultimo anno: da dove

 

 

 

 

 

 Rapporto Italiani nel Mondo 2019  

Le partenze degli italiani nell’ultimo anno:
verso dove

 

October 12, 2019


Elogiare l'imperfezione significa porsi in un ottica di libertà, soprattutto se questo riguarda un ruolo primordiale come quello materno, dove troppo spesso consigli mascherati da regole tendono a sclerotizzare un ruolo fluido e liquido come quello della madre.

“Im-perfetto è il divenire, il perfetto è lo stare”, se il perfetto e statico , l'imperfetto è movimento e presuppone il non compiuto e un'apertura al respiro del cambiamento.

Oltre a partorire il figlio, la madre partorisce se stessa e si ricollega ad una conoscenza antica, globale nel corpo, ma personale nell’ esperienza e nelle sue declinazioni.

Una scintilla divina sboccia nella creazione di un “altro” da sé, e questa esperienza apre punti interrogativi scomodi che spesso cozzano contro le 3 N di “normale”, “ naturale”, “necessario” facendole diventare lettere minuscole e aperte a più interpretazioni derivate dall'esistenza e dai bisogni.

L'autrice, cofondatrice del progetto educativo dell'Asilo nel Bosco di Ostia antica, madre e maestra, alterna alle riflessioni sul tema alcune avventure personali divertenti e mai scontate, tese a dimostrare come sia necessario un recupero dell'intuizione, delle soluzioni originali, ma anche di un pizzico di ironia e di un ascolto profondo per riuscire a destreggiarsi tra le difficoltà quotidiane.

Cosa ci serve realmente? È la domanda da porsi spesso prima di accogliere una vita (e anche dopo): culle, passeggini, biberon… “ la nostra è una cultura del distacco e della ricerca dell’ autonomia precoce e (quindi) forzata”. Benvenga dunque questo ritorno al naturale processo della nascita e al ruolo così decisivo delle levatrici, delle ostetriche, capaci di far emergere la vita, dando fiducia all'innata capacità del corpo di adempiere a questo scopo.

Purtroppo impera il bisogno di giustificarsi davanti ai diktat della perfezione, quindi perchè non crearsi anche un decalogo per la donna imperfetta? E se le ultime pagine lasciano spazio alle lettrici, il capitolo precedente sciorina con ironia una serie di situazioni d'imperfezione che rendono il ruolo materno dinamico, fluido e originale, proprio come è la vita.

 

Giordana Ronci
Manifesto della mamma imperfetta
Edizioni Tlon 2017 

October 08, 2019

Il romanzo “Nessuna come lei” di Marco Balbina, edito dalla Nemapress diretta da Neria de Giovanni, affronta, con una vicenda articolata e ricca di personaggi, uno dei periodi più travagliati della storia italiana del novecento: gli anni settanta. Sebbene travagliati da una forte contrapposizione politico-ideologica, gli anni “dell’immaginazione al potere”, sfociati nell’età del terrorismo brigatista e della stragi neo-fasciste, sono stati, a parte qualche eccezione, soprattutto cinematografica, molto sbrigativamente accantonati, quasi che la scia di sangue che essi produssero costituisse una barriera insuperabile alla loro distaccata narrazione. Nel romanzo di Balbina, quegli anni, sono analizzati a partire dall’attualità, perché la storia di Tista Muleddu e di Paolina Arquer, protagonisti di una drammatica storia d’amore lunga più di quarant’anni, inizia in una Alghero contemporanea, per poi trasferirsi, con un flashback che occupa la parte centrale del racconto, nella Cagliari di Gigi Riva e nella Portotorres della SIR di Nino Rovelli, in una Sardegna in grande trasformazione economica e sociale, che può essere presa come paradigma della trasformazione in atto anche nel resto del paese. La tecnica analessica del raccontare a ritroso, consente, in particolare, all’autore, di mettere in relazione una epoca così rivoluzionaria e ricca di tensione trasformatrice, con quella attuale, caratterizzata da un incipiente disincanto e da un forte riflusso politico.

All’autore…..ha posto alcune domande:

-Balbina, quali ragioni l’hanno spinta a scrivere un romanzo sugli anni dell’immaginazione al potere? –

-In primis, per una esigenza personale: il bisogno di un bilancio, di una ricapitolazione della propria vicenda umana, ma anche della convinzione che niente è davvero personale, che anche il personale è politico, come si diceva un tempo. Vorrei precisare, comunque, che nel romanzo non c’è nessuna intenzione apologetica né tanto meno nostalgica: c’è solo il tentativo di analizzare un periodo fondamentale della nostra storia, e capire dove siamo arrivati oggi, anche perché, a mio avviso, dal punto di vista sociologico e letterario, la generazione degli anni settanta non è stata sufficientemente indagata

-La Sardegna narrata nel suo romanzo appare una regione in grande trasformazione sia economica che sociale –

-A partire dagli anni sessanta, la Sardegna è attraversata da un insieme di fattori progressivi, sia economici che sociali, che la trasformano nel profondo, che la veicolano verso la contemporaneità, forse per la prima volta nella sua storia. Sono gli anni del Piano di Rinascita, dell’industrializzazione basata sulla chimica, dell’ingresso dell’isola nel mercato turistico internazionale con la Costa Smeralda, del grande successo sportivo del Cagliari di Gigi Riva, che conquista lo scudetto e, da squadra di provincia di una terra emarginata, diventa la rappresentante del calcio italiano nella Coppa dei Campioni. Un evento che oggi può apparire quasi banale; ma che all’epoca ebbe uno straordinario impatto politico e sociale, se è vero che, persino il grande Emilio Lussu, paragonò quella strabiliante vittoria all’epopea della sua Brigata Sassari -

-In questo scenario dinamico i personaggi si muovono come protagonisti di storie che non rimandano più allo stereotipo della tipica narrazione sarda legata alle zone interne, ma si fanno portatori di esigenze e di bisogni universali, tipici della modernità –

 sentire anche in Sardegna, trasformando definitivamente lo stile di vita dei sardi, che da “esclusivista” divenne sempre più un “misturo”, come ebbe a dire, successivamente, il grande Sergio Atzeni. Da quel momento la Sardegna diventerà sempre più uno sfondo, e, in primo piano, saliranno i personaggi del nuovo corso storico, che vivranno storie del tutto simili a quelle vissute nel resto del paese e del mondo. Caduta la cerniera di isolamento, allentata la camicia di forza identitaria, i sardi diventano i Tista e le Paoline del mio romanzo. Qualcuno ha gridato al disastro per questa perdita dell’antica identità, io credo, al contrario, che abbia avuto elementi di grande positività –Credo che proprio a partire dagli anni settanta, preparati dal decisivo evento del “Sessantotto”, l’impatto di quella che Pasolini chiamò nei suoi Scritti Corsari “mutazione antropologica”, si fece

-Ci può descrivere meglio i personaggi del suo romanzo? –

-Tista è il personaggio principale, insieme a Paolina. Tista è un giovane perito chimico cagliaritano, appartenente al Movimento studentesco, romantico idealista convinto nella virtù terapeutica della rivoluzione, che appena diplomato, decide in andare a lavorare in fabbrica. All’epoca la fabbrica era vista, specie dai militanti di sinistra, come l’avamposto rivoluzionario, l’orlo di un vulcano pronto a esplodere e liberare la società dal giogo capitalista. Ovviamente, le cose non stavano così. Tista, suo malgrado, assiste al fallimento del petrolchimico di Rovelli, affogato in un mare di debiti, e anche delle sue idee rivoluzionarie, e decide di licenziarsi, di cambiare vita, diventando, negli anni seguenti, addirittura un affermato imprenditore, ed è così che lo incontriamo all’inizio del romanzo. Ma in realtà, anche nella sua “seconda vita”, non perderà mai la voglia di lottare contro i soprusi e le disuguaglianze sociali. Una lunga e travagliata storia d’amore lo legherà a Paolina Arquer, giovane e brillante femminista, rampolla di un’antica famiglia nobile cagliaritana, che attraverserà tutto il romanzo, con un finale drammatico che preferirei non rivelare. Paolina fa parte del Collettivo femminista di Via Donizetti 52, che è stato realmente il primo collettivo femminista cagliaritano e, uno dei primi, in Italia. Essa rappresenta l’espressione della possibile libertà della donna, che da quel momento, diventa un vero soggetto politico, organizzato in movimento e in collettivi, che lotta separatamente dall’uomo per la liberazione complessiva della società. Vi sono anche altre importanti figure nel romanzo, da Antonio Contini a Rino Polcani, da Sandro Portas a Greta, che danno il senso del cambiamento avvenuto e di una esistenza vissuta senza più le antiche intermediazioni familiari e sociali

 

-Ci sono tratti biografici nei personaggi del romanzo?-

-In parte. Mi sono diplomato Perito Chimico al “Michele Giua” di Cagliari a metà degli anni settanta, quindi ho vissuto in pieno il miraggio dell’industrializzazione, che aveva coinvolto tanti giovani come me nel sogno della chimica isolana. Il mio Istituto, inoltre, era ubicato anch’esso in Via Donizetti, qualche centinaio di metri dopo il Collettivo Femminista. Noi sapevano che lì dentro c‘erano donne “diverse” dalle altre e, perciò, sghignazzavamo alla loro vista, come potevano fare dei giovinastri immaturi, senza minimamente comprendere che quelle donne stavano scrivendo la storia del femminismo in Sardegna. Ho anche una storia calcistica che mi lega al Cagliari calcio: nell’anno dello scudetto vengo acquistato dalla società, e milito nel settore giovanile fino alla De Martino, le riserve della Serie A, quindi vivo dall’interno la grande epopea sportiva di quegli anni. Sicuramente, le mie esperienze personali, hanno influito nell’economia complessiva della storia, sebbene i personaggi siano frutto esclusivo della mia immaginazione –

-Ci può dire in due parole perché il suo libro dovrebbero essere letto, soprattutto dai giovani? –

-Credo che in questi anni sia mancato il giusto approccio storico alla società attuale. Siamo dominati quasi esclusivamente da necessità economiche, e stiamo tralasciando molte altre prospettive che aprirebbero squarci interessanti per comprendere il presente. Anche ai più giovani. Il romanzo, per la sua assoluta vocazione sociale – un romanzo che non descrivesse, oltre la trama, anche la società nella quale si muovono i personaggi, non sarebbe tale – può essere un utile strumento di riflessione, senz’altro di più facile lettura rispetto a un saggio specialistico o a una noiosa ricerca statistica -

September 04, 2019

Cinquanta filastrocche chieste dai grandi per i bambini che hanno accanto, o dentro

 

Bruno Tognolini, è un poliedrico scrittore per l'infanzia, dopo aver lavorato nel mondo del Teatro ( con Vacis, Paolini, Baliani), è autore di alcune puntate di programmi televisivi (come l' Albero Azzurro Melevisione). Nel 2007, ha ottenuto il premio Andersen come miglior scrittore italiano per ragazzi. 

 

Torna in libreria l'autore di “Rima Rimani”, di “Rime di rabbia” e di “Rime Raminghe”, torna con una raccolta che stavolta si accompagna alla parola "Rimedio".

Sono una medicina queste rime, sembrano un po' il miele che circonda lo sciroppo dal sapore cattivo, per aiutarci a tirarlo giù, senza storcere troppo il naso.

E grazie alla rima giocosa l'autore prende posizione contro i dis- che etichettano la diversità, per far comprendere ai bambini la separazione dei genitori, per aiutarli a mangiare, per accettare i “Sentimenti neri”.

Alcune rime sono impregnate di filosofia, come “La rima del domani”, o la “Rima della crescita profonda”, e ogni volta che le rileggi si accendono di nuovi scorci di significato; alcune rime si pongono su una divertente ottica didattica come le rime per insegnare il valore del riciclo di plastica, ferro, carta o cibo.

Un libro che sempre sottolinea la centralità e la complessità dell'infanzia, anche nella dimensione adulta, narrando di tutti i suoi attori: bambini, maestre, genitori, nonni... offrendo nuovi occhi e punti di vista, come nella “Rima del bambino trasparente”, o nella “Rima del diritto a non farcela”.

Ci sono musica, poesia, gioco, creatività nelle rime di Tognolini, e grazie a questi ingredienti riesce a dire cose difficili, a dare consigli indiretti, a indicare la via del rispetto e dell'unicità di ogni persona.

"Quasi tutte queste rime sono state scritte per qualcuno che le ha chieste" -commenta l'autore alla fine del libro - alcune richieste sono pervenute dai social, per salutare una bibliotecaria in pensione, da progetti abbandonati, da improvvise urgenze creative.

“La poesia vive proprio solo quando contiene altro da ciò che voleva dire. Le poesie possono essere medicamenti, o perlomeno lenimenti, lo son sempre state. Ma sempre solo in forme incerte, sibilline”.

Un libro da tenere, da regalare, da leggere ad alta voce, da rileggere, da ricercare e ritrovare dopo anni. Parole che educano, etimologicamente, ovvero “conducono fuori”, verso mondi da esplorare, verso altri punti di vista da cui osservare il presente.

Rime Rimedio - Bruno Tognolini
Cinquanta filastrocche chieste dai grandi per i bambini che hanno accanto, o dentro
Salani 2019

July 30, 2019

 Maga, incantatrice, trasformatrice di uomini in bestie: solo questo rimane di Circe, personaggio complesso ed evocativo, erede della potnia theròn, Signora degli animali.

Madelaine Miller prova a ri-narrare il mito, dando un passato e nuove dimensioni a questo personaggio. Un esperimento riuscito, visto che il libro ha scalato le classifiche dei libri più venduti del New York Times e del Sunday Times, avvalendosi dell'appellativo di “Libro dell'anno”.

Circe viene raccontata a partire dalla sua infanzia solitaria, dal suo rapporto freddo e distante con il padre, il titano Elios, il Sole, e con la madre Perseide, l'evanescente e fluida ninfa delle acque. Nasce con voce stridula Circe, nasce già “difettosa” rispetto alla perfezione dei fratelli, Eete e Pasifae.

“La sua voce è stridula come quella di una civetta. La chiamano Sparviera, ma dovrebbero chiamarla Capra per quanto è brutta”.

L'episodio fondante della sua infanzia è l'incontro con Prometeo, già incatenato e condannato da tutti gli Dei per aver aiutato la specie umana; Circe trasgredisce di nascosto l'ordine divino e aiuta il titano portandogli dell'ambrosia. Le poche parole che scambia con il Dio saranno un faro nella sua vita e l'inizio della sua vicinanza con i mortali.

Si innamora di un mortale, Glauco il pescatore, e per lui intercede spesso. È grazie a questo amore (non corrisposto) che la Dea scoprirà i suoi poteri con le erbe, e riuscirà a dare a Glauco l'immortalità. Ma l'altra faccia della medaglia vede Circe fare i conti anche con la sua gelosia, quando Glauco sceglierà la bella Scilla. E la Dea ricorrerà di nuovo ai suoi poteri, stavolta, per fare del male: Scilla verrà trasformata in un mostro divoratrice di marinai.

Una trasformazione che mette in allarme di Dei: un potere nuovo è quello di Circe, una forza che nasce dall'unione di erbe, canti e parole antiche, una capacità finora sconosciuta, un potere in grado di restituire a chi lo riceve la sua vera natura. Un potere pericoloso, dunque, che va recintato e tenuto a bada.

Ed è per questo che Circe viene relegata in esilio sull'isola di Eea , un'isola selvaggia dove approdano per sbaglio solo navi di marinai. Gli stessi marinai che, davanti ad una donna sola, le faranno violenza, e da questa violenza Circe trarrà la forza per diventare quella che è: la Dea degli animali e degli incantesimi.

Ha per compagnia una leonessa, e i marinai appena giunti vengono tutti trasformati in porci, in via preventiva, e a causa della cicatrice non rimarginata.

Circe scoprirà l'erba che protegge, il Moly dalle radici nere e dal fiore bianco.

Solo Odisseo non verrà trasformato e con lui Circe ritrova fiducia negli uomini, pur sapendo che una moglie lo aspetta a casa.

Dal loro amore nasce Telegono, che Circe proteggerà nell'isola finché le sarà possibile, finché il figlio non vorrà andare incontro a se stesso, ad incontrare il padre.

Il finale del libro mostra una Circe capace di perdonare e perdonarsi, una Circe che apre il suo mondo a Penelope e al figlio di Odisseo, Telemaco, mentre sarà Telegono il prescelto da Atena per fondare una nuova stirpe.

Una ri-narrazione che dà corpo e sostanza a una figura antica: perché in Circe, come spiega Momolina Marconi nel libro “Da Circe a Morgana” confluiscono le Dee antiche degli animali che nel centro Italia prenderanno il nome di Feronia, Marica, Fauna, Angizia.

Una Dea che per scoprire la sua potenza, deve impegnarsi in un apprendistato continuo a contatto con le erbe e con le sue cicatrici.

“La magia deve essere creata e plasmata;pianificata e investigata, estratta,essiccata,sminuzzata e macinata, bollita, evocata con parole recitate e cantate. E ancora; può fallire. Se le mie erbe non sono abbastanza fresche, se la mia attenzione cala, se la mia volontà' vacilla,le pozioni evaporano e inacidiscono nelle mie mani.
Ogni erba deve essere trovata nel suo ricettacolo, raccolta nel momento giusto, liberata dalla terra; selezionata e mondata,lavata e preparata. Giorno dopo giorno, con pazienza, bisogna scartare gli errori e ricominciare da capo”.

MADELAINE MILLER  -   CIRCE
SONZOGNO 2019

July 07, 2019

Pioniere nell’ambito delle scienze cognitive e dell’educazione, Howard Gardner è ricordato soprattutto per aver messo in crisi il concetto monolitico di intelligenza grazie alla sua teoria delle intelligenze multiple che ha dato un apporto importante alla didattica inclusiva.

In questo saggio l' autore prosegue la strada di approfondimento delle intelligenze andando ad indagare quali tipi di strategie cognitive sono necessarie per il futuro (un futuro che e' già presente), un tema che non riguarda solo la didattica ma anche la formazione permanente.

La prima intelligenza ad essere trattata è quella disciplinare: una disciplina è un modo di guardare il mondo ed è costituita da un insieme di esperienze, non solo di informazioni sedimentate.

La conoscenza dei dati è un utile ornamento, ma imparare a pensare in modo disciplinare è tutt'altra impresa”.

Il pensiero disciplinare identifica gli argomenti focus nella disciplina e dedica un tempo ragguardevole ad ogni argomento ma senza sforzo perché “chi ha assaggiato l'autentica comprensione è improbabile che in futuro si accontenti di una comprensione superficiale “.

L'intelligenza disciplinare ha anche un lato negativo caratterizzato dall’eccesso che porta a chiusura mentale.

L'intelligenza sintetica è necessaria per far fronte all'esposizione continua di input che caratterizza il mondo contemporaneo. Filtrare l' informazione è il primo passo, seguito poi dalla capacità di tessere in un insieme coerente gli input provenienti da fonti diverse.

Due tipi di intelligenze vengono in aiuto per questo scopo, l' intelligenza laser che penetra l' informazione e l' intelligenza riflettore che scorge le connessioni tra le cose.

L' intelligenza creativa nasce dall’interazione di tre elementi: individuo, campo culturale (su cui la persona ha lavorato con l' intelligenza disciplinare ) e ambiente sociale (necessario quest’ultimo punto perché l'atto creativo deve portare un beneficio alla comunità (anche se molte intuizioni creative in principio non sono state accettate dalla società stessa).

Un eccesso di intelligenza disciplinare può bloccare la creatività.

L' intelligenza rispettosa si collega all’intelligenza interpersonale (che l'autore aveva indagato nel libro “Formae Mentis”) e indica come superare il concetto di tolleranza volgendosi verso un piano costruttivo e simpatetico che si basa sulla sospensione del giudizio (il pregiudizio è una variante dell’apprendimento ed ha radici emotive).

Connessa alla precedente, l' intelligenza etica presuppone un gradino in più di astrazione e si collega al proprio ruolo nel mondo, come cittadino, lavoratore, essere umano.

Sarebbe utile sviluppare tutte e 5 queste intelligenze per riuscire a sopravvivere oggi e a prendersi cura del bene comune della terra.

Un compito che spetta a tutti gli attori dell’educazione a partire dalla famiglia passando per la scuola, per diventare poi un impegno costante con sé stessi.

Howard Gardner
Cinque chiavi per il futuro
Feltrinelli 2007

June 16, 2019

I due ideatori del progetto di filosofia Tlon tornano in libreria con un ultimo libro dal titolo accattivante.

Le donne sono state nutrite di stereotipi cristallizzati basati sulla sottomissione, sull'obbedienza, sull'abbassare la testa, sul non alzare la voce. Storie di principesse da liberare, giochi di bambole perfette e sempre sorridenti hanno caratterizzato la nostra infanzia fino a destinarci nell'archetipo della brava bambina. Provare a scardinare questa immagine plastificata è un dovere morale e civile, necessario e urgente in vista delle ultime questioni sociologiche che rimettono in discussione il concetto di corpo femminile e di autodeterminazione.

8 storie che sono 8 lezioni per le donne, 8 figure femminili che celano insegnamenti importanti per rifondare il concetto di femminile e di maschile.

Alcune di esse vengono dalla mitologia classica come Era, che da Dea Madre primigenia diviene moglie gelosa e costretta in un ruolo che non gli appartiene fino in fondo, passando per Elena di Sparta (anche se tutti la ricordano solo come Elena di Troia), che insegna a non considerarsi mai come proprietà di qualcuno, per arrivare a Medea che, sotto la crosta di matricida, nasconde la necessità di ritornare a se stesse, recuperando una sacralità naturale che è stata cancellata e addormentata per favorire l'eroe e il suo scopo di potere. Spostandoci sulla mitologia nordica troviamo Morgana ( qui ritratta partendo dal libro “Le nebbie di Avalon”), che agisce per uno scopo superiore, nonostante la situazione esterna vada a cozzare con quella interna che la contraddistingue e la rende portavoce dei culti della Dea.

Interessanti sono i riferimenti a 2 figure contemporanee, perché, come ricordano gli autori, la narrazione mitica si sposta oggi nelle serie tv, eredi dei racconti primigeni; tra queste eroine contemporanee incontriamo Difred, protagonista del romanzo distopico di Margaret Atwood “Il racconto dell'ancella” che insegna il valore della libertà e dell'autodeterminazione del corpo femminile e soprattutto ricorda come ogni piccola libertà che viene tolta potrebbe far parte di un progetto dittatoriale più ampio e spesso nascosto, e Daenerys eroina della serie tv “Games of Throne” appena conclusa, che non sa superare il suo orgoglio e non sa imparare l'umiltà e l'arguzia creativa sopraffatta da un desiderio di potere.

Il personaggio di Malefica non riceve la giusta considerazione dalla favola della “Bella addormentata” mentre il film (e il libro di Maura Gancitano uscito per edizioni Tlon) le rende finalmente giustizia: la rabbia del tradimento va accettata, lavorata affinché si trasformi in forza vitale e rigenerativa.

Malefica è una storia ri-narrata secondo un punto di vista che è anche una presa di posizione, così come accade nella storia di Dina, protagonista del libro di Anita Diamant “La tenda rossa”: la figura di Dina è appena accennata nell'Antico Testamento, è l'unica figlia femmina di Giacobbe, e la sua storia sottolinea il valore sacro della sorellanza (non è un caso che da questo libro siano nate le esperienze collettive delle tende rosse, momenti di condivisione e di racconto personale tra donne).

L'ultima parte del libro prende in esame l'aspetto maschile del “problema senza nome”, e indaga il ruolo dei padri, il corpo e la ferita degli uomini, perché è essenziale includere in questa mutazione psicologica, culturale e sociale anche l'uomo, partendo dal “riconoscere il desiderio di costruire relazioni paritarie, autentiche, in cui non c'è una guerra da combattere, ma una direzione comune”.  

Un libro da leggere ad alta voce per ridefinire ciò che significa essere umani, per trovare la chiave e la via d'uscita dalle gabbie delle etichette che costringono e destinano, perché il pregiudizio è sempre un apprendimento emotivo, e quindi radicato e antico, che può, però, essere ri-educato e soprattutto ri-narrato.

“Ti auguriamo di non sentirti più sbagliata, isterica, anormale, ma solo una donna che si sta liberando dai condizionamenti sociali, a volte con facilità, a volte con grande difficoltà”.

Di grande interesse sono il progetto “Raccontarsi, storie di fioritura personale “ Con la collaborazione di diversitylab e akra studio su youtube.

È possibile seguire il progetto Tlon sul sito http://tlon.it/ .

Maura Gancitano e Andrea Colamedici 

Liberati della brava bambina

Harper e Collins 2019

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