L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
D
Analizzando la copertina del libro Agnelli Coltelli , notiamo tre figure: Lapo Elkann in posizione centrale e frontale affiancato dal fratello John e dal cugino Andrea che si danno le spalle l'un l'altro. Tre sguardi in tre direzioni differenti. Che significato ha questa disposizione iconografica?
R
Come avviene nella realtà, non si guardano. Semplicemente perché non si sopportano nella maniera più assoluta. A dire il vero, non c'è una ragione di tipo storico-familiare. Anche
Gigi Moncalvo |
Gianni Agnelli non sopportava suo fratello Umberto il quale non ha mai ricevuto incarichi di rilievo. Gianni lo aveva sempre tenuto lontano dal core-business del Gruppo, come suggeritogli dal vero padrone occulto di FIAT ovvero Enrico Cuccia. Non a caso fu lo stesso Cuccia a convincere l'Avvocato a scegliere un giovane Cesare Romiti come uomo di fiducia e “uomo delle banche”. Inutile far presente che queste scelte ebbero delle ripercussioni sia sui rapporti tra fratelli sia sui rapporti relativi agli equilibri interni al Gruppo. È fatto noto che Umberto facesse in un certo qual modo spiare l'operato del Romiti attraverso una rete di informatori che settimanalmente gli fornivano rapporti dettagliati comprendenti tabelle, grafici, cifre e commenti che puntualmente egli faceva recacapitare sulla scrivania del fratello maggiore per renderlo edotto circa il grado di inaffidabilità e scarso attaccamento al Gruppo, oltre alla tendenza ad intascare molti quattrini non opportunamente rendicontati. Passano gli anni, cambiano i nomi ma le dinamiche di fondo restano invariate e l'ho voluto riportare in copertina.
D
Agnelli Coltelli. Perché proprio questo titolo?
R
Perché è una storia di coltelli. Di coltellate. E di colpi bassi anche. Coltellate in senso metaforico, ovviamente. Nessuno ha mai usato le lame e... paradossalmente, sarebbe stato meno doloroso se qualcuno le avesse utilizzate. Agnelli Coltelli perché c'è una madre, Donna Marella – vedova dell'Avvocato – che “accoltella” la figlia nel momento in cui c'è da spartire la grande, enorme quantità di denaro accumulata all'estero da Gianni Agnelli. Come anche ci sono le “coltellate” contraccambiate da Margherita alla madre Marella nel momento in cui la chiama in tribunale a risolvere i veri problemi, a dire la verità e mettere sul piatto il vero malloppo! Inoltre ci sono le “coltellate” dei tre figli di Margherita, John, Lapo e Ginevra nati dal primo matrimonio, quello con Alain Elkann; i quali non sono gli unici figli di Margherita in quanto ella, unitasi in seconde nozze a Serge de Pahlen, ha dato alla luce Pietro, Sofia, Maria, Anna e Tatiana ai quali nonna Marella – stranamente – non ha inteso donare alcunché privilegiando solo ed esclusivamente i primi tre.
E come dimenticare le “coltellate” che riguardano le Società? Prima tra tutte, la Juventus. Ed ecco le “coltellate” di John Elkann ad Andrea Agnelli (figlio di Umberto, 1934-2004) Presidente in prorogatio de La Vecchia Signora la quale, sin dalla fondazione risalente al 1897, ha sempre vantato un Uomo Agnelli al vertice che l'ha portata ad un palmarès da 36 Scudetti, 14 Coppe Italia, 9 Supercoppe Italiane, 2 Coppe dei Campioni, 1 Coppa delle Coppe, 3 Coppe UEFA, 2 Supercoppe UEFA, eccetera eccetera eccetera. Tra poche ore, nulla sarà più come prima: la proprietà cadrà nelle mani di un Elkann! Questo la gente lo deve sapere, soprattutto i tifosi.Come devono sapere che John Philip Jacob Elkann non sopporta sentir parlare di “Gruppo Agnelli”. Perché egli non lo è! Non è e non sarà mai un Agnelli. Che il suo inconfessabile desiderio fosse quello di chiamarsi Agnelli è arcinoto. Io stesso mi sono divertito a coniare “Agnelkann” che è la fusione tra Agnelli ed Elkann per sottolineare il fatto che vi siano delle domande di ordine psicologico e – se vogliamo – di sentimenti e risentimenti che sono quelli prevalenti in tutta questa storia che va ben oltre le mere apparenze da gossip. In parole povere, tutta questa faccenda, è una vera e propria serie televisiva. Gli ingredienti ed i caratteri ci sono tutti: smanie, bramosie ed intemperanze, odi e meschini interessi. Ci troviamo poi quelli simpatici e quelli antipatici, i buoni ei cattivi. E l'immancabile denaro. Montagna di denaro. Oro ed opere d'Arte; sconfinate proprietà e quei profumatissimi conti segreti esteri.
D
Una enorme quantità di denaro. Enorme quanto? È possibile quantificare?
R
In base alle mie ricerche, posso offrire una scansione accurata a partire dal lascito testamentario dell'Avvocato in cui troviamo le briciole del malloppo di cui sopra. Parliamo di qualcosa come 216 milioni di euro; bazzecole. Quale persona assennata potrebbe mai ritenere verosimile che Gianni Agnelli potesse disporre di un patrimonio pari al doppio di quello – con tutto il rispetto – di Alberto Sordi? Che se paragonato a quello di Luciano Pavarotti non sarebbe che un ventesimo! Ma per cortesia, non scherziamo. È inammissibile ritenere che il vero patrimonio dell'Avvocato potesse ammontare a soli 216 milioni. Milioni che sono stati spartiti in somme uguali tra le due eredi immediatamente dopo la sua morte.
Pertanto, a questo punto, sarebbe opportuno far luce su quelli che sono i patrimoni sottratti al fisco italiano che sono stati fatti finire all'estero. Perché è esattamente qui che s'innesca la prima grande guerra tra madre e figlia. Ma non è che il primo atto. Un atto di breve durata compreso tra il 2003 e l'anno successivo che vedrà l'aggiudicazione delle seguenti cifre: alla figlia Margherita 1,1 miliardi di euro; a Donna Marella 550 milioni di euro più una pensione di 700 mila euro al mese (pari a 8,4 milioni di euro l'anno), più tutta la collezione d'Arte Agnelli; e non sto parlando della sola pinacoteca di Torino sulla quale torneremo più avanti ma dell'intera collezione d' Arte Agnelli;e non sto parlando della sola pinacoteca di Torino sulla quale torneremo più avanti ma dell'intera collezione d'Arte che non ha mai suscitato alcun interesse concreto da parte dei Ministri dei beni Culturali avvicendatisi nel corso degli ultimi vent'anni.
D
Si ha contezza di quale potrebbe essere il valore complessivo della collezione d'Arte Agnelli? E soprattutto a chi appartiene?
R
Allora, in base agli accordi del 2004, la proprietà è finita nelle mani de Margherita ma l'usufrutto è andato alla madre Marella la quale lo ha esercitato sino al 2019, anno del suo decesso. Il valore complessivo, secondo una stima molto al ribasso, è stato fissato a 400 milioni di euro. Ma ripeto: si tratta tout court di una palese sottovalutazione poiché il patrimonio effettivo sarà almeno dieci volte tanto.
D
E qui cala il sipario sul primo atto. Però sarei curioso di sapere se le dinamiche del secondo atto siano in qualche modo collegabili agli accordi del 2004 o se vi sia dell'altro.
R
In realtà è tutto quanto collegato e non potrebbe essere altrimenti dal momento che Margherita, insospettita da quanto sinora ripercorso, abbia deciso di incaricare i propri uomini di fiducia affinché scandagliassero a fondo la materia. Ed ecco affiorare col passare degli anni alcuni conti correnti bancari riconducibili all'Avvocato, ubicati presso la Morgan Stanley di Zurigo, al cui interno giacevano somme per un totale approssimativo di 1,4 miliardi di euro. Erano ormai già trascorsi dieci anni dalla sua morte ma ciò non impediva a Margherita di comunicare ai Procuratori di Milano Fusco e Rutta i numeri dei succitati conti per spianare loro la strada alle indagini successive.
Ma non è ancora tutto! Deceduta Donna Marella (2019), ecco apparire sulla scena ulteriori conti correnti ed ulteriori somme di denaro ed oro, a conferma che i sospetti nutriti da Margherita nei confronti della madre fossero più che fondati. L'anziana vedeva le aveva sfacciatamente mentito nascondendo somme, conti e patrimoni nel tentativo di tenerla alla larga dalla spartizione dell'eredità reale che – sempre secondo i piani dell'anziana nonna – avrebbe dovuto interessare esclusivamente i tre nipoti John, Lapo e Ginevra. Un'eredità di oltre 8 miliardi di euro cui vanno aggiunti ulteriori 9 miliardi di euro in lingotti d'oro. Lingotti d'oro della cui esistenza Margherita non ne ha mai saputo nulla sino a tempi recenti.
D
Nove miliardi di euro in lingotti d'oro? Un lingotto d'oro standard pesa 12,5 chilogrammi ed ha un valore di 712 mila euro. Quindi stiamo parlando di 12.650 pezzi. Qual è la provenienza?
R
Si tratta molto semplicemente di una enorme quantità di oro depositata presso un caveau di Ginevra sito nei pressi dell'aeroporto di Cointrin. Sono il frutto degli incassi accumulati dal vecchio Giovanni Agnelli (1866-1945). Senatore del Fascismo e creatore della FIAT (che portò via con scaltrezza unica ai suoi soci iniziali) si aggiudicò forniture belliche industriali in entrambi i conflitti mondiali mediante forniture di aerei, treni, mezzi da battaglia, motori per navi e quant'altro, pretendendo di essere pagato dallo Stato italiano non in moneta frusciante bensì in lucenti e pesanti “mattonelle d'oro”. Proprio quelli di cui sopra.E qui ha inizio il terzo atto della tragedia: una madre che si scaglia contro i propri figli di primo letto unici beneficiari di tutto questo bendidìo...sebbene scomodare Dio parlando di lingotti sporchi del sangue dei morti delle due guerre mondiali possa sembrare un po 'fuori luogo.
D
Nel precedente libro intitolato Agnelli Segreti , viene menzionato il nome di una Società dal risibile capitale di alcune migliaia di Lire, pochi euro al cambio d'oggi. È evidente che si tratti di una sorta di facciata eretta allo scopo di occultare ben altro, dunque chiedo cosa celi e quali siano i meccanismi interni.
R
Si tratta della famosa Società Semplice Dicembre . Rappresenta l'acme dell'impero Agnelli e da essa dipartono le grandi Società controllate: la Giovanni Agnelli BV, la cassaforte dell'impero ovvero la EXOR NV (entrambe con sede in Olanda). Inoltre, troviamo tutte le altre Società partecipate come la Juventus, la CNH Industrial NV, la Iveco, la Ferrari eccetera. Quindi, in sostanza, chi controlla e possiede le quote (non sono azioni) della Dicembre SS è a tutti gli effetti il padrone di tutto.
La storia di questa Società Semplice è imbarazzante perché oltre ad essere ai più sconosciuta venne escogitata da un vecchio commerciante genovese il quale l'aveva ideata per i pescatori. Intendo proprio coloro i quali escono in mare per andare a pesca. E dunque, per metterli al riparo dall'obbligo di redigere il bilancio perché non contavano più di un dipendente ciascuno, ideò questo meccanismo che col tempo migrò sino in Piemonte dove attecchì soprattutto tra i grandi proprietari terrieri. Ergo, Gianni Agnelli, su suggerimento di Franzo Grande Stevens, ha deciso di sfruttarne tutti i vantaggi.
Attenzione: la Dicembre , esiste dal 1984 e soltanto grazie al sottoscritto, nel 2011, la Camera di Commercio – che è tenuta per Legge a tenere aggiornato il Registro delle Imprese – si è degnata di aggiornare una parte del libro Soci della Dicembre .
D
Per quale motivo un giornalista per giunta estraneo alle dinamiche societarie del Dicembre dovrebbe sollecitarne l'aggiornamento presso la Camera di Commercio?
R
L'ho dovuto fare in quanto dal 2009 in poi nei miei libri l'ho citata ripetutamente e dentro di me dicevo: “Dal momento che non trovo tracce ufficiali di questa Società, se per caso “questi” intendessero querelarmi, come potrei mai difendermi in sede di giudizio”? Ma non è tutto. Attivatomi con la CCIAA vengo a scoprire che i nomi dei Soci fossero rimasti gli stessi identici del 1984 ed il capitale era ancora trascritto il Lire. Cioè, Gianni ed Umberto erano morti da anni ma i loro nomi non erano stati sostituiti con altri nomi. Una Società di defunti!
A quel punto mi dovetti rivolgere al Tribunale delle Imprese, chiedendo che venisse aggiornato l'elenco dei nomi. Mi venne bellamente risposto che avrei dovuto fornire quantomeno delle prove evidenti circa l'effettiva morte dei Soci. Non mi restò che far loro ricapitolare una dozzina di chilogrammi di ritagli di giornale ed il giudice delle Imprese si vide costretto ad enucleare i due illustri nomi. Da allora, il nuovo elenco ha annoverato nell'ordine: Marella Agnelli di 94 anni con 10 quote da 1.000 Lire ciascuna; Cesare Romiti di 98 con una quota da 1.000 Lire e Gianluigi Gabetti che ne aveva 92 con una quota identica al Romiti. Correva l'anno 2011, ricordiamolo.E sino al mese di Luglio di quest'anno (2022) i loro nomi erano ancora lì com'era accaduto per Umberto e Gianni. Ricapitolando, con un capitale sociale di 12 Mila Lire, i tre controllavano un impero di dimensioni inimmaginabili distribuendo dividendi per milioni e milioni di euro l'anno.
D
Luglio 2022. Meno di cinque mesi fa, cosa è accaduto di preciso?
R
È accaduto che il famoso commercialista Gianluigi Ferrero, neopresidente della Juventus, ha depositato presso la CCIAA tutti i documenti che erano stati mantenuti nascosti: si tenga presente che in Italia non depositare questo tipo di documenti comporterebbe alle brutte una multa di appena 500 euro.. La domanda che dobbiamo porci ora è: perché John Elkann – membro della Dicembre dal 1997 – si è deciso a mettere ordine nelle carte della Società dopo venticinque anni? La risposta è perché mi sono mosso io che non volevo correre il rischio di finire sotto al torchio di questa gente. E per riuscire a smascherare questo loro omertoso silenzio, stavolta, mi sono direttamente rivolto alla Security Excange Commissiondi Washington che regola alla Borsa di New York le attività delle Società quotate. Ed ho inoltrato la missiva per conoscenza a tutti i vari CEO delle più grandi Società automobilistiche mondiali. Il testo recita pressappoco così: “Da anni ci sono due Società del settore Automotive quotate alla Borsa di New York le quali non hanno consegnato tutti i documenti anzi, li hanno occultati commettendo un grave reato nei confronti degli azionisti ma soprattutto nei confronti della Società che deve controllare i titoli della Borsa di NYC ed i nomi di queste due Società sono FCAA e Ferrari.
Ecco spiegato il motivo di tanta fretta: John non teme certo la Legge italiana oi tribunali territoriali, no! Teme però la Legge statunitense e le indagini della SEC
E concludendo riportando quelli che sono gli attuali nomi dei soci della Dicembre: John Elkann col 60%; suo fratello Lapo col 20% e la sorella Ginevra col restante 20%. Posso solo aggiungere che ci sono alcuni contorni che ancora mi sfuggono e mi appello a quanti possono in qualche modo venirmi incontro aiutandomi a sciogliere un ultimo nodo: a seguito delle tragica vicenda occorsa a Lapo Elkann salvato in extremis grazie all'aiuto fornitogli da Donato Brocco in arte Patrizia – nota trans operante a Torino al tempo – costui venne liquidato con una somma di circa 130 milioni di euro. Un nonnulla se confrontato col 20% dell'impero rappresentato dalla Dicembre . Impero di cui egli fa ancora parte a pieno titolo; non so se mi spiego.Se desiderava liquidarlo in toto , sarebbe stato logico attendere che gli venissero confiscate le quote o adeguatamente pagate, giusto? Forse si è trattato di un'operazione di maquillage tesa a ripulire l'immagine del Gruppo? O c'è dell'altro? Ecco, questo, per me, rimane un punto cruciale cui venire a capo mi rimane difficile.
D
Confesso di essere rimasto colpito, oltre che dalle cifre inimmaginabili, dalla quantità di ricerche condotte. Un giornalista per quanto capace e noto come lei, può arrivare a tanto da solo o si è avvalso del valido sostegno di collaboratori e professionisti nei vari settori?
R
Senza rivelare le fonti ed i nomi, rispondendo mantenendo fede allo svolgimento degli eventi. Sin dalla pubblicazione del primo volume dedicato alla Famiglia Agnelli intitolato I Lupi e gli Agnelli (2009) sono stato contattato da una sfilza di personaggi più o meno attendibili. Tutte le persone accomunate dal desiderio di incontrarmi e raccontarmi aneddoti e segreti che ho dovuto valutare, dosare e selezionare con estrema attenzione. Con parecchi ci siamo incontrati de visu ed ho potuto attingere a piene mani, questo è innegabile. C'è stato anche chi ha avanzato l'ipotesi che io ce l'avessi con la famiglia Agnelli.Ma al netto di tutto ciò, rimane un dato di partenza molto significativo: quanta esasperazione, delusione e frustrazione potevano albergare nell'animo di una figlia spinta a rivolgersi ad un tribunale per ottenere il rendiconto dettagliato voce per voce dei possedimenti del defunto padre coinvolgendo nomi di peso come quelli di Gianluigi Gabetti, Franco Grande Stevens e Sigfrid Maron quali persone informate dei fatti? E come mai nessuno si è voluto calare nei panni del mediatore magari proponendo un incontro chiarificatore lontano dai riflettori? Vedete, quando ci si trova davanti alla Corte, non è mica sufficiente produrre ritagli di giornali o pettegolezzi. Per farsi dare ragione, ci vogliono pezze d'appoggio chiare ed incontrovertibili.Ecco che a quel punto mi son detto: se riesco a mettermi dietro a questa storia e riesco ad individuare il canale per cercare di ottenere gli Atti e le copie dei documenti scottanti relativi a questo gigantesco processo, avrò fatto bingo. Una mera questione di natura giornalistica.
D
Che nessun giornalista abbia avuto il fegato di insinuarsi nelle pieghe di questa storia, non mi sorprende minimamente. Mi sorprende inve ce il fatto che un Gigi Moncalvo si sia calato in questa sorta di “noir dinastico”, col passato e l'esperienza di alto giornalismo alle spalle che può vantare. Non è mai stato sfiorato dal timore che le potesse accadere qualcosa di spiacevole? Ad esempio, scoprire che anche per lei l'attraversamento dei caselli autostradali possa rivelarsi fatale?
R
Nel corso della mia carriera, no mi sono certo risparmiato ed ho accettato i rischi del mestiere. Sono stato il primo giornalista italiano ad aver fatto accesso all'interno della centrale di Chernobyl. Ho lavorato in Afghanistan al tempo dell'occupazione sovietica ed ho visto coi miei occhi la devastazione della guerra nella ex Jugoslavia. Ho intervistato Gheddafi e la Thatcher e mille altre cose. Mai e poi mai avrei pensato che un giorno avrei potuto ritrovarmi coinvolto in un simile intrico di elementi arruffati, confusi e poco chiari. Inoltre, confesso di essere rimasto attratto dal fatto che nessuno fosse stato sfiorato dalla fantasia di mettersi sulle tracce degli Agnelli. E da cronista quale sono, ho scelto di farlo io.In parole povere, ho fiutato l'affare inteso come l'opportunità di diventare l'unico esperto in materia. Qualifica che mi riconosco senza falsa modestia! Ma al contempo non mi sono mai fatto illusioni perché ho sempre mantenuto presente a me stesso la realtà: in un Paese come il nostro, nessuno – ad eccezione di un pubblico elitario e selezionato – avrà il coraggio di dare spazio ai miei libri dedicati agli Agnelli . E mai nessuno ne parlerà né bene né male perché i miei colleghi non sono le persone libere che professano di essere.
Vieppiù, proprio in virtù di questa forma di rifiuto ostinato di fornire indicazioni o notizie su fatti di cui si è al corrente, per proteggere la propria sicurezza personale, per timore di venire coinvolti in date situazioni e per un malinteso senso dell'onore, io sono arrivato al punto di offrire la somma di 30 mila euro in contanti al primo giornalista del gruppo controllato da John Elkann (La Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX) che oserà parlare dei miei libri. Che ne parli anche male, li critiche e ne faccia quello che vuole purché lo faccia ma... so già che non spenderò questi euro.
D
Un noto precetto di pratica utilità dice che chi si loda si sbroda. Ne consegue che chi non perde occasione per sbandierare la propria autonomia di pensiero e libertà di parola non fa altro che denunciare i propri limiti servili. C'è da chiedersi quanto possano essere attaccati alla poltrona.
R
Colui che stacca milioni di euro in stipendi mensili per mantenere le testate che controlla e per gli onorari di chi vi è impiegato a vario titolo e che stacca anche gli assegni delle pubblicità dei vari componenti del Gruppo che domina col 60% mediante la Dicembre per far sì che appaiano sulle pagine delle testate e sulle emittenti televisive che non gestisce direttamente ma foraggia a suon di soldoni, incute timore.
D
Esistono delle eccezioni?
R
Ce ne sono. Poche ma ce ne sono. Un esempio tra tutti è Striscia la Notizia di Antonio Ricci. L'unica testata che abbia avuto il coraggio di denunciare lo scandalo delle macchine costruite coi fondi pubblici addirittura anticipati dal Commissario Arcuri il quale ha donato al Gruppo gli stabilimenti di produzione a titolo gratuito. Attenzione: parliamo di mascherine che non valgono un tubo! Poiché sprovviste dei requisiti minimi richiesti per Legge. Il simpatico inviato Marino Morello si è mosso liberamente, con indipendenza ed autonomia, arrivando a scoprire che molti Prèsidi di scuole elementari e medie si erano visti costretti a rispedire al mittente quei prodotti scadenti confezionati al peggio;notizie che il cosiddetto mainstream si era guardato bene dal divulgare. Per qualche puntata è riuscito a far emergere responsabilità incontrovertibili. Poi ahimè anche Morello ha contratto il virus, si è dovuto mettere a risposo e una volta guarito l'enfasi era scemata.
D
Una sorta di autocensura applicata e tollerata da chi dovrebbe metterla al bando?
R
Ne vorrei riportare una davvero grossa. Ricordate la famosa pellicola del 1991 con Anthony Hopkins e Jodie Foster intitolata Il silenzio degli innocenti ? Ebbene, in tutto il mondo, il libro da cui è stato tratto il film s'intitolava Il silenzio degli agnelli, -The silence of the lambs -. Ed aveva quel titolo perché la Foster nel film cresce col padre adottivo in una fattoria nella quale di notte ella udiva gli strazianti belati degli agnelli che erano macellati dal patrigno e sognava di salvarli per porre fine allo strazio. Ed ecco che Hopkins le dice: “Tu non troverai pace fino a che gli agnelli non smetteranno di urlare”. Ebbene, solo in Italia il sostantivo agnelli è stato sostituito con innocenti .Ora, per fare una battuta, ricordo bene che la Innocenti producesse vetture formidabili ma... qui siamo al patetico. E tenderei ad escludere che l'Avvocato al tempo avesse potuto alzare la cornetta del telefono e richiedere un cambio eclatante al titolo. Qui siamo proprio di fronte ad un raccapricciante esercizio di vile sottomissione punto e basta. Gente che vive con freno a mano tirato in cerca di una pacca sulla spalla da parte di chi conta.
Ecco perché son sicuro che risparmierò i 30mila euro in palio per il primo collega che si dovrebbe assumere il rischio di parlare dei miei libri; perché non c'è, non esiste e non si troverà un impavido. Mi andrebbe bene pure che verghi due righe in cui riporti che Agnelli Coltelli sia una cagata pazzesca. Lo pagherei comunque! Certo, ci sono andato vicino. Ed è accaduto proprio ieri quando sul Corriere della Sera è apparso un articolo a firma di Monica Colombo – giornalista sportiva – dedicato ai “casini” in cui attualmente ristagna la Juventus. Ebbene, ella è arrivata a citare il titolo del libro ma non il mio che ne sono l'autore. Non credo serve aggiungere altro!
D
Edoardo Agnelli dichiarò: “Se il potere della nostra famiglia casca nelle mani sbagliate , è una cosa estremamente pericolosa per questa nazione. Mio padre ha una grossissima responsabilità di fronte alla sua coscienza”. Che lettura ne dà lei?
R
Il ventiduesimo anniversario della morte di Edoardo Agnelli è ricorso appena quindici giorni fa, precisamente il 15 Novembre. Per caso hai colto qualche segnale da parte dei nipoti? Lapo, quello che parla di tutto dalla pastasciutta al miracolo di San Gennaro, ha forse twittato mezza riga in memoria dello zio deceduto in circostanze misteriose? Hai visto una virgola sul sito della Juventus di cui è stato dirigente? Hai visto una virgola per ricordare “l'Agnelli sbagliato”? Perché lui era ed è stato considerato sempre “l'Agnelli sbagliato” così come ora potrebbero “sbagliata” sua sorella Margherita. Ma attenti: coloro che hanno rimosso il ricordo di Edoardo lo hanno fatto in quanto egli è un personaggio ingombrante.Ci avrà senz'altro messo del suo in questo essere ingombrante, è innegabile. Ma era considerato ingombrante perché diceva la verità! Quando morì di cancro Giovannino Agnelli, dopo appena tre giorni Gianni Agnelli nominò al suo posto un ragazzo inesperto di diciannove anni, racconto John Elkann; come a dire “tanto questo posto lo può occupare chiunque”. Fu uno sfregio. Giovannino venne ucciso due volte. Una volta dal cancro ed una volta da suo zio. Non sembrano queste mani sbagliate ?
Pensiamo per un attimo se Edoardo fosse ancora vivente. Oggi sarebbe sulla settantina ed avrebbe partecipato a pieno titolo alla famosa spartizione ereditaria. Ergo le quote non sarebbero più state solamente due, Marella e Margherita ma sarebbero state tre: Marella, Margherita ed Edoardo. Conseguentemente fratello e sorella si sarebbero coalizzati contro la madre e quest'ultima non avrebbe potuto ordinare il pianoforte assieme ai Gabetti, Stevens e Maron a vantaggio dei nipoti Elkann. E non avrebbe certo potuto scavalcare il primogenito maschio con un nipote come John che nell'asse non avrebbe vantato alcun diritto di prelazione.Sono pronto a scommettere che qualcuno gioì a cadavere ancora caldo quella mattina del 15 novembre 2000. Perché era caduto un ostacolo insormontabile posto al centro di quell'immaginario viale alberato che John avrebbe finalmente potuto percorrere trionfalmente verso l'autoproclamazione di capo incontrastato del Gruppo. . E ripeto autoproclamazione in quanto nessuno, nemmeno il nonno Gianni lo ha mai nominato leader supremo. E se qualcuno dovesse domandarsi a chi abbia giovato il tutto, la risposta è Gabetti e Stevens, elementare Watson! Gli unici due che hanno continuato a comandare come sempre in passato, nient'affatto impensieriti dalla presenza di un diciannovenne inesperto, incapace e totalmente all'oscuro di quel mondo pregno di meccanismi e scatole cinesi che essi ben conoscevano.
D
Di Agnelli non ne rimangono molti in circolazione, ad eccezione di Andrea e del figlio Giacomo. Quanto tempo dovrà trascorrere affinché possa giungere la coltellata definitiva al cognome che a quel punto passerà definitivamente alla storia?
R
Questa è materia di apertura del nuovo libro Agnelli Coltelli .
Facciamo un elenco veloce comprendente uomini e donne che ancora ne portano il cognome. Due sorelle dell'Avvocato di oltre 90 anni e Margherita di quasi settant'anni. Con loro tre, si estingue il ramo di Gianni. Poi abbiamo i discendenti di Umberto: Andrea e sua sorella Anna. Poi troviamo bambini, adolescenti ed adulti che sono: la figlia di Giovannino Virginia di circa 25 anni, i quattro figli di Andrea compresi tra i 2 ed i 14 anni ed infine la figlia di Anna Agnelli che si chiama Luna.
Ne deriva dunque che quelli che Margherita definisce les usurpateurs (gli usurpatori) ovvero i suoi figli di primo letto, siedono sul trono degli Agnelli senza né meriti né diritti. E se non dovesse intervenire un giudice degno di tale nome a ristabilire gli equilibri mediante l'imposizione della cancellazione degli accordi del 2004 e la relativa restituzione delle azioni dell'Azienda da sottrarre dalle grinfie degli Elkann, non ci saranno speranze di rivedere il cognome Agnelli nel prossimo futuro.
D
La Juventus sta perdendo il cognome storico. È questione di giorni. Che giudizio ne dà?
R
Chi ci dice che quanto avvenuto recentemente alla Juventus non sia una manovra ordita a tavolino avente lo scopo di infiacchire Andrea Agnelli sul quale far ricadere le responsabilità della malagestione? Non potrebbe essere un escamotage volto ad offrire da un lato la testa del colpevole alla magistratura torinese e dall'altro consentire ad un John di rifarsi una verginità agli occhi degli inquirenti che lo vedranno come il deus ex machina che giunge dall'alto per rimettere ordine nelle casse dissestate?
D
Juventus. Un commento per il tifoso attento, quello che non si fida ciecamente delle notizie riportate dai “giornali di famiglia”.
R
È anche questo uno scontro tra parenti, come quelli sin qui riportati. Ma andiamo per gradi. Nello specifico, tra John ed Andrea, affronterei innanzitutto la questione partendo dal piano umano. E sul piano umano c'è da sottolineare un dato essenziale: se affondi il coltello nella schiena del tuo cugino il quale sta attraversando una delicata fase della vita contrassegnata da una sfilza di difficoltà, stai dicendo urbi et orbi che lui e non altri sia il solo colpevole dei dissesti societari. Su questo non ci piove. Senza contare che la Legge italiana parla chiaro e si è ritenuti innocenti sino al terzo grado di giudizio. E al momento non siamo nemmeno giunti al primo, non so se mi spiego.Quindi John che tra i vari incarichi è anche un editore, sta emanando segnali devastanti di sé e della propria dubbia moralità. Se tratti così un parente in condizioni critiche, non oso immaginare di cosa tu sia capace di fare nei confronti dei dipendenti delle testate di cui sei capo. E a margine di tutto ciò, in secondo luogo dobbiamo considerare un ulteriore fattore di fondamentale importanza: John è il più “amato” dai parenti perché è colui il quale consente loro di svolgere vite da nababbi tra dividendi e rese finanziarie. Ergo nessuno osa contraddirlo per proprio tornaconto. Prova ne è il fatto che nessuno si sia sognato di rinfacciargli il tradimento perpetrato alla memoria del nonno e del bisnonno i quali sono sempre stati ligi al precetto “mai vendere e mai cedere”.Mentre lui si è venduto di tutto pur di far bottino. Basterebbe dare uno sguardo alla composizione del CDA di FIAT al cui interno siedono sei francesi contro cinque italiani. E tra i francesi spicca un membro del governo francese nominato direttamente dal banchiere dei Rothshild Emmanuel Macron attuale Presidente della Repubblica francese dal 2017. E secondo voi, quei sei membri del board di nazionalità francese faranno gli interessi italiani o quelli dei galli? Se ci sarà da chiudere uno stabilimento al Sud od in Francia, quale faranno chiudere? Se saranno necessari tagli al personale, licenzieranno gli italiani o i francesi?
Con ciò non intendo scaricare l'intero fardello delle scelte errate esclusivamente sulle spalle di John Elkann. Perché compirei io stesso un errore imperdonabile: quello di non aver ricordato al popolo italiano – notoriamente orfano di memoria storica – che sono la bellezza di cinquant'anni che viene derubato senza che opporre un briciolo di resistenza. Un popolo di migranti del Sud che andavano a sgobbare al Lingotto tra mille difficoltà, prima tra tutte quella abitativa perché ai terroni nessun torinese voleva affittare casa, mentre gli Agnelli prendevano i contributi per la Cassa del Mezzogiorno, quelli a fondo perduto, le esenzioni fiscali le Leggi ad personam, gl'incentivi per le rottamazioni delle auto usate ed il contingentamento delle importazioni di auto straniere mentre dominavano il settore del trasporto rigorosamente su gomma a danno di quello marittimo, ferroviario ed aereo. Questo fiume di denaro pubblico è sempre provenuto dalle nostre tasche di orfani di memoria storica e la famiglia Agnelli lo ha intascato senza reinvestire in ricerca o produzione per farlo sparire nei conti cifrati all'estero. Pensate che sia cambiato qualcosa in questi ultimi anni? Certo che no! I 6.7 miliardi di euro donati dal governo Conte sotto forma di contributi alla lotta alla pandemia per realizzare le mascherine spazzatura di cui sopra, quel Conte del reddito di cittadinanza, dove li mettiamo?
Di tutto ciò, l'italiano medio ha solo voluto ascoltare quello che più gli piaceva ascoltare, ovvero che la Juventus alterasse a proprio piacimento i risultati delle partite e corrompesse gli arbitri. Un'eccellente macchina di distrazione di massa creata ad hoc per non far capire a quell'italiano medio che lo stavano riducendo sul lastrico a forza di prelievi incessanti, tasse e gabelle. Un'emorragia di denaro finito nelle casse di un Gruppo che ha fatto sparire tutto nella più colossale truffa allo Stato mai vista prima.
Andrea Signini, Dicembre 2022
Come e perché Agnelli Coltelli dovrà essere il libro da piazzare sotto l'albero di Natale 2022
Invece di perdere tempo davanti alla televisione, perché non leggi un bel libro ? Chi non ha ascoltato almeno una volta un'idiozia simile? Idiozia in quanto scegliere un “bel libro” è tutt'altro che semplice. Molto meno impegnativo è pigiare i tasti del telecomando lasciando l'encefalo alla deriva. Però, con l'avvicinarsi di feste natalizie e compleanni, chi vuol vestire i panni del dotto ripulito, dona immancabilmente un libro. È un rito irresistibile che viene ripetuto per due ordini di ragioni. La prima riguarda la spesa contenuta: nel raggio dei quindici euro ci si sente padroni di spaziare dal manuale di cucina al romanzo strappalacrime.La seconda riguarda invece un distorto riconoscimento dei propri meriti: “Il regalo te l'ho fatto, non ho la più pallida idea di cosa trattino queste pagine ma tu penserai che io le conosca quasi a memoria ma la cosa non ha alcun valore poiché già da domani non ne parleremo più”. Ecco spiegato il motivo per cui le mensole delle case che frequentiamo sono vistosamente incurvate dal peso di carta stampata che nessuno ha mai nemmeno sfogliato.
Ma ci sono delle eccezioni. Raro ma esistono. Ed è proprio a queste che l'intervista a Gigi Moncalvo si rivolge. Mi riferisco a coloro che sanno dare ascolto alla vocina che avvertono dentro, che li spinge a ricercare dove i dotti ripuliti non cercano e li spinge a vestirsi per recarsi presenti in libreria ad afferrare e riafferrare tutto ciò che trovano attraente, sbirciando prefazioni, leggendo sinossi e contemplando copertine colorate nel mero tentativo di farsi un'idea del testo adatto alle proprie esigenze. E quello adatto alle proprie esigenze è immancabilmente quello che non vedi l'ora di pagare alla cassa, mettere sottobraccio e portare in fretta a casa. Perché è lì che inizierai a costruire un rapporto con l'autore o l'autrice che sia.
Tanto più la scelta sarà stata azzeccata tanto più sentirai affiorare un senso di rispetto per chi avrà vergato quelle pagine, frutto di mesi ed anni di certosine ricerche che arricchiranno te e quanti ti ascolteranno parlarne. Ciò ti renderà una persona di certo più accorta, capace di leggere la contemporaneità con la sensibilità che chi pigia i tasti del telecomando non si sogna nemmeno.
“La rivolta delle coscienze. Siamo troppi, inutili e dannosi? (Storia, Religione e Moneta)”. Titolo emblematico e contenuti che trattano aspetti della storia umana dalla grande rivoluzione agricola del neolitico alle rivoluzioni industriali degli ultimi Secoli sino ai giorni nostri. Temi trattati con tutt'altro spirito anche nel controverso testo di Klaus Schwab. Quali sono gli obbiettivi che l'hanno spinta a mettere nero su bianco questa lunga serie di analisi?
Ho scritto questo libro con tre obbiettivi chiari in mente: il primo, fare delle previsioni a cinque, dieci e vent'anni soprattutto in funzione della verità sui vaccini e dintorni perché da quello dipenderà il crollo dell'impalcatura del cosiddetto “potere”. E sembra che le cose, ad oggi, stiano prendendo la piega da me descritta in queste pagine. La seconda ragione, è contestare quanto propalato dal mainstream secondo cui noi umani saremmo troppi, inutili e dannosi. Non è vero che siamo troppi, in quanto il pianeta è fortemente sottopopolato, escluse le grandi città. Prendiamo ad esempio la nostra Nazione: l'Italia è un Paese grandemente sviluppato e la popolazione risiede in tante aree di piccole dimensioni. Ma anche volendo ampliare il panorama, noteremmo che la stragrande maggioranza della popolazione mondiale vive sulle coste mentre le aree interne sono scarsamente popolate se non addirittura disabitate. Non siamo inutili, perché checché se ne dica, l'industria 4.0, l'intelligenza artificiale e la robotizzazione sostituiranno gli addetti nel manifatturiero ma per quanto riguardi i beni immateriali, servizi di cura delle persone, dell'ambiente e tutte quelle attività creative, l'effetto dell'attività artificiale e della sostituzione degli umani riguarderà una percentuale variabile dal 10 al 15%. Ergo, avremo bisogno di milioni e milioni di addetti nei comparti dell'economia circolare e dell'economia non materiale eccetera.
Terzo aspetto: siamo davvero dannosi? Io ribalto questa vulgata ambientalistica e ne approfondisco gli aspetti per dimostrare dal mio punto di vista di economista e non di scienziato dell'ambiente quelle che sono le effettive cause del surriscaldamento del pianeta.
Dulcis in fundo, ho inteso rendere comprensibile quanto importante sia il recupero dei valori che abbiamo perso di vista: i valori cristiani, quelli socialisti e quelli liberali. A mio personale avviso, è di primaria importanza riacquisire il tesoro culturale smarrito negli ultimi decenni, andare fino in fondo per recuperare il bandolo della matassa. Altrimenti, l'alternativa sarà quella dello sprofondamento totale in quel liberismo mascherato di nazismo come descritto da Harari, braccio destro di Schwab, secondo il quale gli esseri umani si devono estinguere in gran parte per fare spazio a non si capisce bene chi, forse una razza superiore, cibernetica o cos'altro.
Recuperare il bandolo della matassa... mi fa pensare ad un altro bandolo, quello che ogni governo sbandiera appena s'insedia e poi perde di vista: recuperare il sommerso. L'opposizione lamenta scarsa incisività alla lotta all'evasione fiscale e carenza di strumenti per attuarla. Che impressione ne ha ricavata sulla base dei pochi elementi sin qui disponibili?
L'annunciata tregua fiscale e l'innalzamento del limite al contante, contrariamente a quanto si sente ripetere, non sono strumenti per combattere l'evasione fiscale. È semmai il rapporto con le banche il fulcro di tutta la faccenda. Da Direttore Generale del Ministero del Lavoro, l'ho potuto constatare coi miei occhi: un'azienda deve ricevere immancabilmente assistenza totale dalla banca cui è appoggiata per sopperire al lasso di tempo che intercorre tra l'incasso delle somme ed i pagamenti da onorare. Tutta la politica, da destra a sinistra, ha pedissequamente ignorato il tema portando, nel lungo periodo, le aziende medesime a fare i veri salti mortali per far quadrare i conti. Tutto ciò questo è sbagliato ed espone a rischi concreti di evasione fiscale.
Non sarà sfuggito il fatto che sempre più attori si stiano costituendo in quelle che potremmo definire “forme di credito fai da te” in cui la banca e l'azione bancaria vengono sostanzialmente scavalcate. L'azione dell'attuale governo – così come ci appare adesso – è improntata a fare la battaglia a chi guadagna piccole somme e, nello stesso tempo, non riesce a comprendere la dimensione del fenomeno che invece è stato inquadrato alla perfezione dalla Germania la quale, da tempo, ha imposto alle proprie banche attive sul territorio di operare a vantaggio delle aziende per il bene esclusivo della propria economia. Ha visto qualcosa di simile anche qui da noi? Certo che no! Di conseguenza, ecco che chi si vede vessato dallo Stato e dalla banca, deve necessariamente trovare delle vie di fuga più o meno lecite per sopravvivere.
Innalzamento del contante, dice. La decisione di innalzarne il limite minimo ha sollevato un polverone politico. Lei ritiene che questa Legge possa in qualche maniera agevolare la criminalità organizzata o possa agevolare il nero?
Innanzitutto, dobbiamo suddividere la materia in tre contenitori distinti e separati: il limite all’uso del contante; la detenzione del contante e l’eliminazione del contante. E sulla corruzione e sull’economia sommersa non c’entra il tetto all’uso delle banconote, che questo sia chiaro. Perché la corruzione ha già preso le sue contromisure mentre l’economia sommersa avrebbe bisogno di ispettori, di controlli amministrativi mirati. In altri termini, ritenere che i fenomeni corruttivi possano basarsi sul solo scambio di denaro e mazzette, è un concetto da ritenersi del tutto obsoleto. I canali che costoro sfruttano sono di tutt'altra natura: beni mobili come orologi, gioielli, ingenti quantitativi di oro come anche escort e criptovalutele.
Imitare la Germania per fare il bene delle nostre aziende... ma l'impressione che abbiamo ricavata è quella che questo governo intenda piuttosto lasciar fare chi vuole fare. Che lettura ne dà?
La mia opinione personale è che la Meloni, in questo specifico caso, si riferisse al Governo da lei presieduto e non ad altro. Soltanto tra qualche tempo, potrò essere più preciso.
La BCE ha annunciato di voler alzare i tassi. Qual è il suo giudizio in merito?
Se ci trovassimo di fronte alla necessità di neutralizzare un'inflazione da domanda, sarebbe corretto e si darebbe un freno all'economia. Ma stante il fatto che non è questa l'attuale situazione, la scelta si conferma errata: l'inflazione che dobbiamo contrastare è relativa ai costi, mi spiego? E dunque sarebbe opportuno gettare l'occhio alle manovre della FED americana la quale punta su trasporti, investimenti e logistica. Il tutto si riflette in ultima analisi sui costi delle importazioni di quelle Nazioni che dovranno spendere di più per approvvigionarsi di quegli stessi beni e servizi che oggi acquistano a meno, a scapito delle esportazioni europee ovviamente.
In conclusione di questa intervista, qual è il profilo del lettore ideale di questo testo?
Mi piacerebbe che questo testo venisse letto soprattutto dalle nuove generazioni; a loro affido il compito di procedere verso un recupero fattivo di quanto ci è stato sottratto. Il mio ruolo, adesso, è quello di formatore e informatore. Alle giovani leve quello di operare una sana rivolta delle coscienze.
Andrea Signini, Novembre 2022
Tra i libri preziosi usciti in questi ultimi mesi, che possono aiutarci a meglio comprendere gli aspetti più critici, più problematici e più vergognosi degli anni atroci della dichiarata “pandemia”, merita indubbiamente una particolare attenzione il ponderoso volume di Fulvio Di Blasi, Vaccino come atto d’amore? Epistemologia della scelta etica in tempi di pandemia (Phronesis Editore, Palermo 2022). L’autore è avvocato e dottore di ricerca in filosofia del diritto, esperto di etica, con una spiccata passione per il pensiero di Tommaso d’ Aquino. Ha insegnato in diverse università, sia in Italia che all’estero ed ha al suo attivo più di 200 pubblicazioni.
Quest’ultimo suo libro, dedicato ad un attentissimo esame critico di cruciali aspetti e momenti della vicenda pandemica, risulta costruito con gli strumenti logico-linguistici del giurista, del pensatore e del docente, con ferreo rigore argomentativo e, soprattutto, animato da limpidissima esigenza di Verità.
Nell’Introduzione, il Di Blasi ci rivela di aver accolto con rassegnazione, in una prima fase, “come tutti gli altri (…) tutto ciò a cui tutti dovevamo rassegnarci” (lockdown, mascherine, ecc.), subendo tutti i vari frenetici accadimenti, cercando di ignorare il più possibile giornali e tv, e concentrandosi con la massima intensità sul proprio lavoro. Poi, però, arrivarono le celebri parole di papa Francesco con le quali la scelta pro vaccinale veniva elogiata in quanto “atto di amore”. Parole che ebbero la funzione di scuoterlo dal “sonno dogmatico”, sospingendolo ad alimentare dubbi e ad impegnarsi in uno studio serio e approfondito che, mettendo da parte le facili certezze, lo ha condotto, passo dopo passo, a prendere coscienza di una serie di fatti terribili.
“ Le istituzioni politiche avevano infranto il loro dovere fondamentale di rispettare la verità e la libertà dei cittadini. Avevano violato il diritto di ogni persona libera ad una informazione corretta e onesta. Avevano cercato demagogicamente di orientarne e piegarne la volontà, l’intelligenza e la condotta.
I medici, dopo la prima ondata di eroismo, così carico di magnanimità ed esemplarità, si erano lasciati infine mettere le briglie e standardizzare al ribasso da un potere politico che li voleva burocrati e lontani dai pazienti, almeno fino alle ospedalizzazioni. Si erano lasciati sostituire da direttive povere e generiche di impersonali agenzie governative, ridurre ad attacca francobolli, mortificando l’esercizio di una professione che inizia e finisce sempre con la cura e le attenzioni per il paziente.
Gli scienziati avevano fallito anche loro nel lasciare che un riferimento generico, magico e mistico ad un’entità superiore e inesistente chiamata “Scienza” si sostituisse, nel sentire comune e nella demagogia di politici e giornalisti ignoranti e senza scrupoli, alle discussioni serie e reali tra gli studiosi e al pensiero critico.
Il giornalismo era morto, sostituito dalla volontà di potenza di chi ha in mano i mezzi di informazione e decide di utilizzarli solo ed esclusivamente per convincere tutti dei propri pregiudizi e per farli conformare alle decisioni della classe politica.” (pp. 15-6)
Ma, al di sopra e prima di ogni altra cosa, a ferirlo e a scuoterlo è stata la dolorosa constatazione del fallimento della Chiesa intesa come istituzione. Fallimento, cioè, di molti chierici che, invece di dedicarsi al Vangelo, si sono dedicati a parlare (e straparlare) “di vaccini e di gren pass come se ciò appartenesse al depositum fidei”. Fallimento di una chiesa che, stravolgendo le sue vere priorità e gerarchie valoriali, “si allinea e si allea col potere politico o economico, scambiando il proprio ministero soprannaturale per un servizio assistenziale alle politiche dubbie o opinabili dei regnanti di turno”, che rimane muta “di fronte alla demagogia e alla disinformazione”, che resta “indifferente alla persecuzione di tanti giusti” e “che discrimina e genera conflitti tra i propri fedeli a vantaggio di politiche transitorie di governanti utilitaristi”. (p. 18)
Per il cattolico Di Blasi, la cosiddetta goccia che ha fatto traboccare il vaso, inducendolo alla creazione del suo libro, è stato l’ascolto delle parole del papa (“la più grande autorità religiosa del mondo”) che esaltavano l’atto del vaccinarsi come “atto di amore”, mettendo, in tal modo, le autorità politiche nella condizione di dichiarare indiscutibile “dovere civico” il dire sì ai cosiddetti vaccini anticovid.
In questo modo, fedeli cattolici e onesti cittadini, restii a sottoporsi alla inoculazione, si sono venuti a trovare accerchiati e quasi stritolati fra queste due superpotenze: la loro più che legittima esigenza di esercitare e manifestare il dubbio è stata marchiata come atto di egoismo, tentazione del demonio, atto contrario al bene comune. E, “con la benedizione del Papa e dei Presidenti”, si sono ritrovati discriminati e perseguitati “da tutti con la complicità dei media mainstream”, fatti diventare “il cattivo” per antonomasia, il soggetto egoista e socialmente nocivo che, mentre il grosso della collettività (dei buoni), di fronte al pericolo comune, responsabilmente si compattava, seguendo obbediente la guida dei troni e degli altari, osava inutilmente, scioccamente e pericolosamente dissentire, dubitare, discutere, sottraendosi ai propri doveri morali e civili.
All’avvocato, al filosofo e, soprattutto, al cattolico Fulvio Di Blasi tutto questo è finito per apparire come orribile e inaccettabile, inducendolo pertanto “a mettere al servizio di questi giusti perseguitati” le proprie competenze professionali.
Dai suoi studi e dalle sue ricerche, è scaturito il suo Vaccino come atto d’amore?, libro intellettualmente e culturalmente di rilevante spessore, nato non certamente per fazioso desiderio di polemica, bensì per ragionare ed aiutare a liberamente ragionare, per aiutare a meglio comprendere e a poter quindi agire in maniera più libera e giusta.
“ Non bisogna - scrive - mai aver paura del fatto che le persone pensino e si pongano problemi. Uno degli sbagli più grossi di molte autorità politiche mondiali e di troppi giornalisti è stato di impostare la loro azione sull’indottrinare i cittadini piuttosto che sull’informarli con sincerità e fidarsi di loro, sull’usare carote e bastoni più che ragionamenti (…). Non è mai troppo tardi, però, ed è anche questa una delle speranze che mi ha spinto a dedicarmi a questo lavoro. Nel lungo periodo (e, a volte, si spera, anche nel breve e nel medio), il mondo appartiene a chi decide di essere intelligente e di passare all’azione.” (p. 28)
FULVIO DI BLASI
VACCINO COME ATTO D’AMORE?
Epistemologia della scelta etica in tempi di pandemia.
PHRONESIS EDITORE - PALERMO
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Francesco Pugliese è insegnante liceale di Diritto ed Economia, da sempre impegnato sul fronte dei valori della giustizia e dell’uguaglianza. E’ inoltre ricercatore indipendente e autore o coautore di una trentina di libri, fra i quali merita particolare menzione Abbasso la guerra (Futura-Helios, Trento, 2013), con la splendida Mostra omonima itinerante (oltre cento esposizioni effettuate in tutta Italia).
Con il suo ultimo lavoro, Parole di cittadinanza, siamo di fronte ad un densissimo Glossario di Diritto ed economia che non si occupa soltanto di parole specifiche, ma che presenta anche “esempi, persone, pratiche, esperienze, storie (piccole e grandi) di cittadinanza attiva e protagonisti individuali e collettivi”.
Il libro è stato concepito ed è maturato in ambito didattico ed è destinato ad essere utilizzato come prezioso supporto nel campo dell’Educazione civica e dell’Educazione alla Cittadinanza, come pure in campo storico e geografico, sia in classe che a casa, e mira non solo a definire e ad informare, ma anche a generare curiosità e a suscitare indignazione e voglia di partecipazione democratica attiva.
Il libro di Francesco Pugliese è arricchito e completato da alcune locuzioni latine ricorrenti in ambito giuridico, da una bibliografia essenziale e da una sitografia.
Parole di cittadinanza è un testo quantitativamente e qualitativamente di indubbio spessore, che potrà risultare di grandissimo aiuto a tutti i docenti intenzionati ad attuare una didattica intelligente, stimolante e coinvolgente, nonché desiderosi di avvalersi di uno strumento di lavoro puntuale, in grado di fornire, fra l’altro, notizie non sempre rintracciabili anche nei migliori manuali scolastici (vedi, ad esempio, le ottime voci dedicate al Colonialismo italiano e alla Nonviolenza).
Da sottolineare, infine, che è intenzione dell’ Autore di destinare gli eventuali ricavi economici al finanziamento di un pozzo per acqua potabile in Africa.
Francesco Pugliese
PAROLE DI CITTADINANZA.
GLOSSARIO DI DIRITTO ED ECONOMIA E PRATICHE DI CITTADINANZA.
Per i diritti dell’uomo e della Terra.
HELIOS-FUTURA,
Mattarello (TN), maggio 2022.
Linda Maggiori, con stile limpidissimo, e libero da velenosità di sorta, senza toni aggressivi o esacerbatamente iperpolemici, ci ha regalato un libro preziosissimo. Un libro che ripercorre gli ultimi orribili anni che siamo stati costretti a vivere, facendosi guidare da un sereno quanto fermo bisogno di verità, di logica e di apertura solidale verso tutte le vittime.
Il suo è un libro che può fare molto bene sia ai vax e filovax, sia ai novax, freevax e antivax: aiutando i primi a riflettere e a osservare quanto accaduto più in profondità, oltre i veli mediatici delle apparenze e degli inganni, senza pregiudizi, e senza sentirsi obbligati a dolorose abiure o a radicali apostasie; aiutando gli altri ad affrontare il peso umiliante delle vessazioni passate, presenti e future con un animo consapevolmente fiero, con il coraggio di chi desidera non cedere alle minacce e alla prepotente sottrazione di diritti, e con la fiducia incrollabile che, accanto a noi, lontano dagli schermi e dalle ribalte, c’è tanta gente simile a noi, e che siamo in tanti, e che non siamo necessariamente condannati al naufragio.
Il libro di Linda, insomma, è certamente un libro prezioso per capire di più e per capire meglio, ma è soprattutto un libro che, parlandoci con grande ricchezza di tante reali esperienze vissute, ci dimostra, in maniera convintissima e convincente, che è sempre possibile reagire all’oppressione, che è sempre possibile ribellarsi alla rassegnazione, che è sempre possibile trovare in noi e negli altri la luce e la forza necessarie per dire NO alla violenza, per difendere la propria dignità e per salvare dalla rovina i valori che più ci rendono umani: comprensione, dialogo, rispetto, compassione, solidarietà e affratellante empatia.
Linda Maggiori
Semi di pace!
La nonviolenza per curare
un mondo minacciato
da crisi ecologica, pandemia e guerra
Centro Gandhi edizioni
Il 12 dicembre 2021 si è tenuta a Pomezia presso il rinomato Simon Hotel nella Sala Congressi una Conferenza Stampa di presentazione della LUX-CO EDIZIONI DI FRANCESCA BITTARELLO. E’ stata l’occasione per Francesca Bittarello di illustrare la linea editoriale con le future pubblicazioni librarie per l’anno 2022 e il dinamico e responsive sito web e-commerce della casa editrice e per me di rincontrarla dopo averla già notata alla Fiera “PIU’ LIBRI PIU’ LIBERI”.
La LUX-CO EDIZIONI anche se giovanissima può infatti vantare già un successo: essere stata scelta dalla Regione Lazio, insieme ad altre 10 case editrici, per rappresentarla alla Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria svoltasi recentemente al Convention Center La Nuvola Il successo di “PIU’ LIBRI PIU’ LIBERI” è stata la conferma del momento felice dell'editoria italiana, in particolare di quella piccola. Lo hanno confermato, non solo la grande affluenza di pubblico, ma anche i numeri delle vendite di libri dell'ultimo anno e mezzo. La crescita degli acquisti sui siti delle case editrici, pur su percentuali ancora piccole, è costante rispetto all’1% di marzo 2020, il 2% di maggio 2020, il 3% di ottobre 2020. Probabilmente questo fenomeno si spiega con la maggiore familiarità che gli italiani hanno acquisito nei mesi di pandemia rispetto all’e-commerce: sono 2,7 milioni le persone che hanno iniziato ad acquistare in rete e che prima non lo facevano, pari all’11% dei lettori. Ma al di là dei numeri c'è la soddisfazione di vedere imprenditrici come Francesca Bittarello che, nonostante la criticità del momento, hanno il coraggio di mettersi in gioco e di dare vita ad una nuova casa editrice.
Francesca Bittarello è anche nota ufologa e scrittrice con un primo libro all’attivo nel 2020 dal titolo “UFO GLI ARCHIVI INEDITI”- che ha avuto largo successo di vendite - edito proprio dalla Casa Editrice francese “Lux-Co Éditions” dalla quale in seguito nel giugno 2021 è riuscita con una importante azione manageriale ad acquisirne i diritti di immagine e fondare ad ottobre 2021 la sua casa editrice. Per conoscere meglio questa intraprendente donna l’ho invitata a rispondere ad alcune domande.
Partiamo dal nome della Società, perchè ha voluto mantenere questo file rouge con la casa francese"Lux-Co Edizions", acquisendone logo e nome?
Le motivazioni sono in primis una sorta di gratitudine che anche in un mondo molto competitivo e agguerrito come quello imprenditoriale non dovrebbe mai mancare perché io sono stata autrice del mio primo libro proprio con la casa editrice francese Lux-Co Éditions e il mio libro con loro ha venduto molto a livello internazionale oltrechè in Italia, quindi, la mia prima opera è stata conosciuta dal pubblico internazionale proprio con il nome e marchio che poi sono riuscita ad acquisire a giugno 2021, inoltre il logo della piuma rossa al di là del gradevole impatto grafico la piuma rossa nella sua apparente forma eterea è anche un segno distintivo molto forte significa sicurezza, stabilità, bonne chance, vitalità fisica, energia, forza, forza vitale, forza, coraggio, passione tutte qualità che sicuramente non mi mancano e che metto nel perseguire i miei obiettivi
La sua casa editrice anche se giovanissima è stata tra le 10 scelte dalla Regione Lazio per rappresentarla alla Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria "PIU' LIBRI PIU' LIBERI" svoltasi recentemente alConvention Center La Nuvola. Quali ritiene siano state le motivazione che hanno spinto la giuria a sceglierla tra circa 500 partecipanti ?
Seppur giovanissima la mia casa editrice ha già dei titoli importanti all’attivo, oltre la seconda ristampa del mio libro “UFO GLI ARCHIVI INEDITI”, già un must di vendite per gli appassionati del genere con la Lux-Co francese, e ora in vendita nel catalogo editoriale della mia casa editrice , sottolineo catalogo editoriale in continuo aggiornamento e già è attivo e presente un E-store con titoli in vendita quindi seppur giovanissima la mia casa editrice è già molto avanti rispetto a case editrici più anziane sulla carta ma stantie e obsolete dal mio punto di veduta e gestione dell’ impresa molto manageriale e al passo con i tempi.
Lei è anche nota ufologa e scrittrice con un primo libro all'attivo, che ha avuto largo successo di vendite, dal titolo "UFO GLI ARCHIVI INEDITI" , ha intenzione di scrivere altri libri sull'argomento e/o dare larga risonanza all'argomento attraverso altri autori che publicheranno con la sua casa editrice?
Certo io sono ufologa e sottolineo con una laurea in geografia quindi vengo per così dire dalla scienza ufficiale in più con un prestigioso escursus di studi e lavori paralleli al mondo aeronautico per tale motivo posso analizzare al meglio e scientificatamente il fenomeno UFO in tutte le sue sfaccettature compreso ciò che si potrebbe muovere dietro al nuovo acronimo UAP. Quindi rispondendo nello specifico alla sua domanda nella sezione Ufologia del catalogo editoriale ci sono e saranno i miei libri ne prevedo altri 6 nel prossimo futuro oltre i miei nella sezione apposita ci sarà in futuro anche qualche opera di qualche collega ufologo che deciderò di produrre con la mia Lux-Co.
Quali gli obiettivi che si pone la Casa Editrice "Lux-Co Edizioni" che si affaccia alla ribalta del panorama editoriale italiano dove grandi Case Editrici quali Mondadori, Mursia, Feltrinelli ecc. sono i pilastri dell'editoria italiana da molteplici decenni ?
Prodotto nuovo, innovativo, fresco e di grande rilevo qualitativo ed emozionale e scientifico in più per le opere cartacee una impaginatura attenta e particolare che le distingue dal resto dei libri di altre case editrice, e ovviamente non scordando gli e-book un prodotto concorrenziale al cartaceo ma di grande successo per una fetta di pubblico.
Quali autori ritiene possano meglio caratterizzare la sua linea editoriale? Con quali criteri li ha scelti o intende sceglierli?
Le opere che ho scelto sino ad ora e che sceglierò in futuro per stare nel catalogo editoriale della Lux-Co edizioni, e quelle che stanno in fase di mia valutazione, le reputo tutte di grande successo e impatto emotivo e qualitativo, per non fare torto a nessuno dei miei autori attualmente in catalogo li cito tutti a parte le mie opere abbiamo un libro L’Uomo Innaturale per cosi dire un libro “scandalo” con nuove teorie evoluzionistiche che sta già facendo parlare molto prima della sua uscita ed è del ricercatore e professore siciliano dell’Università di Catania Marco Ragusa già autore di più di 80 articoli scientifici su prestigiose riviste scientifiche internazionali che vede la prefazione dello scienziato Pietro Buffa, poi abbiamo un libro dello storico della seconda guerra mondiale Patrizio Mariotti con Asgarland un libro notevole dove verità storiche certe si intrecciano a verità storiche presunte dove un maggiore delle SS scopre in Antartide qualcosa che era meglio non scoprire e sapere, poi abbiamo la sezione psicologia con un libro Vita Semplice della psicologa torinese Myriam Lopa un libro che leggendolo rafforzerà le proprie convinzioni personali e darà coraggio a chi necessità di fare scelte importanti di qualunque tipo nella propria vita, poi un fantasy mozzafiato che proietterà in un vortice di emozioni recondite L’Avventura ereditata della nota scrittrice di fantasy Gina Marcantonini, poi un libro di fotografia della nota fotografa dei vip newborn Laura Gozzi Newborn & Pregnancy Photography un libro che reputo di grande impatto visivo e qualitativo fatto dalla fotografa top del settore vip, e per la sezione spiritualità un libro di Mirella Valotti Io, loro e noi, un libro poetico e meditativo nello stesso tempo nel discorrere della storia e delle pagine.
Ha già definito una sua strategia di marketing per fare conoscere la "Lux-Co Edizioni"
Ovviamente essendo anche una manager la mia strategia di marketing è iniziata nel momento stesso che ho iscritto la mia casa editrice Lux-Co Edizioni al Registro Imprese Camera di Commercio di Roma come mia Ditta Individuale. Essendo una nota ufologa e organizzatrice di eventi internazionali (la Lux-co Edizioni di Francesca Bittarello come seconda attività registrata ha la mia storica attività di organizzatrice di Convegni e Fiere internazionali) la notizia che avevo creato una casa editrice ha fatto per così dire il giro “mediatico del pianeta” essendo stata ripresa anche da importanti agenzie di stampa internazionali.La mia strategia di marketing è ovviamente legata strettamente alla mia attività di ufologa e organizzatrice di eventi internazionali inoltre sto stringendo accordi con le principali piattaforme per la distribuzione dei miei libri della mia casa editrice senza scordare il punto principale di vendita della mia casa editrice ovvero il mio moderno e competitivo E-Store www.luxcoedizioni.com. Come già detto ho anche un importante accordo con una tipografia dove i libri in cartaceodel mio e-store saranno anche prodotti in carta avorio per un prodotto distintivo e unico e di successo. Ad maiora.
Scrittrice di grande qualità e sensibilità, seguita da un pubblico sempre più ampio, rappresenta mirabilmente le energie, le passioni, i palpiti e la stessa ricca – e troppo spesso – poco conosciuta Storia della Terra di Sicilia.
Quando è iniziata la sua passione nello scrivere?
La scrittura e il teatro sono le mie due vere, grandi, passioni.
Solitaria l’una, rivolta al pubblico l’altra. Non credo di aver mai ‘iniziato’ a scrivere, così come ho sempre recitato. Dal momento in cui ho scoperto che quelle formichine sulla carta potevano diventare nomi, sentimenti, sogni, me ne sono innamorata. Le vedevo prendere vita, emanare suoni, colori e mi piaceva comporle, disporle, far loro assumere significati e sfumature diverse. Comunicare per me significa questo. A teatro ho la possibilità di vivere tante vite, trasformandomi nei vari personaggi che interpreto. Nella scrittura sono i personaggi che entrano in me e vivono accanto a me, raccontandomi le loro storie.
Per lei scrivere è solo un piacevole hobby?
Inesatto definire la scrittura un hobby, se per hobby si intende un piacevole passatempo che ti rasserena e ti rilassa. La scrittura è piuttosto una necessità che a volte diventa dura e difficile da affrontare, come tutto quello che è necessario fare. La paragono all’atto meraviglioso del partorire un essere vivo, dopo una lunga gestazione fatta di riflessione e di ricerca, quando la felicità e la soddisfazione di aver creato qualcosa spazza via ogni traccia di sofferenza. Non per niente chiamo i miei libri ‘i miei figli di carta’.
Ci sono argomenti che preferisce trattare, più di altri?
Non ho mai scelto aprioristicamente l’argomento di un mio romanzo o il periodo in cui ambientarlo. Per quanto possa sembrare strano la scrittura per me ha un aspetto un po’ magico, paranormale quasi. Un’immagine, un fotogramma, un’espressione di un viso mi vengono in mente e cominciano a crescere. I protagonisti vivono la loro vita senza che io possa in qualche modo influenzarla tanto che non so mai quale sarà la fine della storia che racconto. Sono persone non personaggi perché non riesco ad inventare nulla che non abbia radici nella realtà. Quando mi chiedono se un mio scritto è autobiografico rispondo naturalmente di sì perché tutto quello che scrivo è fatto di pezzi di vita che conosco, che ascolto, e che si mescolano in una specie di caleidoscopio. Che una storia sia ambientata nel passato o nell’età contemporanea non fa molta differenza. A me interessa indagare il comportamento delle persone, originato da sentimenti e pensieri che sono comuni a tutte le epoche ma che si declinano diversamente a seconda dell’ambiente e delle situazioni storiche.
Quali i suoi romanzi precedenti e quali gli impegni attuali?
Ognuno dei miei libri mi ha lasciato, una volta finito, un senso di vuoto. Per questo ho sentito la necessità di affrontare un nuovo impegno, un nuovo studio, perché lo scrivere è una forma di studio, dell’uomo, della società, della psicologia umana. Nel primo – ‘I ragazzi della piazza’ – ho cercato di far rivivere l’atmosfera degli anni ’60, su cui tanto si è scritto, attraverso la mia esperienza e quella di coloro che li hanno vissuti. In un altro – ‘Cielomare’ -, in cui i due elementi del titolo si incontrano e si scontrano, emerge lo scontro, violento e doloroso, di giovani contro un destino beffardo che colpisce
alla cieca. Progetti? Tanti, in questo momento anche di teatro e di televisione, e riempiono le mie giornate. Dopo ‘Il commissario Montalbano’ ho girato alcuni episodi di ‘Makari’ la nuova serie di RAI 1, un film sulla situazione dei migranti e un documentario sulla mia terra. La strada non è ancora finita. Per quanto riguarda la scrittura vorrei allargare gli orizzonti dei miei scritti precedenti, arrivando fino ai nostri giorni, con storie e personaggi che vivono nella nostra terra, magica e demoniaca, dolce e terribile, una terra stretta fra i due mostri del vulcano e del mare, che ci assalgono ma anche ci nutrono. Una ispirazione continua.
Leggere i suoi scritti o assistere a una sua performance, quali sensazioni suscita nei lettori e nel pubblico?
Vorrei essere una mosca per spiare le reazioni di chi legge un mio scritto. La lettura è un innamoramento e come tale, inspiegabile. Posso solo promettere ad un eventuale lettore che nelle mie pagine troverà una voce vera, che parlerà anche di lui, che gli svelerà un angolo nascosto di sé che non pensava di conoscere, e che leggendo proverà emozioni e sentimenti vivi come nella realtà, come avviene nei sogni.
Ci parli del suo ultimo, recente, romanzo: LA MALAEREDITA’.
Nel mio ultimo romanzo ‘La Malaeredità’, mi sono immersa in un passato abbastanza vicino che da giovane consideravo noioso inutile e polveroso. Poi, attraverso lettere e documenti da cui emergevano vicende intense e disperate, intrecciate agli avvenimenti politici e sociali della Sicilia di quel periodo, ho
ricostruito storie che sarebbero andate perdute, come lo sono cento altre storie di cui non possiamo conservare memoria. I fatti narrati sono realmente accaduti, i palazzi e le campagne che fanno da sfondo sono ancora oggetto di meravigliate visite turistiche. Pur essendo stato pubblicato in piena pandemia, questo romanzo mi ha dato molte soddisfazioni per i riscontri ottenuti dai lettori e dai critici e per alcuni premi letterari, come il concorso internazionale Città di Cattolica. Andare indietro nel tempo è come sottoporsi ad una seduta di ipnosi, che ti insegna a conoscerti, ad accettarti, anche affrontando qualche luogo oscuro della mente. Mi sono dovuta scontrare con le ingiustizie e i pregiudizi di una società che stava celebrando senza saperlo la fine di un’epoca e l’inizio di una nuova. Per comprendere meglio la grande storia è necessario indagare le vite private di coloro che l’hanno interpretata, senza mai avere la pretesa di giudicare buoni e cattivi.
Grazie alla Scrittrice Maribella Piana per questa intervista!
Per gentile concessione della “http://www.betapress.it”
Grazie alla lettura di quasi tutti i suoi numerosi bellissimi lavori e un collaborativo rapporto amicale, non ho mai nutrito dubbi in merito alle qualità veramente fuori dal comune di una donna come Paola Giovetti, ricercatrice infaticabile dai mille interessi, sempre pronta ad indagare gli aspetti misteriosi della realtà e ad esaminare, con animo spregiudicato e onesto, i vari campi dell'ignoto, dell'esoterico, del mistico e del paranormale Ma la lettura del suo ultimo lavoro ( Incontri nel mondo dei misteri , Edizioni Mediterranee, Roma settembre 2021) è stata, anche per me, una splendida sorpresa.
In quest'opera, infatti, Paola ripercorre il suo ricchissimo cammino di esploratrice dell'occulto, dando vita ad una rassegna variopinta di esperienze vissute in prima persona, a diretto contatto con personaggi dal grandissimo fascino, e facendo sempre prezioso riferimento alle sue pubblicazioni apparse nel corso degli anni, proprio sulla scia di tali incontri.
Inoltrarsi nella lettura di questo suo ultimo libro, quindi, significa intraprendere un suggestivo viaggio dalle mille sorprese, in grado di consentirci di entrare in relazione, di volta in volta, con veggenti e sensitivi come Erik Jan Hanussen, Gustavo Rol e Gerard Croiset, con studiosi come Jan Stevenson e Raymond Moody, con maestri di saggezza come Helena Petrovna Blavatsky e Roberto Assagioli. E sentendoci sempre invitati a riflettere, in maniera apertissima e intelligentemente equilibrata, su fenomeni medianici, materializzazioni, bilocazioni, apparizioni, ricordi di altre vite, esperienze di pre-morte, ecc.
Insomma, un libro gradevolissimo, coinvolgente come un grande romanzo autobiografico e, nello stesso tempo, densissimo di informazioni e di suggerimenti per quanti vorranno provare ad allargare e approfondire le proprie conoscenze sugli infiniti volti del Mistero.
Paola Giovetti
INCONTRI nel mondo del mistero
Edizioni Mediterranee
Letizia scrive il racconto al passato, in prima persona, circa otto anni dopo le vicende narrate, quando è diventata una giovane donna e la società italiana ha manifestato il cambiamento, iniziato negli anni sessanta. La descrizione che fa di se stessa, del suo mondo, delle persone con le quali vive le sue esperienze, è figlia del suo tempo, delle leggi vigenti per il Diritto di Famiglia, del Sistema Scolastico, nonché della condizione storico-sociale italiana negli anni sessanta. La ragazza riuscirà a trasformare le sue paure, l'incapacità di vivere la realtà da protagonista, in una nuova consapevolezza, che la farà sbocciare come donna.
Maria Foffo è nata a Roma, dove vive tuttora. Laureata in Pedagogia alla presenza dei figli, ha esperienza nella scuola Statale Primaria, poi nella Secondaria Superiore, lettere, fino al pensionamento nel 2013. Nel 1992 ha iniziato l'Il volontariato, nella Casa Famiglia “ Bice Porcu ", nel 1998 con l 'Ass.ne “Arché” (lotta all'AIDS Pediatrico), dal 2018 insegna italiano ai migranti, con l'Ass.ne “Monteverde Solidale”. Ha pubblicato il libro “Stelle cadenti” (ed Albatros), nel 2016; diverse poesie in varie Antologie(Rizzoli ed. e Masolino ed.); due racconti nel libro “Bloggami 2020” nel 2021.
Elaborazione grafica di Sheyla Bobba sbscomunicazione@gmaiLcom>
Eternamente Roma di Isabella Alboini è una video guida turistica accessibile a tutti. I 48 QR CODE presenteranno all'interno del libro, su ogni monumento, permetteranno al lettore di viaggiare nella Città Eterna. Ogni articolo sarà quindi accompagnato da un'immagine, da una cartina geografica, il qr code del video ed il relativo link cliccabile sulla versione del libro digitale.
Michele Giuttari |
Ci sono scrittori che hanno la capacità di trasportarci in mondi, situazioni e condizioni tali da sentirci quasi partecipi e testimoni durante la lettura. Non è facile: ci vuole maestria, competenza, cognizione di ciò che vanno a raccontate rendendo l’immaginario perfettamente reale nella testa e nella sensazione del lettore attento.
L’autore che oggi ho l’onore di intervistare fa parte di questa élite ed è uno dei migliori scrittori che il nostro panorama italiano può vantarsi di annoverare. La sua esperienza in campo investigativo ha preceduto l’attività di scrittore legando l’esperienza lavorativa- professionale alle stesure dei libri che ha scritto ricevendo le giuste gratificazioni del pubblico. Parliamo di Michele Giuttari.
Ha fatto parte della Squadra Mobile di Reggio Calabria, ha diretto la Squadra Mobile di Cosenza. Ha svolto le indagini di mafia nel 1993 quando Firenze subì la tremenda strage di Via Georgofili.
Dal 1995 al 2003 è stato Capo della Squadra Mobile di Firenze. Capo del pool investigativo GIDES (Gruppo Investigativo Delitti Seriali).
Di fondamentale importanza la sua attività investigativa sul Mostro di Firenze e sui “compagni di merende”così scaltro e attento nelle investigazioni da suscitare processi e ingiuste polemiche su fatti infondati successivamente azzerati perché sterili e inutili oltre che inesistenti.
A volte la verità viene fatta tacere (n.d.r.).
·LIBRI DI MICHELE GIUTTARI
·Compagni di sangue- 1998 con la collaborazione di Carlo Lucarelli
·Assassini a Firenze- 2001
·Scarabeo - 2004
·La loggia degli innocenti- 2005
·Il Mostro. Anatomia di un'indagine- 2006
·Il basilisco - 2007
·La donna della ‘ndrangheta- 2009
·L’Ammiratore – 2009 Racconto in Tre metri sotto il cielo
·L'investigazione- 2010 (saggio)
·Le rose nere di Firenze- 2010
·I sogni cattivi di Firenze- 2012
·Il cuore oscuro di Firenze- 2013
·Confesso che ho indagato- 2015 (autobiografia)
Veniamo adesso a conoscere meglio il nostro autore:
Gentile dott.re Giuttari, intanto grazie per la sua gentile disponibilità.
D-La prima domanda che vorrei farle, è sapere quanto della sua Carriera in Polizia ha avuto importanza nella sua attività di scrittore
R- La mia esperienza investigativa, acquisita sul campo in oltre 30 anni in zone particolarmente impegnative (Sardegna – Sicilia - Calabria – Campania – Toscana), è stata importante nella mia seconda vita di scrittore nella costruzione delle storie e anche dei personaggi.
Il mio vissuto, però, non ha costituito la trama portante perché, in questo caso, non mi sarei divertito a raccontare fatti già conosciuti da molti, ma ha fornito diversi spunti.
Mi riferisco alle procedure d’indagine, al linguaggio dei poliziotti, all’atmosfera che si respira negli uffici di polizia, alle tecniche d’indagine (interrogatori, perquisizioni, intercettazioni telefoniche e ambientali). In pratica agli strumenti reali di un investigatore. Un patrimonio inestimabile diventato fonte di ispirazione trasferito sulle pagine di un thriller che per definizione, come ogni romanzo, è finzione e la fedele realtà cambia per ubbidire alle leggi dell’efficacia della trama. Ecco allora che in un gioco enigmistico i tempi necessariamente si abbreviano, come pure gli ostacoli di varia natura , quali quelli burocratici o delle piste false che nella scrittura scompaiono o sono solo accennati per non appesantire i lettori mentre nella realtà rivestono un peso talvolta notevole. Conta, dunque, molto l’abilità per conseguire un esito piacevole quanto credibile in grado di soddisfare i lettori.
D- Cosa la infastidisce di più come uomo di giustizia?
R- Come uomo di giustizia non tollererei certe situazioni come quando i superiori dovessero disapprovare il lavoro o i magistrati dimostrare di non crederci ovvero ancora quando si potrebbe intuire che altri personaggi di ambienti diversi dovessero cercare di mettersi di mezzo rimanendo nell’ombra.
Questa sarebbe una giustizia malata destinata a lasciare certi casi insoluti e forse addirittura avvolti da un’aureola di mistero. E credo che di questi casi se ne siano registrati diversi nel nostro Paese anche durante il fenomeno del terrorismo.
Certo la vita di un investigatore può essere segnata anche da episodi di questo tipo, ma è importante non farsi condizionare e proseguire dritto nel cammino intrapreso con la coscienza a posto fiducioso che col tempo la serietà del lavoro sarà dimostrata e ti verrà riconosciuta venendo ripagato degli eventuali colpi bassi che hai incassato.
D- Quanto di Michele Giuttari uomo e investigatore trasferisce nelle sue storie?
R-In realtà le mie attività di uomo e investigatore e di scrittore si sono complementate in maniera del tutto spontanea anche perché non ho avuto bisogno di ispirarmi a nessun vero investigatore per il protagonista delle storie avendo preso a modello me stesso.
In Michele Ferrara, infatti, c’é molto di me. Mi somiglia perfino fisicamente e ha il mio stesso carattere un pò chiuso, il mio senso del dovere, la stessa fedeltà alla propria donna, e anche la stessa determinazione a raggiungere la verità a tutti i costi, anche scontrandosi con le istituzioni. Può darsi che nel descrivermi mi veda un pò meglio di quanto in effetti non lo sia. Non sta, però, a me giudicare.
Non saprei proprio a quale degli investigatori di carta potrei paragonarlo. Forse un po’ a Maigret, un po’ a Dupin…ma non riesco a trovare un modello preciso perché forse assomiglia davvero parecchio a me stesso.
D- Nella sua produzione libraria si sente molto l’autorevolezza e la grande esperienza investigativa. Come nascono le storie dei suoi libri?
R- La scrittura è nata come un hobby, che mi faceva prendere le distanze dalla quotidianità del mio lavoro aiutandomi a rilassarmi dagli impegni delle indagini reali. Ho iniziato ispirandomi a temi veri (serial killer, pedofilia, massoneria deviata…) con riferimenti di vita vissuta rielaborati dalla fantasia contestualizzandoli in altra epoca ed in altro luogo. Ho cercato di curare in particolare la trama che deve essere avvincente per tenere incollato il lettore a ogni pagina. Forse in un thriller è proprio la creazione di una trama che funzioni la parte più difficile del lavoro. Inoltre cerco di far capire la realtà di tutti i giorni esplorata in diverse delle sue pieghe convinto che anche con un romanzo poliziesco, comunque possa definirsi, può parlarsi del nostro mondo reale, dei problemi presenti (criminalità, droga, mafia…).
E’ importante poi la cura dei personaggi che devono essere dalla vita interessante, ben definiti e credibili anche nel linguaggio, con i quali potremmo interagire per vari motivi nella quotidianità.
Una volta delineata la traccia, anche solo generica, della trama è poi la scrittura che man mano che avanza mi porta a svilupparla definendola sempre meglio anche con l’inserimento delle mie esperienze lavorative.
D- So che ci sono grandi novità editoriali in arrivo. Sappiamo che prima di un’uscita vige una specie di “silenzio stampa” ed è giusto così. Ma in confidenza e sottovoce, può dirci qualcosa in merito? Giusto due parole...
R- Ormai è prossima la pubblicazione del nuovo thriller edito da Fratelli Frilli Editori.
E’ una nuova avventura del commissario Michele Ferrara alle prese con una complessa indagine che si svolge non solo a Firenze e che fa capire come il mondo non è tutto nero o bianco perché è sufficiente chiudere un attimo gli occhi per vederlo grigio.
Come gli altri, ha il tipico taglio anglosassone e alla fine ritorna l’ordine, sconvolto dai delitti, in maniera del tutto normale senza alcuna forzatura grazie alle tecniche investigative.
D- Il titolo del suo ultimo romanzo è “Sangue sul Chianti” Uscirà il 15 luglio 2021. Ha già qualche data di presentazione? Quando e dove?
R- Sono già diverse le richieste di presentazione a partire dai primi giorni di agosto (Pontremoli al Salotto d’Europa, Salsomaggiore, Orzinuovi…) e spero di aderire alla maggior parte ove possibile per incontrare i miei lettori anche in Toscana e a Firenze come per i precedenti libri. Sono occasioni a cui cerco sempre di non mancare anche all’estero partecipando, come in passato, alle più importanti manifestazioni Crime ad Harrogate, Unna, Dortmund, Monaco, Usa….
D- Lascio sempre ai nostri autori una domanda “bianca” dove liberamente ci piacerebbe che scrivessero di propria iniziativa quel “qualcosa” che amano rendere pubblica. Non importa quale argomento, non importa se è il classico sassolino nella scarpa o il desiderio di comunicare una sensazione, una notizia o semplicemente raccontare di sé.
R- Mi piace concludere spiegando agli amanti delle indagini di polizia quali sono per me le qualità e le doti di un vero investigatore. In fondo anche di quello di carta.
Pazienza, sagacia, esperienza possibilmente di casi simili, intuizione, particolare capacità di analisi dei fatti dando il valore giusto a quanto si va raccogliendo e osservando, anche a quei dettagli che in quel momento potrebbero apparire insignificanti. E soprattutto essere propositivo rappresentando al pubblico ministero, titolare dell’inchiesta, non solo i fatti, nudi e crudi, ma anche la prospettiva tecnica-operativa ritenuta utile per lo sviluppo dell’inchiesta.
E’ questo il vero investigatore. E Michele Ferrara credo che presenti queste caratteristiche.
La ringrazio per le interessanti domande.
Ed è con questa strana ultima domanda che la voglio salutare in attesa di essere presente alla presentazione del suo nuovo parto letterario dove sarò onorata di stringerle la mano- L’aspetto a Firenze!
La trasformazione digitale della società e della economia è, insieme alla transizione ecologica, la principale scommessa per il futuro del pianeta. Vincerla significa affrontare sfide organizzative, tecnologiche, gestionali che comportamentali ed etiche che coinvolgeranno le imprese e anche le persone, visto che le aziende potranno ottenere in grado di colmare deficit di abilità digitale che comporta la rivoluzione culturale.
Il volume VOLARE DIGITALE (sottotitolo. e competenze per una trasformazione senza confini) da Maria Grazia De Angelis per NeP ci guida alla elaborazione ed analisi delle esigenze che impongono imprese e persone tale vincerla. Un libro che, come scrive prefazione Maurizio Quarta, ricorda già nel titolo come “ il digitale vada veloce ” e come “ il percorso vada veloce da parte di persone ed aziende deve anch'esso essere veloce ” per “ introdurre e accelerare ” il cambiamento necessario ..
Una esigenza ancora più forte dopo che la pandemia ha innescato una crisi inedita e sovvertito i principali paradigmi e parametri che hanno caratterizzato società ed economia. Lo conferma la esperienza delle imprese che, grazie a investimenti in digitalizzazione, hanno meglio fronteggiato la situazione emergenziale nell'anno segnato dalla pandemia, reingegnerizzando rapidamente relazioni e processi e garantendo significa continuità di business e concorrenza.
La tecnologia digitale infatti, attraverso lo sviluppo di processi collaborativi e un utilizzo virtuoso dei dati, si è dimostrata essenziale per la ridefinizione di tutto ciò che, a partire dalle relazioni con stakeholder, clienti e fornitori, è legato al servizio o ne determina il successore . Nei tradizionali settori così per quelli più innovativi, nelle piccole così come nelle grandi imprese, la digitalizzazione rappresenta la principale leva del cambiamento non solo per le attività commerciali e distributive ma anche per l'automazione dei processi produttivi, per la ricerca e sviluppo e per monitorare la filiera
Partendo dall'importanza , nell'era della servitizzazione, dell'innovazione tecnologica per ottenere i divari di produttività, del digitale una leva per guadagnare guadagnando e rinnovare i modelli di business, la tesi di fondo sostenuta dalla Deangelis è la necessità di accelerare il processo di trasformazione digitale per le persone e per le imprese italiane, anche piccole e medie imprese, per superare le barriere che ostacolano il percorso di trasformazione digitale. A condizione che si lavori con una visione integrata di lungo termine in cui gli investimenti non siano solo la risposta all'emergenza magari agevolata da sostegni pubblici di varia natura, o siano circoscritti a singole attività.Per coglierne a pieno i benefici, la trasformazione digitale richiede infatti tempo e una revisione profonda e sistemica dei sistemi aziendali e delle competenze delle persone.
Un messaggio forte che arriva più volte al lettore, quasi in modalità carica, durante la lettura di un libro che, pur ponderoso, si legge agimente grazie ad una struttura organica chiara e una modalità espressiva piana che ne fanno una guida “ hands on ” in grado di far comprendere i passi necessari a rispondere alle domande sulle sfide che la digitalizzazione ad aziende e individui.
“Volare digitale” è dunque un libro che, anche per i concreti riferimenti a recenti esperienze di digital trasformation, rappresenta una preziosa guida per orientare anche il percorso professionale sia per chi, imprenditori e manager che si trovano a dovere gestire ed affrontare con metodo la complessità del cambiamento digitale , già svolge attività lavorative sia per i giovani alle prime esperienze . A tal proposito molto utili sono le conclusioni (in cui sono richiamati e sintetizzati i passi necessari per affrontare la complessa sfida della digitalizzazione) la sitografia e bibliografia in calce.
La riflessione della De Angelis si sviluppa in due parti principali. La prima (" i motori del Cambiamento ") si muove dall'analisi del contesto attuale, in continua Evoluzione, per descrivere i driver delle Importanti Trasformazioni Che Stanno pervadendo le Organizzazioni e le Azioni necessarie per Vincere Diversità e Resistenze al Cambiamento, sviluppare le capacità di adattamento al nuovo e gestire le nuove complessità del mondo globalizzato e connesso. Particolarmente interessante, sulla base della considerazione che non c'è innovazione senza adeguate competenze, sono le pagine dedicate alle competenze, alla centralità della formazione continua e alla comunicazione. Per l'offerta, infatti, perchè questa transizione possa avverarsi, occorre investire in modo massiccio nello sviluppo di competenze digitali, a partire dal sistema educativo e agendo sia dal lato dell'offerta che dal lato dello sviluppo alla domanda di competenze digitali.
Nella seconda parte (“ noi e il digitale ”), il volume descrive riflessi che la trasformazione digitale ha sulle persone, analizzando il valore delle soft skill e descrivendo profili professionali innovativi, come l'E leader, un mix tra leadership tradizionale e digitale, e il responsabile temporaneo. Figura il cui ruolo è centrale per portare in azienda, non solo la progettualità digitale, ma anche le competenze necessarie in condivisione, responsabilizzazione e fiducia nel cambiamento.
Oltre la persona e l'impresa c'è perciò una terza dimensione ed è il “sistema Italia”, il cui coinvolgimento è imprescindibile se davvero di vuole scommettere sulla transizione digitale per sostenere il rilancio anche delle PMI dopo le restrizioni della pandemia. Per generare innovazione e benessere, sia sociale che economico, il cambiamento deve interessare, osserva infatti la De Angelis, anche il Sistema Paese. Per consentire la trasformazione digitale del tessuto produttivo è fondamentale costituire un ecosistema favorevole al processo di digitalizzazione delle imprese. I benefici della digitalizzazionesi cioè a condizione di coinvolgere, insieme a grandi imprese e PMI, le pubbliche amministrazioni che giocano un ruolo centrale nell'ecosistema.
Oggetto della riflessione della De Angelis sono così anche le esigenze e gli interventi che occorre mettere in cantiere a livello Paese se si vuole giocare la partita della trasformazione digitale. L'autrice ribadisce a tal proposito che la trasformazione digitale potrà essere realizzata a pieno solo se si riuscirà ad ottenere la diffusione di cultura, competenze e servizi digitali tra i cittadini italiani. L'Italia è infatti ultima in Europa nell'area Capitale Umano dell' indice DESI (Digital Economy and Society Index), con i cittadini che accusano importanti criticità in termini di competenze digitali. (Secondo i dati Eurostat sul 2019, solo il 42% degli italiani possiede competenze digitali almeno di base e l'Italia fa peggio della media europea e degli altri Paesi UE praticamente in ogni categoria, persino tra i giovani tra i 16 ei 24 anni , tra gli individui più istruiti e tra gli abitanti delle città). Una condizione che si riflette sulla difficoltà a reperire a reperire le professionalità sul mercato da parte del mondo imprenditoriale.
“ Alla prospettiva dell'economia fondata su talenti individuali e imprese innovative l'Italia deve guardare con particolare attenzione e interesse se vuole giocare la partita dell'innovazione ” afferma perciò Maria Grazia De Angelis che considera quella italiana “ una realtà socio-economica povera di risorse materiali, ma ricca di un potenziale tecnico e scientifico che deve essere capitalizzato” . Ribadendo la necessità per l'Italia di cogliere le opportunità offerte dai Fondi europei per promuovere i processi di trasformazione digitale delle imprese con una politica industriale attenta al rilancio degli investimenti e alla creazione di un sistema dell'innovazione in grado di rafforzare anche il collegamento tra Ricerca e Industria.
Considerazioni che investono anche i giovani perché è necessario, come osserva ancora la De Angelis “ dare fiducia e sostegno alla crescita all'autorealizzazione personale che sempre più anche in Italia porta i giovani a creare nuove imprese. L'orientamento d'assumere è simile a quello che ha ispirato la cultura del “miracolo economico”, cioè la fase di intenso sviluppo con cui l'Italia ha compiuto un decisivo passo in avanti nel processo di industrializzazione, proprio in virtù del peculiare modello di imprenditorialità dal basso che ne è stato alla base.Per questo è cruciale la presenza di istituzioni economiche e politiche capaci di stimolare, attraverso una struttura di incentivi e semplificazioni burocratiche, lo sviluppo dei settori innovativi e delle nuove a base tecnologica e l'interesse degli investitori di venture capital .
Parole in linea con quanto nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza la cui prima è propria volta alla “ Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura ” e missione prevede interventi che hanno l'obiettivo di compensare l'incertezza del contesto le imprese che investono nell' innovazione e digitalizzazione dei propri processi produttivi. In particolare le PMI alle quali viene riconosciuto un ruolo chiave per la ripresa e lo sviluppo del paese.
Maria Grazia De Angelis |
Maurizio Quarta nella prefazione, che l'uomo nasce analogico e poi diventa digitale e che la sfida sarà vinta solo con “ una interazione virtuosa tra le due componenti ” in modo da accrescere le abilità digitali degli analogici ma anche far ritrovare ai nativi digitali le radici analogiche del pensiero e dell'agire. Perché, osserva la De Angelis, se si conserva a credere negli effetti miracolistici della tecnologia, si dimentica ancora una volta l'uomo, si corre il rischio di perpetuare uno dei più grandi e si preferisce equivoci del nostro tempo. Un libro con un obiettivo ambizioso dunque. far comprendere che per catturare i benefici della digitalizzazione occorre una realestrategia per l'ammodernamento del Paese e un importante cambiamento socio-culturale . Precondizioni senza le quali la trasformazione digitale non potrà diventare così il motore per la ripartenza post pandemia del Paese che avrà perso l'ennesima occasione di un nuovo miracolo economico e ricostruire un futuro competitivo .
Gli anni dei manicomi del dolore e della solitudine
ADALGISA CONTI
Il diario di una donna reclusa:
Saggio sulla vita di Adalgisa Conti malata psichiatrica e rinchiusa in manicomio dal 1913 al 1978
Ho conosciuto personalmente la malata che venne internata all'Ospedale Psichiatrico di Arezzo nel 1914, all'età di ventisei anni, struttura nella quale lavorava come infermiera mia madre. Adalgisa Conti fu rinchiusa e ricoverata con violenza in manicomio, dove trascorse tutto il resto della sua vita. La diagnosi medica dell'epoca fu "delirio di persecuzione tendente al suicidio", ma in realtà i maltrattamenti, i tradimenti e la violenza psicologica di suo marito l'avevano resa semplicemente depressa, male che in quei tempi non era riconosciuto come malattia. libro nasce da alcune lettere che la stessa Adalgisa scriveva nello studio del suo psichiatra dove veniva accompagnato sempre da un'infermiera di turno per poi vivere il resto della sua vita in un lungo e doloroso mutismo.
Il dr Luciano Della Mea curò un volume con la storia della malata / degente all'Ospedale Psichiatrico Arezzo:
Manicomio 1914
"Gentilissimo sig.re Dottore, questa è la mia vita"
storia di Adalgisa Conti
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Adalgisa Conti nacque il 28 maggio 1887 e venne ricoverata nell'ospedale psichiatrico di Arezzo il 17 novembre 1913 a soli 26 anni. Ella morirà a 95 anni nello stesso ospedale psichiatrico. Un'intera vita.
Il libro Manicomio 1914 “Gentilissimo dottore, questa è la mia vita” contiene la stessa autobiografia della Conti, una ricostruzione cronologica della degenza della malata dal 1913 al 1977 e cartelle cliniche della stessa Adalgisa Conti. Il libro contiene anche le testimonianze delle varie infermiere che l'hanno avuta in cura, fra le quali mia madre Alda Fabbrini entrata come infermiera professionale nel 1960 e andata in pensione nel 1992.
Adalgisa è entrata in manicomio due anni dopo essersi sposata, donna a detta di chi l'aveva conosciuta prima della degenza, (anche dal sindaco stesso del paese di Anghiari) molto estroversa, comunicativa intelligente ed estrosa. Fu ricoverata dallo stesso marito Probo Palombini (tipografo), la diagnosi fu: "personalità affetta da delirio di persecuzione con tendenza al suicidio".
All’interno dell’ospedale psichiatrico Adalgisa venne chiamata dal medico dell’epoca, il dottor Viviani, in parlatorio, ovviamente accompagnata da un’infermiera per scrivere la propria vita come forse terapia o semplicemente esperimento o intenzione di pubblicare un libro. Scriverà varie pagine e ne verrà fuori una donna sensibile, con una sessualità chiara, ma repressa che per pregiudizi culturali e ignoranza del proprio corpo, sacrificherà alle esigenze di un marito burbero e padrone. Scriverà diverse lettere; nell’ultima, indirizzata al proprio medico curante, racconterà della storia dei 26 anni trascorsi ad Anghiari, prima del ricovero ospedaliero, e dopo quello scritto, tacque per sempre e iniziò il suo viaggio manicomiale fino alla morte.
Un libro denuncia, un caso letterario dove la piaga diventa l’istituzione manicomiale che solo attraverso le terapie a volte non mirate verso alcuni malati, non tenevano conto di quei disturbi che non rasentavano minimamente la pazzia, ma solo problemi a carico di ansie e depressioni oggi curate per fortuna con altri sistemi. Uno strumento letterario, che denuncia ogni tipo di segregazione e violenza psicologica e sociale sulle donne. Un caso umano, una cultura sbagliata, una mentalità chiusa che condannò una donna che aveva solo la colpa di sentirsi in primis sbagliata o contorta per avere pensieri sessuali normali mai accettati.
Nell’introduzione del libro scritta dal giornalista Luciano Della Mea, si legge: «Questo non è il caso di Adalgisa Conti, è la storia di una donna prima della sua vita, raccontata da lei stessa, poi dalla sua “morte” nella regressione istituzionale: anzi si potrebbe dire c’è una storia, poi per 64 anni non c’è più niente se non un tempo vuoto, scandito da annotazioni sempre uguali, da aggettivi stereotipati, gli stessi che si ritrovano in tante cartelle cliniche di lungodegenti che non sono più storia».[1]
Dalla cartella clinica originale* di Adalgisa Conti:
Ha 26 anni, padre bevitore avvelenato per errore di un farmacista, madre vivente e sana.
Ha avuto 17 tra fratelli e sorelle, ma solo 7 viventi: lei è la secondogenita. Dei 5 fratelli e delle tre sorelle, nessuno è sofferente per malattie nervose. La madre ha avuto tre aborti: cinque sono morti piccini ma dopo paralisi. Ha avuto a dodici anni un’emorragia dalla bocca che fu interpretata come un mestruo vicariante e un’enterorragia rilevante. Carattere sensibile, impressionabile: è nipote della Conti Rosa nei Corsi già ricoverata. Ha cominciato ad amoreggiare a 16 anni ed ha sposato a 24 anni. E’ sempre stata gelosissima e molto affezionata verso il marito. Era affetta da anemia fin da giovanissima i mestrui erano irregolari ed appena accennati. Da circa tre mesi ha cominciato ad accusare dolori al capo, soffriva di insonnia, si è fatta melanconica, ha enunciato idee di persecuzione (non voleva uscire fuori perché tutti la deridevano e la guardavano male). Aveva accessi di pianto frequenti. Tre giorni fa, tornato il marito da caccia alla sera, trovò che già la suocera l’aveva fatta trasportare in casa propria avendo dato segni di alienazione mentale e di avere detto di tentare il suicidio ecc
* Dalla cartella clinica di Adalgisa Conti:ricostruzione a cura di Luciano Della Mea
All’interno della cartella clinica vi è una lettera scritta dalla stessa Conti al medico, lettera scritta all’inizio della degenza (1913)[2]
* Gentilissimo e carissimo dottore,
stamani avevo principiato a scrivere, ma poi presa da un momento di eccitazione nervosa, l’ho strappata. Oggi di bel nuovo, mi ha preso il capriccio di rimettermici.
Sono di carattere un po’ volubile e abbastanza sudicia, faccio come una banderuola messa in cima a un campanile o un faro che si volge verso il vento che tira. Lei tanto buono vorrà compatirmi e perdonarmi se vengo a disturbarlo e a domandargli se in un modo o nell’altro vuole accondiscendere e approvare quanto le chiedo. Se la mia vita dovesse trascorrere sempre fra pene e guai, preferisco benché ancor giovane morire che continuarla. Lei che tutto può, io a lei mi affido perché mi faccia andare a casa o a lavorare perché le assicuro che non mi sarebbe di alcun sacrificio. Le ripeto nuovamente che mi do pienamente nelle sue mani, mi uccida o mi renda felice. Sento attrazione per lei, per il Nenci, e per l’Aretoni come se fossi di vita spensierata. Una donna onesta veramente non dovrebbe fare come faccio io, che a dire il vero mi par d’essere prostituta o mantenuta che è la medesima cosa, senza indovinare da chi e a quale scopo…
Numerose sono le lettere che Adalgisa Conti scrisse al medico, lettere che denotano una continua coerenza di pensiero, ma dove il senso di colpa è sempre presente.
Il dottor Viviani, curante dell’epoca, scrive: «Ebbi ad esaminarla, ella ripeteva di essere convinta che non era una donna come le altre, che era maledetta, che era condannata alla dannazione, che doveva scontare grossi peccati, incapace di fare figli perché non ha mai avuto mestrui, che era insensibile durante il coito con il marito ma che praticava, contro la religione, manovre masturbatorie per avere soddisfazione sessuale, non essendo lei una donna normalmente costituita. Non si è ribellata all’idea di entrare in manicomio. Durante il viaggio però ha tentato di gettarsi sotto al treno e all’Albergo di buttarsi dalla finestra».[3] *
Nella cronologia degli anni passati al manicomio, vi è spesso la voce che sottolinea il desiderio di Adalgisa del perdono da parte del marito Probo. La parte del libro che è la cronologia degli anni comprensivi fra il 1913 al 1977, anno prima della chiusura dei manicomi, sottolinea poi i vari processi della malattia che mai cambiano o sviluppano. I giudizi medici anno per anno, la danno come: Conti laboriosa ma disordinata, Conti sudicia, elemento che ama ornarsi di ciondoli e di trine, Conti Adalgisa che si fa sui capelli meches con i propri escrementi, condizione invariata della malata, personalità inaffettiva, di natura incantata.
Dal 1958 si legge che ha imparato a essere più ordinata, gentile, socievole e che aiuta le altre malate, intontita, e sempre fissata che qualcuno le butti una polverina sulla testa. Adesso ama mettersi carte di caramelle fra i capelli e anellini fatti con fili colorati. Timidamente pronuncia piccoli passi di danza.
La parte finale del libro contiene le varie testimonianze delle infermiere che giustificano la Conti e che parlano di lei come le migliori conoscitrici dell’internata stessa. Le infermiere che hanno visto in lei la donna e non solo la malata, la reclusa, la creduta pazza solo perché in un periodo d’ignoranza e impreparazione anche medica verso la malattia mentale, si credeva di ogni problema psicologico una forma di alienazione da curare con il trattamento carcerario/ospedaliero e una farmacologia inadeguata.
Personalmente condivido quanto espresso da Luciano Della Mea nella sua prefazione e alle sue considerazioni mi piace aggiungere il mio ricordo di Adalgisa Conti quando andavo a fare visita a mia madre infermiera, ricordo Adalgisa Conti a sedere nelle panche del grande manicomio di Arezzo, Adalgisa magrissima con un grande grembiulone e con candidi capelli bianchi. Adalgisa che alla fine, molto anziana, dormiva dentro un lettino a cancelli perché fragile, anziana, e prossima alla morte, Adalgisa che poteva cadere, farsi male e restare inerme nei suoi lunghi silenzi.
Negli anni ’70 Franco Basaglia s’impegnò nella battaglia per la chiusura dei manicomi diventando testo di legge il 13 maggio del 1978 con la famosa legge 180 una legge dalle basi certamente legittime sui principi generali, ma anche teoricamente estremizzata e elargita ad ogni forma psichiatrica, anche nei casi di forti e irriducibili manie. Ciò creò molte associazioni pro e a sfavore di tale legge, questo perché , si dovevano prima creare strutture e organizzazioni tali da sopperire i bisogni che poi i malati hanno necessitato in seguito. TSO (Terapie Speciali Ospedaliere), centri di ricovero di cura ed altro. Spesso le famiglie con parenti di gravi patologie hanno dovuto sostenere, presso la propria abitazione, i parenti come meglio potevano. Ci sono stati gravi incidenti, situazioni scomode, vere e proprie difficoltà a carico di chi non aveva certamente le facoltà e le possibilità a sopperire e gestire certi gravi disagi. In seguito furono costruite quelle che vennero chiamate “case famiglia” dove i malati con patologie curabili con terapie farmacologiche, hanno con il tempo imparato una certa autogestione sotto una sorveglianza infermieristica. Con gli anni si sono creati all’interno di vari ospedali civili, reparti psichiatrici dove s’interviene (in genere con T.S.O.) sul degente con farmaci e incontri psichiatrici.
La malattia mentale un tempo era estesa anche a chi soffriva di gravi depressioni, demenze, persone abuliche, elementi apatici, a chi soffriva di manie, di autismo, molti i casi di sindrome di down, omosessuali ecc. Negli anni, dopo esperimenti sugli umani, fra i quali farmacologie errate, elettrochoc, camicie di forza, terapie invalidanti , coercizioni varie, siamo arrivati finalmente a comprendere molto di più su questo mondo di follia dove spesso l’essere umano è solamente un uomo da curare . La psichiatria ha notevolmente raggiunto una preparazione maggiore e un’attenzione importante ai fabbisogni del malato che è seguito fin dai primi disturbi e curato in modalità diverse da caso a caso. E’ fondamentale che all’interno di ogni famiglia vengano notati i vari atteggiamenti inusuali di figli, parenti e altri componenti e non sottovalutare mai le depressioni, le eccessive fobie e manie di chi abbiamo intorno. Non esiste vergogna e non deve esserci alcun tabù per chiedere aiuto, prima che i danni siano irreparabili e irreversibili. Adalgisa Conti sarebbe forse guarita dalla sua depressione e insicurezza se chi la prese in cura avesse cercato di guardare oltre . Adalgisa che entrata in manicomio a soli 26 anni, quando ancora aveva la voglia di dialogare, di raccontare della propria vita, di esprimersi e di confessarsi. Adalgisa che parlava del suo amore al medico, della propria sessualità che credeva anormale, dei suoi giorni trascorsi con il marito.
Adalgisa che dopo avere scritto lettere / confessioni al proprio psichiatra, credendo di essere ascoltata e forse compresa, si accorse forse che tutto era inutile, smise così di parlare per sempre ed entrò in quel mutismo che l'accompagnò fino alla morte all'età di 90 anni passati interamente tra le mura della follia.
* IL presente saggio fu inserito nell'occasione di un evento “disagio e letteratura e pubblicato in seguito da TPLM nell'antologia omonima nell'anno 2014
Marzia Carocci
[2] * Da una lettera scritta da Adalgisa Conti nello studio del dottore curante.
[3] * Appunti del dottor Viviani (psichiatra), sul comportamento della malata Adalgisa Conti