L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.


Warning: Creating default object from empty value in /home/medismxz/public_html/flipnews.org/components/com_k2/views/itemlist/view.html.php on line 743

Kaleidoscope (1585)

Free Lance International Press

This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.

 

November 19, 2025
Luca Ward è un nome che non si limita a essere letto; si sente. La sua presenza, pur restando spesso celata dietro il sipario di una cabina di doppiaggio, risiede indiscutibilmente nel DNA emotivo e culturale di ognuno di noi. Nato a Roma, Ward è molto più di un artista; è il custode sonoro dei nostri ricordi cinematografici, un attore, doppiatore, direttore del doppiaggio e conduttore radiofonico la cui carriera è una fusione perfetta tra l'arte dell'interpretazione visiva e la magia della trasformazione vocale. È la sua inconfondibile voce, dal timbro caldo, grave e capace di accarezzare l'anima, ad averlo consacrato come il "Re del Doppiaggio" italiano. Quella voce, che sentiamo come familiare, ha donato profondità e carisma a eroi e antieroi che hanno segnato la nostra vita. È lui il coraggio tonante di Russell Crowe in Il Gladiatore, l'uomo che, con il suo "Al mio segnale, scatenate l'inferno!", ci ha fatto vibrare il cuore. È la fredda determinazione di Keanu Reeves (in Matrix e John Wick), la saggezza tagliente di Samuel L. Jackson (Pulp Fiction) e l'eleganza seducente di Pierce Brosnan (James Bond). Ward non ha solo tradotto parole, ha vestito le emozioni di questi personaggi.Oltre a questi trionfi vocali, Ward è un apprezzato volto del piccolo schermo, capace di emozionare in ruoli come quello in Elisa di Rivombrosa, ed è la voce rassicurante e autorevole che ci guida attraverso le meraviglie della storia e della scienza con Ulisse - Il piacere della scoperta. La sua è la storia affascinante di un artista che ha reso il suo strumento un ponte diretto tra l'azione sullo schermo e la risposta emotiva del pubblico, facendoci credere, ridere e piangere, rendendosi per sempre sinonimo dei più grandi miti di Hollywood.

       D-  "Lei è la voce italiana fra tanti, di due grandi attori come Keanu Reeves e Russell Crowe. C'è una voce che ha doppiato che, per sfumature emotive o difficoltà tecnica, le ha richiesto un impegno maggiore rispetto ad altre?"

R- Il processo di doppiaggio inizia sempre con la visione del film e l'analisi approfondita dei personaggi da interpretare. È fondamentale capire la storia e, soprattutto, le sfumature emotive e psicologiche degli attori originali.
Chi doppia spesso lavora con giganti del cinema che affrontano ruoli complessi e impegnativi. Interpretare vocalmente questi personaggi richiede grande rispetto e impegno; l'emozione è talmente intensa che, come metafora, ci si "fa il segno della Croce" prima di affrontare l'incarico.
Tra tutti i ruoli doppiati, quello che è rimasto più nel cuore è l'interpretazione di Russell Crowe nel film Il Gladiatore. Questo personaggio e la sua storia sono considerati "intramontabili" e l'esperienza di dargli la voce è stata per me particolarmente significativa.
Ogni doppiaggio richiede studio e rispetto per il personaggio, ma doppiare Russell Crowe ne Il Gladiatore è stato per me, forse il momento più memorabile.

        D- "Nella sua autobiografia parla di 'talento di essere nessuno'. Cosa intende con questa espressione e quanto è importante per un doppiatore saper 'sparire' dietro il personaggio?"

R- Il ruolo del doppiatore racchiude una dualità affascinante: la capacità di essere tutti e nessuno contemporaneamente. Questa riflessione tocca l'essenza stessa dell'interpretazione vocale. Interpretare un vasto numero di attori e personaggi conduce a una domanda fondamentale: "Alla fine, chi sei?" Si entra nella pelle (o nella voce) di innumerevoli figure, ma si rimane consapevoli che nessuna di esse rappresenta l'identità finale dell'interprete. Nonostante la miriade di "maschere" vocali adottate, l'identità di base permane e si riafferma: "resto solo Luca.” È innegabile che ogni doppiatore, come ogni attore, immetta una piccola parte di sé in ogni performance. Questo contributo è inevitabile e, se ben gestito, essenziale per dare anima e verità all'interpretazione L'abilità cruciale del doppiatore risiede nel trovare il giusto equilibrio.È fondamentale però non esagerare con il proprio apporto personale. Il compito primario è seguire e rispettare l'interpretazione originale dell'attore che si sta doppiando, mettendo il proprio talento al servizio del suo ruolo.

        D- "Dato il suo coinvolgimento nel Ward Lab e come Presidente della Fondazione del Teatro di Brindisi, quanto è importante oggi per un artista investire nell'insegnamento e nella diffusione della cultura teatrale e del doppiaggio?

R- Non ricopro più la carica di Presidente della Fondazione del Teatro di Brindisi. Gli impegni pregressi, infatti, mi hanno portato a lasciare questo ruolo di grande responsabilità ad altri. Mi chiedi quanto sia importante investire per la diffusione della cultura teatrale; ritengo che il teatro sia un passaggio indispensabile per la crescita e la formazione di un artista, le nuove generazioni di attori sono spesso attratte direttamente dal cinema e dalla televisione, tuttavia, per imparare e crescere professionalmente fino a diventare un artista completo, è cruciale e fondamentale partire e passare dall'esperienza teatrale.

        D- Tra tutti i suoi ruoli, sia nel doppiaggio, in TV o in teatro, c'è un lavoro specifico a cui è rimasto particolarmente legato nel corso degli anni? E cosa rende quel progetto così speciale per lei?

R- La verità è che non c'è un lavoro particolare – che si tratti di uno spettacolo teatrale, un film o un doppiaggio – al quale io sia legato più di altri. Ho amato e mi sono dedicato a ogni singola interpretazione con lo stesso profondo impegno e con l'obiettivo di donarla allo spettatore, dietro ogni ruolo c'è stato un grande rispetto per il compito che andavo ad assolvere, una dedizione che prescinde dal risultato finale. È umano riconoscere che non sempre il risultato è stato "eccelso" in senso assoluto, ma l'amore e l'integrità riversati in quel momento interpretativo sono sempre stati al massimo. In fondo, ogni esperienza contribuisce a formare l'artista che sono, e per questo, le porto tutte nel cuore.

       D-Luca, i suoi impegni sono molti e vari. Per chi volesse vederla dal vivo in questi giorni, qual è lo spettacolo teatrale o il tour (sia come attore, regista o doppiatore live) che sta portando in scena attualmente?
Vuole parlarcene?

R- In questi giorni sto portando nei teatri uno spettacolo dal formato completamente nuovo e particolare.
Non si tratta del classico monologo, bensì di uno show interattivo che rompe la quarta parete: coinvolgo direttamente il pubblico in sala, invitandolo a cimentarsi con me sul palco.
Lo spettacolo, intitolato "Il Talento di tutti e nessuno", farà tappa a Milano con tre repliche: 12, 13 e 14 Dicembre.
Successivamente, la tournée proseguirà in un percorso che toccherà i teatri di tutta Italia.

            D- Cosa consiglierebbe ai giovani di oggi che volessero avvicinarsi al teatro?

R I giovani che scelgono la strada del teatro fanno una scelta eccellente. L'esperienza teatrale va ben oltre la semplice recitazione: Solo attraverso il teatro si può realmente diventare attori completi. È una vera e propria scuola di vita, un percorso che è al tempo stesso cura, benessere e formazione profonda per l'individuo stesso Lo spettacolo dal vivo (il teatro) fa bene non solo all'attore, ma anche al pubblico. Lo spettatore entra indirettamente a far parte dell'azione in un evento in diretta e irripetibile; lì si realizza un'esperienza unica di empatia ed emozione, un "tutt'uno" magico in cui l'attore, la storia e il pubblico vivono e testimoniano quell'evento nello stesso identico momento. In questa formulazione, si evidenzia la doppia funzione del teatro: come strumento di crescita personale e come esperienza di connessione emotiva condivisa.

         D  Perfetto, Luca. Ci avviamo alla conclusione. Vorrei lasciarle un momento completamente libero: c'è un messaggio, un pensiero, un aneddoto o semplicemente un saluto che vorrebbe rivolgere direttamente al pubblico che la segue e la stima, magari qualcosa che in questa intervista non abbiamo avuto modo di toccare?

R-  In questo spazio concessomi, mi rivolgo ai giovani, con la sincerità di un uomo adulto e con il cuore di un padre di tre figli. Ascoltate questa verità fondamentale:
Abbiate Coraggio! Non permettete mai a voi stessi di rinunciare al primo ostacolo. Non lasciate che i "NO" iniziali vi definiscano o vi fermino. La vita, la carriera, l'arte sono piene di resistenze, ma la vostra forza deve essere più grande di ogni rifiuto. Quando sapete cosa amate, quando il vostro sogno è chiaro, dovete spingervi fino in fondo. Fate assolutamente tutto ciò che è umanamente possibile per realizzare i vostri sogni. L'unica cosa insopportabile non è fallire, ma non averci mai provato. Ricordatelo sempre: la vita è un dono di una bellezza e un valore inestimabili. Non sprecatela mai vivendo al minimo. Date il massimo e mettetecela tutta per esaudire la vostra vocazione e i vostri desideri, in modo da non dover mai guardarvi indietro con il peso di un solo, terribile rimpianto. Vi auguro la forza di seguire la vostra passione, sempre.
November 18, 2025

 

 

E’ un piacere dare il benvenuto a un volto e una voce molto noti e amati dal pubblico italiano: Corrado Tedeschi. Attore poliedrico e conduttore televisivo di grande esperienza, Corrado Tedeschi ha saputo spaziare con successo tra diversi generi, conquistando il pubblico con la sua eleganza e la sua verve. La sua carriera televisiva è indissolubilmente legata alla conduzione di programmi storici che hanno segnato un'epoca. Negli ultimi anni, si è distinto per la sua intensa e brillante attività in teatro, dove ha dimostrato una profonda sensibilità e una grande padronanza della scena, recitando in commedie e spettacoli di successo. Ha inoltre partecipato a diverse fiction televisive, confermando la sua versatilità come attore. Un professionista che ha saputo mantenere vivo il legame con il suo pubblico attraverso il piccolo schermo e il palcoscenico.
La sua gentilezza si è dimostrata anche nel fatto di avere accettato di rispondere alle domande.

D- Lei è figlio di un Ufficiale della Marina Militare e ha trascorso i primi anni della sua vita spostandosi. Quanto crede che queste esperienze giovanili e il costante cambiamento abbiano influito sulla sua versatilità come artista e conduttore?

R-Quando si è figli di un marinaio si sa che si deve “partire”. Anche ora continuo a viaggiare come facevo da bambino, fare la valigie mi sembra così naturale che se per qualche giorno non le faccio per raggiungere i teatri, mi sento a disagio.

D- Prima della recitazione, ha tentato la carriera di calciatore nelle giovanili della Sampdoria. C'è un insegnamento o una mentalità appresa sui campi da gioco che ha poi ritrovato utile sul palco o in studio televisivo?

R-sono le due ultime forme di espressione “vive”, in un’epoca dove tutto è virtuale, quindi un po’ si assomigliano.Il suono dell’applauso a

 Corrado Tedeschi

teatro e l’emozione del gol provocano la stessa meravigliosa e violentissima sensazione.

D- Nel corso degli anni ha toccato tutti i generi, dai quiz allo sport (Studio Sport, Italia 1 Sport) fino all'intrattenimento leggero (Buona Domenica, Stranamore). Quale ambito della televisione le ha dato la maggiore soddisfazione professionale e perché?

R-ogni cosa che ho fatto in tv mi ha arricchito e completato.
Essere eclettici in tv “dovrebbe” essere una grande ricchezza ….


D- il teatro è diventato sempre più la sua principale occupazione, culminando nel 1999 con il ruolo di primo attore al Teatro Franco Parenti di Milano. Cosa le offre il palcoscenico che lo schermo televisivo non può dare?

R- a teatro non si può sbagliare e si è circondati di persone che, chi più , chi meno, conosce il proprio mestiere .
La televisione invece è diventata una immensa palestra per dilettanti….


D- Parlando sempre di teatro, nel 2013 ha portato in scena Trappola mortale e in tempi più recenti è tornato in televisione con il programma Top Secret su Business 24. Quali sono le sue sfide e i suoi obiettivi attuali, e c'è un progetto (teatrale o televisivo) che sogna di realizzare in futuro?
Se si quale? Vuole parlarcene?

R- i progetti ci sono ma non si rivelano (gli attori sono superstiziosi…)
D- Prima di salutarla, le lasciamo un momento e uno spazio completamente libero per poter comunicare un messaggio, un ringraziamento o un pensiero finale al suo pubblico e ai nostri lettori/telespettatori. A lei la parola.

R- in un ambiente dove impazzano i raccomandati e gli agenti potenti etc.., io devo ringraziare il mio unico “sponsor”, il pubblico, con il quale ho un meraviglioso rapporto d’amore e di fiducia.
Il pubblico va sempre rispettato e mai tradito.

 

A tu per tu con Corrado Tedeschi. Presto di nuovo in teatro con:
“L'uomo che amava le donne" (titolo originale L'Homme qui aimait les femmes) di François Truffaut, del 1977 –
Ecoteatro  di Milano il 21 e il 23 Novembre 2025

November 16, 2025

November 10, 2025

   

 “Siamo stati alberi, piante, erbe, minerali, scoiattoli, cervi, scimmie e animali unicellulari, e tutte queste generazioni di antenati sono presenti in ogni cellula del nostro corpo come in ogni cellula della nostra mente. Noi siamo la continuazione di questa corrente di vita.”

                                                                                       Thich Nhat Hanh 

 

In questi ultimi anni, il tema della Natura, della sua devastazione in corso e della crescente consapevolezza relativa alle irrimarginabili ferite che l’idiozia umana le sta infliggendo, si va sempre più imponendo, in maniera più o meno sentita e sincera, all’attenzione generale. Ma il concetto di Natura, al di là delle mere apparenze che ce lo possono far sembrare come uno dei concetti  massimamente evidenti e di comune condivisione, ad uno sguardo attento, non può che risultare di assai difficile definizione.

Il soggetto umano, infatti, risultando impossibilitato dalla propria limitata e limitante struttura cognitiva a penetrare nella sua intima essenza, non è in grado di andare oltre la veste fenomenica di ciò che comunemente chiamiamo Natura, in quella che, kantianamente, possiamo ritenere la realtà noumenica o realtà in sé.  Per cui, potremmo dire che ognuno di noi percepisce, elabora e si costruisce una propria rappresentazione della Natura, e che ogni scuola di pensiero ha finito per costruirsene una peculiare immagine concettuale.

Con il risultato che, ad invocare ed evocare la Natura, incontriamo sia coloro che, come Erasmo da Rotterdam, sostengono la “naturale” bontà dell’essere umano, sia quelli che, come Thomas Hobbes, si fanno teorizzatori della condizione del “bellum omnium contra omnes” e dell’ “homo homini lupus”. E al magistero della Natura si ritengono autorizzati ad appellarsi sia gli irenici teorizzatori della nonviolenza, sia i

 Giordano Bruno

teorizzatori della “lotta per la vita” e della guerra come suprema “igiene del mondo”.

Nicola Abbagnano, nel suo insuperabile Dizionario di Filosofia, ci fornisce elementi di conoscenza preziosi per provare a prendere consapevolezza delle varie concezioni della Natura che si sono sviluppate nell’ambito della storia del pensiero occidentale, aiutandoci a comprendere come, inevitabilmente,  ci troviamo di fronte non certo ad una visione omogenea e monolitica, bensì ad un grande serbatoio di concetti diversamente allacciati fra di loro, a volte in stretta correlazione, a volte in radicale contrapposizione.

Ci spiega, infatti, come la Natura sia stata intesa, nel corso del tempo, come “il principio del movimento o la sostanza”; come “l’ordine necessario o la connessione causale”; come “l’esteriorità, in quanto contrapposta alla interiorità della coscienza”; come “il campo d’incontro o di unificazione di certe tecniche d’indagine.”

Nel primo caso, la Natura viene ad essere interpretata come principio di vita e di movimento di tutto ciò che esiste: forma e sostanza,  intesa sia come causa efficiente e sia come causa finale della totalità delle cose; natura naturante e, nello stesso tempo, natura naturata. E sarà soprattutto la cultura umanistico-rinascimentale ad approdare a questo tipo di sfolgorante esaltazione speculativa: Nicolò Cusano affermerà che la Natura “E’ lo Spirito diffuso e contratto per tutto l’universo e per tutte le sue singole parti”, mentre Giordano Bruno arriverà a dirci che la Natura “o è Dio stesso o è la virtù divina che si manifesta nelle cose”. In questa prospettiva, la Natura appare come un principio inesauribilmente dinamico, perennemente e infinitamente  creatore.

Nel secondo caso, invece, la Natura viene ad essere intesa come ordine e necessità, ovvero come l’insieme della connessione dei vari fenomeni secondo regole necessarie o leggi. La necessità – afferma Leonardo – è “inventrice della Natura, e freno e regola eterna”, mentre Galileo la considera come l’ordine matematico ed immutabile dell’universo.

Nel primo caso, ci veniamo a trovare in una prospettiva dinamica che possiamo definire di carattere organicistico-vitalistico, in cui possiamo fare rientrare sia le tendenze ilozoistiche dei filosofi presofisti, sia lo “slancio vitale” e l’Evoluzione creatrice” di un Henri Bergson.

Nel secondo caso, riscontrabile già nel pensiero di un Democrito o di un Epicuro, ma peculiare, in particolar modo, del pensiero scientifico moderno, prevale invece l’immagine di un cosmo rigidamente

  Thich Nhat Hanh

meccanicistico, retto da leggi oggettive che tutto regolano secondo criteri fissi e necessari, e perciò senza alcun orientamento finalistico.

Nel tempo, queste due concezioni sono apparse, perlopiù,  ideologicamente inconciliabili: da una parte, una natura viva e pulsante, attraversata da un’inesauribile spinta evolutiva; dall’altra una natura dominata da una rigorosa architettura geometrica, eternamente guidata da un ordine di carattere ciclico.

 Helena P. Blavatsky

A dire il vero, dal pitagorismo alla fisica quantistica, non sono mancati geniali tentativi di sposare le due opposte visioni, sostenendone l’intrinseca convergenza e complementarietà. Quello certamente più riuscito, vero punto di approdo delle scuole esoteriche del passato e, al contempo, fonte di illuminata ispirazione per le più ardite aperture biofisiche e astrofisiche dei nostri giorni,  è, a mio avviso, quello realizzato dalla costruzione cosmologica de La Dottrina Segreta di Helena Petrovna Blavatsky. In essa, l’intero Cosmo è definito  vivo e cosciente in ogni sua singola parte: la Divinità, intesa come un Principio assolutamente impersonale, è ritenuta essere presente in ogni singolo atomo e il Tutto appare come intimamente progettato, generato e retto da una Forza intelligente: “Le radici, il tronco ed i suoi numerosi rami sono tre oggetti distinti, ma un solo albero.” *  Nello stesso tempo, è ferma la convinzione che esista  “un piano”  anche “nell’azione delle forze apparentemente più cieche” e che, quindi,  “Tutto l’ordine della Natura” manifesti “un cammino progressivo verso una vita superiore”. **  Secondo il pensiero teosofico, “il mondo è il prodotto di un’evoluzione che parte dal principio eterno” e questo principio (“inconoscibile” nella sua intima essenza) “è presente in tutte le cose ed in tutti gli esseri; esso è tutte queste cose e tutti questi esseri. Nell’eternità dei tempi, le manifestazioni che periodicamente appaiono e scompaiono, emanano da questo principio. In questo flusso e riflusso, l’evoluzione avanza ed essa costituisce il progresso della manifestazione.” ***

Ovvero: c’è vita pulsante ed infinita all’interno di una struttura matematicamente ordinata e c’è logicità e regolarità all’interno di un processo evolutivo perennemente in divenire. La Natura, teosoficamente intesa, assomma in sé l’esistenza di leggi fisse e immodificabili accanto all’inarrestabile esuberanza di una plotiniana “sovrabbondanza d’essere”, che la sospinge a rigenerarsi all’infinito, in un inesausto cammino evolutivo  di autoperfezionamento.

Come successivamente dirà il monaco zen Thich Nhat Hanh, ogni atomo di un granello di polvere “è dotato di intelligenza ed è una realtà vivente” , e la Natura non è soltanto intorno a noi, ma noi stessi “siamo LEI”: la nostra esistenza, pertanto, è indissolubilmente intrecciata con quella di un’unica immensa realtà vivente, tanto che, a ben guardare, potremmo scorgere (e percepire) l’esistenza di  una sorta di “cordone ombelicale” che ci lega alla “nuvola che fluttua nel cielo”.

Da una simile prospettiva unitaria e unificante, se ben compresa e ben assimilata, potrebbe (e dovrebbe) emergere una felice risposta ai tanti mali del tempo presente:

una consapevolezza generatrice di pensieri e azioni armoniosamente rispettosi e responsabili, in grado di indurci a rinnegare ogni forma di rapporto inquinato dalla separatività e dalla prevaricazione, e capace di farci assaporare ed amare l’incommensurabile meraviglia dell’Essere in cui “Tutto è un miracolo”, e in cui tutti “inter-siamo”.

 

Il sorriso della Terra,

la nostra Madre dai capelli verdi,

porta uccelli e farfalle alle foglie e ai fiori. (…)

 

Il giorno che trafiggerai l’illusione

troverai anche tu quel sorriso.

Niente resta e niente va perduto. …”

 

                                                              Thich Nhat Hanh 

 

NOTE

 

*La Dottrina Segreta I, Cosmogenesi, ETI, Vicenza 2010, p.111.

**Ivi, p.287.

***William Quan Judge, Princìpi generali della Teosofia,Lucifer, dicembre 1893.

 

 

 

 

 

November 05, 2025

 Torna in scena questo fantastico spettacolo che tanto mi piacque ed emozionò quando lo vidi nel lontano 2021, al Teatro Sette.

Si tratta di una bella storia di amicizia che prende vita in piena guerra, sotto l’occupazione tedesca, e in cui fa da sfondo un fatto storico poco conosciuto. Sul palco due grandi interpreti, due giganti che insieme vi coinvolgeranno divertendovi ed emozionandovi.

L’idea nasce dalla mente di Stefano Reali, che scrive una bella commedia dedicata alla Resistenza romana e in special modo a Ugo Forno, un ragazzino di dodici anni immolatosi, il 5 giugno del 1944, per salvare il Ponte Di Ferro sull’ Aniene. Ultima vittima dei partigiani romani che ha meritato una Medaglia d’oro al Valore civile. Morendo con i suoi compagni coetanei, impedì ai genieri tedeschi di distruggere il ponte ferroviario. I tedeschi però uccisero lui e gli altri con dei colpi di mortaio. Oggi quel ponte porta ancora il suo nome.

Otello e Tazio, uno “stagnaro” e un orologiaio, sono amici. Il primo più titubante, il secondo più determinato, grazie alla loro grande amicizia trovano insieme quel coraggio per riscattarsi da una vita passata senza esporsi mai troppo. Due cuori grandi, due caratteri diversi che però si compensano e unendosi trovano la forza di compiere qualcosa che cambierà le loro vite.

Decidono di tagliare i fili delle mine tedesche posizionate per far saltare questo ponte, che attraversa l’ Aniene e che, se abbattuto, rallenterebbe l’avanzata degli Alleati.

I due stupendi personaggi a cui danno vita Massimo Wertmuller e Rodolfo Laganà riportano inequivocabilmente alla mente i grandi Alberto Sordi e Vittorio Gassman ne “La Grande Guerra”. Forse, chissà, Reali ha voluto fare un tributo a questi interpreti con altri due mostri sacri dello spettacolo, ma con una storia completamente diversa.

La sceneggiatura inserisce i due anonimi personaggi nella storia di Ugo Forno dando voce a tutti quegli eroi rimasti sconosciuti alla storia e che si sono immolati per la libertà e per la patria. Chissà quante storie come queste sono accadute e di cui non sappiamo né sapremo mai nulla...

La coppia Wertmuller - Laganà è fantastica, più che credibile nel ruolo, vincente ed avvincente, ci dimostra che in ognuno di noi può nascondersi un eroe che inaspettatamente si può ridestare davanti ad un sopruso o ad una violenza. In un’ora abbondante i due artisti ci riportano indietro nel tempo, a quell’infausto '44 in piena guerra civile, con gli Alleati ormai alle porte di Roma. Abiti, dialetto, atteggiamenti sono proprio quelli dei romani di quei giorni. Chi mi segue, sa che adoro il timbro di voce di Massimo e Rodolfo, inconfondibili e molto personali, ma che evocano, con la loro romanità, i grandi attori della vecchia generazione come il nostro Albertone. Anche se gli anni passano, i nostri sono inossidabili; una recitazione, la loro, che entra nel cuore, lo tocca, lo solletica, lo emoziona. Battute semplici, veraci, naturali e sempre efficaci in cui ogni romano si riconosce. I loro atteggiamenti, le espressioni e le movenze sono il trampolino di lancio verso una risata liberatoria che smorza i toni del dramma che stanno vivendo. Perché in fondo di questo si parla, del dramma dei tanti civili morti a Roma dopo l’8 settembre del 1943.

Grazie alla vecchia scuola del cinema e del teatro romano, che attinge alla romanità più pura e profonda, tutto si muove in un’atmosfera realistica pregna dell’ umorismo che caratterizza il romano. Si ride, ma non mancano i momenti drammatici, che ben si incastrano con quelli più leggeri e danno sapore alla storia. I nostri litigano, discutono, si aiutano, si sfottono, ma di fondo si vogliono bene e questo risulta sempre ben chiaro. È una storia di amicizia con alti e bassi che ci viene presentata con ironia, simpatia e drammaticità. Uno spaccato di vita di un momento tragico della nostra storia, sempre affrontata con tatto e delicatezza. Loro sono semplicemente eccezionali, non vorresti che smettessero mai di recitare, che quella atmosfera surreale ma così concretamente reale  non si interrompesse mai.

Bella, realistica ed accurata la scenografia che ricostruisce la parte inferiore del ponte, animato da suggestivi giochi di luce; piacevole e realistico anche il rumore dell’acqua del fiume che si sente scorrere in sottofondo per tutto lo spettacolo, i latrati dei cani lontani, i passi improvvisi, le voci dei tedeschi che si avvicinano, gli spari, il rumore dei cingoli dei carri armati… Tutto viene sottolineato da efficaci inserzioni musicali nei passaggi drammatici più intensi. Uno spettacolo ben scritto, con una bella regia e due icone del cinema e del teatro italiano a rappresentarlo Due grandi personaggi da vedere, gustare, assaporare e rivedere ancora.

 

Teatro Sette Off
“Amici per la pelle”
con Massimo Wertmuller e Rodolfo Laganà,
scritto e diretto da Stefano Reali

 

November 05, 2025

“Il futuro non è sempre avanti, a volte bisogna fermarsi e tornare indietro per raggiungerlo”.

Dopo aver assistito ad un'anteprima di Circo Paradiso nell'arena estiva del Teatro Tor Bella Monaca di Roma, lo spettacolo debutta ufficialmente (prima nazionale) al Teatro Metastasio di Prato dal 4 al 9 novembre, per poi approdare a Roma da al 13 al 30 novembre al Teatro Manzoni.

Cesare e Attilina sono due  trapezisti in pensione. In passato,  oltre che compagni di lavoro erano anche legati affettivamente.

Dopo tanti spettacoli ed una florida carriera, finalmente giunge per loro un riconoscimento: vengono chiamati ad esibirsi nuovamente in una serata in loro onore, dove  riceveranno il meritato premio a cui anelano tutti i circensi: il “Trapezio d’oro”.

I due non si vedono ormai da oltre trent’anni, le loro strade si sono divise ma il destino ha deciso di ricongiungerli per questa serata. Le “lucciole del circo”, come venivano chiamati quando erano famosi, sono pronti a tornare insieme in scena.

Il racconto si fonde tra passato e presente attraverso emozionanti flashback. Le coppie rappresentate sono due, quella dei protagonisti piuttosto anziani, affaticati e provati, e l’altra dei due giovani e pieni di vita. La prima coppia anziana è  dolcissima ed estremamente romantica nonostante il tempo, si lascia andare a piccoli e buffi diverbi, teneri battibecchi in cui conservano la loro fanciullezza, la spontaneità e la complicità che li accompagnerà per tutta la storia. È evidente che si amano ancora.

Nell’altra versione Agnese e Tiziano, da claudicanti ed affaticati anziani si trasformano in pochi istanti in due giovani aitanti, pieni di fiducia e speranza nel futuro da costruire. Voci squillanti e appassionate sostituiscono quelle borbottanti e dolcemente pungenti; impettiti e pulsanti perdono all’improvviso la postura affaticata e le movenze lente e incerte. Sembra di avere sul palco quattro attori, anziché due!

Attraverso i passaggi da un’età all’altra ci accompagnano nel  loro percorso di vita, toccando con noi i momenti più significativi e belli.

Ancora bambini, lui figlio di un falegname sardo e ammaliato dal circo, lei di circensi con l’aspirazione di diventare trapezista, si incontrano, poi si perdono e di nuovo si rivedono dopo anni, cosicché quell’interesse speciale e palpabile che li aveva colpiti reciprocamente e che avevano lasciato in sospeso sfocia in un amore adolescenziale fino a maturare. Diventeranno due bravi trapezisti, anche se  proprio al culmine della loro attività artistica ci sarà una dolorosa separazione…

All’interno della storia orbiteranno anche altri personaggi, interpretati anch’essi dai due artisti: il russo lanciatore di coltelli Dimitri e la veggente spagnola Fortuna; Mariuccio, padre di Tilina, e la madre di Cesare. Questi istrionici e camaleontici artisti si trasformano mutando pelle e passando da un personaggio all’altro. Il modo in cui riescono a dare a ciascuno una connotazione peculiare lascia a bocca aperta.

Agnese e Tiziano arrivano, con “Circo Paradiso”, al loro quarto stupendo spettacolo insieme. Propongono un prodotto confezionato con i soliti prelibati ingredienti con cui già ci hanno deliziato in passato. Il risultato è una commedia dolce, appassionante, romantica e nostalgica a cui si aggiunge una vena magica ed onirica. Non mancano gli spunti comici che fanno divertire con tenerezza.

Una commedia che ha lo stile del musical e il sapore dei dolcissimi cartoni di Walt Disney, con qualche spruzzata di quei vecchi bei film romantici in bianco e nero. Il tutto è sorretto da cura, sensibilità  ed originalità eccezionali.

Vedere uno spettacolo di questi due talentuosi artisti è come vivere un sogno ad occhi aperti. Si resta incantati, estasiati, con il fiato sospeso. Si ride, ci si emoziona, ci si commuove immersi nelle loro coinvolgenti storie.

Diretti superbamente dalla  regia del duo Evangelisti-Latagliata, si muovono elegantemente in una piacevole e curata scenografia di Andrea Coppi, che modificano di volta in volta  per evocare stati d’animo e situazioni mutevoli. Le luci impeccabili sottolineano efficacemente i momenti più salienti, aggiungendo un forte pathos alle scene grazie all’attenta direzione di Valerio Di Tella. I costumi di Nicoletta Ceccolini sono semplicemente stupendi, ispirati a quelli del circo degli anni Venti; le musiche si evolvono nello stile per sottolineare i tempi che passano. Tutte le basi musicali sono state composte da Tiziano, che ne ha eseguito la maggior parte al pianoforte o alla chitarra mentre sul palco, insieme ad Agnese, cantano dal vivo divinamente. Sono musiche trascinanti, con le due voci melodiche che si alternano, si rincorrono, a volte procedono insieme su note diverse arricchendo di significati le scene che accompagnano. Con le musiche, i dialoghi e i movimenti sulla scena è come se i due aprissero un baule magico pieno di meraviglie, che a fine spettacolo ripongono delicatamente lasciando nel cuore dello spettatore l’essenza dell’umanità.

Anche lo stratagemma più paradossale si tramuta in qualcosa di reale, tangibile. È il sogno che si fa realtà. Un bellissimo sogno.

Un altro capolavoro che si aggiunge ai tre già proposti e che a distanza di anni continuano ad emozionare: “Letizia va alla guerra”, “Fino alle stelle”, “I Mezzalira, panni sporchi fritti in casa”. E ora “Circo Paradiso”.

Prima da vedere, poi li amerete!

 

Teatro Manzoni

"Circo Paradiso” con  Agnese Fallongo e Tiziano Caputo
Regia Adriano Evangelisti e Raffaele Latagliata
Scritto da  Agnese Fallongo
Musiche e liriche Tiziano Caputo
Scene Andrea Coppi
Costumi Nicoletta CeccoliniMovimenti  coreografici  Elisa Caramaschi
Direzione tecnica Valerio  Di Tella
Editing musicale Fabio Breccia
Trucco Chiara Capocetti
Una Produzione Teatro De Gli Incamminati / Teatro  Metastasio di  Prato
Foto di scena Tommaso Le Pera

 

 

 

 

November 02, 2025

   

Dalla città universale della pace, Assisi, giunge un segno di rinnovata responsabilità etica: l’Avvocato Fabrizio Abbate entra a far parte del Comitato Scientifico del Forum per la Pace, per riaffermare la centralità della coscienza nell’era dell’Intelligenza Artificiale. 

Ad Assisi, dove ogni pietra parla di dialogo e ogni silenzio custodisce una preghiera, il pensiero ritrova la sua voce più autentica.

Tra le mura che da secoli accolgono il linguaggio universale della pace, Fabrizio Abbate, giurista, autore della Saga NeoEvo e studioso dei diritti nell’età digitale, entra nel Comitato Tecnico Scientifico (CTS) dell’Assisi Strategic Forum per la Pace, un luogo dove l’Etica diventa la radice viva del futuro. 

Viviamo un tempo fragile e complesso, in cui la tecnologia avanza a un passo più rapido della riflessione che dovrebbe accompagnarla.

Mentre l’Intelligenza Artificiale ridisegna il confine dell’umano, cresce l’esigenza di voci capaci di restituire al progresso una direzione di senso. Tra queste si colloca la nomina di Fabrizio Abbate, interprete di un pensiero etico che intende orientare la trasformazione globale con misura e consapevolezza.

La sua figura si lega a questo percorso con coerenza, frutto di un impegno che unisce il rigore del diritto alla visione etica del pensiero umanista. 

Già alla guida di Assodiritti e del Salotto Letterario di ENIA, Abbate affida al Forum la profondità della sua duplice vocazione: il diritto come architettura della giustizia e l’etica come respiro della speranza. 

Il Prof. Giannone, Presidente del CTS e dell’Associazione Umanesimo ed Etica per la Società Digitale, ha sostenuto con convinzione la nomina, riconoscendo in Abbate una voce capace di unire cultura, diritti e responsabilità. La sua presenza nel Comitato rappresenta la volontà di riportare l’essere umano al centro del dialogo mondiale e di costruire una pace che nasca dalla consapevolezza.

 

“L’Etica è la Pace”: un Manifesto per il nuovo tempo.

Per Fabrizio Abbate, entrare nel CTS non è un traguardo, ma la naturale prosecuzione di un cammino. La sua visione parte da un principio semplice e radicale: “L’Etica è la Pace.”

Una verità che diventa promessa e direzione. Nelle sue parole, l’etica non si limita a regolare l’agire umano: lo eleva, lo riporta al suo nucleo di responsabilità e dignità. Così, la tecnologia ritrova la propria misura e la conoscenza diventa ponte tra libertà e solidarietà.

Abbate invita a un nuovo Umanesimo, in cui scienza e spirito avanzano insieme, riconoscendo nella cooperazione la forma più alta dell’intelligenza.

 

Dal disarmo materiale al risveglio morale.

Lo stesso spirito anima il Comitato Scientifico di Assisi, laboratorio di idee e di rinascita, dove la pace si costruisce attraverso gesti concreti.

Le armi si trasformano in energia civile, la paura in fiducia, la competizione in collaborazione.

La visione della Conversione Nucleare traduce il sogno in progetto: convertire la potenza distruttiva in forza generativa, inaugurando una nuova stagione di speranza. 

In questa prospettiva si inserisce anche l’opera letteraria di Abbate.

Con la saga del NeoEvo, l’autore ha costruito un universo narrativo in cui l’Intelligenza Artificiale diventa la lente attraverso cui leggere i dilemmi dell’età contemporanea. Titoli come Astrolìa e il mistero delle Tre Cattedrali ed Extrafallaces: Astrolìa e l’Intelligenza Artificiale nel NeoEvo intrecciano simbolismo, arte, diritti e tecnologia in un racconto che esplora il rapporto tra verità e illusione, libertà e potere. Nelle opere, l’IA non è solo presenza tecnologica, ma protagonista morale che interroga l’uomo sul senso del suo stesso destino. 

Il percorso creativo e civile di Abbate trova così la sua naturale continuità ad Assisi, dove arte, pensiero e diritto si incontrano per dare voce a un nuovo paradigma etico, fondato sulla pace e sulla dignità umana.

 

L’Uomo, cuore della rivoluzione digitale.

Il cammino di Fabrizio Abbate nasce nel solco luminoso di Pacem in Terris, raccogliendo l’eredità di un pensiero che pone i diritti e la dignità dell’uomo al centro del progresso.

Da questa radice si leva la sua voce, chiara e necessaria, ad Assisi: l'intelligenza autentica risiede nella coscienza viva, capace di orientare la rivoluzione tecnologica verso il bene comune. 

Quando la tecnica si allontana dall’etica, perde la sua vocazione creativa e genera smarrimento.

Solo la pace, nutrita di dialogo e fondata sul diritto, restituisce all’Uomo la sua grandezza originaria: quella di essere custode, non padrone, del mondo che crea. 

E da Assisi, grazie anche alla visione del Prof. Giannone, la nomina di Fabrizio Abbate si trasforma in un segno vivo di speranza: un ponte tra Intelligenza Artificiale e umanità, tra conoscenza e coscienza nel nome della pace.

Diffondere la cultura della prevenzione e i corretti stili di vita saranno al centro delle attività dell’Associazione.

 

Bergamo, 29 ottobre 2025 – Con il chiaro intento di diffondere la cultura della prevenzione, della promozione dei corretti stili di vita e del benessere psico-fisico e della preservazione dello stato di salute dell'individuo, del suo nucleo famigliare e delle comunità in genere, nasce l’Associazione SIBU APS – Società Italiana Benessere Uomo APS.

               L’intento è soprattutto quello di sensibilizzare in modo positivo, e propositivo, la popolazione maschile nell’abbracciare a 360° la cura della propria salute e del proprio benessere, sia in un’ottica di tipo “One Health” che in un’ottica prettamente olistica, sfatando così il pensiero comune che “gli uomini sono meno attenti alla propria salute rispetto alle donne”.

                Con l’aspirazione di divenire in futuro una vera e propria Società Scientifica, SIBU opererà principalmente mediante studi di ricerca clinici e osservazionali, sessioni formative, eventi e campagne informative, nonché nella partecipazione attiva in programmi di screening.

               Primo Presidente designato è il Prof. Gian Luigi de’ Angelis, Ordinario di Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva e già Direttore del dipartimento Materno-infantile e della struttura complessa  di Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma. Ad affiancarlo, un nutrito gruppo di professionisti formato non solo da medici e personale sanitario, ma anche da accademici, ricercatori, e figure specializzate nei settori nutrizione, farmaceutica, fitness e divulgazione scientifica.

La nascita di questa Associazione scientifica è dovuta ad una brillante intuizione dell’amico e collega Prof. Francesco Greco, che, come già sottolineato, ha voluto riunire un numeroso gruppo di specialisti che si occupino di benessere inteso in primis come mantenimento di un ottimale stato di salute degli uomini. Infatti per motivi biologici, sociali, culturali, storici ed altri ancora, gli uomini da sempre sono stati meno attenti alla propria salute rispetto alle donne. Questa differenza è diventata ancora più importante da quando la donna è stata giustamente oggetto di tante campagne di sensibilizzazione e di prevenzione. Basti pensare a quanto è stato fatto per prevenire e trattare  il tumore al seno. In quest’ottica si colloca la nostra associazione che si propone di valorizzare non solo gli screening di enorme importanza, quali ad esempio quello del tumore della prostata e del tumore del colon retto, ma anche tutto quell’insieme di fattori che possono  incidere in maniera significativa  sul concetto di benessere dell’uomo. La vita media si è allungata molto negli ultimi decenni. L’impegno adesso è quello di conservare la qualità del vivere più a lungo possibile attraverso tutta una serie di trattamenti preventivi che passino dalla quotidianità del vivere, ai giusti  stili  di vita, alla cura tempestiva delle varie patologie”, ha sottolineato il Prof. de’ Angelis.

 

SIBU – Società Italiana Benessere Uomo
Via Palma il Vecchio, 4A - 24122 Bergamo

www.sibuitalia.it

Page 2 of 114
© 2022 FlipNews All Rights Reserved