L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Environment (78)

Nunzio Ingiusto

                                                                                                                                                                         contatto

 

Miliardi di euro per ambiente, clima e biodiversità da spendere entro il 2027. Soldi.

 

La formula è nel dibattito europeo dal 1992, con i governi a presentare ogni volta progetti per utilizzare le risorse. Non che non siano mancati sprechi ed inefficienze, ma alla fine il programma LIFE è quello che intercetta meglio le aspettative per il clima e l'ambiente. Ogni Paese dice di voler fare meglio e di più sotto la spinta di movimenti e gruppi politici, ma poi hanno bisogno di soldi e vanno a cercare tra Bruxelles e Strasburgo.

Da quest'anno, dato che le finalità di LIFE si ricollegano a molti progetti contenuti nei Recovery plan nazionali post COVID, i soldi vengono una destinazione per così dire aggiuntiva. Dovrà essere capacità dei governi strutturare bene le azioni in settori così strategici avendo un cuore risultati tangibili. Quanto si voglia vincere la lotta ai cambiamenti climatici si vede da queste opportunità. Se le buone buone intenzioni fanno guadagnare consensi nei talk show non hanno lo stesso effetto all'atto pratico.Il Parlamento Ue ha dato via libera a 5,4 miliardi di euro green da utilizzare anch'essi entro il 2027. Se il Green Deal, approvato l'anno scorso, prima degli sfracelli della pandemia, riprenderà davvero vigore, LIFE darà priorità ai progetti con il più alto potenziale di ri-attuazione per avere un'economia a basse emissioni di carbonio ed aumentare la biodiversità. Solenni sono state le motivazioni della Commissione Ue che ha scritto che il programma contribuirà a compiere il passaggio necessario verso un'economia ecologica, circolare, efficiente dal punto di vista energetico. Ma questi passaggi sono messi nelle mani anche di governi che ancora non sciolgono i nodi sulle fonti fossili, sulle bonifiche ambientali, sulla gestione dei rifiuti, sulla mobilità, sulla ricerca avanzata. 


C'è bisogno di unità e concordia tra i Paesi, questo sì. Infatti, senza rinchiudersi dentro i confini nazionali, rigettando ogni suggestione autarchica, al contrario abbattendo barriere ideologiche e di tranquillità (in) sostenibile, l'Ue punta alla maggiore omogeneità dei progetti da sostenere. Saranno premiati quelli con interesse transfrontaliero e di stimolo - tanto nel settore pubblico quanto in quello privato- di maggiori investimenti. Se per una volta al tavolo delle decisioni sedessero anche le grandi industrie energetiche sarebbe un eccellente segnale. L'Italia ci sta provando, anche se dobbiamo vedere dove effettivamente si andrà a parare. In LIFE sarà anche decisivo controllare quantità e qualità degli appalti pubblici verdi.I governi possono mettere in atto procedure trasparenti ed efficaci per garantire beni e servizi ecosostenibili. Anche questo è un aspetto che incrocia il Recovery plan italiano. Si parla di aumentare la quota di acquisti con i requisiti CAM (criteri ambientali minimi) per soddisfare la domanda pubblica. Nell'approvazione finale Il Parlamento europeo ha stabilito anche il riparto delle risorse: 3,5 miliardi di euro andranno alle attività ambientali e 1,9 miliardi a quelle per il clima. Sulla biodiversità - questione dirimente con molte iniziative all'attivo dei Verdi - LIFE investirà il 7,5% del bilancio annuale dal 2024 e il 10% dal 2026. Tutta la spesa dei singoli Paesi sarà tracciata.In fondo per soddisfare le idee di 27 Paesi per 6 anni non siamo davanti ad una grande cifra. Qualche sforzo in più poteva essere fatto, anche se LIFE mantiene una sorta di cammino parallelo ad altre programmazioni. «Anche se avrei preferito un budget ancora maggiore, sono molto contento che abbiamo raggiunto un nuovo livello di impegno verso la natura e il clima, in modo che il programma possa continuare a testare idee e soluzioni verdi future» dice il parlamentare finlandese Nils Torvalds, relatore della legge. Contentiamoci. Il quadro normativo è assicurato, la politica ha l'onere di non deludere.


 

 
A fine aprile l'edizione 2021 del «City Nature Challenge». Appello a Draghi per inserirle la biodiversità in tutti i progetti del Pnrr.
  
Manca davvero poco. Dal 30 aprile al 3 maggio 350 città in 38 Paesi daranno vita alla nuova edizione di «City Nature Challenge» la manifestazione che mette in concorrenza gli appassionati di flora e fauna selvatica mediante scatti fotografici. Una ventata di sana competizione ecologica per cittadini- scienziati e che in Italia passa attraverso le città aderenti al Cluster Biodiversità Italia.
Cresce e si afferma di anno in anno, quest'iniziativa nata nel 2016 come sfida tra Los Angeles e San Francisco promossa dalla California Academy of Sciences e il Natural History Museum di Los Angeles. Nella sostanza resta una battaglia amichevole tra chi riesce a raccogliere la maggiore quantità di immagini per documentare lo stato ambientale della città. Non e assente, però, il messaggio forte, documentato a chi ha responsabilità della cosa pubblica per rimediare a guasti ambientali di ogni tipo. La documentazione fotografica espone le autorità a rilievi oggettivi sul degrado e su inefficienze antiche.
Il Cesab (Centro ricerche in scienze ambientali e biotecnologie) molto attivo su energia ed ambiente sta organizzando la kermesse italiana e per la migliore riuscita ha invitato i cittadini a darsi da fare. Il 10 maggio saranno poi annunciati e pubblicati i risultati a livello mondiale sul sito citynaturechallenge.org. Risultati che - riteniamo - saranno osservati con attenzione, perché arrivano pochi giorni dopo la giornata mondiale della Terra e perché cadono nel pieno di una pandemia che ha una stretta relazione con l'ambiente. «Partecipare è semplice - hanno detto i coordinatori Antonio Riontino e Alessandra Flore. Nei giorni della sfida puoi esplorare il territorio in cui vivi o prendere parte alle escursioni in natura organizzate dagli enti, scatta foto della flora e della fauna selvatica con lo smartphone o con la fotocamera digitale ”. Le foto andranno poi nelle piattaforme, Naturalist.it o Natusfera. Tutto dà corpo da un progetto internazionale per mettere insieme piani di lavoro sulla biodiversità e stimolare la ricerca scientifica naturalistica. Chi partecipa sarà tanto più apprezzato quanto più riuscirà a fotografare il maggior numero possibile di specie in un determinato luogo e momento.
Per l'Italia sono in gara: Trinitapoli, con ente CEA- Casa di Ramsar; Bari, con ente WWF Levante Adriatico; Cisternino, con ente Antropia Associazione - CEA Cisternino; Lecce, con ente WWF Salento; Manduria, con ente Riserve naturali regionali orientate del litorale tarantino orientale; Taranto, con ente WWF Taranto; Milazzo, con ente MuMa - Museo del Mare; Catania, con ente Ente Fauna Marina Mediterranea; Napoli, con ente Città della Scienza; Massa Lubrense con ente Area Marina Protetta di Punta Campanella; Procida, con ente Area Marina Protetta del Regno di Nettuno; Portofino, con ente Outdoor Portofino; Trento, con ente MUSE - Museo delle Scienze; Trieste, con ente WWF Trieste; Bolzano e Brunico, con ente Museo di Scienze Naturali dell'Alto Adige. Accanto a loro come partner o promotori un lungo elenco di Enti tra cui: Ministero della Transizione Ecologica, ISPRA, Federparchi-Europarc, WWF Italia, Aigae (Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche) e AFNI (l'Associazione Fotografi Naturalisti Italiani). La Fondazione con il Sud, presieduta da Carlo Borgomeo, è a sua volta partner del Cluster Italia.
Ma oltre al «City Nature Challenge» il tema della biodiversità in questi giorni è al centro del confronto politico sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). L'Italia lo consegnerà all'Unione europea esattamente il giorno che parte la manifestazione internazionale. In vista della stesura finale le associazioni ambientaliste hanno chiesto al governo che la tutela della biodiversità sia trasversale a tutte le missioni proposte nel Pnrr e che venisse considerata in ogni proposta progettuale. Nel testo preparato per il Parlamento il governo ha scritto che l'Italia ha «un ecosistema naturale, agricolo e di biodiversità di valore inestimabile da proteggere». Se dovessero servire, ci sono sempre le foto di una gara fotografica tra appassionati. 


Il problema irrisolto del Deposito nazionale delle scorie e l'atto di accusa della Commissione Ecomafie.

Un intreccio perverso tra normative che mancano, opposizioni e soldi pubblici. I rifiuti radioattivi in ​​Italia continuano ad essere una catena del disvalore ai piedi dei governi. Quello che le ex centrali nucleari hanno prodotto in anni ormai lontani, sono custoditi in siti temporanei tanto al Nord quanto al Sud. Mediamente ben sorvegliati, i depositi contengono materiali destinati a non creare più allarmi e proteste. La Commissione bicamerale Ecomafie ha fatto un quadro a tinte fosche sui residui fisici - è il caso di dire - di uno storico passaggio energetico italiano.Se è vero che tra le competenze del nuovo Ministero della transizione ecologica c'è anche quella di chiudere la partita del Deposito nazionale delle scorie radioattive, è altrettanto necessario provvedervi in ​​tempi rapidi. E sarebbe una svolta epocale, degna di un governo con larga base parlamentare.

"Realizzare il Deposito nazionale, completare il più rapidamente possibile lo smantellamento degli impianti nucleari, mettere l'autorità di controllo Isin nelle condizioni di funzionamento con la massima efficacia" sono le cose da fare ora, dice il Presidente della Commissione Stefano Vignaroli. Il tema in qualche modo si sovrappone alle dichiarazioni del Ministro Roberto Cingolani per un ruolo del nucleare di nuova generazione dentro il Recovery plan. Idee che non piacciono agli ambientalisti i quali ricordano la vittoria del referendum antinucleare del 1987 e le battaglie per lo smantellamento definitivo degli impianti.

La relazione della Commissione Ecomafie è stata approvata all'unanimità, interpretando questo consenso proprio come volontà di arrivare finalmente ad una decisione. Sarà presa a Roma o sarà concertata con Regioni e Comuni? Su questo bisogna andare a fondo. Perché se gli abitanti sui territori sono come quelli espressi ancora due giorni dalla Regione Puglia, di opposizione con tutte le forze alla scelta di individuare l'Alta Murgia come possibile sito per lo smaltimento di rifiuti nucleari »le speranze contenute nel documento dei parlamentari si affievoliscono di molto. L'Alta Murgia pugliese equivale a qualsiasi altro sito, per essere chiari. Una consolidata e trasversale contrarietà attraversa i luoghi adatti al Deposito.E nei luoghi c'è la politica che ha sempre pronte le ragioni del dissenso. Per quanto tempo ancora continuerà? Spostare più avanti nel tempo la soluzione rende l'Italia oltremodo fragile rispetto a scenari di sostenibilità ambientale sicuri e, perché no, di utilità. Non sembrano, infatti, convincenti nemmeno i numeri che girano intorno al futuro deposito: 900 milioni di euro di investimenti, 1000 occupati a regime, 4000 in fase di costruzione, probabili royalties per gli Enti locali.

Il punto è che non si può approcciare un modello di sviluppo e di vita verde senza aver fatto i conti con situazioni di pericolo -vere, temute- per la salute. Di rifiuti radioattivi ce ne sono migliaia in giro per il mondo. Ma per l'Italia che studia da Paese alta sostenibilità un controsenso trascinarsi fardelli così ingombranti che, immaginiamo, il ministro Cingolani vorrà evitare.

La Carta dei luoghi adatti ad accogliere le scorie esiste da tempo. La Sogin, certo gestisce gli impianti, tuttavia la Commissione l'altro giorno ha puntato il dito contro i siti di Saluggia (Vercelli), ITREC di Rotondella (Matera), e CEMERAD di Taranto, ritenuti altamente insicuri e costosi. Mal si concilia, infatti, una condizione di precarietà con il costo di 10 milioni di euro all'anno per ogni deposito. Per giunta con l'Isin (Ispettorato Nazionale sicurezza nucleare) a corto di risorse.

Ed eccoci al buco delle norme. Il Programma Nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi è stato anch'esso approvato, ma non ci sono i decreti attuativi. In pratica il Parlamento deve aggiungere un tassello fondamentale alla decisione finale. In attesa c'è chi come l'Assessore all'Ambiente della Puglia, Anna Grazia Maraschio, dice che i criteri utilizzati per dichiarare idonei i siti individuati nel territorio regionale non hanno tenuto conto degli studi di ricerca più recenti. Si torna più o meno al punto di partenza.

Gli ambientalisti, e non solo i romani, protestano per il modo in cui il comune di Roma procede alla cura del verde nei parchi della capitale. A Villa Pamphilj, il più grande di Roma, vero e proprio polmone della città, hanno formato un comitato di nome "Zona Verde". E 'un movimento nato dal bisogno di custodire il territorio, soprattutto quello dei parchi cittadini, fondamentali, come tutti constatano, in tempi di pandemia.

 

La novella associazione è costituita da un nutrito gruppo di volenterosi uniti dal desiderio di ridare l'ossigeno che merita alla città.  "Grazie all'esperienza del 2020, abbiamo capito ancora meglio, come tutto sia con evidenza interconnesso, come l'entropia possa cambiare radicalmente la qualità della vita e come la salute psicofisica dipenda dal rispetto dell'ambiente e dell'ecosistema", dichiara Maria Elena Carosella, tra i coordinatori del gruppo di volenterosi, e ancora: “La creazione di Zona verde nasce dalla consapevolezza e dalla necessità di salvaguardare l'ambiente, il paesaggio, valorizzare il patrimonio arboreo e boschivo, migliorare la qualità dell'aria. Soprattutto dal prenderci cura dei beni comuni. Siamo cittadine e cittadini di Roma e in queste settimane, a partire dal 16 febbraio, abbiamo assistito con problemi ai lavori di riqualificazione di Villa Pamphilj. Con l'aiuto di agronomi, paesaggisti, architetti, giuristi, educatori, abbiamo approfondito e osservato attentamente lo stato dei lavori. Per allargare varie stradine, che sono cresciute di misura, dentro Villa Pamphilj è stato inserito molto cemento, addirittura a ridosso dei tronchi e sono stati buttati gli scarti sulle aiuole o nel sottobosco, accesi fuochi per eliminazione i rifiuti nel cantiere.

I lavori di manutenzione del verde, soprattutto nel 2021, dovrebbero tener conto dell'ecosistema e conciliare gli interessi delle pratiche umane (piccole manutenzioni, emergenze) con quelli della natura che è la vera protagonista dei parchi. "Continua Maria Elena Carosella:" Riqualificazione dovrebbe significare cura e attenzione per il paesaggio, per i beni comuni, nell'interesse della cittadinanza e delle generazioni future, non certo speculazione o incuria. un esempio per tutti: a volte basta cambiare il tracciato di una strada  di pochi metri per salvare un albero che ha impiegato anni per costruire la sua struttura e ci sostiene arricchendoci grazie alla produzione gratuita e costante di ossigeno e bellezza. In primo luogo per la diversa quantità di produzione dell'ossigeno che ci permette di vivere, in secondo luogo per la dimensione delle fronde che portano benefici visibili e invisibili e, visti i problemi climatici attuali, per la profondità delle radici, capaci di trovare acqua lontano dal tronco durante le estati torride delle città. Inoltre "continua:" le specie e le varietà storicamente presenti nei parchi oggi sono introvabili; portare nuovi alberi può significare portare nuovi problemi: introducendo nuove piante, spesso da altri continenti, abbiamo organismi alieni, che distruggono le siepi di bosso come la piralide o le palme come il punteruolo rosso.Il cambiamento climatico non permette di avere garanzie sul futuro: da ora è necessario prediligere lavori di piccola manutenzione alle "grandi opere". Abbattere un grande albero dovrebbe essere considerato un crimine verso l'umanità, perché sottrae alla collettività un patrimonio immenso che sarà difficile ricostruire. La Natura è già stata tanto aggredita e violata negli ultimi secoli. "R improvera al comune di non considerare il parco pubblico una" creatura vivente "che si, può tenere conto delle esigenze di tutti, ma l'ecosistema, che aveva dato forma ad angoli di paradiso, è stato violato e stravolto da scavi diffusi e ingiustificabili, per violenza e mancanza di cura. "realizzazione di spazi comuni all'aperto, possibilmente verdi, dove incontrarsi serenamente, respirando aria pulita, una migliore igiene ambientale anche in prospettiva degli anni a venire, per prevenire, in modo naturale, il ripetersi di quello che stiamo vivendo tutti. "Dichiara sempre la Carosella. " Ora abbiamo un motivo essenziale per difendere gli spazi verdi: c ontinuando a distruggere e saccheggiare la terra anche l'umanità rischia seriamente di estinguersi è i l momento di entrare in azione per il futuro di questo parco e - in prospettiva - del verde di tutta la città e del pianeta che ci ospita. ", conclude.

Zona Verde Villa Pamphilj

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Polemiche e ricorsi per una legge che limita le installazioni.

La ricerca di una sintesi senza mercanteggiamenti è forse la partita più difficile che dovrà giocare il Ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani. Per raggiungere gli obiettivi della decarbonizzazione e ben spendere un terzo dei soldi del Recovery fund, nei prossimi mesi dovrà mostrare doti di mediatore e decisore al tempo stesso. La Regione Basilicata gliene sta dando l'occasione con una guerra alle pale eoliche. Più di cinquanta associazioni ambientaliste si sono rivolte alla Corte costituzionale affinché metta ordine nelle nuove installazioni. In mezzo c'è la Regione guidata da Vito Bardi che in quanto a questioni energetiche ed ambientali da venti anni è il territorio simbolo del fabbisogno energetico italiano. Mentre in Val d'Agri Eni e Shell continuano, infatti, ad estrarre petrolio, ci sono aziende pronte a creare nuovi parchi eolici sui crinali delle montagne. Uno scempio selvaggio, hanno scritto gli ambientalisti, sollecitando della Corte Costituzionale. Assistono sconvolti alla devastazione di quel paesaggio che soltanto due anni fa ha visto Matera Capitale europea della cultura. E nella lotta anti eolico c'è anche il Parco della Murgia materana, molto impegnato sui temi della sostenibilità. Ci mancherebbe! molto impegnato sui temi della sostenibilità. Ci mancherebbe! molto impegnato sui temi della sostenibilità. Ci mancherebbe!

Il cuore del problema è in una proposta di modifica della legge regionale sulla produzione di energia da fonti rinnovabili. Si autorizzano nuove installazioni, ma se ne limita la potenza e si salvaguardano i diritti esistenti. In sostanza, scrivono le associazioni, la Regione sta cercando di limitare le nuove installazioni contro le richieste delle aziende interessate a crescere. Il tema si è ingarbugliato proprio rispetto all'anticipazione del Ministro Cingolani sulla transizione green.

“La produzione di energie rinnovabili è di basilare importanza , ma è altrettanto importante tutelare il paesaggio, punto di forza del nostro territorio" dice  Michele Lamacchia, Presidente del Parco della Murgia. L’iniziativa legislativa vuole ridurre  l'impatto paesaggistico in un contesto dove i punti di forza sono il turismo, la cultura e l’ambiente. A sostegno  dello stop ci sono anche  i dati del Gestore Servizi Energetici (GSE) che nel 2018 ha contato tra le province di Matera e Potenza ben 1412 aerogeneratori. Un business compulsivo ,si legge nella  lettera alla Consulta , favorito dalla mancanza di un Piano Paesaggistico regionale. L’energia eolica  è stata concepita  "non come alternativa al fossile, bensì come complementare ad esso, visto che è stato impiantato nelle aree ove insistono siti petroliferi o dove si prevedono nuove prospezioni". Una bella contraddizione: Fatto sta che il territorio è  malconcio, bistrattato, con ricadute  sulla salute, l’acqua, la biodiversità e l’agricoltura. E gli industriali ? La Confindustria lucana replica che la proposta della Regione è in contrasto con gli obiettivi nazionali ed europei in materia di sviluppo delle fonti rinnovabili .Per rispettare le indicazioni europee i nuovi impianti ci vogliono eccome, senza limitazioni di potenza o altri artifici. Chissà quando la Consulta si esprimerà, in ogni caso le imprese vedono  compromessi, “per effetto della previsione dei limiti di potenza installabili , i loro programmi di investimento”. Il Ministro Cingolani sta lavorando al piano di transizione ed ha stimato un fabbisogno di 80 miliardi di euro, nonostante le perplessità suscitate dalle sue dichiarazioni sui tempi e sul mix energetico con le fonti fossili. Ma come si fa a procedere in un programma ambizioso con una Regione contro?  E’ solo la Basilicata o se ne altre a negare la svolta verde italiana? Attenzione, noi non siamo contro le energie alternative -spiegano gli ambientalisti - ma in Basilicata sono stati commessi un affronto al territorio e una lacerazione al tessuto sociale che meritano una seria riflessione». La dovrà fare senz'altro il Ministro Cingolani a cui va ricordato che se l’Italia green é affidata anche alle mani dei giudici, non c’è da stare per niente tranquilli.

Nel 2020 l’Italia ha speso 2,2 miliardi di euro per importazioni di prodotti ecosostenibili. Intanto il governo pensa al nucleare.

Il Ministro Roberto Cingolani ha detto in Parlamento che entro l’estate presenterà il suo piano per il passaggio alla new green economy. Ai deputati e senatori ha anticipato comunque le linee lungo le quali si sta muovendo e che includono tutte le fonti rinnovabili, compresa la fusione nucleare. Su quest’ultima gli ambientalisti hanno fatto sentire subito la loro voce contraria.

Un punto rimasto un po’ in ombra - e che deve far pensare - nella linee guida del nuovo Ministero della transizione ecologica , è stato il deficit tecnologico con cui l’Italia fa i conti. Tanto per dire , il 2020 è stato l’anno in cui il Paese ha speso più di 2 miliardi di euro in import low carbon. Si è trattato di un anno bifronte , povero di aiuti alla ricerca ,con - 10 % nei consumi di energia, -12% di emissioni di CO2 ,ma con +27% di importazioni di tecnologie verdi. Il Report trimestrale dell’ENEA ci ha detto che per avere un sistema rigenerato bisogna mettere in campo tutto ciò che riduca l’incidenza degli acquisti esteri. Cingolani ne ha fatto cenno ma il tema - a mio parere- è una priorità assoluta. In vista dell’ attesa decarbonizzazione , l’Italia fa acquisti esteri per veicoli elettrici, ibridi, batterie e accessori collegati. Buoni acquisti ,intendiamoci, per far fronte ad una domanda crescente di sostenibilità. Ma sono soldi che potrebbero essere investiti nella ricerca. Una vera transizione green avrà bisogno di applicazioni ,laboratori avanzati, tecnologie a basso impatto. Le risorse che i governi vi hanno destinato finora, sono irrisorie e per giunta sparse in capitoli di bilancio dei vari  Ministeri. Cosa impedisce di mettere mano ad un piano della ricerca green aggregata, unico, credibile e di medio-lungo periodo? Certo non i cervelli che puntualmente vanno all’estero a farsi valere. In un solo anno il disavanzo tecnologico italiano è cresciuto del 60% rispetto al 2019, scrive l’Enea. Un messaggio assai poco rassicurante alla politica che accentua in negativo il confronto con altri Paesi europei .

Nel 2020 l’indice ISPRED della stessa Enea ( la misura dell’ energia in rapporto a prezzo e sicurezza degli approvvigionamenti) è migliorato, ma il contesto è da rivoluzionare. L’energia primaria è calata del 60% . Abbiamo viaggiato meno in auto ed aereo, ma abbia continuato a consumare gas . Le installazioni di nuova capacità elettrica rinnovabile ,però, sono drammaticamente 1/4 di quanto necessario per raggiungere gli obiettivi europei verdi al 2030. Cingolani ha preso tempo per far svoltare il Paese, ma le autorizzazioni per nuovi impianti vanno date subito.

Di tempo a disposizione non ne resta molto. Anche la tempistica dell’Ue sull’impegno delle risorse del Recovery plan al 2026 richiede azioni rapide nelle quali dimostrare capacità progettuale e sintesi industriale. Ma qui va sciolto il grande nodo politico delle infrastrutture , delle conoscenze applicate, dei servizi. La transizione ecologica è stata reclamata e posta a pilastro del governo Draghi ,per bizzarro contrappasso dai tanti che in passato hanno acceso i disastrosi fronti del NO. Stagione completamente finita ? Ce lo auguriamo. In special modo quando vediamo che le aziende sono più veloce dello Stato a competere. Può piacere o no, ma il progresso ha sempre sempre richiesto fonti di energia nuove, continuative, impianti adeguati a soddisfare esigenze di ogni tipo. A volte  basta fare autocritica, ascoltare chi sa di cosa parla, senza presunzione e demagogia. ****

Il progetto “we Tree” per aree verdi intitolate a donne impegnate.

Il primo a sottoscrivere il progetto è stato il Sindaco di Milano Beppe  Sala. La sua città insieme a Torino, Palermo e Perugia è tra le più  avanti in fatto di sostenibilità ed ora è partner di 'we Tree', promosso da donne.

Personalità note, impegnate a costruire città qualitativamente migliori,  a partire da nuove zone verdi. L'impegno femminile di questi tempi può  fare ancora di più la differenza rispetto a tante iniziative annunciate e  poi smarrite nel mare magnum dell'ambiente . llaria Borletti Buitoni, è  la Presidente di 'weTree' e con Maria Lodovica Gullino, direttrice del  centro Agroinnova dell'Univeristà di Torino e Ilaria Capua, direttrice del Centro  di Eccellenza One Health dell'Università della Florida, divide la

responsabilità di uno schema operativo che viene proposto alle Amministrazioni comunali.

I piccoli ma significativi passi che i primi cittadini possono compiere  sono boschi urbani, buone pratiche quotidiane, rispetto per la natura,  con l'obiettivo finale di costruire ovunque aree verdi attrezzate. In occasione della recente  Festa della donna dell'8 marzo il progetto è tornato di attualità suscitando l'interesse di altri  sindaci e sindache.

I Comuni che aderiscono a 'We Tree'  annanno dall'inizio  che l'area verde che andranno a costruire dovrà essere intitolata a donne  che si sono distinte con le loro attività per una società migliore. Le piante  costituiscono l'80% del cibo che mangiamo e il 98% dell'ossigeno  che respiriamo è prodotto da queste.

Forti delle proprie conoscenze le promotrici ci hanno ricordato che la  pandemia ha rafforzato una consapevolezza: "la nostra salute e quella del  pianeta vanno al braccetto, anche e soprattutto in città, tanto che la diffusione e  conseguenze del Covid 19 parrebbero essere influenzate dalla qualità  dell "aria".

Ilaria Capua - ambasciatrice del progetto- d'altra parte non perde occasione per evidenziare lo stretto rapporto che intercorre tra la diffusione delle pandemie e   i livelli tossici ambientali. Nel 2020 diversi studi hanno documentato come  la pianura padana abbia pagato un tributo alto in contagi e vite umane proprio a  causa dell'eccessiva presenza di smog nell'aria.

A Torino sta per nascere il Bosco degli altri intitolato a Lia Varesio,  donna fortemente impegnata nella scomparsa sociale nel 2018. a Milano il  Vivaio Bicocca ospiterà il Bosco delle STEM ; a Palermo sarà ampliato l'Orto Botanico ; Perugia si avrà migliore cura dei cipressi del Tempio di Sant'Arcangelo .

Questi sono i casi più concreti di articolazione dell'iniziativa improntata,  se vogliamo, a principi di microsostenibilità fruibili in spazi urbani.

Ma i sindaci, le sindache, potranno non essere soli. Altro scopo del progetto è, infatti, la nascita di comitati di cittadini che sproneranno le Amministrazioni a partecipare. Due finalità intrecciate - realizzazione e aggregazione - che la politica locale dovrebbe saper cogliere "perché prendersi cura del pianeta non significa soltanto tutelare l'ambiente, ma anche prevenire le malattie dell'uomo, ridurre la povertà e dare impulso allo sviluppo economico  locale".

In queste settimane di eccitazione ecologica per gli effetti della politica nazionale, si rafforza l'invito delle promotrici ad aderire. E 'facile, dicono, con 1800 battute si può mandare il "concept" del progetto che riguarda la comunità propria all'indirizzo This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it. . < This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.> ; La proposta sarà messa in rete come modello di buone pratiche per chi ancora non ha scelto.

Prorogati gli incentivi per nuovi impianti nelle campagne. Pronti 5 miliardi di investimenti.

Un combustibile pulito che trova posto nella nuova strategia energetica italiana. Il biogas è una fonte da valorizzare insieme alla capacità del mondo agricolo di saperla produrre. Il Parlamento se ne stava già occupando prima dell'istituzione del nuovo Ministero della transizione ecologica. La notizia è che la Commissione Agricoltura della Camera ha prorogato per tutto il 2021 gli incentivi a favore delle aziende che costruiscono nuovi impianti. Grazie ai contributi statali potranno realizzare strutture capaci di produrre fino a 300 KW, alimentati con sottoprodotti da attività di allevamento. Le nuove strutture rilasceranno energia elettrica da mettere nella rete nazionale di trasporto a tutto vantaggio di famiglie ed imprese.Un percorso più snello per arricchire l'offerta di fonti alternative.

La proroga degli incentivi è stata richiesta dal deputato Cinquestelle Gianpaolo Cassese, con un emendamento al decreto Milleproroghe. Ma l'attenzione verso una maggiore diffusione del biogas era stata richiesta dal Consorzio Italiano Biogas nell'audizione in Parlamento sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Lo sviluppo del biometano agricolo, secondo le stime, può contare su un impatto positivo occupazionale di circa 16.000 occupati. A loro si aggiungono altri 70-80 mila lavoratori dell'indotto. Il Consorzio che conta oltre 970 aziende associate con una capacità di 500 megawatt di potenza, da tempo si è candidato come protagonista del mix energetico italiano.In particolare gli incentivi che lo Stato riconosce le condizioni favorevoli all'impiego del biogas nei settori difficili dell'elettrificazione. Nello sfruttamento della risorsa in tutta la filiera agricola, c'è anche il problema della riconversione degli impianti esistenti. In sostanza altri soldi da mettere in circolo.

«La riconversione degli impianti di produzione di biogas potrà stimolare investimenti privati ​​per circa 5 miliardi di euro, favorendo Entrate Fiscali per circa 1 miliardo di euro- ha spiegato Piero Gattoni, Presidente CIB,“ A favore delle aziende agricole il biometano rafforzerà la loro multifunzionalità, di evitare fenomeni di abbandono delle zone rurali e aiuta al contrasto alla desertificazione dei suoli e al dissesto idrogeologico. Come esempio positivo viene citato il progetto “Farming for Future. 10 azioni per coltivare il futuro ”. Grazie ad azioni e tecnologie in uso, le emissioni dirette da agricoltura si riducono del 32% rispetto agli stati attuali. Da tenere presente, quindi. Perché nel governo Draghi la svolta verde si misurerà sulla volontà di mettere insieme per i prossimi anni un sistema con più «motori» di energia, fino ad arrivare alla predominanza delle rinnovabili sui fossili. Ci vuole tempo, ma é necessario ripartire e con il piede giusto.

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