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Rifiuti nucleari: un peso per l’Italia che guarda al green.

By Nunzio Ingiusto April 01, 2021 2079

Il problema irrisolto del Deposito nazionale delle scorie e l'atto di accusa della Commissione Ecomafie.

Un intreccio perverso tra normative che mancano, opposizioni e soldi pubblici. I rifiuti radioattivi in ​​Italia continuano ad essere una catena del disvalore ai piedi dei governi. Quello che le ex centrali nucleari hanno prodotto in anni ormai lontani, sono custoditi in siti temporanei tanto al Nord quanto al Sud. Mediamente ben sorvegliati, i depositi contengono materiali destinati a non creare più allarmi e proteste. La Commissione bicamerale Ecomafie ha fatto un quadro a tinte fosche sui residui fisici - è il caso di dire - di uno storico passaggio energetico italiano.Se è vero che tra le competenze del nuovo Ministero della transizione ecologica c'è anche quella di chiudere la partita del Deposito nazionale delle scorie radioattive, è altrettanto necessario provvedervi in ​​tempi rapidi. E sarebbe una svolta epocale, degna di un governo con larga base parlamentare.

"Realizzare il Deposito nazionale, completare il più rapidamente possibile lo smantellamento degli impianti nucleari, mettere l'autorità di controllo Isin nelle condizioni di funzionamento con la massima efficacia" sono le cose da fare ora, dice il Presidente della Commissione Stefano Vignaroli. Il tema in qualche modo si sovrappone alle dichiarazioni del Ministro Roberto Cingolani per un ruolo del nucleare di nuova generazione dentro il Recovery plan. Idee che non piacciono agli ambientalisti i quali ricordano la vittoria del referendum antinucleare del 1987 e le battaglie per lo smantellamento definitivo degli impianti.

La relazione della Commissione Ecomafie è stata approvata all'unanimità, interpretando questo consenso proprio come volontà di arrivare finalmente ad una decisione. Sarà presa a Roma o sarà concertata con Regioni e Comuni? Su questo bisogna andare a fondo. Perché se gli abitanti sui territori sono come quelli espressi ancora due giorni dalla Regione Puglia, di opposizione con tutte le forze alla scelta di individuare l'Alta Murgia come possibile sito per lo smaltimento di rifiuti nucleari »le speranze contenute nel documento dei parlamentari si affievoliscono di molto. L'Alta Murgia pugliese equivale a qualsiasi altro sito, per essere chiari. Una consolidata e trasversale contrarietà attraversa i luoghi adatti al Deposito.E nei luoghi c'è la politica che ha sempre pronte le ragioni del dissenso. Per quanto tempo ancora continuerà? Spostare più avanti nel tempo la soluzione rende l'Italia oltremodo fragile rispetto a scenari di sostenibilità ambientale sicuri e, perché no, di utilità. Non sembrano, infatti, convincenti nemmeno i numeri che girano intorno al futuro deposito: 900 milioni di euro di investimenti, 1000 occupati a regime, 4000 in fase di costruzione, probabili royalties per gli Enti locali.

Il punto è che non si può approcciare un modello di sviluppo e di vita verde senza aver fatto i conti con situazioni di pericolo -vere, temute- per la salute. Di rifiuti radioattivi ce ne sono migliaia in giro per il mondo. Ma per l'Italia che studia da Paese alta sostenibilità un controsenso trascinarsi fardelli così ingombranti che, immaginiamo, il ministro Cingolani vorrà evitare.

La Carta dei luoghi adatti ad accogliere le scorie esiste da tempo. La Sogin, certo gestisce gli impianti, tuttavia la Commissione l'altro giorno ha puntato il dito contro i siti di Saluggia (Vercelli), ITREC di Rotondella (Matera), e CEMERAD di Taranto, ritenuti altamente insicuri e costosi. Mal si concilia, infatti, una condizione di precarietà con il costo di 10 milioni di euro all'anno per ogni deposito. Per giunta con l'Isin (Ispettorato Nazionale sicurezza nucleare) a corto di risorse.

Ed eccoci al buco delle norme. Il Programma Nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi è stato anch'esso approvato, ma non ci sono i decreti attuativi. In pratica il Parlamento deve aggiungere un tassello fondamentale alla decisione finale. In attesa c'è chi come l'Assessore all'Ambiente della Puglia, Anna Grazia Maraschio, dice che i criteri utilizzati per dichiarare idonei i siti individuati nel territorio regionale non hanno tenuto conto degli studi di ricerca più recenti. Si torna più o meno al punto di partenza.

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Last modified on Friday, 02 April 2021 07:09
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