L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.


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Kaleidoscope (1414)

Free Lance International Press

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Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.

Frammenti del

Merano Wine Festival edizione 2016.

MeranoWineFestivalDal 4 all’8 novembre. 5 giorni di degustazioni esclusive ed eventi imperdibili. Venerdì 4 la rassegna consolidata dei bio&dynamica si arricchisce di una serie dedicata ai vini bio-dinamici internazionali. Sempre venerdì 4 la Gourmet Area, che ospita la selezione food Culinaria, Beer passion e Consortium, verrà aperta a buyers e addetti del settore a livello nazionale ed internazionale. Sabato 5 e Domenica 6, il tradizionale che da 25 anni riunisce a Merano le eccellenze italiane e non solo. Lunedì 7 novembre sarà la volta delle new Entries della Selezione Ufficiale e delle Vintage Collection dei produttori, un grande appuntamento con le “annate vecchie”. Martedì 8 torna, dopo il successo della prima edizione, Catwalk Champagne, l’appuntamento con gli importatori delle Grandi Maison, (Fonte: Stefania Gatta Gourmet’s International)hotel roma

Raccolta di frammenti di Non solo Vino (Fonte: Stefania Gatta Gourmet’s International)

Frammento n. 1

Solidarietà al Centro Italia colpito dal terremoto

La Gourmet Arena è lo spazio in cui i visitatori del Merano Wine Festival trovano pane…e non solo per i loro denti. Il programma di quest’anno illumina le eccellenze del centro Italia in omaggio ai territori colpiti dai terremoti negli ultimi mesi. Accanto ai prodotti o meglio le eccellenze delle Marche, Abruzzo e Lazio, il territorio di Fermo sarà al centro dello showcooking di Alessandro Pazzaglia con i piatti della tradizione marchigiana. Ma sarà Sabato 5 l’evento più suggestivo: Alfonso Bucci dell’Hotel Roma di Amatrice preparerà l’originale ricetta degli spaghetti all’Amatriciana!

Frammento n. 2

Marcello DErasmo Chefs Challenge Merano Wine FestivalGourmet Arena for Professional Only

Iniziativa rivolta ai professionisti del settore food e alla stampa. Per la prima volta presenti oltre 100 aziende, tra artigiani del gusto, birrifici, distillati e liquori, servizi alla ristorazione che anticiperanno l’apertura a Venerdì 4, di pomeriggio ai professionisti del settore e alla stampa specializzata.

Frammento n. 3

postevento130Showcooking al femminile.

Venerdì pomeriggio, sempre nell’area della Gourmet Arena, lo show tutto “rosa”. Solo Chef donne tra cui Angela Marrocco e Mirella Crescenzi della federazione italiana Cuochi.

Frammento n. 4

Wagyu giapponese.

Il Merano Wine Festival è nato per stupire. Per i suoi 25 anni ha deciso di andare fino in Giappone per far assaggiare la carne migliore  83560107 img 3126al mondo: il Wagyu. Ogni giorno, dal 5 al 7 alle ore 16, verrà cucinata questo tipo di carne per una esperienza sensoriale unica.

Frammento n. 5

Il focus Altoatesino

Merano Wine Festival show cooking Elia RussoImmancabile il Focus Altoatesino con Cooking Farm, la sfida gastronomica tra giovani chef stellati e rappresentanti dell’Associazione Contadine dell’Alto Adige con la presenza delle special performance di Theodor Falser e Mattia Piffer.

Osservo, scruto, assaggio e…penso. (urano cupisti)

“Niente è come appare” al Palazzo Ducale di Massa dove, fino al 6 novembre, espongono Bertozzi & Casoni. Giampaolo Bertozzi (Borgo Tossignano, Bologna, 1957) e  Stefano Dal Monte Casoni  (Lugo di Romagna, Ravenna, 1961), artisti di fama internazionale portano avanti da tempo una ricerca finalizzata a riposizionare l’utilizzo della ceramica  dandogli pari dignità degli altri mezzi espressivi utilizzati nell’arte contemporanea. Le loro opere, per autorevolezza esecutiva e ideativa, non temono, infatti, confronti né con le sofisticate esperienze contemporanee né con l’antico,  utilizzando un linguaggio definito “pop concettuale”. Le mostra che fa parte del ciclo “Oltre l’immagine” organizzate dall’Associazione Quattro Coronati e dal Comune di Massa e curate da Mauro Daniele Lucchesi, presenta una serie di sculture realizzate in ceramica e maiolica in cui i due artisti riproducono con straordinaria abilità tecnica, acquisita in oltre trent’anni di “mestiere”, così com’era uso dire nelle botteghe rinascimentali, oggetti di utilizzo comune poi abbandonati ( bidoni per l’olio combustibile, cestini dei rifiuti, “sparecchiature”, scatole di detersivo), ai quali aggiungono animali bellissimi e coloratissimi ( pappagalli , coccinelle, camaleonti, iguane, ecc.). La bellezza della natura interagisce e, in qualche modo, assorbe e fa suoi i rifiuti dell’uomo, ne stravolge la percezione visiva  eliminando  il confine tra ciò che viene considerato bello, secondo i normali canoni della bellezza,  e ciò che è considerato “spazzatura” e quindi brutto       portando così a soluzioni creative che vanno “oltre l’immagine”. Bertozzi & Casoni, maestri indiscussi e consacrati, fin dagli anni Novanta hanno riscosso il consenso di critici d’arte contemporanea e l’interesse di gallerie d’arte nazionali e internazionali, di musei e collezionisti d’arte. Nel 2009 i loro lavori sono stati esposti al Padiglione Italia della Biennale di Venezia, nel 2010  alla  All Visual Arts di Londra, alla Galleria Sperone Westwater di New York e alla Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano, nel 2011  al Padiglione Italia della Biennale di Venezia, nel 2013 al Museum Beelden aan Zee all’Aia, alla Galleria Beck Eggeling di Düsseldorf e nelle sale monumentali di Palazzo Te a Mantova, nel 2016 alla Galleria d’Arte Moderna di Palermo

Siamo oramai pervenuti nella nuova era, quella del pensare “globale” e del dialogo con il mondo. Se n’è già accorta la Corea del Sud, Paese all’avanguardia sia dal punto di vista tecnologico che culturale. Con il nostro Paese la Corea intrattiene un interscambio non indifferente. La Samsung, la nota marca di smartphone che usiamo tutti i giorni, da noi è di casa, e i meravigliosi abiti di seta della tradizione coreana fanno sognare agli italiani i fasti dell’ estremo Oriente. Del resto anche i coreani apprezzano la nostra cultura, ammirano il nostro “bel canto”, tant’è che numerosissimi giovani vengono in Italia per imparare e diffondere la nostra arte nel loro Paese, e altrettanti vengono a Maranello per

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 La nuova sede dell'istituto Culturale Coreano

ammirare la nostra tecnologia.
Tanta ammirazione e stima reciproca non poteva sfociare che nell’inaugurazione avvenuta il 26 ottobre scorso del Centro di Cultura Coreano a Roma, una bellissima palazzina di stile liberty presso porta Pia, in via Nomentana al civico 10: circa 2.200 metri quadrati ristrutturata dallo studio di architettura Agazzi. L’Istituto è composto da due edifici, l’edificio centrale e la dependance, più uno spazio all’aperto, un giardino che sarà messo a disposizione anche per esposizioni d’opere d’arte. Park Eun-Sun, fra i maggiori artisti coreani contemporanei, che residente in Italia, espone a Roma in occasione dell’apertura dell’Istituto.

L’Istituto è il trentunesimo nel mondo e l’undicesimo in Europa.Esibizioni musicali e di danza moderna di alcuni, tra i più famosi gruppi coreani, hanno dato lustro all’inaugurazione.

Teatro, cinema, musica, arte, sport, beni culturali e ricerca universitaria sono stati coinvolti con l’entrata in vigore dell'ormai lontano Accordo Culturale del marzo 1965, mediate il quale si sono realizzati eventi e accordi che in questi decenni hanno rafforzato e intensificato i rapporti di cooperazione culturale fra i due Paesi.

Del complesso l’edificio centrale, di cinque piani, ospita la gran parte degli spazi che compongono l’istituto: attraverso diverse sale poste al piano terra si ripercorre, come fosse una piccola mostra permanente, la storia della Corea; dall’esposizione di oggetti realizzati da artigiani coreani, alla ricostruzione dell’interno di una casa tradizionale, fino alle più moderne e interattive opere di MediaArt coreane. Al primo piano sarà dato spazio anche alle esposizioni temporanee. Per ora,

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 Oggetti tradizionali

fino al 18 novembre, sarà visitabile una mostra sull’artigianato contemporaneo coreano: “Fare è Pensare, è Fare”. All’edificio si abbinano la Biblioteca, per ora circa 2000 titoli fra pubblicazioni in coreano, italiano e inglese, le aule per la scuola di lingua coreana (Sejonghakdang) e un’ampia sala, di circa 130 posti, destinata a proiezioni, convegni e concerti.

Nella dependance, a fianco dell’edificio principale, troviamo uno studio d’arte che sarà messo a disposizione degli artisti italiani e coreani per la creazione di nuovi progetti, e un’ampia sala per lezioni di cucina coreana. Augurio del neodirettore, Soo Myoung Lee, è quello che, all’interno dell’istituto, artisti dei due Paesi possano conoscersi, entrare in sintonia e divenire pionieri di una nuova cultura, come i tempi richiedono.

Numerose le personalità: oltre all’Ambasciatore della Repubblica di Corea a Roma, Yong-joon Lee, il neodirettore del Centro culturale, Soo Myoung Lee, il Presidente del KCIS ( Korean Culture and Information Service), Gapsu Kim, hanno presenziato l'on. Ilaria Borletti Buitoni, sottosegretario del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del turismo, il cardinale Monterisi, numerose personalità del mondo politico italiano e rappresentanti del mondo imprenditoriale, sia coreano che italiano. Un folto pubblico ha fatto da cornice.

Le attività dell’istituto sono già iniziate: il 27 e 28 ottobre scorso, oltre alle lezioni di cucina coreana e alle mostre d’arte da visitare, per entrambe le giornate, dopo le 20.00, si è potuta ascoltare la voce della cantante Kang Hyo Ju, interprete del Sain Nori, particolare

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 Staza di una casa coreana

canto proveniente dalla tradizione musicale di ispirazione sciamanica (in coreano Mudang) accompagnata da alcuni strumentisti coreani. A seguire la perfomance hip-hop proposta dai Gramblrez Grew, giovanissimo e fra i più affermati gruppi di break dance coreani.

Per i prossimi appuntamenti da segnalare, dal 21 al 26 novembre, la Korean Week ( la Settimana della Corea), che porterà in Italia artisti, musicisti, chef e atleti coreani per approfondire ogni giorno un tema diverso: la cucina (in collaborazione con Gambero Rosso), la cultura della bellezza, la musica jazz, l’arte marziale del taekwondo e ifine ci sarà una giornata dedicata all’hanji, la famosa carta coreana realizzata dalla corteccia di gelso. Nel mentre, fino al 6 novembre, nell’ambito delle celebrazioni per l’apertura dell’istituto, proseguono i concerti Nuovi Voci Coreane per il Bel Canto al Teatro Italia, sempre a Roma, con la Roma Sinfonietta.

I programmi di visita dell’Istituto, i corsi di lingua coreana, i corsi di calligrafia, i corsi di cucina, e lezioni di taekwondo, gratuiti e aperti al pubblico, prenderanno il via nel 2017. Fino alla fine del 2016, dietro iscrizione, si avvieranno corsi saltuari.

A trentent’anni dalla scomparsa il Comune di Sissa Trecasali promuove una mostra dedicata all’artista concittadino organizzata in collaborazione con la Pro Loco, il sostegno della Regione Emilia Romagna e il Patrocinio della Provincia di Parma. La mostra resterà aperta fino al 27 novembre.

Con sessanta opere di Bruno Zoni (Sissa 1911 - Parma 1986) esposte a Villa Marchi, Il comune di Sissa Trecasali celebra l’artista nel trentennale della morte. Tema della mostra è il paesaggio del Po e della Bassa, uno dei prediletti e più significativi nella lunga attività del pittore.

587La mostra raccoglie dipinti su tela, su faesite e su carta dedicati al paesaggio della bassa e a tutto quanto nella pittura di Bruno Zoni (1911 - 1986) riprende i temi della tradizione paesaggistica e culturale del territorio. Nato a Coltaro di Sissa il 26 dicembre del 1911, Zoni ha sempre portato con sé memoria di questa terra concreta, contadina, e pur densa di suggestioni per quel paesaggio unico dove le nebbie invernali e le calure estive rendono ad ogni scorcio particolari colori, ed umori quasi tangibili. Immagini e fantasie che si sono radicate in un animo sensibile, dedito alla pittura, già racchiusa da Francesco Arcangeli nell’ambito del naturalismo informale padano.

La vita e l’arte

Trasferitosi a Parma bambino con la famiglia, Bruno Zoni studia all’Istituto d’arte Paolo Toschi e si diploma successivamente in scenografia all’Accademia di Brera, studiando contemporaneamente composizione musicale. A 27 anni è ammesso alla Quadriennale nazionale di Roma con l’opera «L’Appennino dopo la pioggia> che gli vale il Premio Bergamo nel 19.

In quegli anni si va profilando una brillante carriera con la chiamata in cattedra a Brera, condizionata però all’iscrizione al partito fascista a cui Zoni non aderisce. Si ritrova così ad insegnare in provincia di Piacenza nelle scuole medie: prima a Bobbio e poi a Castel San Giovanni. Ciò non gli impedisce di partecipare alle discussioni che animavano la pittura italiana con la nascita del gruppo di Corrente, aperto ad un rapporto intimo con la realtà quotidiana, che per Zoni significa il Po.Nel 1945 sposa Angiolina Gandini (dal matrimonio nascono Lina e Antonello) e inizia ad insegnare a Parma. Nel 1946 vince il premio Piacenza, nel 1947 il premio Modena e nel 1952 il premio Parma.

Sono questi anche gli anni in cui partecipa al dibattito che si forma attorno al realismo come impegno sociale che vuole il contenuto subordinato alla forma ma senza rinunciare alla propria personalità, alle proprie idee. I suoi paesaggi assumono strutture più marcate, quasi post-cubiste e tra i soggetti compaiono le fabbriche e i cantieri. Nel 1950 è invitato alla XXX 663Biennale di Venezia.

L’informale intanto inizia ad attirare diversi pittori e Zoni partecipa con Afro, Birolli, Vedova, Morlotti al «Gruppo degli otto», che propugna un linguaggio volto alle varie esperienze, compreso l’informale.

Dalla metà degli anni Cinquanta si libera infatti dal geometrismo di matrice cubista e nella sua pittura cominciano a trovar spazi sempre più ampi aria, luce, sensazioni, interpretate con segni cromatici brevi quanto intensi, lampi di sostanza poetica che vanno ampliandosi col tempo. Il suo rapporto con la natura non si esaurisce col paesaggio ma prosegue nelle «nature morte» dove scrive alcune delle pagine più significative di quegli anni. Bruno Zoni muore nel 1986, sulla soglia dei 75 anni.

La sua rilevanza nella pittura italiana lo vede ancor oggi protagonista del suo tempo, pittore il cui ricordo va rinnovato con la riproposizione delle opere. Hanno scritto di lui Guido Ballo, Luciano Caramel, Raffaele De Grada, Roberto Tassi, Arturo Carlo Quintavalle, Attilio Bertolucci, Gianni Cavazzini, Mario Penelope, Pier Paolo Mendogni, Gianni Cavazzini, Giovanni Riva. Opere di alto livello sono conservate in collezioni pubbliche e private, tra cui la Fondazione Cassa di Risparmio di Parma che gli dedica due monografiche, nel 1995 e nel 1999.

I dipinti scelti per questa esposizione provengono dalla famiglia che ne vuol così ripercorrere assieme al Comune di nascita la vita e l’opera inserendo il progetto nei percorsi culturali del territorio.

 

Bruno Zoni. Orizzonti Padani

A cura di Stefania Provinciali

Villa Marchi, Sissa (Parma)

Dal 4 novembre 2016 al 27 novembre 2016

Inaugurazione venerdì 4 novembre 2016, ore 16

 

 

 

 

Dal 29 al 30 ottobre 2016 si svolgerà presso il Parco di Studi e Riflessione di Attigliano il Quinto Simposio Internazionale del Centro Mondiale di Studi Umanisti dal titolo La Rivoluzione Umana Necessaria.

Ne parliamo con due degli organizzatori: Roberta Consilvio del Centro Studi Umanisti “Salvatore Puledda” e Luca Marini del Centro Studi Umanisti “TiconZero”. 

Siamo giunti al quinto simposio, dieci anni di lavoro, proviamo a tirare le somme con Roberta Consilvio che ne è stata una delle organizzatrici fin dalla prima ora.

Roberta Consilvio: una delle idee da cui nasce l’azione del Centro Mondiale di Studi Umanisti è quella della Buona Conoscenza: studiare per comprendere come migliorare, come rivoluzionare il mondo; non pensiamo allo studio come ad un’attività quieta e fine a sé stessa, lo studio è per noi l’attività base della trasformazione; e questo mondo in cui gli studi sono sempre più legati alla loro apparente utilità immediata non ci piace. Questo modo di vedere il sapere e la scienza è un modo direttamente influenzato dall’ideologia dominante, il pragmatismo.

In questi dieci anni di esperienza abbiamo cerato di raccogliere, nei nostri meravigliosi Parchi di Studio e Riflessione, persone che condividevano questa nostra preoccupazione di un sapere utile allo sviluppo umano: io credo che al di là delle pubblicazioni, al di là dei complimenti, ci sia questo grande “successo” di essersi incontrati, ascoltati e, in alcuni casi, di aver continuato a camminare insieme verso un mondo migliore. 

Quest’anno avete scelto un tema della massima importanza, un tema che sembra quasi essere uscito dal pubblico dibattito: la rivoluzione

Luca Marini: trattare della rivoluzione, della rivoluzione umana necessaria ci pare di grandissima importanza; siamo nel bivio epocale in cui sembrano aprirsi due cammini, che allegoricamente potremmo chiamare il cammino del sì e quello del no. Il mondo pare destinato a una possibile catastrofe, 3 minuti alla mezzanotte atomica; eppure, studiando le tendenze degli ultimi avvenimenti vediamo con forza alche un cammino evolutivo che rimette in gioco l’Essere Umano non come distruttore del pianeta o della natura ma come essere capace di rigenerarsi e di costruire la propria esistenza, la propria storia.

Sembra che questa rivoluzione globale, nonviolenta, inclusiva e aperta, tendente alla ricerca di punti in comune, sia già in marcia oggi nel cuore, nell’immaginazione e nell’azione individuale e collettiva. I suoi protagonisti siamo noi, esseri umani in trasformazione. 

Un simposio che è riuscito ad avere, ancora una volta un carattere internazionale 

Roberta Consilvio: sì, nonostante le difficoltà riusciamo a mantenere l’aspetto internazionale che da sempre ha caratterizzato i nostri simposi; intanto ricordando che questo simposio si svolge in assoluta contemporaneità a Asunción, in Paraguay, con identiche tematiche e con lo stesso inquadramento, frutto dell’assiduo lavoro di un’équipe di studiosi internazionali. Poi, qui ad Attigliano, avremo il piacere di ascoltare la dissertazione di Akop Nazaretyan, a nostro avviso una delle menti più brillanti di quel gruppo di scienziati che tanto contribuirono nello sviluppo ideologico della perestroika, del Nuovo Pensiero di stampo umanista che ha prodotto la fine della guerra fredda e del regime totalitario sovietico. In videoconferenza avremo anche l’intervento di Guillermo Sullings, economista e politologo argentino che con il suo ultimo libro ha dato un contributo significativo al tema del mondo a cui aspiriamo.

Un simposio centrato su nonviolenza, libertà e riconciliazione come pilastri della Nuova Civiltà

Luca Marini: questi sono i topici che abbiamo voluto sottolineare e su cui abbiamo chiamato gli studiosi a riflettere insieme a noi. La gente sente una grande restrizione delle libertà collettive ed individuali; la gente soffre per la privatizzazione dei beni comuni; soffre ma magari non coglie i nessi, non comprende i responsabili, trova falsi colpevoli; io credo che il ruolo della scienza sia quello di dare gli elementi affinché la gente possa chiarirsi da sola, al di là dei paternalismi televisivi di moda.

Al tempo stesso la violenza pervade ogni ambito e i mass media gridano a tutte le ore che l’unica risposta è la vendetta; quella vendetta che non potrà far altro che perpetuare la violenza in eterno. In questo circolo vizioso appare la riconciliazione, come un elemento rivoluzionario, giacché spezza in modo unilaterale la catena della violenza e riporta la questione sul piano etico e spirituale. Credo che gli studiosi che hanno aderito al nostro simposio potranno dare un contributo di chiarimento e di approfondimento importante di queste tematiche.

October 18, 2016

Nella sede dell'ambasciata palestinese di Roma è stato commemorato Nemer Hammad, il giornalista e diplomatico palestinese, scomparso il 29 settembre scorso (esattamente un giorno dopo Shimon Peres). Hammad fu stretto consigliere politico di Yasser Arafat, tra i suoi principali collaboratori nello storico inizio del processo di pace con Israele (1991- '94), arenatosi poi con l'assassinio di Ytzhak Rabin (1995) e la successiva involuzione della politica mediorientale.

Messaggi di cordoglio per la scomparsa di Hammad sono giunti dal Presidente emerito della Repubblica, Napolitano, dalla  Vicepresidente della Camera, Marina Sereni, dal capogruppo socialista alla camera, Pia Locatelli”: Hammad, Peres, Rabin e Arafat avevano tracciato un solco per un futuro di pace nel Medio Oriente: strada che Netanyahu, però, oggi non sembra convinto di percorrere", dal presidente della Fondazione "Italiani europei", Massimo D'Alema, e dal sindaco di Napoli Luigi de Magistris.

La storia di Nemer Hammad” ha ricordato Stefania Craxi, presidente della Fondazione Craxisi è intrecciata fortemente a quella della mia famiglia. Ricordo bene ad esempio, quando, nei giorni terribili del sequestro dell' “Achille Lauro", Bettino Craxi, Presidente del Consiglio, si rivolse proprio a lui ( all'epoca ambasciatore a Belgrado, N.d,.R.) per risolvere lo spinoso problema di Abu Habbas".

"E' stato un grande amico dell'Italia, che ha contribuito fortemente allo sviluppo delle relazioni tra il nostro Paese e il suo popolo. Si può dire, anzi, che nella storia di Nemer Hammad in Italia c'è la metamorfosi politica dei palestinesi” ha dichiarato Pier Ferdinando Casini, presidente emerito della Camera “C’è la storia di come la loro causa, all'inizio minoritaria, è stata poi largamente accettata, invece, dall'opinione pubblica italiana.Senza di lui, forse tutto questo non sarebbe stato possibile".

  Nato nel 1941 ad Al-Akri (Acri), in Galilea, trasferitosi con la famiglia in Libano in seguito alla guerra arabo-israeliana del 1948, Hammad, dal 1974 al 2005, era stato rappresentante dell' OLP, e primo "ambasciatore" palestinese, in Italia; rappresentando poi l' Autorità Nazionale Palestinese anche in Jugoslavia (1984- '86).  Molto vicino, dopo Arafat, anche al presidente Abu Mazen, nel 2008 era stato da lui incaricato di riorganizzare tutta la comunicazione palestinese, dalla tv all'agenzia ufficiale d'informazione Wafa.

"Diversamente da quanto spesso accade", ha ricordato Najd Hammad, "la famiglia di mio padre, Nemer, poverissima, aveva preferito farlo studiare, anzichè mandarlo subito a lavorare. In quegli anni così difficili, lui e i suoi amici, a volte, per studiare, addirittura eran stati costretti a mettersi, la sera, sotto i lampioni delle strade".

           

  Nemer Hammad, in effetti, da tutti apprezzato, in Italia, per le sue indubbie qualità umane (intelligenza, ragionevolezza, diplomazia), “Stimato dai nostri principali politici, e specialmente dai grandi leader DC" (sono sempre parole di Casini), svolse il suo incarico in Italia in anni sì difficili, ma in cui i partiti avevano  posizioni precise, sul Medio Oriente e altri gravi problemi internazionali. Il suo è stato uno sforzo continuo per facilitare la "lunga marcia" dell'OLP, e soprattutto di Al Fattah, sua componente maggioritaria, verso il rifiuto della violenza e del terrorismo - specie contro i civili - come armi di lotta politica: eliminando il più possibile ambiguità e zone d' ombra. Quando egli arrivò in Italia, i palestinesi non erano certo ben visti dall'opinione pubblica, dopo il tragico massacro compiuto da "Settembre Nero" alle Olimpiadi di  Monaco del 1972 .

Hammad mise tutto il suo impegno per evitare che l’Italia divenisse un campo di battaglia fra fazioni armate. «L’attacco dei terroristi di Abu Nidal alla sinagoga di Roma e poi all’aeroporto di Fiumicino (ottobre 1982 e dicembre 1985. N.d.R.) fu un colpo alle nostre spalle, collaborammo con i servizi italiani" avrebbe raccontato, molti anni dopo quei fatti, in un'intervista a un quotidiano italiano "Un anno dopo identificammo tre terroristi a Roma che preparavano un attentato, lo segnalammo ai servizi che li arrestarono...Noi volevamo evitare l’equazione palestinesi=terrorismo, eravamo le prime vittime di Abu Nidal”: l' ambiguo leader palestinese, dissidente da Arafat, che in quegli anni uccise sei ambasciatori palestinesi in Europa, compreso, nel 1978, il fratello di Hammad, rappresentante dell' OLP a Parigi.  "Nel 1991, poi" ha ricordato il giornalista RAI Alberto La Volpe ( curatore, nel 2002, del "Diario segreto" di Nemer, pubblicato da Editori Riuniti) “Hammad, in Italia, condannò chiaramente l'invasione irachena del Kuwait: diversamente da Arafat, schieratosi, invece (per il probabile timore di perdere consensi alla base, N.d.R.) con Saddam".

  Hassan Sala, segretario di Al-Fattah per l'Italia, ha ricordato la lungimiranza di Hammad: “In anni difficili come gli '80, lui aveva idee nuove. Ad esempio, parlare tranquillamente con gli ebrei, almeno qui in Italia"; Salameh Ashour, presidente della Comunità palestinese di Roma e del Lazio, sottolinea il suo grande equilibrio personale, che non si faceva mai vincere dall’emotività: "Proprio durante la guerra del Libano del 1982, quando furono assassinati anche palestinesi in Italia, fu lui a spingermi a partecipare a un incontro con esponenti della cultura ebraica, al quale ero stato invitato da ambienti molto vicini a Papa Wojtyla". 

"Fu grazie anche a Nemer, infine" ha ricordato Luisa Morgantini, presidente di Assopace Palestina, "che nel 1980, al vertice di Venezia, la CEE si pronunciò per la prima volta ufficialmente a favore della causa palestinese ( a questo contribuì fortemente anche l' Internazionale socialista: che in quegli anni, quando Arafat e i suoi eran considerati, dall'opinione mondiale, poco piu' che dei terroristi internazionali, con uomini come il cancelliere austriaco Bruno Kreisky e il leader dell'SPD Willy Brandt, si adoperò per far conoscere adeguatamente i termini della questione palestinese. N.d. R.)  Oggi, il modo migliore per proseguire la sua battaglia è premere sul nostro Governo perchè riconosca finalmente, senza ambiguità, lo Stato palestinese: basta col dover continuamente piangere morti  tra i palestinesi e i civili israeliani".

           

       

     Nell'austera cornice dell'Aula Magna della Facoltà Valdese di Teologia, a Roma, si è svolta la manifestazione "Premio Italia Diritti Umani 2016”  organizzata dalla FLIP - Free-Lance International Press che, in tal modo, ha voluto onorare la memoria di Antonio Russo, mai dimenticato giornalista inviato di Radio Radicale, ucciso - in circostanze tuttora misteriose - in Georgia, a Tibilisi, mentre svolgeva la propria attività.

     Il giornalista  Virgilio Violo, Presidente della FLIP, organizza ogni anno questo evento sia per solennizzare il ricordo dell'Amico e Collega scomparso - anche quale v.Presidente della FLIP, allora in carica - , come pure per porre in evidenza ovvero sottolineare le tante situazioni che ruotano in torno all'importante tema della tutela e promozione - a livello internazionale, ovviamente - dei Diritti Umani. 

     L'eccellente giornalista e critica letteraria  Neria De Giovanni - Presidente dell'Associazione Internazionale dei Critici Letterari, con sede a Parigi - ha presentato e moderato l'intera manifestazione, cui  sono intervenuti importanti relatori e nel corso della quale sono state premiate importanti personalità del mondo della Cultura e della Solidarietà.

      Un pubblico numeroso e attento ha seguito con grande attenzione ogni fase della manifestazione e gli interventi che si sono susseguiti da parte di Francesco Piro, Paola Nigrelli - per Amnesty International

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 Ferdinando Maddaloni

Italia -, Antonio Cilli - founder di Cittanet -, Alberto Palladino ed Emiliano Caruso, tutti associati alla FLIP - Free Lance International Press.

     A conclusione della serata,  i ringraziamenti espressi da Neria De Giovanni e Virgilio Violo; quest'ultimo ha posto particolare enfasi nel sottolineare come l'informazione, e specialmente chi la fa,  debbano essere affrancati da qualsiasi forma di condizionamento. Purtroppo, anche i contributi all'editoria - così come all'atto formulati - non aiutano in tal senso, poiché l'aiuto dato all'editore va a costituire di fatto una fin troppo ingombrante correlazione, di cui risente il giornalista dipendente che, a sua volta, in nome della sicurezza del posto di lavoro, si adegua alla politica editoriale della testata. 

     Ha peraltro aggiunto il Presidente Violo che, il previsto ampliamento delle sovvenzioni da parte del Governo a beneficio anche delle testate on-line, rappresenta un forte campanello d'allarme nei confronti di quella libertà di espressione che proprio il giornalismo libero e privo di condizionamenti rappresenta. Tipologia, questa, specularmente sostenuta  dalla FLIP che, nel proprio quotidiano impegno, tutela tanto tale forma espressiva che coloro che, spesso pagando un duro prezzo, la praticano: il tutto, a vantaggio della corretta informazione, completa e obiettiva.

     Una graffiante piéce composta e recitata dal bravo Ferdinando Maddaloni, ha dato risalto ai contenuti della serata, conclusasi con la cerimonia di premiazione. Gli Attori Rita Gianini, Fabiola Di Gianfilippo, Michele Bevilacqua e Giancarlo Brancale, hanno letto le motivazioni dei premi assegnati, rappresentati dalle belle opere pittoriche graziosamente messe a disposizione dagli Artisti Heidi Fosli - residente in Norvegia e che, impossibilitata a presenziare, ha inviato i propri saluti tramite il Presidente Violo -  Denise Gagliardi, Sergio Quarra e Mustafa Suleman. Gagliardi, Quarra e Suleman erano accompagnati dal Presidente dell'Accademia di Alta Cultura - Giuseppe Bellantonio - e dal Presidente dell'Ass.ne  Città Castelli Romani - Carlo Massa - entrambi supporter  del loro percorso artistico, già molto qualificato e appagante.

     Ecco dunque l'elenco dei premiati:

- Associazione S.A.L.-L'ASSOCIAZIONE S.A.L.

SOLIDARIETÀ CON L'AMERICA LATINA ONLUS da 19 anni accompagna processi di promozione umana e sociale sia in Italia che all'estero, impegnandosi per la possibilità concreta di  rispettare e mettere in pratica i diritti umani fondamentali nelle cause sociali attuali, ancora simili a quelle per cui persero la vita o vennero fatti sparire centinaia di migliaia di leader comunitari, sindacalisti, intellettuali e studenti durante le dittature militari del secolo scorso. In America Latina l'associazione S.A.L. onlus mantiene relazioni solidali con alcune
ORGANIZZAZIONI DI POPOLI INDIGENI in varie parti del continente, per sostenere cammini di autonomia, emancipazione e difesa dei diritti e della cultura originari, accompagna percorsi di PROMOZIONE DEI GIOVANI come alternativa al degrado, allo sfruttamento ed alla criminalità, sostiene programmi di PROMOZIONE DELLE DONNE, per riscattarne il ruolo sociale e prevenire forme di violenza di genere. In Italia, l'associazione S.A.L. onlus anima da circa 9 anni un centro di ORIENTAMENTO PSICOLOGICO PER FAMIGLIE MIGRANTI E COPPIE MISTE, gestito da psicologhe latinoamericane, attraverso consulenze e gruppi di Auto-Mutuo Aiuto, in collegamento con la rete dei servizi pubblici. Questa esperienza ha reso accessibile servizi di alta professionalità a famiglie migranti con gravi difficoltà economiche e problemi personali e di convivenza, rispondendo così a bisogni di secondo livello che aiutano una migliore convivenza a partire dalla riscoperta delle risorse e delle potenzialità degli utenti stessi. Infine, il S.A.L. promuove ogni anno ESPERIENZE DI VIAGGIO, RICERCA, VOLONTARIATO E TIROCINIO aperte a giovani per continuare a costruire un ponte di solidarietà e scambio reciproco con i popoli dell'America Latina che vivono sulle due sponde dell'oceano.

 

-Agenzia di Stampa PRESSENZA: Pressenza ha i diritti umani nel cuore e al centro della sua linea editoriale. Non c'è luogo delle periferie del mondo, non c'è campagna per i diritti umani che non abbia illuminato, spesso da sola, mobilitando coscienze e stimolando all'azione. Dalla pena di morte alla difesa dei diritti sulla terra, dagli attivisti nonviolenti ai giornalisti che sfidano regimi violenti e repressivi, Pressenza è la voce di chi non ha voce. Ed è anche una delle voci di Amnesty International. Con cui condivide l'azione finalizzata al cambiamento, il racconto delle sfide e delle vittorie possibili.

 

- Ferdinando Maddaloni :attore, regista e actor’s coach. Artista di successo, sia teatrale che televisivo, nel corso degli anni si è dedicato alla produzione, alla scrittura, all’interpretazione ed alla regia di tutti i lavori della Compagnia “ARTISTI CIVILI” tra cui - il thatreality “11 settembre 2001:strage o complotto? YOU DECIDE” - il pluripremiato documentario “Anna Politkovskaja- concerto per voce solitaria” . E’ il fondatore del progetto di beneficienza “Una videoteca per Beslan”. Nell’ambito del Premio Troisi si è aggiudicato il “Cremanum d’Argento 2011” e il Premio nazionale “Carlo La Catena 2013” per l'impegno civico.

 

- Renato Bonanni : a lui è andata la Menzione Speciale, quale riconoscimento per la sua attività nel campo della tutela dei Diritti Umani. Fondatore di 'Multi Olistica srl', con questa collabora con AMREF - da 60 anni MG 5703 presente in Africa -, Medici Senza Frontiere, la Rete per l'Identità, la Segreteria dei Diritti Umani dell'Ambasciata Argentina, l'Associazione delle Abuelas de Plaza de Mayo a Buenos Aires, Insettopia Onlus (impegnata nel settore dell'autismo). Nel 2010 ha contribuito a dar vita all'associazione di giovani musicisti di strada kenioti 'Slum Drummers', mentre nel 2013 ha creato il progetto 'Carceri Sostenibili' (unica iniziativa in Italia per costruire un progetto virtuoso di sviluppo economico, sociale e ambientale per i Penitenziari.  Con Multi Olistica, nel 2015, ha ideato 'Il Grande Canale della Pace' di cui la rappresentazione 'Artisti a Roma contro la guerra' è approdata a Villa Doria Pamphili con mostre d'Arte e fotografiche e un pregevole recital di Gospel con tema la Pace: kermesse cui hanno aderito personalità di rilevo del mondo della Cultura e dell'Arte, tra i quali il Premio Nobel Dario Fo, recentemente scomparso.

 

Oramai il premio è diventato occasione di ritrovo per gli associati della flip e non solo, a fare gli onori di casa la collega Irina Raskina che ha contribuito all’evento con un meraviglioso buffet.

Heidi Fosli è uno degli artisti che hanno donato un’opera per il riconoscimento annuale che la Free Lance International Press attribuisce a chi, nel corso dell’anno, si è particolarmente impegnato nel rispetto dei diritti umani.

- Lei vive tra Oslo e Arpino in provincia di Frosinone, com’è nato e qual è il suo rapporto con l’Italia?

Si, è corretto. Vivo tra le due città, e ho studi in entrambi i luoghi. Sono nata a Sandefjord, 120 km a sud di Oslo. Il mio rapporto con l’Italia è iniziato molti anni fa. É più di trenta anni che sono appassionata dell'Italia dove sono tornata in varie riprese per brevi periodi di tempo, visitando siti culturali e musei. Alla fine, ho deciso di stabilirmi qui.

- C’è un aspetto dell’Italia che ha influenzato o influenza il suo lavoro?

Ben più di un aspetto dell'Italia ha influenzato il mio lavoro. Sono molto affascinata dal popolo italiano, dalla simpatia ed empatia vicendevole di un individuo con l’altro. Dal superbo patrimonio culturale e dalla conoscenza dell’arte in generale. Dalla bellezza e dalla pittoricità del paesaggio, che si mostra nei colori e nella combinazione del colore nel mio lavoro con un senso di positività. I miei quadri sono edificanti da vedere.

- Come mai ha scelto Arpino?

Ho scelto Arpino per la bellezza accattivante del paesaggio circostante. É magico, come un sogno. Quando vi sono arrivata la prima volta mi sono subito resa conto che si trattava di un luogo dove artisti provenienti da tutta l’Europa erano venuti numerosi già duecento anni fa. Lì ho trovato la mia casa, che è su una collina con una vista magnifica, e subito ne ho intuito il potenziale. Volevo vivere lontano dalle consuete mete turistiche, imparare a conoscere le persone e la cultura. Lì avevo finalmente il mio paradiso.

- L’arte italiana ha influenzato o influenza il suo lavoro?

Alcuni aspetti del manierismo, come la mancanza di una prospettiva lineare e della proporzione, mi hanno influenzato. Quando l'armonia della simmetria è distorta il simbolismo appare spesso in modo chiaro. Sono anche molto affascinata dalla scultura italiana del rinascimento e dal periodo barocco.

- C’è un artista italiano del passato o del presente, in particolare, che è stato o è un riferimento per lei?

Caravaggio, Leonardo da Vinci, Michelangelo, Botticelli, Masaccio, Raffaello e Bernini sono tutti artisti che ammiro. Ho sempre trovato ispirazione da artisti provenienti da epoche passate mai, invece, dai contemporanei.

- Ci sono dei colori o tonalità che predilige e usa più frequentemente di altri? Che significato hanno per lei?

Mi è sempre piaciuto usare il blu cobalto. Nella pittura degli ultimi anni e, maggiormente in Italia, i colori della mia tavolozza sono cambiati. Oggi uso colori più caldi e sfumature di verde e di rosso.

- Che importanza ha il formato nelle sue opere?

Il formato tende a diventare via via più grande.

- Che materiali usa per le sue opere (supporti, colori)?

Uso olio su tela, ma ho realizzato anche opere grafiche.

- La sua opera sembra più astratta che figurativa, come la definirebbe? Nell’ambito dell’informale?

Voglio invitare lo spettatore a riflettere, in questo caso ho bisogno che il mio lavoro sia più specificatamente antropomorfico. L’astratto e l’uso del colore sono emozionali, mentre quando usiamo le figure, noi classifichiamo e usiamo la nostra capacità di inserire le figure in uno schema che è il nostro. I miei dipinti sono creati partendo da una base iniziale intuitiva e spontanea. Poi, quando vedo i contorni, elaboro e uso le mie abilità cognitive. Quindi le mie opere provengono dalla mia anima e dal mio subconscio.

- La sua opera è orientata verso il sociale, che funzione può rivestire l’arte in questo campo? Denuncia? Testimonianza? Influenza nel o per un cambiamento?

Il mio scopo attuale è di indirizzare i problemi e le sfide che la società di oggi ci mette di fronte in una prospettiva globale. Spero di rispecchiare la società in cui viviamo. Se i miei dipinti sono armoniosi, significa che vedo una scena di sogno o un’utopica società ben funzionante. Questo è il mio modo di introdurre i cambiamenti che è necessario fare. Guardo ai gruppi sociali dove manca l’uguaglianza. Alcuni dei miei primi lavori sono intitolati Libertà di Parola, e già il titolo parla da se.

L’etica profonda è la parte più nobile dell’animo umano alla quale raramente viene dato il suo giusto ed edificante valore che si esprime in tutta la sue essenza e bellezza mediante la compassione verso chi soffre a causa delle nostre troppo spesso irresponsabili scelte quotidiane.

Come può un religioso, un uomo di stato, di scienza, di cultura essere in profonda contraddizione con le stesso, con la propria coscienza quando a cena consuma le parti anatomiche di un animale e non accusare sensi di colpa per l’ingiustizia, il dolore e la morte causata? Come può giustificare, assolvere se stesso davanti alla vita? Come può non sprofondare nella vergogna per la propria incoerenza dal momento che molto probabilmente non avrebbe il coraggio di uccidere con le proprie mani l’animale che con ingordigia e insensibilità consuma a tavola?

La vita geme sotto il peso della violenza e del dolore che l’uomo causa a se stesso e all’ immenso oceano animale. Abbiamo barattato la nostra dignità, dimenticato il cielo, rinnegato la nostra anima, venduto il nostro pensiero al migliore offerente e la giustizia langue sotto la coltre del piacere dell’oggi; abbiamo barattato la nostra coscienza per un mortifero pasto di carne.

Abbiamo bisogno di una nuova civiltà che abbia come vessillo la vita in tutte le sue splendide manifestazioni; che promani il profumo del sole, dell’aria pulita, dell’acqua pura delle sorgenti, della terra incontaminata, dell’erba smeraldina; che magnifichi il volo degli uccelli, il canto del mare, il fruscio del vento che gioca tra le fronde degli alberi. Siamo ad un passo da una nuova aurora che esalti e proclami la vita e nello stesso  tempo dal baratro e dall’agonia.

L’uscita della storia dagli altari di sangue, dei campi di concentramento e di sterminio di umani e di miliardi di nostri fratelli animali, è possibile e con essa porre le premesse per la redenzione umana protesa verso le mete del divino. Non c’è bellezza, grazia, dolcezza, amore dove domina l’egoismo predace e nega il rispetto del diverso, della vita.

Non è più tollerabile chi giustifica e genera questa insaziabile sete di sangue e di dolore. Abbiamo bisogno di ingentilire questo plumbeo tempo moderno. Dobbiamo strappare gli artigli alla ferocia, al sopruso,  all’ingiustizia, all’indifferenza; anteporre all’oblio nichilista una nuova visione del mondo che combatta e superi il culto dell’avere ad ogni costo; che combatta la follia della guerra, della morte, della miseria, della fame, delle malattie, come espressioni identificative dell’umano. L’uomo è qualcosa che deve essere superata.

La terra ci avverte che l’enorme cumulo di sangue e di dolore causato a miliardi di miliardi di creature angeliche che conservano la vita sul pianeta, è al punto di ribellarsi. Il pericolo che l’umanità s’incammini verso l’era del progressivo annientamento di se stessa è più che mai concreto. Il mondo è cominciato senza l’uomo e finirà senza di lui.

Occorre rifondare i valori, innalzare la vera civiltà, amare la bellezza, la grazia, la gratitudine verso la vita che tutti accoglie e che fino ad oggi, con stupefacente generosità, ci ha assolto dal tradimento.

Bisogna affermare il Biocentrismo come vessillo dell’unica bandiera da appuntare sul cuore dell’universo e sostituire il dominio incontrollato dell’uomo con l’edificante visone della nuova coscienza umana,  biocentrica, riconoscendo la diversità come ciò che consente a tutti di esistere nell’incantevole oceano della vita.

Perché camminare in paludi fangose, e spesso strisciare, sugli inanimati pavimenti dell’egoismo quando possiamo volare, spaziare sugli orizzonti e i cieli sublimi della coscienza redenta?

Ognuno interroghi se stesso e metta sotto accusa la sua parte peggiore quando assolve se stesso dalla colpa di non aver contribuito a rendere migliore questo mondo.

October 04, 2016

Lo confesso: il tanto atteso incontro-scontro televisivo Renzi-Zagrebelsky è stato per me fonte di grande sofferenza. E così, credo, anche per molti cittadini, per tutti quei cittadini, cioè, che amano il vero e odiano la finzione.
La sofferenza mi è stata procurata dal trovarmi spettatore di una scoppiettante esibizione del Presidente del Consiglio del nostro Paese, costruita con abili mosse retoriche, ostentate mimiche facciali, artifizi sofistici, continue, insistite, logoranti interruzioni, improvvise deviazioni del discorso, irritanti falsi inchini di fronte all’autorevolezza del proprio interlocutore, ecc ...
Lo spettacolo ha assunto spesso tinte surreali: da una parte c’era chi esponeva pacatissimamente e lucidissimamente le proprie riserve in merito alla proposta governativa di modificazione della Carta costituzionale, analizzando, spiegando, ragionando. Dall’altra, c’era tutta una sarabanda incessante di finti stupori, di accorate delusioni, di celebrazioni del proprio operato, di frecciate denigratorie verso i pentastellati, di punzecchiature velenose verso il malcapitato professore, sempre più imbarazzato e desolato, a volte sconcertato.

Non so quanto i telespettatori siano riusciti a chiarirsi le idee in merito ai reali contenuti e alle possibili implicazioni e conseguenze politiche della riforma costituzionale su cui presto saremo chiamati a pronunciarci.
Per quanto mi riguarda, non ho modificato le mie opinioni. Trovavo inaccettabile detta riforma prima, continuo a trovarla inaccettabile ora. Soprattutto per il motivo (a mio avviso gravissimo) che essa non nasce dal concorso di un’ampia convergenza di forze politiche, né da uno schieramento parlamentare in grado di rispecchiare fedelmente le posizioni politiche maggioritarie del nostro elettorato.
Ed esco offeso e ferito dall’aver assistito a uno spettacolo irritante quanto amaro: ancora una volta la dialettica densa di conoscenza e di pensiero ha finito per essere messa sfrontatamente in un angolo dall’arrogante retorica dei paralogismi. Ovvero, quello che poteva essere, per tutti noi, un momento prezioso di crescita culturale e civile, trascinato sul piano di un insopportabile teatrino dove ha la meglio non chi ha più cose da dire ma chi riesce a non farle dire, non chi ragiona di più ma chi riesce ad impedire di ragionare ...
Dopo l’era orribile dei tanti Bossi e Tremonti che spernacchiavano quelli che leggono i libri, dopo l’era delle macropromesse e dei trionfalismi berlusconiani, delle Ruby e dei “papi”, dei porcellum e delle corna nelle foto di gruppo, sinceramente, dalla sinistra al potere, ci si aspettava qualcosa di meglio ...

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