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La vita romanzata di una delle più grandi attrici di tutti i tempi, Adriana Lecouvreur, ha ispirato drammi, opere liriche e cinematografiche. Eugène Scribe nel 1849 le dedicò un dramma, Francesco Cilea nel 1092 un’opera lirica, nel secondo dopoguerra in Italia è stato prodotto un film con Valentina Cortese, Olga Villi e Gabriele Ferzetti. L’epistolario fra Adriana e Maurizio di Sassonia sacrifica il romanzo alla verità storica, ma mostra la sensibilità e l’intelligenza proprie di una grande artista, come lo è stata, in vita, la mitica Adriana.
Adriana Lecouvreur aveva esordito in teatro nel 1706, all’eta di quattordi anni. Una recita di adolescenti che, per aver adottato un testo di Corneille (Poliuto), si era vista attirata su di sé la reazione della società del teatro francese, gelosa custode delle tragedie di Racine. A quella contrastata recita aveva assistito Le Grand, un attore famoso ai suoi tempi. Questi, divinando il talento della piccola, aveva voluto curarne la formazione artistica e le suggerì il nome d’arte. Adrienne Couvreur divenne Adrienne Lecouvreur.
Dopo due anni di studio e otto di provincia, Adrienne tornò a Parigi preceduta da una reputazione ottima come artista e cattiva come donna: a Lilla, all’età di sedici anni aveva avuto il primo amante, a Lunéville la prima figlia da un ufficiale del duca di Lorena, a Strasburgo la seconda da un nobile alsaziano. la storia d’amore con Maurizio di Sassonia, entrata nella letteratura mondiale, si svolse nella lussuosa dimora parigina di rue des Marais, dove Adriana si era definitivamente trasferita.
Adriana Lecouvreur aveva conosciuto Maurizio di Sassonia nel salotto della marchesa di Lambert, l'indomani di una recita della Fedra di Racine. Affascinato dalla rappresentazione, Maurizio di Sassonia aveva voluto conoscerne la protagonista e l'attrice rimase a sua volta affascinata da quel giovane capitano dalla vita avventurosa che, all’età di 24 anni, aveva già condotto undici campagne di guerra.
Maurizio di Sassonia era figlio naturale di un re. Sua madre, la bellissima principessa svedese Aurora di Koenigsmark, lo aveva avuto da Augusto II, elettore di Sassonia. Lo aveva fatto riconoscere dal re e si adoperava fra gli stati del nord allo scopo di ottenere i voti della Dieta per la successione al trono. Quando Maurizio si dichiarò, Adriana impose un’attesa a lui e a se stessa (“Io sono più vostra, mio caro conte, - ella infatti scrive - di quanto lo sarebbe un'altra che lo fosse di più. Voi siete abituato ad ottenere delle vittorie rapide e complete per non essere contenta di prepararvi un trionfo differente che può solleticarvi per la sua singolarità"). Un’attesa non troppo lunga: tre mesi dopo l’attrice capitolava: “voglio farvi conoscere quello che ha potuto mancarvi e quanto i sentimenti siano ancora superiori ai piaceri ordinari. Venite, voi m'incanterete, anche senza profferir motto".
La loro unione fu felice per tre anni, poi si mise di mezzo la politica. Il conte di Sassonia partì per la Polonia con il miraggio della reggenza degli stati baltici, fino allora retti dal Gran Maestro dei Cavalieri Teutonici, morto in quell'anno senza lasciare eredi. I negoziati che egli intraprese si trascinarono nel tempo. Le lettere di quel periodo riflettono la reciproca gelosia dei due amanti. Scrive Adriana: "lo ve ne supplico, provatemi che pensate a me, non siate ga1ante, non vi mostrate, non piacete, ve ne supplico in ginocchio"; e in risposta ai timori di Maurizio, geloso a distanza di tutti gli spettatori della Comedie: "io non esco dalla mia camera, non vado a cena con nessuno. Temo di amarvi troppo. Questa non è la maniera più sicura per piacere?".
Due anni trascorrono nelle vicende baltiche. "Io invecchio, constata l'attrice, ma è per voi. Potrei trovare una scusa più felice?: è nell’aspettarvi". Contro il volere di Russi e Polacchi, il conte di Sassonia ottiene dalla Dieta l’investitura ufficiale per i Paesi Baltici. Adriana pensa seriamente di interrompere la sua carriera, di abbandonare tutto per raggiungerlo. Russi. Polacchi, nel mentre, scontenti della scelta della Dieta, minacciano di invadere il ducato e fanno mancare le finanze al neoeletto principe per sostenere la guerra. Adriana vende i suoi diamanti, i suoi cavalli, la sua argenteria e invia quarantamila libbre a Maurizio, che risponde: “vi sono obbligato per il sacrificio che avete sostenuto. Ciò mi persuade che voi vi preoccupate esclusivamente di me e del mio destino. Ve ne ringrazio e vi assicuro che la mia fortuna non sarà mai tanto cattiva da non poterla dividere con voi".
Ma la catastrofe si avvicina: le truppe russe sono entrate in Estonia; anche i Polacchi sono apparsi sulla frontiera. I nuovi sudditi di Maurizio non fanno resistenza, il principe resta solo con la sua guardia del corpo. Adriana, lo scongiura di abbandonare: dal momento che i sudditi per primi hanno mancato, può ritirarsi senza vergogna. Cosa potrebbe trovare, se non la morte, in quella disperata resistenza?
La risposta è angosciante: "Domani farò una sortita e passerò attraverso gli avversari. ...Addio, amatemi. Se io perirò voi perderete qualcuno che vi ha molto sinceramente amato".
Si sa come Maurizio di Sassonia abbia attraversato l’Europa aggrappato alla criniera del suo cavallo, passando a nuoto o a guado i corsi d’acqua, portando con sé solo una cassetta contenente l’attestato della sua elezione e le lettere di Adriana.
La lotta condotta da un solo uomo contro una coalizione internazionale impressionò il mondo e sedusse le donne; tutte volevano amare l'eroe. Adriana Lecouvreur, ormai trentacinquenne, ebbe allora mille rivali, ma tutte passeggere. Maurizio ritornava a lei dopo ogni infedeltà come ad una sposa legittima. L'attrice riconosceva l'inutilità dei rimproveri, confessando di non essere portata "né alla gelosia, né alle scene violente".
Eppure questa creatura che si reputava "debole e delicata" doveva svegliarsi con una fiammata terribile: quando una donna minacciò di prenderle il posto nel cuore di Maurizio. La Parigi pettegola di quel tempo le aveva fatto conoscere in breve tempo il suo nome: era la bellissima Francesca di Guisa, moglie del vecchio duca di Bouillon. Ma, incapace di spezzare con Maurizio, Adriana sembrava accettare la divisione degli affetti con la giovane duchessa. La cenere, però, restava calda. Nel corso di una rappresentazione della "Fedra", nella scena in cui la protagonista rivolgendosi alla confidente pronuncia l’apostrofe alle donne ardite, l'attrice cerca nel teatro la duchessa Bouillon e le lancia, indicandola col dito, la terribile apostrofe di Racine: "Conosco le mie perfidie ed io non sono di quelle donne ardite, le quali, godendo la tranquillità nel peccato, hanno saputo farsi una fronte che non arrossisce mai".
Lo scandalo fu enorme. L'indomani la duchessa esigeva ed otteneva che la compagnia di Molière, nella persona del suo decano, andasse a presentarle le sue scuse. Anche il conte di Sassonia, cessando di colpo le sue visite sembrava avere disapprovato Adriana. Sono di questo periodo tre significativi biglietti di Adriana: "O voi volete troncare, o voi contate infinitamente sulla mia debolezza e sulla mia predilezione per voi. Io ho il tempo di riflettere e di prepararmi agli avvenimenti più tristi. Ma non sforzatevi affatto. Io non posso soffrire di essere ingannata e se voi avete l'intenzione di lasciarmi ... Io non posso più continuare, il mio cuore smentisce la mia mano e la mia penna". "Io vi scrivo nel mezzo della notte poiché da quando siete lontano, io non mangio, né dormo. Così voi mi troverete assai magra ed anche molto malata, se voi non tornerete. Quale piacere trovate a rendermi infelice, quando voi potreste fare la mia felicità? Io non voglio affatto riempirvi di lamentele, vorrei molto rianimare la vostra tenerezza e non suscitare la vostra pietà. Ma forse avviene che il vostro animo non sia più suscettibile di alcun sentimento per me. Finite dunque di illudermi, per me è indifferente morire o vivere ancora nello stato in cui sono”.
Quando Adriana scrisse il terzo biglietto il dolore aveva prodotto i suoi effetti: Adriana è caduta malata: "Vorrei di tutto cuore essere nell'agonia per il piacere di farvelo sapere. Non posso per ora che annunciarvi che ho un po' di febbre, poiché non saprei mentirvi. Poiché non mangio e non dormo e poiché mi addoloro quanto è umanamente possibile, è da ritenere che vi arriverò. Secondo quanto pensiamo l'uno dell'altro presentemente, è verosimile che saremmo assai contenti se ci sbarazzassimo, voi di me, io della vita. Sono d'accordo con voi che sia una cosa difficile e che le donne durano fatica a morire. Ma ciò che posso promettervi è che farò del mio meglio e con tutto il cuore”.
Adriana Lecouvreur, infatti, non visse a lungo; un mese dopo dalla stesura di questo messaggio, a tre giorni di distanza da una rappresentazione in cui aveva offerto una misura di tutta la sua arte interpretando “l'Ortensia” di La Fontaine e "l'Edipo" di Voltaire, l'attrice si spegneva, fra le braccia delle sue due figlie e di Voltaire, che era suo grande amico dal tempo dei primi trionfi parigini.
La Chiesa colpiva con scomunica gli artisti di quell'epoca e, senza un'abiura prima della morte, negava loro la sepoltura con il rito ecclesiastico. Poteva rinnegare il teatro Adriana Lecouvreur? Il teatro era Adriana stessa, un atto di abiura equiva1eva a un misconoscimento di se stessa.
Il titolare della parrocchia di Saint-Sulpice, padre Languet de Gergy, si rifiutò di lasciare entrare il corpo nella chiesa. Invano gli fu riferito che il testamento della defunta cominciava con le parole: "In nome del Padre, del Figliolo e dello Spirito Santo"; replicò che Adriana non aveva voluto fare alcun atto di pentimento per gli scandali della sua professione. Poi, nottetempo, la polizia notturna fece irruzione nella camera mortuaria. "Per ordine del Luogotenente di Polizia - disse l’ufficiale - noi veniamo a prendere la salma di mademoiselle Lecouvreur". Strappato alle figlie, avvolto in un drappo e portato come un fagotto, il corpo è gettato in un carro. Dove fu portato? Voltaire e Maurizio di Sassonia, partirono alla ricerca. Domandando a destra e a sinistra arrivarono all’altezza di un cantiere sito al civico 115 di rue de Grenelle. Lì uno sconosciuto affermava di aver visto gettare un fardello bianco. Il corpo di Adriana Lecouvreur, di colei che era stata la grazia, la sensibilità, l'intelligenza, era stato gettato nella calce viva.
Perché si era voluto far scomparire e annientare il corpo dell'attrice? La gente a Parigi non vide chiaro nella faccenda. E una voce corse ben presto, insinuando lo stesso sospetto in tutte le menti: la vendicativa duchessa non avrebbe soppresso la rivale?
L’attrice non sarebbe morta avvelenata? E venne fuori la chiacchiera di un frate che pretendeva di essere stato incaricato da uno scudiero di casa Bouillon di offrire all'attrice certe pastiglie. "Mademoiselle Lecouvreur è morta fra le mie braccia, risponde Voltaire. Tutto ciò che si dice sul suo avvelenamento sono voci di popolo senza alcun fondamento". Non importa: la gente è persuasa del contrario. Adriana Lecouvreur entra nella leggenda. Scrittori e poeti s’ispireranno alla sua persona e ne fisseranno lo storia per l'eternità.
TTIP è un trattato in discussione fra Europa e Stati Uniti per costruire un unico grande libero mercato: Transatlantic Trade Investment Partnership.
Niente dazi, niente limiti al commercio e regole uguali per tutti. Detta così non è male. E allora, perché è a rischio il nostro patrimonio agro-alimentare? Perché verremo invasi da cibo americano: "Guarda che bello questo pollo. Non solo è bello, ma costa anche molto meno dei nostri. Ha un solo difetto. È trattato con la candeggina... E, se sei vegetariano? Non preoccuparti: al supermercato potrai infilarti così tanta verdura OGM nella busta della spesa che la cosa più naturale che ti porterai a casa sarà la BUSTA."
Crozza spiega in maniera molto semplice come, qualora l'accordo venisse siglato, migliorare o anche mantenere i nostri standard per i prodotti alimentari, i diritti dei lavoratori, la tutela dell’ambiente e dei diritti
dei consumatori, diventerà molto più difficile.
E in Italia, con il nostro enorme patrimonio agro-alimentare e tutte le relative tutele volte a proteggere salute dei cittadini e ambiente, abbiamo tanto da perdere.
Chiediamo al Governo Italiano, al Presidente del Consiglio: Matteo Renzi, al Ministro delle politiche agricole: Maurizio Martina, al Ministro della Sanità: Beatrice Lorenzin, al Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare: Gian Luca Galletti, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Paolo Gentiloni, al Dipartimento per le politiche europee, al Ministro dello Sviluppo Economico: Carlo Calenda, al Ministro dell'Economia e delle Finanze: Pier Carlo Padoan, al Presidente Stefano Bonaccini e al Vicepresidente Giovanni Toti della Conferenza delle regioni e delle province autonome, di opporsi all'accordo tra Unione Europea-Usa-Canada TTIP e CETA.
L'UE intende firmare due accordi commerciali di vasta portata:
1. con gli Stati Uniti (TTIP = Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti)
2. con il Canada (CETA = accordo economico e commerciale globale) La linea ufficiale è che questi accordi creeranno posti di lavoro e aumenteranno la crescita economica, mentre i veri beneficiari saranno le multinazionali e non i cittadini.
Scenario futuro se gli accordi venissero firmati:
- Settlement Investor-State-Dispute (ISDS): le aziende canadesi e statunitensi avrebbero il diritto di citare in giudizio per danni i governi dei singoli paesi o dell'intera unione europea, se credono di aver subito delle perdite economiche (per esempio con l'introduzione di nuove leggi per la tutela dell'ambiente o dei diritti dei consumatori).
- Sarà molto più difficile, migliorare o mantenere i nostri standard per i prodotti alimentari, i diritti dei lavoratori, la tutela dell'ambiente e i diritti dei consumatori.
- L'UE e i suoi Stati membri si troverebbero sotto pressione al fine di consentire tecnologie a rischio come per esempio: il fracking (frantumazione idraulica del sottosuolo per estrarre gas da argille o petrolio) e la modificazione genetica (ogm).
Gli accordi CETA e TTIP aumenterebbero il potere delle multinazionali a scapito della democrazia, della sovranità delle nazioni e dei diritti dei cittadini.
Nominato il nuovo primo ministro e presidente del Partito Giustizia e Sviluppo, la Turchia si avvia verso un nuovo sistema costituzionale e tenta di affermare il proprio ruolo di “interlocutore chiave” in Medio Oriente
L'insediamento del nuovo primo ministro turco Binali Yıldırım non è il primo segnale dell'accentramento di poteri ai vertici di Ankara, ma l'uscita di scena di Ahmet Davutoğlu segna la fine di quel minimo di dialettica politica interna al governo e al partito Giustizia e Sviluppo (AKP). Già quest'ultimo fatto è indice di un cambiamento avvenuto: la fine del sistema parlamentare e l'instaurazione di un sistema presidenziale de facto. La riforma costituzionale è ancora solo nelle intenzioni del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, ma quest'ultimo, già nel suo simbolico trasferimento di residenza da İstanbul ad Ankara dopo la vittoria alle prime presidenziali della storia della Turchia, aveva dato un segnale chiaro: la sua prima tappa era stata una preghiera personale alla moschea Eyüp Sultan, meta di pellegrinaggio dei musulmani turchi ma anche il luogo in cui i sultani ottomani erano soliti pregare prima dell'ascesa al trono.
Con lo stesso spirito, lo scorso 22 maggio, al congresso straordinario dell'AKP per la nomina del nuovo presidente, Erdoğan non ha partecipato in prima persona perché la costituzione turca stabilisce l'imparzialità del presidente della Repubblica. Tuttavia, “virtualmente” la sua presenza era forte e non solo per la nota scritta che ha mandato e di cui è stata data pubblica lettura. La sala era piena di manifesti con la sua immagine e in apertura il ministro della giustizia Bekir Bozdağ, che presiedeva il congresso, ha ribadito chiaramente (e in barba alla costituzione vigente) che “l'AKP resterà il partito di Tayyip (Erdoğan n.d.r.) finché la nostra gente dirà che è il partito di Tayyip... l'AKP ha solo un leader, il nostro presidente Recep Tayyip Erdoğan”. Quindi, la lettura della nota scritta del “Presidente”, che auspica l'abolizione di “questa strana regola che obbliga il presidente a recidere i legami con la dirigenza del partito”. Come dire che il problema principale di Palermo è il traffico. In un momento in cui vi sarebbero diverse questioni urgenti da affrontare, il neoeletto presidente dell'AKP Yıldırım indica esplicitamente la priorità massima della Turchia: “la cosa più importante che abbiamo da fare oggi è trasformare una situazione de facto in una situazione ufficiale, per porre fine alla confusione, e il modo per farlo è una nuova costituzione che instauri il sistema presidenziale”.
Infatti Yıldırım, ingegnere navale, è da sempre un alleato fedele del presidente turco, sin dal suo esordio negli anni '90 come direttore della compagnia dei traghetti di İstanbul, quando Erdoğan era sindaco della città. Co-fondatore dell'AKP, di formazione conservatrice, da ministro dei trasporti, degli affari marittimi e delle comunicazioni ha portato a buon fine i grandi progetti che dovrebbero rappresentare la “grande Turchia”, la “nuova Turchia”. Uno fra tutti, il terzo ponte sul Bosforo (i lavori sono stati affidati all'italiana Astaldi e al gruppo turco Ictas), la cui inaugurazione è prevista per agosto. Nominato presidente dell'AKP con un plebiscito, in un congresso che è stato, secondo le sue stesse parole, “un esempio di vera lealtà”, ha ricevuto 1405 voti su 1411 (i restanti sei voti sono stati dichiarati non validi). Nella stessa seduta, Davutoğlu ha lasciato ufficialmente la carica di presidente del partito (e di primo ministro), che deteneva dall'agosto 2014, quando Erdoğan aveva ottenuto la presidenza della Repubblica. Nella sua dichiarazione conclusiva, ha esortato i suoi colleghi a tenersi alla larga dalla corruzione politica, precisando che le sue dimissioni sono state una mossa necessaria per evitare spaccature nel partito. “Nessuno è insostituibile”, ha aggiunto, “ma l'AKP ha sei valori insostituibili: la tutela della dignità umana, il seguire la propria coscienza, la condivisione del sapere, la giustizia, la solidarietà nazionale e la volontà popolare. Per questo uno dei traguardi più importanti della nuova era sarebbe stato avere una costituzione libera e democratica”.
Tuttavia, il cammino verso la democrazia per Ankara (e non solo) è ancora lungo. Secondo il presidente del Partito repubblicano del popolo (CHP) Kemal Kılıçdaroğlu l'ultimo congresso dell'AKP è stato un vertice “sul modello coreano”, in riferimento al regime di Pyongyang. Intanto, dal Partito democratico dei popoli (HDP, filo-curdo e impegnato sul fronte dei diritti umani) arriva un allarme sull'uso politico dell'abolizione dell'immunità per i parlamentari indagati. Solo il suo presidente Selahattin Demirtaş ha 41 inchieste aperte a suo carico, con capi d'accusa che vanno dall'insulto al presidente al sostegno a un'organizzazione terroristica (con riferimento al Partito dei lavoratori del Kurdistan – PKK). Gli ultimi sviluppi (come se ce ne fosse bisogno) hanno destato preoccupazione nelle cancellerie europee e a Washington. La cancelliera tedesca Angela Merkel, ad esempio ha espresso i suoi timori riguardo alle condizioni della minoranza curda e per la mancanza di democrazia. “Uno stato democratico ha bisogno di un sistema giudiziario indipendente, di una stampa indipendente e di un parlamento forte”, ha detto a Erdoğan durante il vertice mondiale sui diritti umani che si è tenuto nei giorni scorsi a İstanbul. Dal canto suo, Erdoğan ha più volte esortato l'Unione Europea a rispettare i termini dell'accordo sul ricollocamento di migranti e rifugiati e ad accelerare le pratiche per l'abolizione dei visti per i cittadini turchi in area Schengen. Un invito velato di minaccia: se non si procede verso l'integrazione della Turchia, gli accordi bilaterali con l'UE potrebbero saltare.
La situazione che ora viene additata dalla comunità internazionale come motivo di apprensione è frutto di anni di scelte politiche del partito di governo (l'AKP), soprattutto dal 2014. Eppure al momento di stipulare l'accordo sul ricollocamento dei migranti e rifugiati nessuno ha sollevato obiezioni sulla definizione della Turchia come “paese terzo sicuro”. Basti pensare, a proposito di democrazia e di una costituzione che impone al presidente della repubblica l'imparzialità, che sarà Erdoğan a presiedere la prima riunione del nuovo governo formato da Yıldırım. Lo stesso presidente turco ha assicurato che gli ultimi emendamenti alla legge anti-terrorismo, che hanno suscitato critiche in UE (in quanto pretesto per la repressione del dissenso politico), non sono negoziabili. Similmente, Ankara non mostra l'intenzione di rivedere la sua politica dei visti nei confronti dei cittadini greco-ciprioti, altro punto incluso nelle 72 condizioni che Bruxelles ha chiesto alla Turchia di rispettare in cambio della libera circolazione dei suoi cittadini in area UE. Ma ora Erdoğan ha dalla sua una maggioranza compatta, come ha detto Yıldırım all'ultimo congresso dell'AKP: “la tua passione è la nostra passione, la tua causa la nostra causa, il tuo cammino il nostro cammino”. Frasi che rievocano pagine oscure della storia europea.
Le mire accentratrici di Erdoğan, nondimeno, hanno anche risvolti tragicomici: durante il World Humanitarian Summit dei giorni scorsi, il presidente turco ha salutato il primo ministro greco Alexis Tsipras, domandandogli in un misto di turco e inglese dove fosse la sua cravatta e ricordandogli che in una precedente occasione gliene aveva regalata una lui stesso. Altro che la questione di Cipro! Tsipras è senza cravatta. Ma il re, anzi il sultano, è nudo.
Si è conclusa con successo domenica 22 maggio 2016 nel parco di Villa Pamphilj, presso la Cascina del Bel Respiro, antica vaccheria dei Principi Pamphilj, ingresso di Via Vitellia 102, a Roma, la cerimonia di premiazione della Terza Ragunanza di Poesia. Una mattinata nel segno della condivisione tra poesia e natura, che ha visto una notevole partecipazione di pubblico, con la presenza di poeti provenienti da ogni parte d’Italia.
Ha aperto la manifestazione la presidente del premio Michela Zanarella, che ha spiegato il significato del termine barocco ‘ragunanza’, i raduni degli artisti, che Cristina di Svezia era solita organizzare con la sua Arcadia, poi la Zanarella ha dato voce ai componenti della Giuria, composta da Roberto Ormanni(Presidente di Giuria), Giuseppe Lorin, Dario Amadei, Elena Sbaraglia, Lorenzo Spurio e Fiorella Cappelli. Sono intervenuti il musicista Alfredo Tagliavia, che si è esibito alla chitarra, insieme al M° Mauro Restivo, i loro omaggi in musica sono stati molto apprezzati. Era presente l’assessore alle politiche culturali e sportive Tiziana Capriotti, che ha anche premiato alcuni autori. L’attrice Michela Cesaretti Salvi ha interpretato il racconto ‘Galvano e l’orrenda dama’, catturando l’attenzione del pubblico. Si sono poi alternate le premiazioni, per la sezione libro edito ha vinto Luciana Raggi, al secondo posto Stefania Onidi, terzo posto per Nunzio Granato, menzioni d’onore a Liliana Manetti, Laura Pezzola, Barbara Bracci, Costanza Lindi, Laura Pecoraro, Valentina Meloni, Patrizia Portoghese, Bartolomeo Bellanova, Claudio Fiorentini, Vincenzo Monfregola. Lorenzo Spurio ha assegnato il Trofeo Euterpe a Tiziana Mignosa. Per la sezione poesia a tema natura prima classificata Manuela Magi con la poesia ‘L’universo ferito’, al secondo posto Gianni Di Giorgio, terzo posto a Daniela Taliana, menzioni d’onore a Donato Loscalzo, Sebastiano Impalà, Antonella Monaco, Enrico Danna, Cristina Biolcati, Marco Marra, Silvana Famiani, Christian Ronchetti. Erano presenti anche gli autori Antonella Proietti, Michele Zacconee Furio Ortenzi, premiati al concorso di poesia e racconti ideato da Santo Tornabene con il Comitato Monteverde Nuovo, una sinergia tra realtà del quartiere. Il poeta Bartolomeo Bellanova ha poi presentato la rivista on line ‘La macchinasognante’, attiva in progetti di impegno culturale e sociale, contenitore di scritture dal mondo.
Avvolgente e densa di significato la coreografia ‘Natura è’, una perfetta intesa tra danza e poesia in diverse lingue, a simbolo dell’integrazione culturale e dell’universalità della scrittura in versi. Bravissimi HanadSheick, ThakurPayel, KhatriHimalay, Luisanna Margarita Arias Romero, IbrahimaBaThiecome, Marisa Di Cecca, Elena Arceci, Brenda Riccio.
Ottima l’interpretazione di Chiara Pavoni con il monologo ‘La mia terra santa’, un omaggio ad Alda Merini. L’evento è stato patrocinato dal Consiglio regionale del Lazio, da Roma Capitale Municipio XII, Ambasciata di Svezia ed è promosso da A.P.S. Le Ragunanze, Magic BlueRay, Turisport Europe, Golem Informazione, Associazione Culturale Euterpe, Edizioni Il Viandante.
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
EXPO. I conti non tornano. Né quelli veri, fatti di numeri, né quelli di ritorno d’immagine. Il bilancio 2015 risulta in rosso per 32,6 milioni (fonte il Fatto Quotidiano). Il rilancio nel Mondo di Milano e l’Italia è stato un flop. Ora si parla di Arexpo, il futuro dell’area espositiva. Per adesso sono le solite promesse elettorali. Una cosa è certa: il messaggio dell’Expo al mondo non è mai decollato. La verità prima o poi verrà a galla? Basta crederci, come atto di fede.
Frammento n. 1
Sardegna, Costa Rei. Il Ristorante Escargot inaugura la nuova stagione.
Già dal Menù, anzi dai Menù, si capisce che sarà una stagione “stellare”. Fabio Groppi, lo chef che recentemente è entrato a far parte dell’Associazione CHIC, Charming Italian Chefs, “che raggruppa professionisti capaci di riscrivere con estro un universo di sapori che nasce dall’incontro di territori e prodotti unici”, ha predisposto due Menù degustazione: il primo, Istintivo, un percorso di 4 portate e servito per tutti gli ospiti del tavolo e il secondo, Acqua e Sabbia, con un percorso di 6 portate. Un Ristorante Gourmet i cui piatti terranno conto delle ricchezze locali, terra e mare, senza porsi alcun vincolo geografico. (fonte: Aromicreativi)
Frammento n. 2
Alberto Basso e il Ristorante Trequarti entrano a far parte dei Jeune Restaurateurs d’Europe.
“ Per me è un grande onore ma soprattutto è la realizzazione di un obiettivo che insieme al mio amico e socio Stefano Leonardi ci siamo posti già al momento dell’apertura nel 2010”. Alberto Basso, classe 1984, si è formato alla scuola degli chef Portinari e al ristorante bi-stellato La Peca. Non si limita ai prodotti del territorio per non rimanerne “prigioniero”. Le migliori materie prime ricercate su tutto il territorio nazionale che incontrano le tecnologie e tecniche di cottura moderne ed efficienti ripensando così ogni piatto in chiave contemporanea per continuamente stupire. Un gioco di contrasti e sensazioni, creatività e tecnica. Ristorante Trequarti nel cuore della Valle Liona, Colli Berici (Veneto). (fonte:Aromicreativi)
Frammento n. 3
È nato il Gruppo “Viticoltori del Chianti Classico Sancascianese”
San Casciano in val di Pesa, Provincia di Firenze, è uno dei Comuni il cui territorio (non tutto) rientra come sottozona nel Chianti Classico, quello del Gallo Nero. Dopo la costituzione dell’Associazione dei viticoltori di Castelnuovo Berardenga arriva il Gruppo Viticoltori Sancascianese. E non rimarranno a lungo soli. C’è del fermento (parola quanto mai azzeccata nel mondo del vino), del movimento nell’area del Chianti. Un bisogno di valorizzare le singole sottozone. Dall’Aprile 2015 i produttori del territorio Sancascianese hanno cominciato a riunirsi per realizzare “il progetto” finalizzato ad attribuire maggiore importanza al loro territorio e ai loro vini. “La Primavera Sancascianese” per uscire da un silenzio assordante.
Frammento n. 4
Conosciamo Il Carciofo Moretto di Brisighella
L’Italia è piena di numerosi prodotti tipici, a volte meno conosciuti di altri, rientranti tra le vere e proprie eccellenze a livello nazionale. È il caso del piccolo Carciofo Moretto, autoctono dell’autoctono, a significare che ne esiste uno, quello vero, che si trova solamente nel Comune di Brisighella nel Parco Regionale della Vena del gesso Romagnola. Si perché i tipici calanchi gessosi con una buona esposizione al sole creano le condizioni organolettiche da farne un prodotto unico, inimitabile, dal sapore inconfondibile. Il Carciofo Moretto si mangia crudo e/o leggermente lessato, condito con il Brisighello, l’olio d’oliva di queste parti. Nel mese di Maggio di ogni anno la Pro Loco di Brisighella celebra con una Sagra il Moretto, violaceo con riflessi dorati. È stato istituito anche un titolo per insignire, onorare i Produttori di Brisighella:Custode del Carciofo Moretto. (fonte: Pro Loco Brisighella)
Frammento n. 5
Riolo Terme: lo Scalogno di Romagna
Né aglio né cipolla pur appartenendo sempre alla famiglia delle Liliacee. Una prelibatezza tutta romagnola. A Riolo Terme Provincia di Ravenna, dal 21 al 24 luglio 2016, si svolgerà la Fiera dello Scalogno IGP di Romagna. Nelle vie del paese, cuore produttivo di questa meraviglia del palato, ci sarà una mostra mercato che vedrà la presenza di tutti i produttori. I Ristoranti proporranno pietanze a base di Scalogno come riso allo Scalogno, tagliolini allo Scalogno, frittata allo Scalogno e arrosti aromatizzati allo Scalogno. Da sempre coltivato in Romagna ne è divenuto nel tempo prodotto tipico della tradizione locale ottenendo il riconoscimento IGP dal 1997. (fonte: Terre di Faenza)
Osservo, scruto, assaggio e…penso.
PER FRANCO DI MARE - conduttore televisivo della trasmissione televisiva Uno Mattino
Lunedì 16 maggio verso le ore 7,50 nella trasmissione televisiva su Rai Uno, Franco Di Mare riprendeva il discorso del papa sui presunti comportamenti di alcune persone che si interessano di animali ma trascurano le necessità degli umani, e ricordava lo sterminio in Ruanda di qualche tempo fa in cui furono uccisi circa un milione di persone e lasciò orfani un numero enorme di bambini che poi morivano a decine nei campi di raccolta. Nello stesso periodo, ricorda Di Mare, si raccoglievano fondi per i gorilla delle montagne, e terminava asserendo che in caso di necessità lui non avrebbe avuto dubbi su chi aiutare. Poi ricordava il pensiero di papa Ratzinger il quale asseriva che la vita dell’animale si esaurisce con la morte fisica, a differenza dell’uomo in possesso di un’anima immortale. Probabilmente papa Ratzinger ha dimenticato la visione di Santa Faustina che era di parere opposto: “Oggi in spirito sono stata in Paradiso e ho visto l’inconcepibile bellezza e felicità che ci attende dopo la morte. Ho visto come tutte le creature rendono incessantemente onore e gloria a Dio. Ho visto quanto è grande la felicità in Dio, che si riversa su tutte le creature, rendendole felici”.
In un momento storico in cui appena appena emerge un barlume di luce nei confronti del mondo animale, da sempre schiavizzato, tormentato, crocefisso dall’uomo, si palesa vergognosamente il panico che gli umani possano trascurare i loro simili a vantaggio degli animali. Una paura pretestuosa, strumentale, patetica, grottesca che non farebbe che aumentare la distanza tra noi e loro e ad allungare il loro martirio.
Credo che chiunque, prima di schierarsi in posizioni a favore dell’uomo o dell’animale, sarebbe opportuno vedesse cosa succede in un mattatoio dove ogni giorno, 365 giorni l’anno, milioni di animali vengono fatti a pezzi tra fiumi di sangue, puzza e grida di terrore; vedesse come vengono torturati nei laboratori di sperimentazione; come vengono sterminati nei boschi, nei mari, si rendesse conto che questa umanità rischia di estinguersi a causa dell’insensato egoismo degli umani. Se vedesse tutto questo forse avrebbe dei dubbi su chi aiutare per primo.
Seppure odiata per il frastuono, l’inquinamento, la caoticità, la spersonalizzazione, alle volte si finisce per amare la grande città per i suoi fermenti culturali, la vasta gamma di forme di intrattenimento, i mille colori che offre. Nel cuore di Roma, nel quartiere che forse più degli altri rappresenta queste belle note musicali, Trastevere, è possibile ancora respirare quell’arte che ha reso noi italiani famosi nel mondo, e dove gli artisti, quelli veri, si danno appuntamento per vivere quell’aria magica che avvolge il quartiere. Al teatro Agorà di via della Penitenza, appena dietro il carcere di Regina Coeli, storico carcere trasteverino, è andato in scena il monologo:“Conosco l'amore solo per sentito dire”, scritto e diretto da Rita Gianini e interpretato da Manuela Di Salvia.
Un’ora è mezzo di spettacolo che la bravura dell’attrice e la maestria artistica di Rita Gianini ha fatto volare in un attimo. Parla di una donna che non riesce più ad avere consapevolezza del suo corpo, della sua immagine. E' solo un involucro che contiene cibo. Non si guarda. Non si vede. Ma si racconta. E racconta. Racconta tanto. Dei suoi genitori, della sua infanzia, di quegli amori vissuti e soprattutto non vissuti. Il suo specchio è semplicemente un water. Il suo sguardo è quello degli altri: il pubblico. Anoressica, bulimica, logorroica, affamata - più di amore che di cibo - racconta la sua vita attraverso la compulsione della parola e del gesto, chiusa in un bagno. La sua è una vita ironicamente votata all'autodistruzione, anestetizzata dal vomito. Ma non ci sono giudizi. Chi decide che quello che fa sia giusto o sbagliato? Ognuno ha diritto a essere quello che vuole essere. Anche a essere infelice nella propria incapacità di amare. Parole gettate, vomitate in un water. Conosco l'amore solo per sentito dire, ovvero un ironico - tragico - divertente monologo affamato d'amore. Arte vera, da non perdere.
Non è in una chiesa ma in una capanna che, prevalentemente, a Palawan si celebra il matrimonio fra due componenti del gruppo etnico Tagbanua: lo sposalizio è uno stato di passaggio accompagnato in tutte le culture da particolari rituali.
Palawan è una delle 7107 isole che compongono la repubblica delle Filippine, la quinta in ordine di grandezza. E’ un’isola relativamente sottopopolata, la sua densità, è meno di 30 persone per Kmq (il censimento di popolazioni nomadi fornisce dati approssimativi), ma il tasso di incremento annuo dell’isola (4,3 per mille), nettamente superiore a quello nazionale (2,6 per mille), dovrebbe a lungo termine modificare la situazione. I Tagbanuà, una delle etnie più antiche della Filippine, sono prevalentemente sedentari e cristianizzati a differenza di altri gruppi etnici dell’isola, come i Batak. Convertiti da lungimiranti missionari hispano-filippini, i Tagbanua hanno conservato le antiche tradizioni, mescolando senza problemi la teologia locale con quella cristiana, così come hanno fatto a suo tempo le popolazioni del golfo di Guinea trapiantate nei Caraibi al tempo della tratta degli schiavi. Rimarchevole che, al momento della penetrazione spagnola (XVI secolo), i Tagbanua presentavano una organizzazione sociale evoluta, disponevano di un alfabeto di 16 caratteri e di una propria scrittura, orientata dal basso verso l’alto e da destra verso sinistra.
Le nozze di due giovani Tagbanua si celebrano in una capanna, che può essere quella di uno dei due fidanzati o quella del divata, il sacerdote-sciamano officiante, cui spetta, per consuetudine, la cattura della prima uscita di pesca o il primo nato dell’allevamento animale. I due fidanzati siedono al centro della capanna. Il divata, borbottando parole incomprensibili per i presenti, si avvicina ad essi con un recipiente pieno di olio di cocco (qualche volta il recipiente è costituito da una mezza noce di cocco o è sostituito dal palmo della mano), intinge un dito nell'olio, traccia una linea sul braccio dello sposo, dall'estremità dell'indice fino alla spalla. Alla sposa traccia una linea analoga, prolungandola fino al seno. Al termine dell’unzione i due fidanzati sono marito e moglie.
Nino Modugno
Quando l’arte diventa beneficienza: è infatti il titolo che ben si addice a questa nuova iniziativa a scopo benefico promossa dalla Segreteria per la Comunicazione dello Stato della Città del Vaticano e dei Musei Vaticani, in collaborazione con il Centro Televisivo Vaticano e Officina della Comunicazione.
Il progettò è stato presentato nel Salone di Raffaello della Pinacoteca Vaticana, alla presenza del Prof. Antonio Paolucci, Direttore dei Musei Vaticani , di Mons. Dario Edoardo Viganò, Prefetto della Segreteria per la Comunicazione e da Christo, celebre artista bulgaro naturalizzato americano.
“Christo, il campione dell’arte-evento” , dichiara il Prof. Paolucci, “ quello che impacchetta i monumenti per farci capire che, nel tempo della democrazia dei consumi, l’unica che esiste sotto il cielo, tutto è diventato prodotto consumabile e digeribile, oggi impacchetta Raffaello. Lo fa per sovvenzionare l’Ospedale Pediatrico di Bangui, nel cuore più disperato dell’Africa Nera.
Mirabile esempio di eterogenesi dei fini. Giulio II aveva chiamato Raffaello per esaltare la gloria sua e della sua Chiesa. Un altro Papa, Francesco, usa Raffaello per un atto di misericordia verso i più poveri fra i poveri.”
L’opera di Christo prende corpo da un particolare de La Scuola di Atene di Raffaello, il più celebre degli affreschi delle stanze Vaticane. L’artista, ha infatti scelto di concentrare la sua attenzione sugli occhi di una figura di un giovane, il cugino di Papa Giulio II, dipinto accanto a Parmenide.
La forma e la dimensione hanno permesso all’opera di essere il modello per la realizzazione di 300 cofanetti numerati e firmati da Christo. I multipli saranno quindi venduti con la collaborazione della casa d’aste Christie’s.
“Quest’opera ha per la Segreteria per la Comunicazione”, commenta Mons. Dario Edoardo Viganò, “una duplice valenza. Innanzitutto rappresenta il segno concreto dell’interesse della Comunicazione della Santa Sede per la contemporaneità e per il linguaggio che la contraddistingue. Christo è uno dei maggiori esponenti dell’arte contemporanea mondiale;e l’originale dell’opera che donerà alla Segreteria sarà il segno concreto di questo sodalizio che vede tra i protagonisti anche i Musei Vaticani.
Il secondo aspetto riguarda il legame tra arte, cultura e solidarietà. L’opera d’arte che diviene dono per l’umanità ma anche occasione per realizzare una concreta opera di beneficienza. E’ stato il Santo Padre ad indicare a chi indirizzare la raccolta fondi: all’Ospedale Pediatrico di Bangui che il Papa ha visitato nel suo recente viaggio in Africa, in quel paese in cui il Pontefice ha deciso di aprire solennemente la porta della cattedrale, un’anteprima all’apertura dell’anno giubilare, una prima porta aperta alla Misericordia.”
E così l’arte contemporanea a volte inquieta che aleggia nei sofisticati salotti di New York, in virtù di quella Misericordia che Papa Francesco va invocando in tutto il pianeta, si involerà “impacchettata” in segno di solidarietà verso quel mondo dei più poveri fra i poveri.
È denso di impegni il maggio dei Musei Vaticani, si susseguono a raffica presentazioni di eventi, di pubblicazioni e di restauri.
Sei milioni di visitatori all’anno marciano verso la Cappella Sistina attraverso il percorso obbligato delle Gallerie. Circa trecento metri la distanza da coprire suddivisa in tre parti: Galleria dei Candelabri, Galleria degli Arazzi e Galleria delle Carte Geografiche. La prima e l’ultima, sono state oggetto di restauro, che ha riguardato, in particolare, le superfici dipinte.
La Galleria delle Carte Geografiche è quella che attira maggiormente la meraviglia dei turisti, coinvolti in un turbinio di colori, fra tutti, sovrasta il blu profondo dei mari e poi gli stucchi e le grottesche sulla volta.
É Gregorio XIII Boncompagni, il papa che ha introdotto il calendario gregoriano nel 1582 e che ha fondato l’osservatorio astronomico del Vaticano, ad aver commissionato la decorazione della Galleria. Era l’epoca delle scoperte geografiche che avevano determinato anche la moda di decorare con le carte le dimore gentilizie.
La progettazione viene affidata al cartografo, domenicano, perugino, Egnazio Danti, mentre l’esecuzione, tra il 1580 e il 1581, spetta ad un gruppo di pittori manieristi tra i quali l’orvietano Cesare Nebbia e il bresciano Girolamo Muziano, protagonisti della storia della pittura, profondamente trasformata, dai dettami del Concilio di Trento e paesaggisti fiamminghi come Paul Bril.
A lato della porta di entrata, la memoria della Battaglia di Lepanto vinta da Marcantonio Colonna nel 1571 contro la flotta turca, a seguire, sulla sinistra, la carta dedicata alla città papale di Avignone, quindi si entra in Italia. La si percorre tutta, da sud a nord, costeggiando sulla sinistra le coste tirreniche, mentre sulla destra quelle adriatiche. Alla fine l’Italia intera, antica a destra, nuova a sinistra, guardando la porta d’uscita, circondata dalle quattro città portuali più importanti: a destra Venezia, con piazza S. Marco in evidenza ed Ancona, a sinistra Genova e Civitavecchia.
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Carta raffigurante l'Italia Antiqua |
Diverse sono le curiosità, le più macroscopiche sono l’inversione dell’orientamento sud-nord di alcune carte e la presenza della Corsica, non ancora francese. Nelle carte sono riportate le scale metriche e sono segnate le città e i paesi più importanti, illustrati in dettaglio in riquadri interni che mostrano le mappe topografiche. Dei cartigli spiegano gli episodi storici salienti che vi sono riportati, ad esempio la battaglia tra Annibale e l’esercito romano presso il lago Trasimeno nel III secolo a.C.
Il restauro ha riguardato la pittura, realizzata sia con la tecnica ad affresco sia a secco, soprattutto per quanto riguarda i particolari, per le dorature è stata usata la tecnica a missione. La decorazione è stata restaurata più volte, a partire già poco tempo dopo l’esecuzione, probabilmente, proprio la velocità di quest’ultima, ha determinato i problemi di adesione che hanno reso necessari i diversi restauri.
Le indagini diagnostiche hanno portato all’identificazione dei pigmenti e anche dell’adesivo/consolidante funori, un polisaccaride estratto dall’alga rossa Gloiopeltis furcata presente nell’Oceano Pacifico, estremamente costoso. Per questo il Laboratorio di Diagnostica per la Conservazione e il Restauro dei Musei Vaticani ha messo a punto un sistema di estrazione e purificazione per contenere la spesa.
La Galleria dei Candelabri, invece, deve il suo nome alle coppie di candelabri marmorei, ai lati di ogni arco, che suddivide in sezioni il corridoio. Lo spazio è fittamente stipato di sculture, sarcofagi, vasi e urne di marmo, che offrono esempi di tutti i diversi tipi di questo materiale. Le opere fanno parte del Museo Pio Clementino, una delle grandi collezioni di arte antica dei Musei Vaticani. Il restauro ha riguardato la decorazione pittorica della volta, realizzata alla fine del XIX secolo per volere di Leone XIII, autore nel 1891 dell’enciclica Rerum Novarum, fondamento teorico della dottrina sociale cattolica.
Lo stemma del papa affiancato dalle personificazioni delle virtù Fortezza e Prudenza, campeggia sulla volta all’ingresso, nella sezione successiva sono raffigurate tutte le arti benedette dalla Religione, compresa la moderna fotografia, rappresentata da una vecchia macchina, che ha l’aspetto di una scatola con un obiettivo. Una delle due scene laterali, ricorda l’ingresso nelle collezioni papali del grande dipinto che celebra la vittoria del re polacco Giovanni III Sobieski sull’armata turca a Vienna nel 1683, esposto in una delle sale dell’ex appartamento di S. Pio V a cui ha dato il nome. Dopo le arti è l’allegoria della storia protagonista nella sezione seguente. Poi è ricordata la monumentale e onnicomprensiva opera speculativa di S. Tommaso d’Aquino. La penultima campata è decorata con scene più piccole a monocromo, mentre nell’ultima, con motivi decorativi, si trova il busto del papa, affiancato dalle personificazioni di Teologia e Poesia.
Gli autori sono il perugino Annibale Angelini, il romano di padre bavarese Ludovico Seitz e il Romano Torti. Angelini, oltre che pittore è anche scenografo, restauratore e decoratore, allievo del pittore romantico Tommaso Minardi, ha lavorato per le famiglie nobili, a Roma restano sue testimonianze anche al Palazzo del Quirinale, e alcune “miniature” nella cupola di S. Pietro in Vaticano, ha insegnato prospettiva presso l’Accademia di S. Luca. Seitz, figlio d’arte, risente dell’influenza dei pittori nazareni Overbeck e Cornelius, ha decorato diverse chiese romane, è stato membro della Congregazione dei Virtuosi del Pantheon e dell’Accademia di S. Luca, nel 1887 è stato nominato Ispettore delle Pitture dei Sacri Palazzi Apostolici, nel 1894 Direttore delle Gallerie Pontificie. Torti ha lavorato a Nepi, a Frascati, a Piazzola sul Brenta e a Fassolo vicino Genova.
Frutto del restauro, consistito nella spolveratura, nel fissaggio della pellicola pittorica e delle dorature, nella pulitura, nel stuccatura delle lacune e consolidamento degli intonaci e nella presentazione estetica, sarà la pubblicazione di prossima edizione, corredata anche di ricerche d’archivio e bibliografiche.
Pensi alle malefatte della curia, allo sperpero di denaro dei vescovi, ai preti pedofili e non a chi dimostra sensibilità, compassione e amore per tutti gli esseri viventi.
Pare stia diventando un’ossessione, ma papa Francesco (che di Francesco ha solo il nome) torna a prendersela con chi si interessa di animali accusandoli di trascurare le esigenze degli umani, cioè sottraendo beni ed energie che dovrebbero essere ad esclusivo vantaggio degli umani.
Quando e dove ha visto un animalista negare il proprio aiuto agli umani? Noi non dividiamo a metà le nostre risorse ma moltiplichiamo il nostro impegno a vantaggio degli uni e degli altri; per questo la coscienza animalista/vegana è su livelli evolutivi ampiamente diversi.
La nostra compassione non si limita alle necessità degli uomini ma si allarga a raggiera verso ogni essere vivente. E se è vero che Dio ama tutte le cose il nostro amare è più vicino al modo di amare Dio.
Il papa invita ad interessarsi solo degli umani (crudeli, guerrafondai, stupratori, assassini, falsi, ipocriti, bugiardi ecc.) invece di animali semplici, leali, miti, generosi ecc., cioè di chi da millenni (anche o soprattutto a causa della Chiesa) ha condannato ad un inferno inimmaginabile miliardi di miliardi di creature innocenti, per soddisfare l’egoismo e la crapula umana.
Possibile che questo papa non capisca che l’etica animalista è un una rivoluzione inarrestabile? Che ciò che ha impedito e impedisce l’evoluzione civile, morale e spirituale degli esseri umani è la capacità di differenziare sofferenza umana da sofferenza animale, compassione umana da compassione animale, giustizia umana da giustizia animale e che questo abitua l’uomo alla legge del forte sul debole, alla violenza, alla tirannia, alla guerra? Possibile che non capisca che è proprio il consumo di carne con quello che richiedono gli allevamenti (quindi l’indifferenza verso la condizione animale) la principale causa della fame nel mondo?
Propongo alle associazioni animaliste e vegetariane di attivarsi in una capillare campagna di reazione al ripetuto attacco del papa verso chi dona amore anche agli animali. Una petizione che inviti i potenziali cattolici a spostare il loro interesse verso religioni più rispettose del mondo animale e soprattutto faccia in modo che nessuno dei parenti e amici versi l’8 per mille alla chiesa del papa specista.
“Quando la morale sociale è superiore alla morale religiosa, quella religione è perduta” (Pierre Teilhard de Chardin, gesuita, filosofo e paleontologo francese).
E’ partita l’11 Maggio 2016 la nuova edizione di uno dei più importanti e prestigiosi eventi cinematografici internazionali: il Festival di Cannes, sotto la direzione artistica di Thierry Frémaux. Le migliori pellicole d’autore e un red carpet affollato di divi del grande schermo, tra cui Jessica Chastain, Susan Sarandon, Lily Donaldson, Julianne Moore, Eva Longoria, Julia Roberts, George Clooney, Steven Spielberg e Jodie Foster, questo e molto altro rende la kermesse uno degli appuntamenti più attesi e mondani dell’anno.
In programma, dall’11 al 22 maggio, 21 film provenienti da 14 Paesi.
L’apertura della Croisette, tra imponenti misure di sicurezza, è stata inaugurata dalla commedia malinconica e romantica, Café Society, che segna un ritorno al passato del suo regista, Woody Allen, presente insieme alle protagoniste Kristen Stewart e Blake Lively. Primo film in Concorso è Sieranevada di Cristi Puiu, mentre Fuori Concorso troviamo alcuni grandi nomi: il Premio Oscar Steven Spielberg, con il film per ragazzi GGG – Il Grande Gigante Gentile; Jodie Foster in veste di regista della pellicola Money Monster; Jim Jarmusch alle prese con un documentario sulla rockstar Iggy Pop e in concorso con il film Paterson. E ancora: Alejandro Jodorowsky con Poesìa sin fin; Paul Vecchiali con Le cancro; il coreano Park Chan-Wook presenta Agassi; Jeff Nichols arriva con il suo Loving; il rumeno Cristian Mungiu presente con Bacalaureat; il ritorno del regista britannico Ken Loach con I, Damien Blake, un intenso film/denuncia sulla poetica disperazione degli ultimi, degli invisibili, schiacciati dall’iniquo e paradossale sistema previdenziale del loro Paese; e l’attesissimo e favorito film di Pedro Almodovar, Julieta. Per l’Italia troviamo il noir di Stefano Mordini, Pericle il nero, unico film italiano presente nella selezione ufficiale dedicata alle nuove tendenze contemporanee, Un Certain Regard, tratto dal romanzo cult di Giuseppe Farrandino, con Riccardo Scamarcio e prodotto da Valeria Golino, presente tra i membri della giuria, presieduta da George Miller, regista di Mad Max. Altri film italiani sono presenti nelle sezioni collaterali: la produzione italo-greca L’ultima spiaggia dei registi Davide Del Degan e Thanos Anastopoulos, che racconta i cambiamenti di una piccola città stravolta dall’arrivo dei migranti; nella Quinzaine dei Realisaterus, Fai bei sogni di Marco Bellocchio, ispirata all’omonimo best seller di Gramellini, con Valerio Mastandrea e Bérénice Bejo; La Pazza Gioia di Paolo Virzì con protagoniste Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti; Fiore di Claudio Giovannesi con Valerio Mastandrea e Daphne Scoccia; nella Semaine de la critique troviamo I Tempi felici verranno presto di Alessandro Comodin. In pole position per la critica, i fratelli Dardenne con La fille inconnue, il canadese Xavier Dolan con Juste la fin du monde, e Olivier Assyas con Personal Shopper, anche questo interpretato da Kristen Stewart. Infine, il lungometraggio The Last Face, diretto da Sean Penn, presentato in anteprima a Cannes, con protagonisti Charlize Theron e Javier Bardem. Il 16 maggio arriva in Costa azzurra un ospite speciale: Robert De Niro, che accompagna la proiezione del suo ultimo lavoro, Hands of Stone. Susan Sarandon e Geena Davis, indimenticabili protagoniste di Thelma & Louise di Ridley Scott, oltre ad essere entrambe due attiviste impegnate su più fronti per la tutela dei diritti delle donne, riceveranno il Women in Motion Award 2016 della Kering Foundation, arricchito quest’anno da dibattiti e incontri a tema.
Gli Ona, presenti in tutta l'Isola Grande della Terra del Fuoco, sono rimasti a lungo confusi con le altre popolazioni fueghine.
Il ritardo nella individuazione di quello che costituiva il gruppo etnico più numeroso della Terra del Fuoco sembra doversi attribuire alla morfologia dell'Isola Grande: le coste orientali, dove gli Ona si affacciavano al mare, sono prive di porti e sono seminate di bassi fondali, il che teneva lontane le navi.
Solo nella seconda metà del XX secolo gli Ona sono stati individuati. Ne hanno riconosciuta l'esistenza i missionari anglicani di Ushuaia, i primi anche a classificare la popolazione fueghina in Alacaluf, Yaman e Ona (gli Haush erano già' scomparsi); per conoscerne i costumi si è dovuto attendere il 1879 quando, Ramón Serrano Montaner (a quel tempo capitano di marina, poi, dal 1900 al 1903, deputato al parlamento cileno) ebbe il coraggio di addentrarsi all'interno dell'Isola Grande guidando una spedizione nella zona pianeggiante.
Nella circostanza si evidenziò come grande fosse l'errore di avere accomunato i gruppi etnici. Gli Ona differivano non solo per il linguaggio ma anche, vistosamente, per l'aspetto fisico. Gli Alacaluf e gli Yamanes erano piccoli di statura e sformati agli arti inferiori. Gli Ona erano longilinei e con un fisico ben proporzionato. Il padre De Agostini, un missionario salesiano che ha soggiornato più di trenta anni in Terra del Fuoco riassumendo nella sua persona, in misura eccelsa, cultura geografica, alpinismo e carità cristiana, in uno dei suoi volumi ("I miei viaggi alla Terra del Fuoco", Paravia, Torino, 1934), ha così presentato la razza ona: "La statura ha proporzioni da gigante arrivando fino a 1,90, con una media nell'uomo, di m 1,75 e nella donna di m 1,70. Il colore della pelle è alquanto abbronzato e vi aggiunge molta vivezza il rosso delle guance che si osserva in molti di essi e che nelle giovani forma la principale attrazione. Hanno la testa grande, la faccia schiacciata , i capelli nero, fitti, setolosi, occhi un po' obliqui, neri, vivi, somiglianti nella forma alla razza mongolica, ...la bocca larga con labbra aperte ordinariamente al sorriso. I denti sono sani e di sorprendente bianchezza. Ad accezione dei capelli, gli Ona non lasciavano crescere sul loro corpo lanuggini di sorta ed il desiderio di sembrare belli li obbligava a strapparsi i peli della barba e delle ciglia. Il volto quindi presenta sempre uno strano aspetto giovanile, motivo per cui è assai difficile giudicare la loro età”
Ogni giorno gli Ona dedicavano un po' del loro tempo alla cura della persona. Le donne portavano una frangetta sulla fronte, gli uomini esteriorizzavano eventi o stati d'animo colorando l'epidermide. La colorazione era evidente: pur vivendo in un ambiente rude e freddo: gli Ona, al pari degli altri gruppi etnici, mancavano di qualsiasi tipo di vestiario chiuso o aderente, si coprivano con un pezzo rettangolare di pelliccia di guanaco che lasciava scoperte le braccia e le gambe. Ai piedi gli Ona portavano calzari di pelle dello stesso animale. "In ambo i sessi si trovano individui che per la grazia del volto, per la correttezza e la proporzione delle membra, si possono considerare come veri modelli di forme e di eleganza" (De Agostini, op.cit.).
A sviluppare e a mantenere il loro aspetto contribuiva l'abbondanza di cibo, il continuo e regolare esercizio fisico dovuto alle esigenze di caccia, il clima molto più secco e salubre di quello del versante orientale , dove vivevano gli Acaluf e gli Yamanes.
La necessità di cambiare continuamente posto alla ricerca di cibo imponeva l'adozione di una abitazione semplice, quella che, una volta smontata, la donna, che nella circostanza, si trasformava in una bestia da soma, poteva portare, unitamente ai pochissimi utensili, sulle spalle. L'abitazione era una capanna di pelli di guanaco montate su assi di legno. Durante i trasferimenti l'uomo portava solo archi e frecce per essere sempre pronto a colpire la selvaggina. che costituiva l’alimentazione di base della comunità
Nino Modugno
Sostanze e comportamenti in grado, secondo le tradizioni popolari, di migliorare le prestazioni sessuali.
Una volta che si è fidanzato o sposato l’uomo deve essere all’altezza della situazione. Ma non sempre è così. O magari, nella circostanza, l’uomo vuole strafare. Nella prima o nella seconda ipotesi l’uomo per dilatare le sue capacità amatorie ricorre a vari elementi della natura, cui ai nostri giorni le credenze popolari attribuiscono il potere di aumentare il desiderio sessuale:
— polvere di cantaride. La cantaride, come è noto, è un coleottero di colore verde con riflessi dorati;
— polvere di ossa di tigre. La polvere a Shanghai va versata in un bicchiere di vino. La polvere di corno di rinoceronte, pur seguitando a godere della sua fama secolare, in Cina è pressoché introvabile;
— acqua addolcita con miele, o cannella, o spumante dolce;
— l’acqua di una fontanella di Licata. La fontanella si trova in via della fontanella, di fronte all’ospedale cittadino;
— la zuppa con i vermicelli di riso;
— un infuso di pelle essiccata di geco;
— un infuso di “Alcanfor”, vale a dire di foglie dell’albero della canfora;
— le Amanite Caesaree, i funghi volgarmente chiamati “Ovuli buoni” e che a Frattamaggiore, dove è stata riscontrata la credenza, chiamano con una espressione che, tradotta in italiano, suona “tuorli d’uovo”;
— i “frutti di mare”, termine con il quale si riassumono tutti i crostacei e i molluschi commestibili che vivono in mare;
— un riccio cotto;
— la rucola (Eruca saliva). Perché non perdano la loro efficacia, le foglie della pianta devono essere consumate crude. A Roma la pianta è più conosciuta sotto la denominazione di “rughetta”;
— il dragoncello (Artemisia dracunculus), che a Monterigioni, è chiamato, non a caso, “erba d’amore”. A Monteriggioni con il dragoncello si condiscono gli spaghetti: se ne utilizzano le foglie e le sommità fiorite;
— l’ulivo benedetto la Domenica delle Palme passato sulla schiena mentre si dice “San Cosma e Damiano, io medico e tu sani”:
— la zuppa Sopa de machos (salame di testicoli di toro, sedano, menta e altro) in menù a Casa de Oro, ristorante di La Paz (Bolivia):
— i fichi d’India:
— la polvere di un camaleonte essiccato messa in un profumo poi applicato sul collo,
— la testa del pesce;
— il liquore ottenuto macerando per una settimana in un litro di tequila 30 grammi di Damiana (Turnera diffusa var aphhrodisiaca), piccolo arbusto delle Turneracee;
— il balut (parola che, in linguafilippina, significa "incartato"); consiste in un uovo di anatra o di gallina fecondato e bollito nel suo guscio poco prima della sua schiusa, quando l'embrione al suo interno è quasi completamente formato. In relazione ai suoi poteri afrodisiaci, a Baguio viene offerto durante la notte da venditori ambulanti;
— i semi di cardamomo in vino caldo:
— il rosmarino, se ingerito in piccole dosi o messo nell’acqua del bagno;
— il sedano: va consumato crudo;
— il prezzemolo. Anche questa pianta va consumata cruda;
— foglie di una pianta rampicante detta a San Costantino Albanese "qurpero". Si mangia con gli spaghetti, con la pancetta, con la verdura cotta;
— un profumo qualsiasi nel quale siano stati immersi: valeriana, polvere di Piedra de Iman, cenere di colibrì. La piedra de Iman (magnetite, ossido di ferro Fe2O4) è la pietra su cui giacque il corpo di Cristo dopo la discesa dalla croce. Le sue proprietà miracolose sarebbero state scoperte da Goffredo di Buglione nel corso di una sanguinosa battaglia contro gli infedeli sotto le mura di Gerusalemme. I colibrì sono presenti solo nel continente americano: questo comportamento risulta infatti praticato a Cuba:
— sangue di toro o di vitello raccolto e bevuto al momento del macello.
Anche in altre parti della terra si attribuisce al sangue un potere afrodisiaco. L’animale in questione è il serpente. In Vietnam il sangue di questo rettile diventa afrodisiaco l’ultimo giorno del mese lunare. In Cina al sangue di serpente si aggiunge un liquore, a Taiwan il vino. A Taipei questo intruglio viene posto all’asta al termine di un combattimento tra un cobra e una mangusta (vince sempre la mangusta). L’asta non va mai deserta e raggiunge cifre interessanti. Osservando lo spettacolo viene da pensare che l’efficacia di questo afrodisiaco sia temporanea: i vincitori dell’asta, bevuto l’intruglio (il bicchiere che lo contiene va restituito agli organizzatori del match cobra-mangusta), si allontanano velocemente per andare a raggiungere la loro donna.
Alcuni alimenti acquistano proprietà afrodisiache solo in determinati periodi dell’anno. Così ad Amaseno diventa afrodisiaco un formaggio detto “marzolino”, confezionato, come dice il suo nome, nel mese di marzo, e a Marana (L’Aquila) lo diventano i funghi raccolti dopo la mezzanotte del 23 giugno e prima dell’alba del 24. Colti prima di essere raggiunti da un raggio di sole e quindi bagnati di rugiada, nella breve “notte delle streghe” acquistano particolari proprietà molti vegetali, fra i quali appunto i funghi.
Per una cognizione dei luoghi, ove non citati, cui vanno riferiti i comportamenti esposti, come pure per la collocazione geografica (provincia per l’Italia, stato per l’estero) degli insediamenti menzionati vedasi pag 12I e segg. di “Il mondo magico dell’amore”, di Nino Modugno, La Mandragora, Imola.
Nino Modugno