L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Food & Wine (249)

 
 
 
 
Urano Cupisti
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Nel cuore di Siena non per caso. Scelta ponderata per sottolineare la centralità toscana del sangiovese, vuoi perché Siena è la sede dell’Associazione EnoClub che ha ideato e organizzato da sempre questo evento.

Vero che il Sangiovese, ogni giorno che passa, perde la sua connotazione di vitigno autoctono per vestire i panni dell’internazionale ma è anche pur vero ricordare le origini e festeggiarlo al meglio.

Così è stato nei giorni 2, 3, 4 e 5 Novembre con il coinvolgimento degli addetti ai lavori (produttori e stampa di settore) ma soprattutto con gli appassionati, wine lovers, che hanno raggiunto Siena e la sua bellissima Piazza del Campo dove nei Magazzini del Sale posti nei sotterranei del Palazzo Comunale, hanno potuto assaggiare più di 300 sangiovese in purezza prodotti da 120 aziende.

Per i più interessati gli appuntamenti (seminari, masterclass) nella Sala Italo Calvino al settimo piano del Palazzo Squarcialupi nell’altra location affascinante di Siena: Piazza Duomo con la Cattedrale riportata ai suoi massimi splendori dopo un restauro durato alcuni anni.

Parlare con i produttori di Sangiovese non solo toscani, conoscere altre realtà italiane che da tempo si dedicano a questo vitigno ricavando ottimi vini (considerando il Sangiovese un vitigno loro “locale”), sono stati momenti di “scoperte” prodigiose.

Difficile designare la zona di origine del Sangiovese. Oggi preferiamo considerarlo un vitigno di qua e di là dall’Appennino Centrale accontentando così anche i viticoltori romagnoli, umbri, marchigiani, laziali, abruzzesi e siciliani.

Una cosa è certa: il Sangiovese è conosciuto nel mondo per essere il vitigno rappresentativo dell’area toscana denominata Chianti. E l’occasione dell’evento di Siena è stata la possibilità di confronto con le realtà italiane e non solo.

Tre (3) le degustazioni guidate, veri e propri Seminari di approfondimento, per capire le evoluzioni e adattabilità del Sangiovese:

- Vecchie annate di Brunello di Montalcino;

- Sangiovese del mondo

- Confronto Borgogna-Sangiovese

Senza dimenticare i 262 campioni assaggiati durante il Lunedì dedicato alla stampa di settore a conclusione di una ricognizione sui Sangiovese italiani nel più vasto progetto di valorizzazione di questo particolare vitigno.

Il contenuto internazionale con il ricercato spirito toscano dell’EnoClub, l’impegno del suo Presidente Davide Bonucci, è risultata la ricetta vincente per l’ottima riuscita di questo ottavo appuntamento senese.

Ebbene sì: la vinocoltura legata al Sangiovese è cultura secolare che rilascia grandi emozioni. Da sempre si suggellano importanti momenti socio-culturali elevati. Ci vorrebbe un’enciclopedia per raccontarla.

Ne faccio buona memoria nel riferire il presente ricordando comunque le radici.

Ne sono certo nell’affermarlo: l’esito di questo evento è stato di eccellente caratura. Chapeau!

Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.

 

 

La Riflessione!

Novembre: ultime grandi manifestazioni enoiche!

Novembre è il mese dell’Olio nuovo, del “ribollir dei vini”, del vino novello (da non confondere con il vino nuovo che ancora è in costruzione) e delle ultime grandi manifestazioni enoiche. Ne cito tre: Sangiovese Purosangue che è già in corso a Siena (una due giorni iniziata il 2), Merano Wine Festival programmato dall’8 al 12 e la Fivi, mostra-mercato dei vignaioli indipendenti in programma dal 23 al 26 presso i padiglioni della Fiera di Piacenza (quest’anno prolungata anche al lunedì per permettere a ristoratori di partecipare). La prima giunta alla sua ottava edizione in corso dove si stanno alternando approfondimenti e degustazioni alla presenza di 120 aziende. La seconda un vero e proprio festival dell’eccellenza vitivinicola italiana e non solo. La terza che da diversi anni, con la formula mostra-mercato, permette ai visitatori di degustare, comprare e caricare storie in bottiglia da consumare durante l’anno.

 

 

 

Frammento n. 1

Cantina di Soave inaugura il nuovo quartier generale.  

 
 La cantina di Soave

Leggendo questa notizia e i suoi numeri viene meno quella parte poetica che accompagna il vino. Mi vien da dire: poveri Charles Baudelaire e Alda Merini, poesia, passione, metafora del territorio. Ma le cantine, in particolare le cooperative, sono anche aziende e devono vendere i loro prodotti e pagare chi ci lavora. Ed allora anche i numeri diventano pura e semplice verità: 90 milioni d’investimento, 11 ettari di superficie, 35.000 metri quadri coperti utilizzabili per conferimento, imbottigliamento, stoccaggio, logistica e uffici. 437 pannelli fotovoltaici, acque piovane recuperate ecc… che nel linguaggio d’oggi significa “progetto green”: Ma i vini? Produzione definita convenzionale. I Bio ancora lontano. Ahiahiahiahi (traduzione dall’alpitourese: sono dolori!).

 

Frammento n. 2

Life of Wine al Radisson Hotel di Roma

Un evento volutamente trasferito a Roma da Firenze per una centralità maggiore. 210 vecchie annate, ben 70 cantine che hanno dato vita a Life of Wine, Viaggio nell’età del vino. Grazie ad una selezione unica di cantine, simbolo di una enologia rivolta alla qualità, si è percorsa la storia del vino attraverso l’assaggio di rare ed uniche vecchie annate. Respiro anche internazionale con la presenza di aziende provenienti da Slovenia e Svizzera. Ne ho parlato più diffusamente in questo articolo pubblicato da Flipnews nei giorni scorsi: http://www.flipnews.org/component/k2/life-of-wine-ovvero-la-vita-del-vino.html.

 

 

Frammento n. 3

Merlot, vino amato e odiato.

Molti dei cosiddetti esperti di vino considerano il Merlot un vino pacione, banale, senza nerbo. Ne ha parlato recentemente anche Daniele Cernilli (Doctor Wine) ricordando che i palati “raffinati” hanno conoscenze e memorie corte. Vini marmellatosi, omologati, ruffiani, poco interessanti. Chi invece li considera, come il sottoscritto, viene etichettato come poco educato e con conoscenza enologica superficiale. Fatta questa premessa ecco le mie considerazioni e riflessioni. Cari amici superesperti come la mettiamo con vini merlot 100% come Montiano, prodotto nel viterbese e considerato una eccellenza nazionale? Come la mettiamo con il merlot 100% Masseto considerato uno dei vini migliori al mondo? Come la mettiamo con il merlot 100% del Pommerol Chateau Petrus icona mondiale? Senza dimenticare gli italici L’Apparita, Redigaffi, La Ricolma, Nambrot ed altri. Francamente mi vien da pensare che ancora siamo lontani dalla conoscenza del Vino.

Osservo, scruto, assaggio e…penso. 

 
 La sala Sold Out

Questo evento l’avevo frequentato nella sua prima edizione fiorentina, all’Orto Botanico “Giardino dei Semplici”, ben otto anni fa e l’ho ritrovato molto cresciuto sabato 26 ottobre nei saloni del Radisson Blu Hotel di Roma.

Life of Wine, VIII edizione, viaggio nell’età del vino. “La vita del Vino” passando per vendemmie antiche fino alle attuali. Non solo. Ho scoperto realtà che hanno scelto Roma per presentarsi sul mercato italiano come CIEK, azienda del Canavese e DELEA, i vini del Canton Ticino.

“Grazie ad una selezione unica di cantine, simbolo di un enologia rivolta alla qualità, si è percorso, attraverso gli avvenuti assaggi di rare ed uniche vecchie annate, la storia del vino assaporando il presente con la degustazione delle annate in commercio”. Così Roberta Perna dello Studio Umami artefice di questo evento.

Apertura ad un “respiro internazionale” con la presenza di aziende slovene e svizzere. Quest’ultima particolarmente gettonata poiché i meravigliosi vini svizzeri (e mi assumo la responsabilità di questa affermazione) sono poco pubblicizzati da noi.

E le presenze a questo evento unico? Un vero e proprio Boom!!!.

“Oltre 700 tra operatori, stampa specializzata ed enoppassionati per l'VIII edizione della manifestazione, andata in scena sabato 26 ottobre:70 cantine italiane e non, 250 grandi etichette fra cui 210 vecchie annate protagoniste di un affascinante viaggio nel tempo all'ombra di Bacco”. Roberta è radiosa di fronte alle domande per conoscere i numeri e

Radisson Hotel

la dimensione della manifestazione. Perché poi sono i numeri che alla fine contano.

“Settanta grandi cantine da tutta Italia – affiancate da ospiti stranieri da Svizzera e Slovenia, novità che ha conferito un respiro internazionale a questa edizione – hanno dato vita ad un viaggio nel tempo scandito da oltre 250 etichette, di cui 210 vecchie annate spesso introvabili sul mercato”.

Il vero successo di questa manifestazione? Il mix di annate recenti, le ultime immesse in commercio, e almeno due vecchie annate di una o più etichette nel rispetto del tema dell’evento: Life of Wine ovvero La vita del Vino. Chapeau!

Questi i miei assaggi :

 
 Vino Svizzero

- Basilico vini della Basilicata (Barile)

- Cantine del Notaio da Rionero in Vulture (Basilicata)

- Ciek da San Giorgio Canavese (Erbaluce di Caluso) Piemonte

- Delea dal Canton Ticino-Svizzera

- Tenuta Monteti da Capalbio Toscana

 
 Erbaluce di Caluso

- Tenute Silvio Nardi da Montalcino Toscana

- Ventolaio da Montalcino Toscana

 La Champagne è talmente ben pubblicizzata che in ogni stagione, sia in presenza di pioggia o sole, sia con il freddo gelido della Bise o la calura estiva insopportabile, registra il ”pieno” dei visitatori.

Anche perché, turisticamente parlando, può essere proposta come tour giornaliero dalla vicina Parigi con tanto di visita ad una grande Maison di Epernay o di Reims compreso un calice di “champagnino”.

Poi c’è un’altra Champagne, quella del “sogno fragile” così come descritta da Samuel Cogliati (Possibilia editore) o da Roberto Bellini nel suo patinato Champagne & Champagnes (Bibenda editore).

La cultura della distinzione che emerge dallo scritto di Samuel Cogliati e il viaggio, con tanto di indicazioni stradali, da quello di Roberto Bellini.

In questo mio dodicesimo tour a scoprire il fascino di questo vino mi sono sentito un po’ Samuel e un po’ Roberto. Samuel per cercare di “sfrondare quanto di superfluo porta con sé certa retorica” e Roberto per affrontare un viaggio particolare “negli anfratti di certi luoghi carichi di Storia”.

E un po’ di mio nella ricerca, questa volta, di chardonnay diversi, del perché le grandi Maison “raccolgano” uve dello stesso vitigno, differenti, da conferitori fidati sparsi a nord anziché a sud, ad ovest anziché ad est, magari privilegiando piccole aree come il Petit Morin o il Montgueux.

Il mio dodicesimo tour è iniziato dalla vasta area del Sud: l’Aube. Scegliendo due realtà diverse posizionate una ad est l’altra ad ovest, la prima nel Barsuraubois la seconda nel Barséquanais.

Partire da Troyes e percorrere le RN e le D tra continui saliscendi in un mare di vigne dai colori autunnali ed arrivare nella minuscola e graziosa Urville, Comune fiorito.

Ad attendermi lo staff della Maison Drappier. Visita alla cave ultracentenaria a scoprirne i segreti. Infine gli assaggi. In particolare il suo Blanc de Blancs. Uno chardonnay allevato su terreni calcarei, con pochissimo gesso (insignificante) che ha lasciato emergere nel calice note minerali, rotondità diffusa e olfatto profondo. Uno champagne gradevole, fine e sapido.

Lasciata Urville mi sono concesso la pausa pranzo in una brasserie nella garbata, vezzosa  cittadina di Essoyes dove rimembranze storico-scolastiche mi hanno ricordato essere il rifugio degli ultimi anni di Renoir.

Lì vicino, a pochi chilometri c’è un piccolo borgo di nome Noè les Mallets. Ad attendermi Delphine Brulez della piccola Maison Louise Brison. Terreno calcareo con abbondanti residui marini (Kimmeridge) che permettono ai suoi chardonnay millesimati di esplodere in tensione. Champagne slanciato molto leggibile quadrato, salino.

Il giorno dopo, lasciata Troyes, direzione verso nord. Mi aspettava una avventura nuova. Visitare Frederic Bourcier a Couvrot, nelle terre delle nuove esperienze, ad est verso il confine con la Lorena: Vitry-le-Françoise.

Terre di conferitori di grandi acidità, di vigneti strapazzati dalla Bise, il vento gelido dell’Est. Terre dove lo chardonnay è ricercato proprio per le sue accentuate freschezze. Frederic un personaggio incredibile. Agricoltore prima, vignaiolo e conferitore in un secondo tempo, infine imprenditore di se stesso. Capannone tipo industriale con dentro una pressa Bucher di ultima generazione a pressare uve per conto terzi e per la Cooperativa Comunale. Il suo Blanc de Blancs? Naso minerale, vino tagliente, retto. Aromi floreali ma tanta freschezza. Profondità. Uno chardonnay veramente diverso dagli altri. Una interessante scoperta da aggiungere al mio fardello di conoscenze.

Nel pomeriggio ho raggiunto la Maison Dumenil a Sacy, ai piedi della Montagne de Reims, quella che guarda nord, a pochi passi dal 50° parallelo. Gran bella realtà lanciata verso traguardi di eccellenza e il suo chardonnay, se pur tagliente, spigoloso, di montagna fredda, ha primeggiato tra gli assaggi concessimi. Bravò!

È stato il giorno della riva destra della Marne quello successivo. Preceduto da sempre da atto di devozione annuale all’Abate Dom Perignon che riposa (così ci fanno credere) nell’Abbazia di Hautvillers.

Via di buon’ora verso Damery dove mi aspettava Philippe Manfredini, un francese con gusto italiano, Direttore della Maison J. De Telmont.

E quando pronunci il nome di questa Maison ti ritrovi nell’empireo mondo dello champagne. Una visita accurata, una degustazione meticolosa, completa con apertura di bottiglie storiche. Il suo Blanc de Blancs guidato da solidità e potenza. Ricco, rotondo, diverso da tutti quelli assaggiati fin qui. Acidità che non accompagna l’eleganza riscontrata nel Blanc de Noirs con presenza maggioritaria di Pinot Meunier, ma con un percorso tutto in divenire.

Il pomeriggio nel centro del piccolo e importante paesino di Ay a visitare la Maison Lallier. Che spettacolo il suo Chardonnay. Floreale, burroso, fruttato con pennellate di sapidità. Acidità puntata nel finale. Stile armonico con finale delicato ma coerente con il territorio di provenienza: la Montagne lato sud, solare.

Ultimo giorno passato a Chouilly e a Chavot-Courcout.

Chouilly, grand cru nella Côte de Blancs, a scoprire gli chardonnay speciali di Vazart-Coquart. Tipicità unica, singolare. Estroversi, per niente aggressivi, con finali gradevoli. Chardonnay di razza.

Chavot-Courcourt nella Côte-sud d’Epernay, dove troviamo i “ribelli” della Côte de Blancs. Senza presenza di Comuni Premier Cru ne Grand Cru ma dove i loro champagne raggiungono la miglior qualità/prezzo. Una Maison su tutte: Diogène Tissier. Il suo chardonnay è da bere e ribere con delicata sapidità, freschezze ben bilanciate, Uno champagne, come direbbe Samuel Cogliati, “dedicato alla sete”.

“C’è un istante, tra il quindicesimo e il sedicesimo sorso di champagne, in cui ogni uomo è un aristocratico”. (Amèlie Nothomb). Lo sono da molto tempo. Chapeau!

Visite effettuate in questo mese di ottobre 2019

 Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.

 

 

La Riflessione!

 

 

Di nuovo Le Guide

Anche quest’anno è giunta l’ora della pubblicazione delle Guide. Quelle più note, famose e quelle che cercano faticosamente di emergere magari specializzandosi in specifici settori (vini biologici, biodinamici, naturali). Bollate di cattiva e pessima fama, famigerate da alcuni produttori e/o soloni del vino, osannate, acclamate, attese da altri per sapere se i propri vini sono new entry o celebrate conferme. Il grande circo del Vino si ritrova comunque coinvolto in manifestazioni, eventi aperti o limitati negli inviti o, come gentilezza vuole, a ringraziare questa o quella guida per il giudizio dato.

Mi sovvien un dialogo avuto con una azienda nel marzo scorso durante Terre di Toscana proprio sulla validità delle Guide. Peste e corna a non finire, “se paghi ti includono e il giudizio è correlato al quantitativo di denaro che tu versi” , “giornalisti prezzolati”, ecc… Di solito si dice “vox populi, vox dei”. Ma è anche vero che “il trasformismo è sempre in agguato” (senza fare alcun riferimento alla politica di oggi). Perché, proprio quel produttore ha pubblicato in questi giorni che il suo vino di punta è entrato nelle “grazie” di una Guida Importante. Ne ha fatto riferimento inneggiando, magnificando la Guida in questione. Sono sicuro che alla prima manifestazione dove sarà presente troverò sul tavolo d’assaggio la Guida aperta alla pagina dedicata.

Meditate gente, meditate. Mi sovvien Niccolò di Bernardo dei Machiavelli (anch’io riporto una citazione storica visto che va di moda): il popolo nel mondo non è se non vulgo.

A voi la mia riflessione. Viva le Guide.  

 

 

 

Frammento n. 1

 

Vino naturale o Vignaiolo Naturale?

Nell’ambiente, sui social, nel mondo del vino italiano Alessandro Dettori, noto vignaiolo sardo, accreditato come produttore di “vini naturali”, ha voluto precisare il suo pensiero di vignaiolo naturale.

Per brevità riporto il suo pensiero che condivido.

“Per vignaiolo naturale intendo colui che in vigna lavora seguendo i principi, i processi e i metodi che la natura usa per se. Colui che vinifica solo le proprie uve che ha personalmente coltivato. Imbottiglia solo il proprio vino. Determina personalmente o in famiglia le scelte e le decisioni di ogni fase e processo della propria azienda agricola. Vive della sola professione di vignaiolo. Rispetta il lavoro agricolo riconoscendone il valore economico. Produce il proprio vino con i seguenti ingredienti/additivi/coadiuvanti: Uva e pochi solfiti, solo prima dell’imbottigliamento. Il vino deve essere un degno e vero rappresentante della cultura del luogo” Aggiungo: il vino è opera dell’Uomo.

 

 

Frammento n. 2

C’è Prosecco e Prosecco

Non possiamo abbandonare il Prosecco alla deriva degli Spritz

Nel mare sempre più agitato dei prosecchini è sempre più difficile trovare quello eccellente. E finché i numeri registreranno la crescita attuale c’è poco da stare allegri. Il cassetto impera, da Trieste a Rovigo, rotonde comprese, perfino in laguna, in barba al sito Unesco (una farsa).

Ma noi, fedeli estimatori dei vini buoni non ci perdiamo di coraggio.

Evitiamo gli aperitivi a base di prosecchino (quando ci va bene ci rifilano prodotti da € 2,50 la bottiglia o addirittura simil-prosecco), rinneghiamo gli Spritz e andiamo alla ricerca di qualcosa che rivaluti il vitigno di appartenenza: il (la) Glera.

Cominciare a capire che il vitigno di partenza può essere vinificato in maniera diversa (vini base) riducendo il tenore zuccherino ed uscire con 8/9 g/l (Brut) e 3 g/l (Extra-Brut).

Ed allora puoi ipotizzare di tentare di proporre Prosecco garantito Superiore Docg (Valdobbiadene e Asolo) a “tutto pasto” così come i Metodi Classici e gli Champagne.

Una novità, rivoluzione nel campo dei Prosecco che apre a questo “fenomeno”, un nuovo percorso di vita senza abbandonare il Metodo Charmat ancora unico sistema valido per spumantizzare il (la) Glera. Prosecco del tutto particolari tendenti ad emergere dalla “sbornia che ci affligge” con “prosecchini da due soldi”. Nuove esperienze per elevare il Prosecco al rango che merita.

 

 

Frammento n. 3

Dai dai l’aggiunta dello zucchero al Vino è arrivata.

Ce lo suggerisce l’Europa. Le Notizie che passano in sordina.

"Avanti miei prodi, mettiamo zucchero nel Chianti per aumentare i nostri profitti" Chapeau!!!

In barba ai terroir, al biologico, al biodinamico, al naturale (del resto lo zucchero è naturale).

Il Chianti cambia disciplinare. Non il Chianti Classico, quello del Gallo Nero, l’altro. Quello che estende il territorio da Pistoia ad Arezzo, dalla Rufina alle Colline Pisane.

L’annuncio del Consorzio Vino Chianti, il Chianti Docg (ma Docg non vuol dire Denominazione di Origine Controllata e Genuina?), cambia il disciplinare. La possibilità di adottare il nuovo limite zuccherino a partire dalla vendemmia 2019/2020. Il presidente Busi: “Finalmente ci adeguiamo alle normative europee. Prevediamo aumento delle vendite”

Firenze, 3 settembre 2019 - Un cambiamento importante, che permetterà alle aziende di adeguarsi alle normative europee e produrre vini di alta qualità e allo stesso tempo in grado di venire maggiormente incontro ai gusti dei mercati stranieri, soprattutto statunitensi, sudamericani e orientali. È l’obiettivo della modifica sulle caratteristiche al consumo del disciplinare del Vino Chianti Docg pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'8 agosto 2019 e diventata quindi realtà in ambito nazionale. La modifica interessa il residuo zuccherino massimo e arriva dopo un lungo lavoro di istruttoria che ha visto in prima fila il Consorzio Vino Chianti come portavoce delle aziende toscane e della loro necessità di allinearsi alle normative europee (ma quando mai). Un processo di riqualificazione e riposizionamento sui mercati internazionali che segue la tendenza manifestata già da altre denominazioni in Europa (quelle tedesche).

“Dopo lungo lavoro che ci ha visti impegnati per tanto tempo, il Ministero ha approvato la richiesta di modifica del disciplinare - ha dichiarato il presidente del Consorzio Vino Chianti, Giovanni Busi - Un processo di adeguamento alle normative europee che garantisce maggiore competitività e una maggiore capacità del vino Chianti docg di allinearsi ai gusti dei consumatori che inevitabilmente si modificano nel tempo (prosecchini docet). Ciò permetterà alle aziende interessate di poter presentare dei vini secchi, sempre di altissima qualità ma più graditi al palato dai mercati prevalentemente orientali e americani (non proporre il nostro vino, la nostra eccellenza). Un passaggio atteso da tante aziende che, se vorranno, potranno adeguarsi a questi nuovi standards.

Ci aspettiamo dunque un aumento delle vendite su mercati esteri, che già presentano grandi potenzialità e su cui ci sono più ampi margini di sviluppo”.

FARE IL VINO COME RICHIESTO DAL MERCATO E NON COME TRADIZIONE.

Il Consorzio ha già inviato una circolare a tutte le aziende con i dettagli delle modifiche. ( Fonte: Consorzio Vino Chianti)

Lascio a voi ogni giudizio. (Cosa si fa per il cassetto)

 

 

Frammento n. 4

La segnalazione:

Il Mondo del Sake, straordinario, magico, fiabesco.

A Novembre arriva la prima edizione della Milano Sake Challenge.

L'evento Sake Challenge è un appuntamento annuale che si svolge dal 2012 a Londra e quest’anno, dopo l’enorme successo riscosso nella capitale inglese, per la prima volta arriva in Italia e lo fa grazie alla Sake Sommelier Association Italiana cavalcando l’onda del grande risultato raccolti nel nostro Paese che dall’Ottobre 2018 è diventato il primo paese importatore di sake in Europa. L'11 Novembre 2019, all’interno del concept store giapponese Tenoha (Via Vigevano 18 a Milano), si svolgerà la prima edizione della Milano Sake Challenge dove i produttori di sake giapponesi sono chiamati a partecipare con le loro etichette per eleggere i "Migliori Sake per l'Italia" secondo il palato italiano. Il focus infatti non sarà mirato al miglior sake in assoluto ma al prodotto più apprezzato dal gusto del paese organizzatore. Oltre 50 giudici tra sake sommelier professionisti e giornalisti di settore, prenderanno parte all'evento per valutare le centinaia di etichette che arriveranno direttamente dal Giappone, un’altra ventina circa invece valuterà l’aspetto estetico. In questa prima edizione infatti verranno assaggiate circa 3 00 etichette provenienti da quasi tutte le prefetture del paese; saranno suddivise in 6 tipologie, ognuna delle quali verrà valutata per il suo profilo gusto-olfattivo da una giuria di 8 persone composta da un giornalista ed alcuni sake sommelier, mentre un secondo gruppo capitanato da un esperto di design valuterà la parte visiva relativa all’etichetta.

L’evento si svolgerà in due momenti diversi: dalle 09:30 alle 17:00 ogni giudice assaggerà tutti i sake di una tipologia ed esprimerà il proprio giudizio condiviso con gli altri componenti della giuria, poi dalle 18:00 le porte apriranno al pubblico che avrà l’occasione di assaggiare gratuitamente tutte le 300 etichette di sake tramite la formula “Free sake tasting” (registrandosi sul sito) ed avrà a disposizione anche una card per 10 assaggi gratuiti di food delle aziende sponsor. Il weekend del 8-10 Novembre invece è in programma una piccola anticipazione della Sake Challenge, sempre all'interno di Tenoha. Degustazione guidate da un esperto sake sommelier con sfiziosi abbinamenti food durante l'aperitivo, dalle 18:30 alle 20:30.

Il motore di tutto, dalla Milano Sake Challenge alla Sake Sommelier Association Italiana, fino ai numerosi altri progetti realizzati che uniscono Italia e Giappone, è composto dalla coppia Lorenzo Ferraboschi e Maiko Takashima. Uniti nella vita e nel lavoro sono un punto di riferimento inequivocabile dell’autenticità nipponica in Italia: il ristorante Sakeya, Wagyu Company, Sake Company, solo per citare alcune delle realtà che da anni portano avanti con lavoro e passione e tra l’inverno e la Primavera altri progetti interessanti progetti del Sol Levante sono ai nastri di partenza.

www.milanosakechallenge.it

 

 

Osservo, scruto, assaggio e…penso. (urano cupisti)

Più gli anni passano, più mi trovo a prediligere i libri di non grandi dimensioni. Perché (pigrizia a parte) ho sempre più voglia di pensieri chiari, di parole che parlino senza infingimenti, di discorsi incisivi e contenutisticamente densi. Perché le cose vere, le cose importanti, per essere dette in modo che siano comprese, non sempre abbisognano di complesse argomentazioni e di articolate dimostrazioni, di parerga e paralipomeni, di scholia e corollari. Hanno bisogno, soprattutto, di grande sincerità, di essere vissute ed amate, di essere generate come proprie creature, di essere inviate nel mondo di fuori come colombe sospinte nel cielo.

Con un pizzico di azzardo, si potrebbe addirittura arrivare a sostenere (provocando magari qualche doloroso mal di pancia) che il Discorso della Montagna riesca a donarci il cuore dell’intera letteratura evangelica, la Bhagavad Gita dell’intero Mahabharata, il Dhammapada dell’intero Canone Buddhistico.

Insomma, piccoli libri possono dirci grandi cose e, soprattutto, far nascere pensieri e scelte di vita grandi.

E’ proprio questo il caso del Piccolo libro vegano di Serena Ferraiolo proposto dall’editore Iacobelli nell’ambito di una intera collana di Piccoli libri.

La Ferraiolo ha il pregio di parlarci della sua scelta vegana con gradevole quanto efficace pacatezza, rifuggendo da toni infuocati e da atteggiamenti fastidiosamente pontificanti e apologetici. Ci sa presentare la sua scelta con lineare semplicità, riuscendo, senza alcuna fatica, a farcene comprendere le reali motivazioni e la sensata fondatezza. Riuscendo perfettamente a farci capire che la scelta vegana, come quella vegetariana (meno radicale), non è, per chi l’abbraccia in modo sincero, dettata da irrazionale desiderio di anticonformismo, né da morbosità asceticheggianti, bensì da una consapevolezza ragionata e, soprattutto, sentita. Ovvero, dalla volontà di prendere posizione di fronte all’infinita crudeltà del mondo e di provare a combattere e a rifiutare lo stile di vita imperante fondato sulla cinica voracità e sull’antropocentrico sfruttamento del pianeta e delle sue creature.

Il Piccolo libro della Ferraiolo ha pertanto molti pregi: nasce, innanzitutto, da una contaminante esperienza di vita felice; è caratterizzato da una intonazione sobria ed essenziale; presenta suggerimenti e consigli rivolti a tutti coloro che guardano alla scelta vegana con interesse ma con perplessità, con tanti dubbi ma curiosità sincera; distingue con cura vegetarianesimo da veganismo, mettendo bene in luce punti di contatto e differenze e sottolineando come le due cose non debbano necessariamente essere viste come fasi in rigida successione, una propedeutica all’altra.

Ma, forse, il merito maggiore scaturisce dalla sua indubbia utilità pratica, rappresentata dalla grande quantità di ricette gustosissime e di facile preparazione che ci vengono presentate, in buona parte ricavate dalle migliori tradizioni popolari, mediterranee e non solo: dalla zuppa di cicerchia alla farinata di ceci, dalla ciambotta agli gnocchi di lenticchie, dalla ribollita al gazpacho. Cosa questa che potrà farlo apprezzare non soltanto a vegetariani e vegani (o aspiranti tali), ma anche a tutti coloro che volessero scoprire o riscoprire piatti salutari e nutrienti al fine di correggere, migliorare ed arricchire le proprie abitudini alimentari.

Serena Ferraiolo

Il piccolo libro vegano. Consigli utili in cucina e non

Iacobelli editore

Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.

La Riflessione!  

 

 

 

La polemica di fine estate.

È senza alcun dubbio “Terregiunte”, vino da due vini. Costasera Masi (Amarone) e Raccontami primitivo di Bruno Vespa (proprio lui, l’arcinoto presentatore). Prendete uve Corvina, Rondinella, Molinara (le uve dell’Amarone) e unitele con Primitivo di Manduria, quelle di Bruno Vespa, affidatele ad un enologo di alto livello quale Riccardo Cotarella ed ecco nascere Terregiunte Masi-Vespa alla faccia di Doc, Docg, terroir, microclima, storia, tradizione, al grido di Italiani unitevi. Nord e Sud insieme. Tanto di conferenza-stampa, tutti uniti giurando amore eterno. E poi il doveroso, puntuale e veloce Comunicato-Stampa contro il “vino che affossa il Terroir” da parte del Consorzio tutela vini della Valpolicella. Cotarella prende subito le distanze perché ha capito che l’operazione è una grande e colossale Caxxata rischiando di far la fine del noto Chef che sponsorizzò le patatine fritte, insomma andar contro quelle che sono le sue convinzioni in termini di vino. Gli organi della Puglia al momento tacciono. Vespa, da buon “democristiano”, docet.

 

Frammento n. 1

Se questa è comunicazione

Da sempre

 sono convinto che i produttori italiani di spumanti siano sulla buona strada, in particolare “i trentini”. Certa stampa “nostrana” continua a metterla sul derby di tipo “calcistico” in particolare con lo champagne francese. Ecco parte del “notizione” apparso recentemente: Italia batte Francia nelle “bollicine”. E giù statistiche trionfalistiche per poi dover ammettere, nascosto tra le righe, che la Champagne è la regione vinicola mondiale più premiata. Come la mettiamo?

 

 

 

Frammento n. 2

Cantine Aperte in Vendemmia

Ecco una buona notizia, l’Uva chiama a raccolta. Il Movimento Turismo del Vino ricorda che si possono visitare le cantine durante il periodo vendemmiale. È il momento in cui le aziende si animano e invitano gli appassionati e non solo a visitare sia i vigneti durante la raccolta che le cantine nelle prime fasi di lavorazione. Se decidete di andare verificate le aperture.

 

 

 Frammento n. 3

Il sogno di degustare super etichette al calice.

Vino al calice; quanti errori nei locali. Entri in un locale, dai uno sguardo alla Carta Vini e ti ricordi di essere da solo. Opti per il vino al calice. La scelta si restringe al “vino della casa” e pochi altri. Nel maggiore dei casi arriva sul tavolo il calice senza la bottiglia scelta. Non la faccio lunga. Ordinate una bottiglia e chiedete di portarla via. Molti ristoranti offrono il bag.

 

 

 

Frammento n. 4

Merano Wine Festival 2019

Dal 1° luglio è iniziata la vendita dei biglietti online per l’edizione numero 28 di scena a Merano dal 8 al 12 novembre. Apertura come sempre con Naturae et Purae, a seguire la tre giorni vero cuore dell’evento, la Gourmet-Arena, The Circle, il Fuorisalone per concludere con il martedì dedicato a Catwalk Champagne. Un consiglio a chi fosse intenzionato a partecipare: cogliere al volo le offerte sulle combinazioni ticket. Si esauriscono in breve tempo.

 

 

 

Frammento n. 5

Il vino che parla

Arriva dalla Puglia l’etichetta intelligente. La Cantina Colli della Murgia di Gravina lancia la prima bottiglia che parla. Si tratta di un piccolo software (Chatbot) progettato per simulare una conversazione in modo naturale. Insomma è sufficiente fotografare con uno smartphone il QR code dell’etichetta ed ecco tutte le informazioni su azienda e vino che state acquistando. Questa volta non scritto ma viva voce. L’intelligenza artificiale ad uso e consumo anche del vino.

 

 

 

Osservo, scruto, assaggio e…penso. 

L’inaugurazione de “I nidi di Vinchio e Vaglio Serra” e le degustazioni dei “sei vigne Insynthesis” hanno accompagnato i festeggiamenti del 60esimo compleanno della Cantina sociale astigiana Vinchio-Vaglio Serra.

Vinchio e Vaglio Serra sono due paesini che si fronteggiano in una vallata dell’astigiano.

Posizionati in cima a due colli a dominare un territorio comune. E la Cantina sociale costruita nel fondo-valle a metà strada tra i due Comuni altrimenti contendenti tra loro.

Tutta l’economia della vallata ruota intorno alla Cantina Sociale che è riuscita (e continua in questo suo lavoro) in questa funzione che va al di là dei meri numeri di produzione ricoprendo il ruolo di garante dell’economia valligiana e figura importante della vita sociale delle due comunità.

192 soci, circa 450 ettari coltivati, oltre 30.000 Hl di vino prodotto, con un fatturato che si avvicina a € 9.000.000 e, dato significativo, € 3.300.000 di dividendo distribuito ai soci (2017).

Senza considerare i compensi differenziati €/Q.le per le uve conferite. Insomma una grande realtà cooperativistica che da 60 anni, grazie al conferimento da parte dei viticoltori-soci del totale delle uve prodotte ha visto un conseguente aumento della propria capacità di crescita non solo nei volumi ma anche nella qualità.

Perché se è vero che buona parte della produzione è costituita dalla vendita di vino sfuso e in bag nei nuovi locali adibiti a Punto Vendita Diretta ai consumatori, è anche vero che dagli anni ’80 la Cantina è impegnata nella difficile sfida alla modernità. Nuove filosofie produttive, dove la vigna diventa centrale,i vigneti distinti a seconda della qualità delle loro uve, tutto in funzione delle etichette che orneranno le bottiglie contenenti vini di eccellenza.

Ed ecco allora che il risultato finale è costituito da etichette di Barolo Docg, Barbaresco, Gavi, Asti, Arneis.

E poi la grande passione per la Barbera (assolutamente al femminile) declinata in tutte le possibili interpretazioni: Vigne Vecchie, Superiore, giovani, immediate.

Uno dei motivi per cui mi sono trovato coinvolto nei festeggiamenti del 60esimo compleanno della Cantina è stata proprio la Barbera, quel vino quotidiano che in seguito ha stimolato un gruppo di produttori ad accrescerne la qualità indirizzandola verso una nuova primavera.

E così dal grande lavoro nei campi e nella cantina dove trovano più spazio le botti e le barriques, la Barbera torna a nuova vita ed entra a pieno diritto nelle eccellenze viticole piemontesi.

La Cantina Sociale Vinchio-Vaglio Serra, sapendo che molti vigneti dei soci rispondono a quelle caratteristiche di eccellenza (una sorta di Cru alla francese) ecco prendere forma il progetto Barbera d’Asti Superiore “Vigne Vecchie” (oltre cinquant’anni) che, oltre salvaguardare i vigneti storici, con una scelta di alta remunerazione, riesce a portare in cantina basse rese significative per produzioni eccellenti.

Un certo Carlin Petrini (!) nel 2004 ha definito questa Barbera Superiore Madre di tutte le Barbere.

Altro progetto , con il finire degli anni ’90, la volontà di realizzare una nuova Barbera d’Asti, da uve selezionate provenienti dai vigneti maggiormente vocati. Ormai il percorso intrapreso verso la qualità premiava sforzi ed investimenti. Sfida enologica e culturale, il messaggio indirizzato ai soci.

Dal 2001 l’inizio della produzione Barbera d’Asti Docg Superiore “Sei Vigne Insynthesis”.

Le migliori uve Barbera provenienti da sei vigneti dove i viticoltori hanno avuto al loro fianco i tecnici della Cantina sociale per tutto l’intero processo agronomico. Il risultato?

Una Barbera che esprime amore, impegno, volontà, scienza enologica e passione dei viticoltori associati coinvolti”.

Le celebrazioni del 60esimo compleanno non potevano essere festeggiate meglio se non con una verticale di Barbera d’Asti Docg Superiore “Sei Vigne Insynthesis”. Vendemmie 2009, 2007, 2006, 2004, 2003, 2001.

Ma di questo evento nell’evento ne parlerò dettagliatamente in un prossimo specifico articolo in degustazioni.

Comunque anticipo che la Barbera d’Asti Docg Superiore “Sei Vigne Insynthesis” della Cantina Vinchio-Vaglio Serra è entrata ufficialmente e meritatamente nell’Olimpo dei grandi vini italiani. Chapeau!

Visita del 13 luglio 2019

Viticoltori Associati Vinchio-Vaglio Serra

Strada provinciale 40, Km 3,75

Località Regione San Pancrazio 1

Vinchio (Asti)

Tel: 0141 950903

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www.vinchio.com

Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.

La Riflessione!

Il pericolo giallo.

La Cina prima produttrice mondiale di uva. Notizia fresca fresca dell’ultim’ora. Pensavamo che questo risultato che ha dell’incredibile (non per me) arrivasse, caso mai, tra qualche anno. Hanno bruciato i tempi portando l’estensione dei vigneti a 875.000 ettari, secondi solo alla Spagna (969.000) che presto supereranno visto il trend di crescita espansiva territoriale. Qualcuno dei “soloni” addetti ai lavori, oltre continuare a belare “noi siamo i migliori e i cinesi non arriveranno ai nostri risultati di qualità”, hanno aggiunto dopo l’uscita della notizia data durante il 42° Congresso Mondiale Della Vite e del Vino:”si tratta in gran parte di uva da tavola”. Bene; abbiamo trovato la scusante per continuare a “far finta di niente”. Ed allora mi pongo due interrogativi: primo “ma anche noi e gli spagnoli produciamo quantitativi interessanti di uva da tavola”; secondo “ ma i 10 milioni di ettolitri di vino prodotti dai cinesi non rappresentano niente?” E non parliamo della qualità per favore. Meditate e svegliatevi.

 

 

 

Frammento n. 1

60 volte Vinchio e Vaglio Serra

Vinchio e Vaglio Serra sono due paesini dell’astigiano posizionati sui rispettivi colli. Per noi che parliamo di vino i loro nomi uniti ma separati da un trattino rappresentano una realtà vitivinicola primaria se non unica nella zona. Viticoltori Associati Vinchio-Vaglio Serra è una realtà con più di 200 associati (si può dire “tutti” i viticoltori presenti nell’area interessata) di grande rilevanza a livello nazionale. In questi giorni ha festeggiato i suoi 60 anni con una due giorni fitta di appuntamenti: il recupero di sentieri (I Nidi) che uniscono i due paesi e una verticale di Barbera d’Asti Superiore, “Sei Vigne Insyntesis”, che ha raccolto l’unanime apprezzamento dei giornalisti di settore (c’ero anch’io). Una Barbera fortemente identitaria, miglior biglietto da visita per questa realtà consapevole dell’importanza economica, sociale e culturale che riveste per le comunità locali.

 

 

Frammento n. 2

Le Nuove Comete

Sono uscite sul mercato due nuove “comete” del firmamento vitivinicolo di Alois Lageder, Magré in Alto Adige. Ultimi due esperimenti eseguiti in vigneto e in cantina. Perché vino cometa? Le comete prima si illuminano, poi percorrono le proprie orbite fino alla distruzione. Ma ogni volta lasciano delle tracce come ad indicare la direzione da seguire e così ogni bottiglia di Comete è un vino unico e irripetibile. Per chi volesse approfondire l’argomento: www.aloislageder.eu/vini/comete Mi dimenticavo: le due comete. Bla-Bla 2, vitigno autoctono altoatesino Blatterle e Min-XVI, particolare gewurztraminer.

 

 

 

Frammento n. 3

Onda Rosa, dieci rosé in una location incredibile: la spiaggia Vip di Forte dei Marmi.

Giovedì 11 luglio i Bagni di Villa Grey a Forte dei Marmi hanno ospitato una serata dedicata a 10 aziende toscane che producono vini rosé considerati tra la migliore offerta nazionale. Nove delle Colline Lucchesi con l’ormai affermato Villa Sardi e uno proveniente dalla Maremma: Tenuta Belguardo. Per la cronaca questi gli altri presenti: Colle di Bordocheo, Fabbrica di San Martino, Fattoria di Fubbiano, Il Calamaio, Tenuta Lenzini, Tenuta Mareli, Tenuta Maria Teresa, Villa Santo Stefano. Particolarità della serata il poter dialogare con i vignaioli, tutti presenti. Senza dimenticare gli abbinamenti gastronomici curati dallo chef Nicola Gronchi del ristorante Il Parco di Villa Grey. Omettevo di ricordare che tutte le aziende presenti praticano da tempo l’agricoltura biodinamica!

 

 

 

 

Frammento n. 4

Vino al calice. Quanti errori bisogna sopportare

Le regole esistono, accettate da tutti: bisogna rispettarle. Non è una questione economica. A volte ci troviamo al tavolo di un ristorante da soli o in due e una bottiglia di vino sappiamo di non riuscire a berla. Da noi portarla via “è un reato”, additati di spilorceria, al contrario di altri paesi dove lo stesso ristoratore ti offre il “bag” con tanto di iscrizione pubblicitaria del locale. Da noi, nel bel paese dei furbetti (e non ditemi che non è vero), molti recuperano le bottiglie mezze vuote (meglio dire mezze piene) per riciclarle come vino al bicchiere. Già, il vino al bicchiere. Ed allora ricordiamoci che:

  1. La bottiglia va sempre portata al tavolo e lo sbicchieramento davanti al cliente;

  2. Far assaggiare il vino prima di servirlo per evitare contestazioni;

  3. Attenzione agli spumanti. Verificare che non siano della sera precedente altrimenti “tanti saluti alla carbonica”;

  4. Attenzione al rabbocco. Mai nel bicchiere mezzo vuoto. Chiedere un calice pulito;

e non parliamo delle temperature delle bottiglie. I ristoranti “seri” hanno erogatori che garantiscono temperature perfette. Un consiglio? Se siete titubanti, ritenete che il servizio non sia all’altezza e possa non rispondere alle vostre aspettative, fatevi una “buona birra”.

Osservo, scruto, assaggio e…penso. 

Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.

 

 

La Riflessione!

 

 

Vini Bio: una moda?

Aggiungiamoci pure vini biodinamici e generalmente quelli considerati e, in alcuni casi, etichettati come “naturali”. La moda impazza e la comunicazione ha fatto “centro”. Il dubbio: moda che rischia di “sgonfiarsi” o tendenza consolidata da parte di consumatori attenti e “informati”? Secondo una indagine condotta da Signorvino (gruppo Calzedonia) nella catena dei propri negozi-enoteche, il consumatore “chiede” in primis vino-bio (anche nella versione biodinamica), poi “bollicine” con prezzi medio-bassi ed infine rosé (l’altra moda che impazza dalle Alpi a Santa Maria di Leuca, isole comprese). Non importa con quali uve siano prodotti. Basta che “frizzino” e, nel caso dei rosé, siano ben tinti di rosa (devono fare pendant con il cibo). I nostri “poveri rossi”, secondo Signorvino, sono relegati all’ultimo posto. Barolo, Barbaresco, Amarone, Brunello, Taurasi, volete risorgere? Vestitevi di Bio!

 

 

 

Frammento n. 1

Ritorno del Frascati

 

Vino Frascati ovvero insieme di Malvasia Bianca di Candia, Trebbiano toscano, Malvasia del Lazio e Greco. 70 anni di vita di questo vino che rivive una nuova giovinezza. Considerato vino da fiasco o meglio da comprare in damigiana e infiascarlo per il consumo, ebbe un grande successo anche fuori dei confini italici, perché legato a canzoni intramontabili, ad abbinamenti (fave) che annunciavano la primavera e alle classiche “gite fuori porta”. Vini di facile beva imitati e abusati nella diffusione. Oggi ben 300 aziende riunitesi in un Consorzio di tutela vinificano ed imbottigliano con un fatturato che supera i15 milioni di Euro. Oggi registriamo le giuste soddisfazioni per il lavoro svolto in particolare negli ultimi cinque anni. Affermazione di una evoluzione qualitativa senza precedenti. Il ritorno del Frascati.

 

 

Frammento n. 2

Ruffino: tre nuovi vini BIO

Chianti, Prosecco e Pinot Grigio. Le tre sfide dell’americana Ruffino. Il nuovo importante messaggio: “naturalisti” ecco per voi ben 200 ettari convertiti all’agricoltura biologica. Prosecco Doc fa la parte del padrone con ben 126 ettari (Poderi Ducali). Il resto nel nuovo Chianti Bio Docg e Pinot Grigio delle Venezie Doc. E giù l’amore per il territorio, l’uso di pratiche sostenibili, limitare l’emissione di gas effetto serra, gestione dei rifiuti, insomma consegnare ai nostri figli “un mondo migliore”. Personalmente ritorno ai concetti della “riflessione”.

 

 

Frammento n. 3

Una Guida Bio (perché no?)

Nasce la guida Bio per valorizzare le scelte “green” del modo enologico italiano. Ne sentivamo il bisogno!!!

Partiamo dalle motivazioni. “ Il progetto nasce come una sfida declinata in due tempi: il presente e il futuro”. Traduco più semplicemente: analizzare raccontare i prodotti, le persone e tutto il movimento bio. Dicono loro: cogliere le sfumature, la bellezza, la gioia del bere “green”. Andrea Giuliano, Antonio Stanzione e Annacarla Tredici, tre eno-amici,colgono l’attimo del trend esistente per offrire quattro sezioni di ricerca: una Top 100, una Top 20 ad impatto zero, un’altra Top 20 per il miglior packaging(?) e una sezione dedicata “alle migliori Bolle Bio”. Inorridisco di fronte agli stupendi spumanti chiamati volgarmente, senza ritegno, Bolle.

 

 

Frammento n. 4

Io lo chiamo Nebbione

Vendemmia 2010. Partenza del progetto Nebbione ideato dall’enologo Sergio Molino. Procedimento di produzione dello spumante metodo classico da 100% uve nebbiolo provenienti da diverse regioni vocate alla sua coltivazione. Una sorta di Talento memoria. Produttori delle Langhe, Alto Piemonte, Valle d’Aosta insieme a presentare i loro rossi e l’equivalente spumante. E dai nomi presenti c’è da stare “allegri”. Rivetto, La Kiuva, Cascina Ballarin, Enzo Boglietti, Travaglini, Franco Conterno, Gerlotto. E che Nebbione sia. (per favore: non chiamatela bolla).

 

Frammento n. 5

Movimenti in Champagne

La Cooperativa Nicolas Feuillatte ha annunciato l’acquisizione dell’antica Maison Henri Abelé. Un memorandum d’intesa firmato in questi giorni a Parigi ha suggellato l’intesa. Cifre tenute segrete ma considerando che la Maison Henri Abelé risale al 1757, solo la storicità pone la trattativa su alti livelli finanziari. Per Nicolas Feuillatte si tratta di acquisire un nome per entrare nell’olimpo dei grandi prodotti esclusivi ad alto valore aggiunto.

Osservo, scruto, assaggio e…penso. 

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