
L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
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San Gimignano |
«Questi, e mostrò col dito, è Bonagiunta. Bonagiunta da Lucca: e quella faccia di Ià da lui più che l'altra trapunta ebbe la Santa Chiesa e le sue braccia: dal Torso fu, e purga per digiuno l'anguille di Bolsena e la Vernaccia»(Dante Alighieri, Divina Commedia, Purg. XXIV,19-24).
E le vicende di vita di Dante Alighieri con San Gimignano spesso si sono incrociate nel periodo storico di riferimento tant’è che nel Palazzo, oggi sede del Comune, c’è una sala affrescata dedicata al Sommo Poeta: Sala Dante che per noi umili mortali dediti alla comunicazione vitivinicola è la Sala della Vernaccia di San Gimignano.
Termine quest’ultimo dovuto all’evento che ogni anno, nel periodo “Anteprima Vernaccia di San Gimignano”, vi si svolge: l’Edizione dei cicli di degustazione dove alcune “vernacce” si confrontano con altri “bianchi” provenienti da territori sia nazionali che internazionali.
Ma torniamo all’Anteprima 2019. Non si può parlare di Vernaccia di San Gimignano se non ricordiamo didascalicamente numeri e brevi cenni distintivi del “fenomeno bianco”, prima Doc italiana.
San Gimignano, comune di circa 8.000 abitanti, esteso per 138 km2, con dislivello altimetrico compreso tra 64 metri s.l.m. e 631 metri s.l.m., con un centro storico dichiarato dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità. All’ombra delle sue 14 torri (nel periodo d’oro erano 72 tra torri e case-torri) nasce, da centinaia d’anni, il bianco toscano più famoso che ha saputo coniugare la sua eccellente qualità.
Dai 693 ettari destinati alla produzione viticola della Vernaccia coltivati da 172 aziende ai circa 4 milioni e 700 mila bottiglie prodotte nel 2019 per un giro d’affari che si attesta sui 13,2 milioni di Euro.
Il 52% rappresenta l’export mentre del 48% destinato al mercato italiano il 24% viene venduto nei Wine Shop aziendali e nei locali sul territorio. Numeri che tutti gli anni rappresentano il biglietto da visita dell’Anteprima dell’ultima vendemmia.
Quest’anno è stata la Rocca di Montestaffoli (detta a San Gimignano semplicemente La Rocca) nel cuore della città, sede del Wine Experience, ad ospitare la
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Sala Dante |
manifestazione. Una tensostruttura esterna ha raccolto 38 produttori con più di 110 campioni rappresentativi in primis la vendemmia 2019, la riserva 2018 e altre precedenti vendemmie a giustificare le proprie linee aziendali.
Mentre nelle sale della Rocca destinate alla Storia secolare della Vernaccia, ai suoi poeti, al territorio, al racconto dei momenti della vinificazione attraverso immagini, luci, suoni, voci, video, ologrammi e visori per la realtà virtuale, giornalisti rappresentanti Blog, Stampa nazionale ed internazionale hanno potuto testare le due Anteprime anche dei produttori non presenti nella tensostruttura.
La vendemmia 2019 l’ho trovata con ottimi profumi, una bella spalla acida, equilibrata. Tutto lascia prevedere che, dopo un ulteriore periodo di affinamento, rientrerà in una grande annata. La riserva 2018 ha portato con se la disomogeneità riscontrata l’anno scorso in alcuni campioni di botte. Solo la struttura riesce a renderla in generale, salvo eccezioni di eccellenza, ottima.
Questi gli assaggi che porterò all’attenzione dei miei lettori nel tempo :
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La Rocca |
- Alkessandro Tofanari;
- Cantine Guidi;
- Collemucioli;
- Fattoria Poggio Alloro;
- Guicciardini Strozzi;
- La Lastra;
- Macinatico;
- Mormoraia;
- Signano.
“Quest’anno è stato segnato da importanti cambiamenti a cominciare dal nostro Consorzio. Nell’eleggere il nuovo Consiglio d’amministrazione si è voluto ribadire una tradizione iniziata con la precedente Presidenza, una tradizione tutta femminile, quella di una donna alla guida della “Signora Vernaccia di San Gimignano”. Così Irina Strozzi, nuova Presidente. Chapeau!
Urano Cupisti
Consorzio Vernaccia di San Gimignano
Via di Fugnano, 19
San Gimignano (Si)
Tel 0577 940108
info@vernaccia
www.vernaccia.it
Se crediamo alle profezie dei numeri e diamo loro un valore particolare, premonitore, divinatorio, in questa edizione del Chianti Collection ne troviamo delle coincidenze che hanno prodotto ancora una volta il “successone”. Ci vogliamo credere? Proviamo.
Il comunicato stampa di presentazione recita così:
“Parte con una sfilata di “due” (strane coincidenze) la nuova edizione della Chianti Classico Collection. Siamo nel secondo mese del 2020 (2 volte venti dove il 2 primeggia), due le giornate di apertura e per la seconda volta l’evento apre anche al consumatore finale. Vi partecipano 200 aziende del Gallo Nero e, nell’occasione, si festeggiano i 20 anni della DOP dell’olio Chianti Classico. Per la seconda volta, Giovanni Manetti farà gli onori di casa e darà il benvenuto agli ospiti in qualità di Presidente del Consorzio. Due gli ambasciatori ad honorem del Chianti Classico che verranno nominati nell’ambito dell’evento, due i seminari dedicati agli altri prodotti di eccellenza del territorio chiantigiano, l’olio DOP e il Vin Santo DOC”.
Il mondo della cabala che ci riconduce alla smorfia napoletana legata ad altri numeri, quelli del lotto. Mistero.
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Una cosa è certa; altri numeri hanno caratterizzato la manifestazione. Numeri da capogiro a testimoniare che il Gallo è vivo più che mai. Anzi si è divertito sfoggiando una veste inusuale, colorandosi di varie tinte, i colori del vino, il rosso rubino, il viola dell’uva, il verde delle vigne, ma anche le tonalità dei marroni dei suoli e le sfumature azzurre dei cieli del Chianti.
Ritornando ai numeri, al di là dei giochi e interpretazioni, la potenza del Gallo Nero si è espressa sciorinando 740 etichette in degustazione, circa 10.000 bottiglie aperte e servite dai produttori insieme alla squadra dei sommelier AIS, 56 anteprime da botte per valutare il Chianti Classico che verrà ed infine la Gran Selezione che sta prendendosi la rivincita sugli “esperti scettici” di tal scelta raggiungendo, con le sue annate, l’eccellenza (95 centesimi minimo).
Al Chianti Collection bisogna andare organizzati. Sapere cosa assaggiare, capire il Chianti dei vari terroir, scegliere le visite ai tavoli dei produttori mossi da quelle curiosità che possono nascere dalle degustazioni riservate alla stampa.
E allora chiedere il campione di botte del 2019 anziché della 2018 e magari soffermarsi su quella che uscirà il prossimo anno.
Un applauso va riservato al Consorzio per la perfetta organizzazione. Cartella Stampa espressione del lavoro che c’è stato e di quello attuale, nozioni esplicite sulle
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parte dei campioni in assaggio |
vendemmie di ben otto anni.
Ecco che il degustatore-comunicatore ha a disposizione tutti gli elementi per diffondere pregi e difetti.
Questi gli assaggi che porterò nel tempo all’attenzione dei miei lettori:
- Castelnuovo Berardenga, Canonica a Cerreto;
- Gaiole, Rocca di Montegrossi;
- Radda, Borgo la Stella e Corte Domina;
- Castellina, Castello La Leccia;
- Poggibonsi, Fattoria Le Fonti;
- Barberino Tavernelle, Fattoria Cerbaia;
- Greve, Candialle, Fattoria Le Bocce e Ottomani;
- San Casciano, Luiano e Poggio Borgoni.
Ancora una volta protagonisti i calici, le bottiglie, i vini e i produttori con la loro passione ed entusiasmo. E il Gallo Nero, nella sala della Leopolda, impettito, sembra “cantare”. Chapeau!
Urano Cupisti
Consorzio Vino Chianti Classico
Località Sambuca
Barberino Tavernelle
Tel 055 82285
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www.chianticlassico.com
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
La Riflessione!
Le Anteprime allo scoperto
Il mese di Febbraio è da sempre il mese delle Anteprime. Verona per l’Amarone, Firenze per i vari Consorzi toscani e per i Chianti, San Gimignano per la Vernaccia, Montepulciano per il Nobile, Montalcino per il suo Brunello e Montefalco per il Sagrantino. E tutti gli anni le solite polemiche vuoi per le organizzazioni che non riescono ad apportare le modifiche richieste, vuoi per (in alcuni casi) vivere sugli allori. Piangere se il Buon Dio non manda il sole o la pioggia nei momenti richiesti, prendersela con Trump e Putin per i dazi ed ora con il coronavirus per le minori esportazioni in Cina. Sabato ero a Firenze e non ho mai visto tanta tristezza all’anteprima dei Consorzi della Toscana. Bolgheri ha abbandonato da alcuni anni, Pitigliano e Sovana hanno dato forfait, Montecarlo ha deciso di non ritornare e quella che è la vetrina sul mondo vinicolo toscano sarà destinata a rivedere il tutto, rendendosi conto che la formula è carente e doveroso sarà cambiare strategia.
Frammento n. 1
Vi.Te. Vignaioli e Territori.
È un’organizzazione dove sono banditi personalismi e verticismi. L’inizio del 2020 è stato scoppiettante. Valpolicella, Maremma, Roma e Abruzzo in attesa del Vinitaly. Quattro incontri in quattro zone diverse d’Italia. Circa settanta vignaioli che si sono confrontati con un pubblico sempre più “bio”, “biodinamico” e “naturalista”, convinto e/o “al passo con i tempi”, meglio dire modaiolo. Allargare l’essere protagonisti, andare oltre l’appuntamento nell’area riservata del Vinitaly, insomma un “VI.TE. in fermento”.
Frammento n. 2
LVMH (gruppo Louis Vuitton) è venuto a fare spese a Montalcino.
“Il nostro modello, basato su una visione a lungo termine, valorizza il patrimonio delle nostre Maison e stimola la creatività e l'eccellenza. È la forza motrice del successo del Gruppo e la garanzia del suo futuro.” Così si è presenta la LVMH (Louis Vuitton Moët Hennessy) multinazionale francese dell’eccellenza, con le sue 75 Maison, € 53,7 milioni di ricavi nel 2019 e 156.000 dipendenti in quel di Montalcino attratta da Castello Banfi. Dopo Biondi-Santi l’altro “idolo ilcinese” rappresentativo di quel territorio patrimonio del Vino Italiano. Si sta parlando di 2.400 ettari di cui 900 a vigneto (173 di questi atti a produrre Brunello). Poi se aggiungiamo seminativo, bosco e uno splendido Relais, la fotografia è pronta. Dimenticavo: Castello Banfi nel 2018 ha registrato € 2,2 milioni di utile netto.
Frammento n. 3
GARDAMI, il nuovo tormentone estivo
Garda spumante Doc e Amaro, Aperitivo Rosato Ramazzotti: nasce il cocktail Gardami (Garda e Milano), patto per l’italian style. Sarà il cocktail che narrerà la dialettica territoriale e lo stile italiano del buon vivere. Così nelle intenzioni dei promotori. Sostituirà l’Aperol Spritz, usato e abusato in centinaia di migliaia di modi. Per niente felice di questo avvicendamento. Anzi, di sicuro, saremo tartassati pesantemente da budget pubblicitari ultramilionari per indurci ad essere “fighi”, “alla moda”. Com’è lontano il tempo quando l’aperitivo era rappresentato da un calice di Vermouth o da un bicchierino di Marsala secco e per darsi un contegno chic uno Sherry Palomino fino. Almeno sapevamo cosa bevevamo.
Frammento n. 4
Sapevate che a Londra esiste un Bancomat del Prosecco?
Che lo spumante Prosecco è il vino italiano più venduto al mondo lo sappiamo. Che il territorio complessivo di produzione comprenda gran parte del Veneto e Friuli (in particolare la Venezia Giulia) lo sappiamo. Che l’Inghilterra è il paese estero che maggiormente consuma Prosecco lo sappiamo. Ma che nel paese di Sua Maestà fossero posizionati nei pressi di alcuni Pub dei “simil-bancomat” distributori di Prosecco Doc alla spina, ai più era ed è sconosciuto. Apriti cielo, spalancati terra. Invocare il Signore affinchè faccia precipitare nell'inferno i reprobi. Attenzione! Il Consorzio di tutela del Prosecco Doc (da non confondere con il Prosecco Docg) è intervenuto chiedendo l’immediata rimozione dei “bancomat gialli” sulla base del disciplinare di produzione che non prevede la mescita con sistemi alternativi al versamento diretto dalla bottiglia al calice. Anche la Ministra Bellanova è intervenuta parlando di “pronto intervento” delle autorità italiane nel ruolo di vigilanza ricordando che si tratta di frode. Reggerà questa accusa o verrà cambiato il disciplinare tornando a degustare per strada, magari in un bicchiere di plastica (riciclabile ovviamente), il tanto amato Prosecco?
Osservo, scruto, assaggio e…penso. (urano cupisti)
Così Andrea Sartori, Presidente del Consorzio Tutela vini Valpolicella: “Archiviamo un’edizione che ha sancito, tra le altre cose, il successo di vendite dello scorso anno sia all’estero che in Italia. Guardiamo al 2020 consapevoli di poter contare su un’eccellente nuova annata, ma anche preoccupati per il moltiplicarsi di incognite sulle principali piazze internazionali. Servirà per questo intensificare gli sforzi e le professionalità con l’obiettivo di monitorare e ascoltare sempre di più i mercati e le tendenze dei consumi globali”.
Semplificando, visto “il moltiplicare delle incognite” (dazi e quant’altro), è la comunicazione l’arma del successo. E la buona comunicazione riesce anche a contribuire alle inutili e pericolose derive divisorie in atto. Le Famiglie Storiche da una parte e il Consorzio dall’altra, negli stessi giorni, non sono un’immagine comunicativa che “arriva” là dove dovrebbe arrivare e non fa certamente chiarezza. I panni sporchi si lavano sempre in famiglia. Francesi docet.
Torniamo all’Anteprima. Sorrisi, tanti sorrisi sulle bocche dei produttori: “siamo a presentare una vendemmia (2016) eccellente, che ci ripaga dell’anno orribile 2014”.
E questo l’abbiamo subito capito al primo assaggio. Il 2016 ha mostrato al primo sorso una tessitura setosa e flessibile con un frutto godibile rilasciando slancio alla beva.
Al di là dei numeri il mercato dell’Amarone è in crescita sia su quello interno che estero. Forse questa “rinascita” è dovuta al cambio generazionale all’interno delle “famiglie” dove si cura maggiormente sia la produzione che la commercializzazione.
Accelerano i vigneti sostenibili, oggi a ¼ del totale. “Una tendenza bio – ha detto il direttore del Consorzio tutela vini Valpolicella, Olga Bussinello - cominciata forse un po’ tardi ma che ora non accenna a rallentare, se si considera che anche gli ettari in conversione sono cresciuti nell’ultimo anno del 10,5%”.
Ma a trainare i vigneti green in Valpolicella è soprattutto il progetto RRR (Riduci, Risparmia, Rispetta), la certificazione voluta per le aziende dal Consorzio a tutela dell’ambiente, che prevede l’adozione di tecniche innovative in vigneto ma anche la sostenibilità sociale e la tutela del paesaggio.
“Nei 19 comuni della Doc Valpolicella si fa sempre più largo il verde, quello della sostenibilità”.
2.273 produttori di uve, 272 aziende imbottigliatrici con 373 fruttai destinati all’appassimento. Circa 15 milioni le nuove bottiglie di Amarone che entreranno in commercio quest’anno. Numeri rappresentativi usciti dagli incontri programmati nella due giorni veronese.
Ma sono stati, ancora una volta, i calici ad esprimere i vari micro-terroir e consegnare la verità sulla vendemmia 2016. Est, Ovest, Nord, Sud. Pianura anziché collina alle diverse altitudini. Assaggi mirati provenienti da tutte queste realtà della Valpolicella. Il risultato? Grandi Amaroni che apparteranno ad una vendemmia a “sette stelle”. Ne parlerò nei dettagli, nei giorni a seguire, con i dovuti riferimenti alle relative aziende.
Unico rammarico aver constato il calo delle presenze delle cantine. Solo 53 contro le 63 dell’anno scorso e le quasi 100 di alcuni anni fa. La mancata partecipazione delle Famiglie Storiche si è fatta sentire nei numeri ma non ha inciso sulle diversità territoriali presenti ben rappresentate.
“Le accoglieremo a braccia aperte qualora decidessero di rientrare nel Consorzio Valpolicella”. E l’Amarone ringrazierebbe.
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Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
La Riflessione!
Anno Nuovo…Vita Vecchia
I buoni propositi di fine anno sono “rimandati” forse al 2021. Aziende vinicole che “delocalizzano”, vendono a chi passa per caso dalla cantina, i mercati orientali ben lontani dal vino italiano, i dazi americani che sapevamo, prima o poi, sarebbero diventati realtà quotidiana (registriamo piangistei ad ogni latitudine), partirà (si dice, si mormora) la Cabina di Regia del Vino (altro super carrozzone ministeriale?). Non ci resta che consolarci con il “Gardami” l’annunciato nuovo “tormentone” colktail che soppianterà lo Spritz usato e abusato in centinaia e migliaia di modi. Chapeau!
Frammento n. 1
Farnese Vini abbandona!!!
Una Società di investimento americana, la Platinum Equity, nuova proprietaria. Un’altra eccellenza vinicola nazionale, definita negli ultimi tempi “winery boutique”, getta la spugna. La formula è quella di sempre: vendita e presidente esecutivo quello precedente per rendere indolore il passaggio. La Farnese Vini produce vini di alta qualità destinata principalmente all’estero.
Frammento n. 2
Cabina di regia sul Vino.
Sarà un nuovo carrozzone? La notizia dalla bocca della Ministra alle politiche agricole, alimentari e forestali Teresa Bellanova <<Entro il mese di gennaio l’insediamento presso il Ministero Mipaaf della Cabina di regia sul vino>>. Mi sa tanto del solito annuncio dai vari palchi davanti a platee politiche consenzienti. Gli addetti ai lavori chiedono a gran voce di rivedere gli adempimenti burocratici che insistono poi sul prezzo del prodotto, non cabine di regia politiche che non portano ad alcun risultato. Nuove generazioni, donne, filiere, investimenti, innovazione, internazionalizzazione, export, promozione del made in Italy. Parole che riempono la bocca, riscuotono applausi politici, ma rimangono “sogni”. Un altro spot nell’Italia degli spot dove il politichese impera.
Frammento n. 3
GARDAMI, il nuovo tormentone estivo
Garda spumante Doc e Amaro, Aperitivo Rosato Ramazzotti: nasce il cocktail Gardami (Garda e Milano), patto per l’italian style. Sarà il cocktail che narrerà la dialettica
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Gardami |
territoriale e lo stile italiano del buon vivere. Così nelle intenzioni dei promotori. Sostituirà l’Aperol Spritz, usato e abusato in centinaia di migliaia di modi. Per niente felice di questo avvicendamento. Anzi, di sicuro, saremo tartassati pesantemente da budget pubblicitari ultramilionari per indurci ad essere “fighi”, “alla moda”. Com’è lontano il tempo quando l’aperitivo era rappresentato da un calice di Vermouth o da un bicchierino di Marsala secco e per darsi un contegno chic uno Sherry Palomino fino. Almeno sapevamo cosa bevevamo.
Frammento n. 4
Cavit compra La Vis
Nasce ufficialmente un colosso dei vini tutto Trentino. Rientrano “nell’affare” anche Cesarini Sforza spumanti, Casa Girelli (imbottigliamento e commercializzazione) e Cembra Cantina di Montagna. L’operazione alquanto complessa ha permesso il salvataggio della Cantina La Vis “carica” di debiti “non performing”.
I trentini ci sanno fare e capiscono cosa significhi curare il territorio evitando “intrusioni” esterne ad alterare equilibri ed identità.
Osservo, scruto, assaggio e…penso.
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La Riflessione!
Archi e Frecce nel Chianti
Così un mio titolo dopo la “notizia”. Mentre nel resto del mondo vinicolo assistiamo ad “unire le forze” per affrontare i mercati dei prossimi anni, noi in Italia torniamo
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Battaglia di Campaldino |
al Medioevo, alle battaglie con gli archi e le frecce cercando di “creare confusione” e seguire il vecchio adagio (locuzione latina) “divide et impera”. Già registriamo confusione tra Consorzio Vino Chianti e Consorzio Vino Chianti Classico, ulteriormente aumentata dalle continue “nascite” di movimenti legati ai singoli Comuni rivendicando le “differenze” territoriali evidenziando le disomogeneità. Il contendere questa volta è la scelta del Consorzio Vino Chianti di modificare il proprio disciplinare introducendo, anche loro, la Gran Selezione.
“Qualità e semplificazione le parole d’ordine della revisione” così il Presidente Aldo Busi. Risponde Giovanni Manetti Presidente del Gallo nero:” increduli nel credere a questa modifica volta ad una strategia di gestione non costruttiva e priva di idee innovative”. Avanti miei prodi si torna alla sfida lancia in testa fra il Cavaliere Bianco e quello Nero di cinquecentesca memoria. È tornato il tempo degli Archi e Frecce. Mi domando:”ma è mai sopito?”.
Carte bollate e sentenze a non finire in Valpolicella
Se nel Chianti c’è “maretta” anche in Valpolicella non scherzano. Altra storia quella che gira intorno all’Amarone. Consorzio tutela vini Valpolicella da una parte e Le Famiglie Storiche dell’Amarone dall’altra. Siamo già al secondo grado di giudizio, sentenza d’appello, che da ragione al Consorzio confermando la sentenza di primo grado. Il contendere? Alcune “famiglie storiche” avevano costituito una Associazione “Famiglie dell’Amarone d’Arte” con tanto di Manifesto costitutivo e un proprio marchio. Ed ora? La guerra continua tra l’incredulità dei non addetti ai lavori, consumatori inclusi particolarmente quelli stranieri. Appuntamento alla prossima Anteprima Amarone a Verona il 1-2 febbraio 2020.
Frammento n. 1
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Chateau Barton |
Finalmente i punteggi di Wine Spectator tornano nella normalità.
Alla fine il primo posto della classifica dei “Top 100” secondo Wine Spectator viene assegnato alla Francia vista l’avanzata “pericolosa” (ndr) degli americani di Napa Valley (California). Non solo. Il punteggio assegnato a Château Léoville Barton, St-Julien 2016 Bordeaux, è “ritornato” ad essere credibile: 97/100. Il vino perfetto non esiste e non è mai esistito. È materia vivente e quindi imperfetta. Dare ad un vino 100/100 significa rendere poco credibili i giudizi.
Frammento n. 2
L’uva “affinata” in mare.
Fino ad oggi abbiamo registrato progetti, veri e propri tentativi, di affinare bottiglie di vino in mare, in particolare spumanti. Per gli spumanti raggiungendo profondità pari all’azzeramento della pressione (sei atmosfere) contenuta nelle bottiglie. Ma immergere le uve prima della fermentazione, mai. Ci sta provando Antonio Arrighi nel mare che bagna la sua Isola d’Elba. Il progetto è seguito dal Prof. Attilio Scienza. Lo scopo? Ritornare ai metodi usati dai Greci e Romani. Il vitigno usato: l’ansonica. Qualche “solone” sempre pronto a distribuire lodi lo ha già definito “vino fantastico dal carattere unico”. Sul carattere unico concordo, sul “fantastico” aspettiamo. Credo che Antonio Arrighi, conoscendolo, concordi.
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Nasse con uva |
Frammento n. 3
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La Rossa francese |
La Guida Michelin compra tutto e monopolizza il mercato mondiale.
La colpa è anche nostra. La Michelin fa sul serio. Anche Robert Parker alla fine ha ceduto. L’intera sua società passa al 100% nelle mani della “rossa francese”. Il prezzo della cessione ovviamente è “top secret”. “La piena integrazione cibo-vino garantirà le sinergie a lungo termine”. Ciò vuol dire che è nata la Bibbia e chi oserà dire il contrario sarà scomunicato!!! Non facciamoci ingannare dalle parole del solito CEO di turno; influenzeranno il mercato da veri leader incontrastati. Bel colpo!
Osservo, scruto, assaggio e…penso.
Parafrasando l’espressione di Enrico IV in una libera interpretazione come “ci si può sacrificare pur di raggiungere un obiettivo alto” ne esce il valore del perché “andare a Merano per il Merano Wine Festival”.
Aggiungo convintamente che, se per un musulmano la visita alla Mecca almeno una volta nella vita è d’obbligo, per un wine lover andare al Merano Wine Festival almeno una volta è doveroso. Vuoi per vivere tre-cinque giorni in un contesto da fiaba (aggiungo fiaba enoica), vuoi per aprire le proprie visioni sul mondo del vino, vuoi per assaggiare prodotti sconosciuti o al limite “sentiti ricordare” da altri.
E anche nella 28^ edizione 2019 il Merano Wine Festival non ha tradito le aspettative.
Partiamo dai numeri:
- 11.500 presenze registrate;
- 950 case vinicole selezionate;
- 300 giornalisti del settore accreditati;
- aumento del numero di operatori e specialisti del settore;
- indotto calcolato per oltre 10 milioni di euro
- aumento registrato di produttori internazionali
- apprezzata e folta rappresentanza della “Young generation”.
Quest’ultima vera linfa vitale per programmare le edizioni future.
Tutto questo non per caso.
Si lavora all’edizione di questa eccellente kermesse tutto l’anno e alla fine le selezioni e degustazioni dei campioni da parte del gruppo di degustatori “The Official Selection” formano l’offerta in buona parte diversa ogni anno. Una specie di promozioni e retrocessioni senza se senza ma ben evidenziata e sottolineata nel Regolamento di partecipazione.
Ma “il bello” del Merano Wine Festival non è limitato solo all’esposizione delle eccellenze vinicole che trovano spazio nelle sale del complesso liberty del Kurhaus. Da alcune edizioni il WineHunter Helmuth Köcher, ideatore e patron dell’evento, ha di fatto dato vita ad un “Fuori Salone” parte integrante del Merano Wine Festival.
La Gourmet Area, spazio dedicato alla gastronomia, le Masterclass ospitate all’Hotel delle Terme, The Circle uno spazio dal linguaggio innovativo vera e propria novità che ha trovato la propria sede in una tensiostruttura posizionata nella vicina Piazza della Rena, il Merano Wine CityLife novità 2019, l’ormai consolidato appuntamento dell’ultimo giorno (il martedì del perlage) Catwalk Champagne ed infine l’ampio spazio dedicato alla cultura con un programma di talk e convegni a tema riempiendo così di contenuti la Manifestazione.
Ho ricordato il Merano Wine CityLife che ha coinvolto sul tappeto rosso di viale Libertà (di fronte al Kurhaus), in perfetto stile con l’idea del “fuorisalone”, migliaia di persone, in prevalenza young generation, che hanno dato vita (notturna) a Merano e che per il futuro l’organizzazione pensa “di implementare con sempre nuove e coinvolgenti attività”.
E dell’indotto ne vogliamo parlare?
Ogni anno riservare una camera per il Merano Wine Festival in centro è sempre più difficile. Bisogna farlo per tempo. Basti pensare che molte persone confermano per l’anno successivo. In queste ultime edizioni sono le frazioni come Lagundo, Lana, Naturno, ben collegate con Merano, a sopperire il fabbisogno delle sempre più numerose richieste di alloggio. Bus, treno, parking esterni e vicino al Kurhaus, una rete efficiente di taxi anche notturni permettono di raggiungere hotel, ristoranti, stube in alta montagna, per vivere al meglio questo straordinario evento.
Brindiamo ancora una volta al successo di questa edizione riaffermando con l’alzata dei calici, il prestigio di un appuntamento di eccellenza, unico nel panorama vinicolo italiano e non solo.
Merano Wine Festival: vaut bien una messe (Val bene una Messa). Chapeau!
Nel cuore di Siena non per caso. Scelta ponderata per sottolineare la centralità toscana del sangiovese, vuoi perché Siena è la sede dell’Associazione EnoClub che ha ideato e organizzato da sempre questo evento.
Vero che il Sangiovese, ogni giorno che passa, perde la sua connotazione di vitigno autoctono per vestire i panni dell’internazionale ma è anche pur vero ricordare le origini e festeggiarlo al meglio.
Così è stato nei giorni 2, 3, 4 e 5 Novembre con il coinvolgimento degli addetti ai lavori (produttori e stampa di settore) ma soprattutto con gli appassionati, wine lovers, che hanno raggiunto Siena e la sua bellissima Piazza del Campo dove nei Magazzini del Sale posti nei sotterranei del Palazzo Comunale, hanno potuto assaggiare più di 300 sangiovese in purezza prodotti da 120 aziende.
Per i più interessati gli appuntamenti (seminari, masterclass) nella Sala Italo Calvino al settimo piano del Palazzo Squarcialupi nell’altra location affascinante di Siena: Piazza Duomo con la Cattedrale riportata ai suoi massimi splendori dopo un restauro durato alcuni anni.
Parlare con i produttori di Sangiovese non solo toscani, conoscere altre realtà italiane che da tempo si dedicano a questo vitigno ricavando ottimi vini (considerando il Sangiovese un vitigno loro “locale”), sono stati momenti di “scoperte” prodigiose.
Difficile designare la zona di origine del Sangiovese. Oggi preferiamo considerarlo un vitigno di qua e di là dall’Appennino Centrale accontentando così anche i viticoltori romagnoli, umbri, marchigiani, laziali, abruzzesi e siciliani.
Una cosa è certa: il Sangiovese è conosciuto nel mondo per essere il vitigno rappresentativo dell’area toscana denominata Chianti. E l’occasione dell’evento di Siena è stata la possibilità di confronto con le realtà italiane e non solo.
Tre (3) le degustazioni guidate, veri e propri Seminari di approfondimento, per capire le evoluzioni e adattabilità del Sangiovese:
- Vecchie annate di Brunello di Montalcino;
- Sangiovese del mondo
- Confronto Borgogna-Sangiovese
Senza dimenticare i 262 campioni assaggiati durante il Lunedì dedicato alla stampa di settore a conclusione di una ricognizione sui Sangiovese italiani nel più vasto progetto di valorizzazione di questo particolare vitigno.
Il contenuto internazionale con il ricercato spirito toscano dell’EnoClub, l’impegno del suo Presidente Davide Bonucci, è risultata la ricetta vincente per l’ottima riuscita di questo ottavo appuntamento senese.
Ebbene sì: la vinocoltura legata al Sangiovese è cultura secolare che rilascia grandi emozioni. Da sempre si suggellano importanti momenti socio-culturali elevati. Ci vorrebbe un’enciclopedia per raccontarla.
Ne faccio buona memoria nel riferire il presente ricordando comunque le radici.
Ne sono certo nell’affermarlo: l’esito di questo evento è stato di eccellente caratura. Chapeau!
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
La Riflessione!
Novembre: ultime grandi manifestazioni enoiche!
Novembre è il mese dell’Olio nuovo, del “ribollir dei vini”, del vino novello (da non confondere con il vino nuovo che ancora è in costruzione) e delle ultime grandi manifestazioni enoiche. Ne cito tre: Sangiovese Purosangue che è già in corso a Siena (una due giorni iniziata il 2), Merano Wine Festival programmato dall’8 al 12 e la Fivi, mostra-mercato dei vignaioli indipendenti in programma dal 23 al 26 presso i padiglioni della Fiera di Piacenza (quest’anno prolungata anche al lunedì per permettere a ristoratori di partecipare). La prima giunta alla sua ottava edizione in corso dove si stanno alternando approfondimenti e degustazioni alla presenza di 120 aziende. La seconda un vero e proprio festival dell’eccellenza vitivinicola italiana e non solo. La terza che da diversi anni, con la formula mostra-mercato, permette ai visitatori di degustare, comprare e caricare storie in bottiglia da consumare durante l’anno.
Frammento n. 1
Cantina di Soave inaugura il nuovo quartier generale.
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La cantina di Soave |
Leggendo questa notizia e i suoi numeri viene meno quella parte poetica che accompagna il vino. Mi vien da dire: poveri Charles Baudelaire e Alda Merini, poesia, passione, metafora del territorio. Ma le cantine, in particolare le cooperative, sono anche aziende e devono vendere i loro prodotti e pagare chi ci lavora. Ed allora anche i numeri diventano pura e semplice verità: 90 milioni d’investimento, 11 ettari di superficie, 35.000 metri quadri coperti utilizzabili per conferimento, imbottigliamento, stoccaggio, logistica e uffici. 437 pannelli fotovoltaici, acque piovane recuperate ecc… che nel linguaggio d’oggi significa “progetto green”: Ma i vini? Produzione definita convenzionale. I Bio ancora lontano. Ahiahiahiahi (traduzione dall’alpitourese: sono dolori!).
Frammento n. 2
Life of Wine al Radisson Hotel di Roma
Un evento volutamente trasferito a Roma da Firenze per una centralità maggiore. 210 vecchie annate, ben 70 cantine che hanno dato vita a Life of Wine, Viaggio nell’età del vino. Grazie ad una selezione unica di cantine, simbolo di una enologia rivolta alla qualità, si è percorsa la storia del vino attraverso l’assaggio di rare ed uniche vecchie annate. Respiro anche internazionale con la presenza di aziende provenienti da Slovenia e Svizzera. Ne ho parlato più diffusamente in questo articolo pubblicato da Flipnews nei giorni scorsi: http://www.flipnews.org/component/k2/life-of-wine-ovvero-la-vita-del-vino.html.
Frammento n. 3
Merlot, vino amato e odiato.
Molti dei cosiddetti esperti di vino considerano il Merlot un vino pacione, banale, senza nerbo. Ne ha parlato recentemente anche Daniele Cernilli (Doctor Wine) ricordando che i palati “raffinati” hanno conoscenze e memorie corte. Vini marmellatosi, omologati, ruffiani, poco interessanti. Chi invece li considera, come il sottoscritto, viene etichettato come poco educato e con conoscenza enologica superficiale. Fatta questa premessa ecco le mie considerazioni e riflessioni. Cari amici superesperti come la mettiamo con vini merlot 100% come Montiano, prodotto nel viterbese e considerato una eccellenza nazionale? Come la mettiamo con il merlot 100% Masseto considerato uno dei vini migliori al mondo? Come la mettiamo con il merlot 100% del Pommerol Chateau Petrus icona mondiale? Senza dimenticare gli italici L’Apparita, Redigaffi, La Ricolma, Nambrot ed altri. Francamente mi vien da pensare che ancora siamo lontani dalla conoscenza del Vino.
Osservo, scruto, assaggio e…penso.
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La sala Sold Out |
Questo evento l’avevo frequentato nella sua prima edizione fiorentina, all’Orto Botanico “Giardino dei Semplici”, ben otto anni fa e l’ho ritrovato molto cresciuto sabato 26 ottobre nei saloni del Radisson Blu Hotel di Roma.
Life of Wine, VIII edizione, viaggio nell’età del vino. “La vita del Vino” passando per vendemmie antiche fino alle attuali. Non solo. Ho scoperto realtà che hanno scelto Roma per presentarsi sul mercato italiano come CIEK, azienda del Canavese e DELEA, i vini del Canton Ticino.
“Grazie ad una selezione unica di cantine, simbolo di un enologia rivolta alla qualità, si è percorso, attraverso gli avvenuti assaggi di rare ed uniche vecchie annate, la storia del vino assaporando il presente con la degustazione delle annate in commercio”. Così Roberta Perna dello Studio Umami artefice di questo evento.
Apertura ad un “respiro internazionale” con la presenza di aziende slovene e svizzere. Quest’ultima particolarmente gettonata poiché i meravigliosi vini svizzeri (e mi assumo la responsabilità di questa affermazione) sono poco pubblicizzati da noi.
E le presenze a questo evento unico? Un vero e proprio Boom!!!.
“Oltre 700 tra operatori, stampa specializzata ed enoppassionati per l'VIII edizione della manifestazione, andata in scena sabato 26 ottobre:70 cantine italiane e non, 250 grandi etichette fra cui 210 vecchie annate protagoniste di un affascinante viaggio nel tempo all'ombra di Bacco”. Roberta è radiosa di fronte alle domande per conoscere i numeri e
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Radisson Hotel |
la dimensione della manifestazione. Perché poi sono i numeri che alla fine contano.
“Settanta grandi cantine da tutta Italia – affiancate da ospiti stranieri da Svizzera e Slovenia, novità che ha conferito un respiro internazionale a questa edizione – hanno dato vita ad un viaggio nel tempo scandito da oltre 250 etichette, di cui 210 vecchie annate spesso introvabili sul mercato”.
Il vero successo di questa manifestazione? Il mix di annate recenti, le ultime immesse in commercio, e almeno due vecchie annate di una o più etichette nel rispetto del tema dell’evento: Life of Wine ovvero La vita del Vino. Chapeau!
Questi i miei assaggi :
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Vino Svizzero |
- Basilico vini della Basilicata (Barile)
- Cantine del Notaio da Rionero in Vulture (Basilicata)
- Ciek da San Giorgio Canavese (Erbaluce di Caluso) Piemonte
- Delea dal Canton Ticino-Svizzera
- Tenuta Monteti da Capalbio Toscana
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Erbaluce di Caluso |
- Tenute Silvio Nardi da Montalcino Toscana
- Ventolaio da Montalcino Toscana
La Champagne è talmente ben pubblicizzata che in ogni stagione, sia in presenza di pioggia o sole, sia con il freddo gelido della Bise o la calura estiva insopportabile, registra il ”pieno” dei visitatori.
Anche perché, turisticamente parlando, può essere proposta come tour giornaliero dalla vicina Parigi con tanto di visita ad una grande Maison di Epernay o di Reims compreso un calice di “champagnino”.
Poi c’è un’altra Champagne, quella del “sogno fragile” così come descritta da Samuel Cogliati (Possibilia editore) o da Roberto Bellini nel suo patinato Champagne & Champagnes (Bibenda editore).
La cultura della distinzione che emerge dallo scritto di Samuel Cogliati e il viaggio, con tanto di indicazioni stradali, da quello di Roberto Bellini.
In questo mio dodicesimo tour a scoprire il fascino di questo vino mi sono sentito un po’ Samuel e un po’ Roberto. Samuel per cercare di “sfrondare quanto di superfluo porta con sé certa retorica” e Roberto per affrontare un viaggio particolare “negli anfratti di certi luoghi carichi di Storia”.
E un po’ di mio nella ricerca, questa volta, di chardonnay diversi, del perché le grandi Maison “raccolgano” uve dello stesso vitigno, differenti, da conferitori fidati sparsi a nord anziché a sud, ad ovest anziché ad est, magari privilegiando piccole aree come il Petit Morin o il Montgueux.
Il mio dodicesimo tour è iniziato dalla vasta area del Sud: l’Aube. Scegliendo due realtà diverse posizionate una ad est l’altra ad ovest, la prima nel Barsuraubois la seconda nel Barséquanais.
Partire da Troyes e percorrere le RN e le D tra continui saliscendi in un mare di vigne dai colori autunnali ed arrivare nella minuscola e graziosa Urville, Comune fiorito.
Ad attendermi lo staff della Maison Drappier. Visita alla cave ultracentenaria a scoprirne i segreti. Infine gli assaggi. In particolare il suo Blanc de Blancs. Uno chardonnay allevato su terreni calcarei, con pochissimo gesso (insignificante) che ha lasciato emergere nel calice note minerali, rotondità diffusa e olfatto profondo. Uno champagne gradevole, fine e sapido.
Lasciata Urville mi sono concesso la pausa pranzo in una brasserie nella garbata, vezzosa cittadina di Essoyes dove rimembranze storico-scolastiche mi hanno ricordato essere il rifugio degli ultimi anni di Renoir.
Lì vicino, a pochi chilometri c’è un piccolo borgo di nome Noè les Mallets. Ad attendermi Delphine Brulez della piccola Maison Louise Brison. Terreno calcareo con abbondanti residui marini (Kimmeridge) che permettono ai suoi chardonnay millesimati di esplodere in tensione. Champagne slanciato molto leggibile quadrato, salino.
Il giorno dopo, lasciata Troyes, direzione verso nord. Mi aspettava una avventura nuova. Visitare Frederic Bourcier a Couvrot, nelle terre delle nuove esperienze, ad est verso il confine con la Lorena: Vitry-le-Françoise.
Terre di conferitori di grandi acidità, di vigneti strapazzati dalla Bise, il vento gelido dell’Est. Terre dove lo chardonnay è ricercato proprio per le sue accentuate freschezze. Frederic un personaggio incredibile. Agricoltore prima, vignaiolo e conferitore in un secondo tempo, infine imprenditore di se stesso. Capannone tipo industriale con dentro una pressa Bucher di ultima generazione a pressare uve per conto terzi e per la Cooperativa Comunale. Il suo Blanc de Blancs? Naso minerale, vino tagliente, retto. Aromi floreali ma tanta freschezza. Profondità. Uno chardonnay veramente diverso dagli altri. Una interessante scoperta da aggiungere al mio fardello di conoscenze.
Nel pomeriggio ho raggiunto la Maison Dumenil a Sacy, ai piedi della Montagne de Reims, quella che guarda nord, a pochi passi dal 50° parallelo. Gran bella realtà lanciata verso traguardi di eccellenza e il suo chardonnay, se pur tagliente, spigoloso, di montagna fredda, ha primeggiato tra gli assaggi concessimi. Bravò!
È stato il giorno della riva destra della Marne quello successivo. Preceduto da sempre da atto di devozione annuale all’Abate Dom Perignon che riposa (così ci fanno credere) nell’Abbazia di Hautvillers.
Via di buon’ora verso Damery dove mi aspettava Philippe Manfredini, un francese con gusto italiano, Direttore della Maison J. De Telmont.
E quando pronunci il nome di questa Maison ti ritrovi nell’empireo mondo dello champagne. Una visita accurata, una degustazione meticolosa, completa con apertura di bottiglie storiche. Il suo Blanc de Blancs guidato da solidità e potenza. Ricco, rotondo, diverso da tutti quelli assaggiati fin qui. Acidità che non accompagna l’eleganza riscontrata nel Blanc de Noirs con presenza maggioritaria di Pinot Meunier, ma con un percorso tutto in divenire.
Il pomeriggio nel centro del piccolo e importante paesino di Ay a visitare la Maison Lallier. Che spettacolo il suo Chardonnay. Floreale, burroso, fruttato con pennellate di sapidità. Acidità puntata nel finale. Stile armonico con finale delicato ma coerente con il territorio di provenienza: la Montagne lato sud, solare.
Ultimo giorno passato a Chouilly e a Chavot-Courcout.
Chouilly, grand cru nella Côte de Blancs, a scoprire gli chardonnay speciali di Vazart-Coquart. Tipicità unica, singolare. Estroversi, per niente aggressivi, con finali gradevoli. Chardonnay di razza.
Chavot-Courcourt nella Côte-sud d’Epernay, dove troviamo i “ribelli” della Côte de Blancs. Senza presenza di Comuni Premier Cru ne Grand Cru ma dove i loro champagne raggiungono la miglior qualità/prezzo. Una Maison su tutte: Diogène Tissier. Il suo chardonnay è da bere e ribere con delicata sapidità, freschezze ben bilanciate, Uno champagne, come direbbe Samuel Cogliati, “dedicato alla sete”.
“C’è un istante, tra il quindicesimo e il sedicesimo sorso di champagne, in cui ogni uomo è un aristocratico”. (Amèlie Nothomb). Lo sono da molto tempo. Chapeau!
Visite effettuate in questo mese di ottobre 2019
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
La Riflessione!
Di nuovo Le Guide
Anche quest’anno è giunta l’ora della pubblicazione delle Guide. Quelle più note, famose e quelle che cercano faticosamente di emergere magari specializzandosi in specifici settori (vini biologici, biodinamici, naturali). Bollate di cattiva e pessima fama, famigerate da alcuni produttori e/o soloni del vino, osannate, acclamate, attese da altri per sapere se i propri vini sono new entry o celebrate conferme. Il grande circo del Vino si ritrova comunque coinvolto in manifestazioni, eventi aperti o limitati negli inviti o, come gentilezza vuole, a ringraziare questa o quella guida per il giudizio dato.
Mi sovvien un dialogo avuto con una azienda nel marzo scorso durante Terre di Toscana proprio sulla validità delle Guide. Peste e corna a non finire, “se paghi ti includono e il giudizio è correlato al quantitativo di denaro che tu versi” , “giornalisti prezzolati”, ecc… Di solito si dice “vox populi, vox dei”. Ma è anche vero che “il trasformismo è sempre in agguato” (senza fare alcun riferimento alla politica di oggi). Perché, proprio quel produttore ha pubblicato in questi giorni che il suo vino di punta è entrato nelle “grazie” di una Guida Importante. Ne ha fatto riferimento inneggiando, magnificando la Guida in questione. Sono sicuro che alla prima manifestazione dove sarà presente troverò sul tavolo d’assaggio la Guida aperta alla pagina dedicata.
Meditate gente, meditate. Mi sovvien Niccolò di Bernardo dei Machiavelli (anch’io riporto una citazione storica visto che va di moda): il popolo nel mondo non è se non vulgo.
A voi la mia riflessione. Viva le Guide.
Frammento n. 1
Vino naturale o Vignaiolo Naturale?
Nell’ambiente, sui social, nel mondo del vino italiano Alessandro Dettori, noto vignaiolo sardo, accreditato come produttore di “vini naturali”, ha voluto precisare il suo pensiero di vignaiolo naturale.
Per brevità riporto il suo pensiero che condivido.
“Per vignaiolo naturale intendo colui che in vigna lavora seguendo i principi, i processi e i metodi che la natura usa per se. Colui che vinifica solo le proprie uve che ha personalmente coltivato. Imbottiglia solo il proprio vino. Determina personalmente o in famiglia le scelte e le decisioni di ogni fase e processo della propria azienda agricola. Vive della sola professione di vignaiolo. Rispetta il lavoro agricolo riconoscendone il valore economico. Produce il proprio vino con i seguenti ingredienti/additivi/coadiuvanti: Uva e pochi solfiti, solo prima dell’imbottigliamento. Il vino deve essere un degno e vero rappresentante della cultura del luogo” Aggiungo: il vino è opera dell’Uomo.
Frammento n. 2
C’è Prosecco e Prosecco
Non possiamo abbandonare il Prosecco alla deriva degli Spritz
Nel mare sempre più agitato dei prosecchini è sempre più difficile trovare quello eccellente. E finché i numeri registreranno la crescita attuale c’è poco da stare allegri. Il cassetto impera, da Trieste a Rovigo, rotonde comprese, perfino in laguna, in barba al sito Unesco (una farsa).
Ma noi, fedeli estimatori dei vini buoni non ci perdiamo di coraggio.
Evitiamo gli aperitivi a base di prosecchino (quando ci va bene ci rifilano prodotti da € 2,50 la bottiglia o addirittura simil-prosecco), rinneghiamo gli Spritz e andiamo alla ricerca di qualcosa che rivaluti il vitigno di appartenenza: il (la) Glera.
Cominciare a capire che il vitigno di partenza può essere vinificato in maniera diversa (vini base) riducendo il tenore zuccherino ed uscire con 8/9 g/l (Brut) e 3 g/l (Extra-Brut).
Ed allora puoi ipotizzare di tentare di proporre Prosecco garantito Superiore Docg (Valdobbiadene e Asolo) a “tutto pasto” così come i Metodi Classici e gli Champagne.
Una novità, rivoluzione nel campo dei Prosecco che apre a questo “fenomeno”, un nuovo percorso di vita senza abbandonare il Metodo Charmat ancora unico sistema valido per spumantizzare il (la) Glera. Prosecco del tutto particolari tendenti ad emergere dalla “sbornia che ci affligge” con “prosecchini da due soldi”. Nuove esperienze per elevare il Prosecco al rango che merita.
Frammento n. 3
Dai dai l’aggiunta dello zucchero al Vino è arrivata.
Ce lo suggerisce l’Europa. Le Notizie che passano in sordina.
"Avanti miei prodi, mettiamo zucchero nel Chianti per aumentare i nostri profitti" Chapeau!!!
In barba ai terroir, al biologico, al biodinamico, al naturale (del resto lo zucchero è naturale).
Il Chianti cambia disciplinare. Non il Chianti Classico, quello del Gallo Nero, l’altro. Quello che estende il territorio da Pistoia ad Arezzo, dalla Rufina alle Colline Pisane.
L’annuncio del Consorzio Vino Chianti, il Chianti Docg (ma Docg non vuol dire Denominazione di Origine Controllata e Genuina?), cambia il disciplinare. La possibilità di adottare il nuovo limite zuccherino a partire dalla vendemmia 2019/2020. Il presidente Busi: “Finalmente ci adeguiamo alle normative europee. Prevediamo aumento delle vendite”
Firenze, 3 settembre 2019 - Un cambiamento importante, che permetterà alle aziende di adeguarsi alle normative europee e produrre vini di alta qualità e allo stesso tempo in grado di venire maggiormente incontro ai gusti dei mercati stranieri, soprattutto statunitensi, sudamericani e orientali. È l’obiettivo della modifica sulle caratteristiche al consumo del disciplinare del Vino Chianti Docg pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'8 agosto 2019 e diventata quindi realtà in ambito nazionale. La modifica interessa il residuo zuccherino massimo e arriva dopo un lungo lavoro di istruttoria che ha visto in prima fila il Consorzio Vino Chianti come portavoce delle aziende toscane e della loro necessità di allinearsi alle normative europee (ma quando mai). Un processo di riqualificazione e riposizionamento sui mercati internazionali che segue la tendenza manifestata già da altre denominazioni in Europa (quelle tedesche).
“Dopo lungo lavoro che ci ha visti impegnati per tanto tempo, il Ministero ha approvato la richiesta di modifica del disciplinare - ha dichiarato il presidente del Consorzio Vino Chianti, Giovanni Busi - Un processo di adeguamento alle normative europee che garantisce maggiore competitività e una maggiore capacità del vino Chianti docg di allinearsi ai gusti dei consumatori che inevitabilmente si modificano nel tempo (prosecchini docet). Ciò permetterà alle aziende interessate di poter presentare dei vini secchi, sempre di altissima qualità ma più graditi al palato dai mercati prevalentemente orientali e americani (non proporre il nostro vino, la nostra eccellenza). Un passaggio atteso da tante aziende che, se vorranno, potranno adeguarsi a questi nuovi standards.
Ci aspettiamo dunque un aumento delle vendite su mercati esteri, che già presentano grandi potenzialità e su cui ci sono più ampi margini di sviluppo”.
FARE IL VINO COME RICHIESTO DAL MERCATO E NON COME TRADIZIONE.
Il Consorzio ha già inviato una circolare a tutte le aziende con i dettagli delle modifiche. ( Fonte: Consorzio Vino Chianti)
Lascio a voi ogni giudizio. (Cosa si fa per il cassetto)
Frammento n. 4
La segnalazione:
Il Mondo del Sake, straordinario, magico, fiabesco.
A Novembre arriva la prima edizione della Milano Sake Challenge.
L'evento Sake Challenge è un appuntamento annuale che si svolge dal 2012 a Londra e quest’anno, dopo l’enorme successo riscosso nella capitale inglese, per la prima volta arriva in Italia e lo fa grazie alla Sake Sommelier Association Italiana cavalcando l’onda del grande risultato raccolti nel nostro Paese che dall’Ottobre 2018 è diventato il primo paese importatore di sake in Europa. L'11 Novembre 2019, all’interno del concept store giapponese Tenoha (Via Vigevano 18 a Milano), si svolgerà la prima edizione della Milano Sake Challenge dove i produttori di sake giapponesi sono chiamati a partecipare con le loro etichette per eleggere i "Migliori Sake per l'Italia" secondo il palato italiano. Il focus infatti non sarà mirato al miglior sake in assoluto ma al prodotto più apprezzato dal gusto del paese organizzatore. Oltre 50 giudici tra sake sommelier professionisti e giornalisti di settore, prenderanno parte all'evento per valutare le centinaia di etichette che arriveranno direttamente dal Giappone, un’altra ventina circa invece valuterà l’aspetto estetico. In questa prima edizione infatti verranno assaggiate circa 3 00 etichette provenienti da quasi tutte le prefetture del paese; saranno suddivise in 6 tipologie, ognuna delle quali verrà valutata per il suo profilo gusto-olfattivo da una giuria di 8 persone composta da un giornalista ed alcuni sake sommelier, mentre un secondo gruppo capitanato da un esperto di design valuterà la parte visiva relativa all’etichetta.
L’evento si svolgerà in due momenti diversi: dalle 09:30 alle 17:00 ogni giudice assaggerà tutti i sake di una tipologia ed esprimerà il proprio giudizio condiviso con gli altri componenti della giuria, poi dalle 18:00 le porte apriranno al pubblico che avrà l’occasione di assaggiare gratuitamente tutte le 300 etichette di sake tramite la formula “Free sake tasting” (registrandosi sul sito) ed avrà a disposizione anche una card per 10 assaggi gratuiti di food delle aziende sponsor. Il weekend del 8-10 Novembre invece è in programma una piccola anticipazione della Sake Challenge, sempre all'interno di Tenoha. Degustazione guidate da un esperto sake sommelier con sfiziosi abbinamenti food durante l'aperitivo, dalle 18:30 alle 20:30.
Il motore di tutto, dalla Milano Sake Challenge alla Sake Sommelier Association Italiana, fino ai numerosi altri progetti realizzati che uniscono Italia e Giappone, è composto dalla coppia Lorenzo Ferraboschi e Maiko Takashima. Uniti nella vita e nel lavoro sono un punto di riferimento inequivocabile dell’autenticità nipponica in Italia: il ristorante Sakeya, Wagyu Company, Sake Company, solo per citare alcune delle realtà che da anni portano avanti con lavoro e passione e tra l’inverno e la Primavera altri progetti interessanti progetti del Sol Levante sono ai nastri di partenza.
Osservo, scruto, assaggio e…penso. (urano cupisti)
Più gli anni passano, più mi trovo a prediligere i libri di non grandi dimensioni. Perché (pigrizia a parte) ho sempre più voglia di pensieri chiari, di parole che parlino senza infingimenti, di discorsi incisivi e contenutisticamente densi. Perché le cose vere, le cose importanti, per essere dette in modo che siano comprese, non sempre abbisognano di complesse argomentazioni e di articolate dimostrazioni, di parerga e paralipomeni, di scholia e corollari. Hanno bisogno, soprattutto, di grande sincerità, di essere vissute ed amate, di essere generate come proprie creature, di essere inviate nel mondo di fuori come colombe sospinte nel cielo.
Con un pizzico di azzardo, si potrebbe addirittura arrivare a sostenere (provocando magari qualche doloroso mal di pancia) che il Discorso della Montagna riesca a donarci il cuore dell’intera letteratura evangelica, la Bhagavad Gita dell’intero Mahabharata, il Dhammapada dell’intero Canone Buddhistico.
Insomma, piccoli libri possono dirci grandi cose e, soprattutto, far nascere pensieri e scelte di vita grandi.
E’ proprio questo il caso del Piccolo libro vegano di Serena Ferraiolo proposto dall’editore Iacobelli nell’ambito di una intera collana di Piccoli libri.
La Ferraiolo ha il pregio di parlarci della sua scelta vegana con gradevole quanto efficace pacatezza, rifuggendo da toni infuocati e da atteggiamenti fastidiosamente pontificanti e apologetici. Ci sa presentare la sua scelta con lineare semplicità, riuscendo, senza alcuna fatica, a farcene comprendere le reali motivazioni e la sensata fondatezza. Riuscendo perfettamente a farci capire che la scelta vegana, come quella vegetariana (meno radicale), non è, per chi l’abbraccia in modo sincero, dettata da irrazionale desiderio di anticonformismo, né da morbosità asceticheggianti, bensì da una consapevolezza ragionata e, soprattutto, sentita. Ovvero, dalla volontà di prendere posizione di fronte all’infinita crudeltà del mondo e di provare a combattere e a rifiutare lo stile di vita imperante fondato sulla cinica voracità e sull’antropocentrico sfruttamento del pianeta e delle sue creature.
Il Piccolo libro della Ferraiolo ha pertanto molti pregi: nasce, innanzitutto, da una contaminante esperienza di vita felice; è caratterizzato da una intonazione sobria ed essenziale; presenta suggerimenti e consigli rivolti a tutti coloro che guardano alla scelta vegana con interesse ma con perplessità, con tanti dubbi ma curiosità sincera; distingue con cura vegetarianesimo da veganismo, mettendo bene in luce punti di contatto e differenze e sottolineando come le due cose non debbano necessariamente essere viste come fasi in rigida successione, una propedeutica all’altra.
Ma, forse, il merito maggiore scaturisce dalla sua indubbia utilità pratica, rappresentata dalla grande quantità di ricette gustosissime e di facile preparazione che ci vengono presentate, in buona parte ricavate dalle migliori tradizioni popolari, mediterranee e non solo: dalla zuppa di cicerchia alla farinata di ceci, dalla ciambotta agli gnocchi di lenticchie, dalla ribollita al gazpacho. Cosa questa che potrà farlo apprezzare non soltanto a vegetariani e vegani (o aspiranti tali), ma anche a tutti coloro che volessero scoprire o riscoprire piatti salutari e nutrienti al fine di correggere, migliorare ed arricchire le proprie abitudini alimentari.
Serena Ferraiolo
Il piccolo libro vegano. Consigli utili in cucina e non
Iacobelli editore
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
La Riflessione!
La polemica di fine estate.
È senza alcun dubbio “Terregiunte”, vino da due vini. Costasera Masi (Amarone) e Raccontami primitivo di Bruno Vespa (proprio lui, l’arcinoto presentatore). Prendete uve Corvina, Rondinella, Molinara (le uve dell’Amarone) e unitele con Primitivo di Manduria, quelle di Bruno Vespa, affidatele ad un enologo di alto livello quale Riccardo Cotarella ed ecco nascere Terregiunte Masi-Vespa alla faccia di Doc, Docg, terroir, microclima, storia, tradizione, al grido di Italiani unitevi. Nord e Sud insieme. Tanto di conferenza-stampa, tutti uniti giurando amore eterno. E poi il doveroso, puntuale e veloce Comunicato-Stampa contro il “vino che affossa il Terroir” da parte del Consorzio tutela vini della Valpolicella. Cotarella prende subito le distanze perché ha capito che l’operazione è una grande e colossale Caxxata rischiando di far la fine del noto Chef che sponsorizzò le patatine fritte, insomma andar contro quelle che sono le sue convinzioni in termini di vino. Gli organi della Puglia al momento tacciono. Vespa, da buon “democristiano”, docet.
Frammento n. 1
Se questa è comunicazione
Da sempre
sono convinto che i produttori italiani di spumanti siano sulla buona strada, in particolare “i trentini”. Certa stampa “nostrana” continua a metterla sul derby di tipo “calcistico” in particolare con lo champagne francese. Ecco parte del “notizione” apparso recentemente: Italia batte Francia nelle “bollicine”. E giù statistiche trionfalistiche per poi dover ammettere, nascosto tra le righe, che la Champagne è la regione vinicola mondiale più premiata. Come la mettiamo?
Frammento n. 2
Cantine Aperte in Vendemmia
Ecco una buona notizia, l’Uva chiama a raccolta. Il Movimento Turismo del Vino ricorda che si possono visitare le cantine durante il periodo vendemmiale. È il momento in cui le aziende si animano e invitano gli appassionati e non solo a visitare sia i vigneti durante la raccolta che le cantine nelle prime fasi di lavorazione. Se decidete di andare verificate le aperture.
Frammento n. 3
Il sogno di degustare super etichette al calice.
Vino al calice; quanti errori nei locali. Entri in un locale, dai uno sguardo alla Carta Vini e ti ricordi di essere da solo. Opti per il vino al calice. La scelta si restringe al “vino della casa” e pochi altri. Nel maggiore dei casi arriva sul tavolo il calice senza la bottiglia scelta. Non la faccio lunga. Ordinate una bottiglia e chiedete di portarla via. Molti ristoranti offrono il bag.
Frammento n. 4
Merano Wine Festival 2019
Dal 1° luglio è iniziata la vendita dei biglietti online per l’edizione numero 28 di scena a Merano dal 8 al 12 novembre. Apertura come sempre con Naturae et Purae, a seguire la tre giorni vero cuore dell’evento, la Gourmet-Arena, The Circle, il Fuorisalone per concludere con il martedì dedicato a Catwalk Champagne. Un consiglio a chi fosse intenzionato a partecipare: cogliere al volo le offerte sulle combinazioni ticket. Si esauriscono in breve tempo.
Frammento n. 5
Il vino che parla
Arriva dalla Puglia l’etichetta intelligente. La Cantina Colli della Murgia di Gravina lancia la prima bottiglia che parla. Si tratta di un piccolo software (Chatbot) progettato per simulare una conversazione in modo naturale. Insomma è sufficiente fotografare con uno smartphone il QR code dell’etichetta ed ecco tutte le informazioni su azienda e vino che state acquistando. Questa volta non scritto ma viva voce. L’intelligenza artificiale ad uso e consumo anche del vino.
Osservo, scruto, assaggio e…penso.