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Non capita spesso di percorrere così febbrilmente le pagine di un libro, per arrivare in fretta più avanti. Al centro l’ineluttabilità dei sentimenti, le passioni divoranti e la purezza trasformate in talentuosa scrittura. La biografia con la verve del romanzo, IL MONDO CHE SARÀ di Luigi Fontana è un racconto appassionante, poetico e stupefacente, scritto con un linguaggio incisivo e potente. Luigi Fontana ci illustra la sua vita attraverso quella intensa di suo padre, Jimmy Fontana, uno dei più importanti Cantautori degli Anni ’60, ce la illustra come se visitassimo una pinacoteca dove ritroviamo anche i profili di “quelli che contano” nel campo delle arti, della musica, dello spettacolo. Uomini e donne che Luigi Fontana ha avuto modo di frequentare e conoscere. Ma c’è un connotato che fa di questa biografia qualcosa di molto diverso dai flash dei rotocalchi intorno alla vita privata degli uomini di successo. Ed è la descrizione meticolosa e la costante ricerca nel tempo di Luigi Fontana narratore, la sua attenzione nell’individuare la strada che ha portato la gente famosa ad essere quello che è, e quali siano stati gli ostacoli che ognuno ha dovuto superare. Al pari dei grandi ritrattisti, Luigi Fontana coglie i numerosi particolari, in intuizioni lampeggianti, l’essenza di una personalità, le sue sfumature, le contraddizioni, le qualità e le debolezze, mosso unicamente dal desiderio di comunicare anche la sua personale esperienza, con una grande quantità di dettagli. Narrando la sua vita, con il IL MONDO CHE SARÀ, Luigi Fontana oltre ad aver creato con la parola scritta, un encomiabile tributo al padre, ci insegna senza volerlo a meditare sulla nostra, come magnificamente espresso nella "call-to-action" finale in quarta di copertina: Penso che la vita sia una grande, irripetibile opportunità. Una canzone da inventare. Un libro da scrivere. Un sorriso da regalare agli altri. ‘Il mondo che sarà’ è tutto questo per me. È il mio sorriso per chi lo cercherà.
Luigi Fontana (nome d’arte di Luigi Sbriccoli) è un cantante, pianista, compositore, arrangiatore e produttore musicale, nato a Macerata, ma romano di adozione. Figlio primogenito di Jimmy Fontana, uno dei più importanti Cantautori degli Anni ’60, Luigi ha seguito il padre nella sua vita artistica per oltre trent’anni, calcando, accanto a lui, le tavole dei palcoscenici di tutto il mondo. Autore di Colonne Sonore, doppiatore di Cartoni Animati e Cantautore anch’egli, ha pubblicato nel 2014 il suo album da solista L’illusionista e altre storie.
Attuale Presidente dell’Unione Nazionale Autori (U.N.A.), Delegato del Nuovo IMAIE e Consigliere di Sorveglianza della S.I.A.E., è oggi profondamente impegnato in attività a favore dei suoi colleghi, di musica e di ogni altro settore artistico, in difesa dell’Arte e della Cultura nazionali.
IL MONDO CHE SARÀ
La storia della mia vita accanto al mio grande papà
Luigi Fontana
Edizioni Readaction
Pagine 479
| Mary Shelley |
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Si dice che Mary Shelley si riunisse con il marito, Percy Shelley, Lord Byron e altri amici per raccontare storie di mistero fino a tarda notte. Proprio dopo una di queste riunioni, le venne in mente l'idea centrale di Frankenstein, l'opera che la rese celebre.
Mary e Percy Shelley trascorsero l’estate del 1816 sul lago di Ginevra. A causa della pioggia incessante, il gruppo, che includeva Byron, fu costretto a restare a lungo chiuso in casa. Parlarono di esperimenti per rianimare la materia morta e si lessero storie di fantasmi. Fu allora che Byron propose una sfida: ognuno avrebbe dovuto scrivere una storia di fantasmi. Da quel gioco nacque uno dei romanzi più importanti della storia della letteratura inglese.
Forse è sorprendente sapere che il romanzo Frankenstein o il moderno Prometeo è considerato la prima grande opera letteraria di fantascienza. Ed è ancora più sorprendente che in molti ignorino che questo libro – la cui storia è poi approdata al cinema, in televisione e persino nei cartoni animati – sia stato scritto da una donna: Mary Shelley. Non solo: lo scrisse in un’epoca in cui le probabilità per una scrittrice di raggiungere la fama erano pressoché nulle. La vita di Mary Shelley fu tanto affascinante quanto la sua opera: caratterizzata da grandi tragedie, un amore che conservò nel cuore fino alla morte e un'esistenza piena di audaci avventure. Le vicende della sua vita potrebbero ispirare la trama di un altro eccellente romanzo.“Provare amore per un altro mi trascinerà nell’ingranaggio dell’esistenza che conduce la gente, e dal quale per ora sono escluso.” (Mary Shelley, Frankenstein) Nonostante Mary Shelley sia entrata nel novero dei grandi scrittori della letteratura universale grazie a Frankenstein, quest'ultimo non fu certo la sua unica opera. Scrisse altri romanzi e opere teatrali che negli ultimi anni hanno attirato sempre più l’attenzione degli esperti. Travolto dalla fama quando l'autrice era ancora in vita, Frankenstein mise in ombra per molti anni le sue altre creazioni. Mary Shelley nacque a Londra, il 30 agosto 1797, in una famiglia di stirpe nettamente progressista. Suo padre, con il quale Mary ebbe sempre un rapporto molto stretto, era William Godwin, filosofo, giornalista e scrittore. Sua madre, Mary Wollstonecraft, fu una filosofa pioniera del movimento femminista. Purtroppo, la madre di Mary morì durante il parto, apparentemente a causa di una grave infezione e di una febbre altissima. La donna aveva avuto una figlia prima di sposarsi, che il padre di Mary accolse come figlia sua. Le due bambine crebbero come sorelle, instaurando un rapporto molto intimo che conservarono per tutta la vita. Quando Mary aveva 3 anni, suo padre si sposò con una vicina, che a sua volta aveva due figlie. Sembra che Mary non andasse d’accordo con la matrigna, arrivando perfino a odiarla. Ciononostante, si può affermare che ebbe un’infanzia e un’adolescenza felici. Suo padre educò Mary e la sorellastra Claire in modo molto liberale, dando loro accesso a un’ampia formazione e assicurandosi che diventassero due donne molto istruite.
Citazioni da Frankenstein
• “È più felice quell’uomo che crede che la sua città natia sia il mondo intero, di quello che aspira a divenire più grande di quanto la sua natura gli consenta.“
• “Un essere umano perfetto dovrebbe sempre mantenere la mente calma e serena e non permettere che la passione o che un desiderio passeggero disturbino mai la sua tranquillità.“
Alcune curiosità su Mary Shelley e il suo Frankenstein
Mary Shelley scrisse il suo romanzo più famoso, considerato uno dei capolavori della letteratura inglese, a soli 19 anni. Ci volle circa un anno per lavorare alle correzioni con il marito, Percy Shelley, e per trovare un editore. Il romanzo venne pubblicato nel 1818 in forma anonima, con una dedica al padre di Mary Shelley, William Godwin. Per anni pubblico e critica nutrirono il sospetto che il libro fosse opera di Percy Shelley. Il romanzo vedrà il nome dell’autrice in copertina soltanto nel 1831.
L’unico figlio sopravvissuto di Mary Shelley si chiama Percy Florence Shelley. Florence, come Firenze, la città in cui è nato. Nel suo viaggio tra le più belle città d’Europa Mary Shelley trascorse anche lunghi periodi in Italia. Tra le città che visitò ci sono anche Torino, Milano, Bologna, Napoli e Roma. Percy Shelley morì in mare tra La Spezia e Livorno, venne cremato a Viareggio e seppellito nel cimitero acattolico di Roma.
La prima edizione italiana di Frankenstein venne pubblicata soltanto nel 1944 da Ranieri Cochetti.
Le difficoltà che le donne incontravano in ogni forma d'arte, in un'epoca in cui l'uomo doveva essere l'unico artefice del pensiero, penalizzavano la forza, l'intelligenza e la genialità di molte grandi artiste. Mary Shelley era una di queste. Niente riuscì a fermarla e, grazie alla sua determinazione, Frankenstein è un'opera la cui lettura è ancora oggi stimolante e fondamentale.
Dopo il magnifico romanzo Il profumo delle foglie di limone Clara Sánchez torna con un racconto magico e ipnotico, che s’interroga sul tempo e sulle innumerevoli possibilità che ogni scelta racchiude in sé. Una storia di amore e di colpa, di verità nascoste e di coraggio che rimane impressa nel cuore. Nel recente romanzo La casa che attende la notte dell’autrice Clara Sánchez ciò che è estremamente improbabile prima o poi si verifica. Fatti così improbabili, inattesi e inverosimili, così fuori da ogni logica che però, inesorabilmente accadono. E spingono la protagonista Alicia, una studentessa ventenne di Madrid, baby-sitter di Rafael, un bambino di nove mesi dotato di un acuto intuito, a chiedersi se, nella sua quotidianità, si tratti di semplici coincidenze oppure di segni del destino, indizi di una volontà invisibile che governa il corso delle cose. A questo interrogativo cerca di rispondere il romanzo La casa che attende la notte di Clara Sánchez. È lei a guidarci in un viaggio suggestivo attraverso le leggi che governano il caso e i meccanismi dell’universo in cui viviamo. Reinventando le vite di tre personaggi: il piccolo Rafael, la sua tata Alicia e lo spirito di Hugo un ragazzo che è uscito di casa e non vi ha fatto più riorno, con un linguaggio di incomparabile bellezza, Clara Sánchez ci esorta a credere più che nell’agire di forze misteriose, nella forza del principio dell’improbabilità perché come ci ricorda anche una nota citazione di Shakespeare: ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante non ne comprenda la tua filosofia.
Il romanzo La casa che attende la notte dell’autrice spagnola Clara Sánchez è un racconto affascinante, un viaggio collettivo ed esistenziale che si snoda anche oltre le porte del tempo, dentro la nostra storia, dentro le storie di tutti noi. Dal libro La casa che attende la notte: (…) Nessuno di noi sa cosa si porta dentro dalla nascita (…).
La casa che attende la notte dell’autrice spagnola Clara Sánchez è un romanzo atipico straordinariamente incalzante e prodigo di colpi di scena che tiene inchiodati fino all’ultima pagina.
Clara Sánchez è l’unica scrittrice ad aver vinto con i suoi romanzi i tre più importanti premi letterari spagnoli: il premio Alfaguara con La meraviglia degli anni imperfetti, il premio Nadal con Il profumo delle foglie di limone, bestseller che ha venduto un milione di copie, in cima alle classifiche di vendita per anni, e il premio Planeta con Le cose che sai di me. In Italia sono tutti pubblicati da Garzanti, insieme a La voce invisibile del vento, Le mille luci del mattino, Entra nella mia vita, La forza imprevedibile delle parole, L’amante silenzioso, L’estate dell’innocenzae l’attesissimo seguito del Profumo, Lo stupore di una notte di luce. Nel 2018 ha partecipato con un racconto all’antologia su madri e figli
La casa che attende la notte
Clara Sánchez
Editore Garzanti
Pagine 200
Mirko Lainati è un giovane autore che, con acume e profondità, sa condurre il lettore in una riflessione necessaria per l'esplorazione del Sé e della società. La sua ultima opera è una raccolta di racconti che funge da specchio per l'esperienza umana. Attraverso queste narrazioni, il lettore è invitato a un'esplorazione introspettiva, trovando in ogni storia un punto di riferimento per una migliore comprensione e collocazione nel mondo e nella società spesso distratta o comprensiva.
Il suo "Prosopon" è il libro che getta la maschera. Con la forza delle sue parole, svela il volto dietro le apparenze e si erge a manifesto della libertà di essere e del valore dell'educazione alla consapevolezza.
D-"Ciao Mirko, complimenti per il tuo secondo libro, Prosopon. La nostra prima domanda è: Qual è il messaggio principale o l'idea che hai voluto trasmettere ai tuoi lettori con questo romanzo?”
R- L’idea iniziale era quella di riuscire a trasmettere un messaggio che porto con me da una vita: chi siamo oltre la maschera… quella che indossiamo ogni giorno, quella che abbiamo creato per salvare noi stessi o che ci è stata assegnata da circostanze esterne come una società che vorrebbe omologarci al suo pensiero, un amore che non ha i sapori giusti e/o essenzialmente le paure che ci hanno frenato nel tempo. Successivamente è subentrato il pensiero di voler insegnare qualcosa a quel piccolo Mirko lì fuori che, stringendo tra le mani le storie di Berta e Dana, potrebbe ricevere la spinta giusta per comprendere meglio sé stesso o sé stessa.
D- "Sei un autore molto giovane: Da quanto tempo coltivi la passione per la scrittura e, soprattutto, qual è la motivazione più profonda che ti spinge a continuare a scrivere?"
R- Con molta onestà potrei dire di aver iniziato a scrivere da ragazzino. Inizialmente tutti gli elaborati volgevano alla creazione di piccole storie per delle webserie, piccoli cortometraggi, pertanto connessi ad esposti più audiovisivi. Poi, devo ammettere, che il cambio di rotta è giunto con la lettura. Più leggevo e più mi rendevo conto delle infinite possibilità e del modo in cui le parole potessero aiutarmi a sviluppare messaggi e a dare una chiara immagine della forza pensiero. Riconosco, pertanto, nella lettura una delle forti caratterizzazioni della mia passione.
D_ "Pensando al ruolo della lettura in generale: Quale valore o arricchimento pensi che l'esperienza di leggere un libro possa offrire ai lettori di oggi?"
R- Oggi più che mai la lettura è una necessità e dovrebbe rappresentare interesse per tutti. Proviamo a pensare, per un secondo, ad un mondo in cui la frenesia e la velocità spingono chiunque a non assaporare gli attimi, a non vivere pienamente i momenti. Non è poi così difficile immaginarlo poiché viviamo in un contesto precisamente identico all’immaginario appena posto. Bisogna leggere anche solo per riscoprire cosa significhi vivere il momento, godersi un mondo diverso spingendo oltre il pensiero, per vedere tutto con occhi diversi e mente più libera.
D_ Essendo così giovane, quali sono state le sfide e le soddisfazioni maggiori nell'affrontare un progetto così impegnativo come la scrittura di un intero libro?"
R- La sfida è stata, in particolar modo, trovare qualcuno che potesse aiutarmi a diffondere il messaggio. Non è facile, oggi, essere in grado di avere supporto quando scrivi con il cuore e non solo per i numeri. Mi ritengo molto fortunato e non ringrazierò mai abbastanza la mia editrice, Marzia Carocci, per avermi visto come nessuno mai leggendo in me qualcosa che andasse oltre l’immagine dell’ordinario. Le soddisfazioni sono giunte e continuano a giungere. La più grande arriva sempre quando qualcuno, avendo letto l’elaborato, mi racconta di essersi rivisto nelle storie, nei personaggi, e di aver riscoperto in esso una parte nascosta di sé.
D_"Ci sono autori, italiani o stranieri, che consideri dei veri e propri modelli o maestri e che hanno influenzato il tuo stile o il tuo modo di vedere la narrativa?"
R- Lo stesso Pirandello ha caratterizzato Prosopon permettendomi di riallacciare il vissuto che ho portato come me in quella scrittura con le maschere de Il Fu Mattia Pascal. Hesse, d’altro canto, è l’autore che ha contribuito alla formazione della mia scrittura dandomi modo, leggendo sempre di più i suoi capolavori, di cogliere quella parte introspettiva che da tempo ho tentato (erroneamente) di reprimere.
D_Progetti Futuri: "Dopo Prosopon, hai già la testa piena di nuove storie? Puoi darci qualche anticipazione sui tuoi prossimi progetti di scrittura?"
R- Direi di non aver mai smesso di lavorare. Prosopon rappresenta l’inizio di qualcosa di più grande su cui continuo a metter mano senza sosta. Ho ancora molto da voler condividere, di personale, di autentico. C’è tanto, pensandoci, che credo meriti di essere raccontato in tanti modi diversi. Potrei dire che quando una passione scorre nel sangue è difficile fermarla, soprattutto se l’ispirazione è ancora dalla tua parte.
"Mirko, ti ringraziamo per la disponibilità. Per concludere, desideriamo lasciarti uno 'Spazio Libero': un momento privo di domande, dedicato esclusivamente a te, per dire ai nostri lettori ciò che più ti sta a cuore in questo momento."
R- Vorrei dire a chi ci legge li fuori che raccontare una storia vissuta sulla pelle è estremamente difficile, così come trovare anche semplicemente la forza di condividerla.
Auguro a chiunque di riuscire a farlo e di poter trovare qualcuno che ascolti e capisca sul serio: oltre lo status, lo standard, la maschera.
Grazie davvero per l’opportunità.
Tutta la ricchezza di un’epoca a torto giudicata “barbara”, in un saggio curato da uno dei più importanti medievisti italiani. CARLO MAGNO Un padre dell’Europa di Alessandro Barbero racchiude ampie escursioni dei costumi dell’epoca e nella vita privata del protagonista: Carlo Magno, un conquistatore che sapeva comandare. Spiegare il Medioevo non è facile come sembra. Soprattutto per il concetto di età di mezzo è entrato nella coscienza storica occidentale a partire dal XV secolo come esempio negativo; un’epoca di disarmonia gotica a detta degli umanisti, di corruzione papista a detta dei riformati, di irrazionalità e di barbarie dai philosophes illuministi. E anche quando, come in età romantica, si è passati alla sua esaltazione, si è trattato di un’apologia pretestuosa, che non ha condotto a un vero sforzo di comprensione storica. Tutto questo ha lasciato in eredità agli studiosi una moltitudine di stereotipi duri a morire e approcci storiografici contrastanti. L’autore di CARLO MAGNO Un padre dell’Europa Alessandro Barbero ha scelto un tema unificante, quello dello studio delle strutture del potere e dei poteri come una lente attraverso cui far emergere le diverse chiavi interpretative del passato riportando a nuova luce la vita di Carlo Magno: una vita intensissima in cui si susseguono eventi bellici e politici di primaria grandezza per l’integrità dell’Europa. Assistiamo così alle invasioni dei popoli germanici e all’incontro di questi con lo stato romano cristianizzato; seguiamo le tappe che hanno portato alla nascita dell’Impero carolingio e alla sua trasformazione nei regni nazionali, cogliamo i momenti chiave dello scontro tra papato e impero, culminato nella celebre lotta per le investiture. CARLO MAGNO Un padre dell’Europa di Alessandro Barbero è un lungo racconto che ci parla di monasteri e di castelli, di feudi e vassalli, di liberi comuni e signorie, di moltitudini di uomini e donne, contadini, cavalieri, monaci, mercanti, rimasti senza nome e di protagonisti celebri come Carlo Magno un eroe da leggenda. Seguendo l’intreccio dei poteri lo studioso Alessandro Barbero compone un affresco dove affiorano i mille aspetti del Medioevo: la vita sociale e l’attività culturale, la dimensione religiosa e lo sviluppo economico. Ciò che emerge è l’immagine di un millennio tutt’altro che monolitico, ma formato da un insieme di realtà temporali e geografiche ciascuna dotata di meccanismi propri e irripetibili: un’epoca di grande complessità, finalmente restituita alla propria verità storica. CARLO MAGNO Un padre dell’Europa dello storico e scrittore Alessandro Barbero è un saggio affascinante, una profonda riflessione sulle radici dell’Europa. Rivive nell’opera di un grande studioso la storia di Carlo Magno: un profeta, uno statista e un precursore. Alessandro Barbero con CARLO MAGNO Un padre dell’Europa ci offre una visione d’insieme ampia e documentata, condotta con abile piglio narrativo, che mostra il volto profondo di un grande statista e di una grandiosa civiltà percorsa da problemi e inquietudini molto simili a quelle della nostra epoca “globale”. Una grande opera storiografica che risponde a molte questioni ancora aperte.
Alessandro Barbero ha insegnato Storia medievale presso l’Università del Piemonte Orientale. Ha vinto il Premio Strega nel 1996 con il romanzo storico Bella vita e guerre altrui di Mr. Pyle, gentiluomo, ha collaborato per molti anni con il programma Superquark di Piero Angela e i suoi podcast sono tra i più seguiti.
Tra le sue molte opere per Laterza: Dizionario del Medioevo (con C. Frugoni); Medioevo. Storia di voci, racconto di immagini (con C. Frugoni); Carlo Magno. Un padre dell’Europa; La battaglia. Storia di Waterloo; 9 agosto 378 il giorno dei barbari; Barbari. Immigrati, profughi, deportati nell’impero romano; Benedette guerre. Crociate e jihad; Lepanto. La battaglia dei tre imperi; Donne, madonne, mercanti e cavalieri. Sei storie medievali; Le parole del papa. Da Gregorio VII a Francesco; Caporetto; Dante; L’aristocrazia nella società francese del Medioevo; All’arme! All’arme! I priori fanno carne!.
CARLO MAGNO - Un padre dell’Europa
Alessandro Barbero
Editori Laterza
Pagine 451
In Italia alla fine del XIX secolo nascono le prime associazioni femminili. Molte sono formate da donne della migliore borghesia che chiedono diritti per loro stesse, senza interessarsi dei drammatici problemi delle lavoratrici; ma presto una parte del movimento femminile riesce ad impostare alleanze con il sindacato e il nascente Partito Socialista. Anna Kuliscioff, militante di questo partito e instancabile alfiere dell’emancipazione femminile scrive: il voto è la difesa del lavoro e il lavoro non ha sesso. Con lei, perseguitata e più volte imprigionata, i movimenti femminili escono dal chiuso dei salotti e dei circoli di signore illuminate e diventano fatto di massa. Nel Parlamento vengono presentati e respinti numerosi progetti di legge per la parità salariale e per il voto alle donne. Anna Kuliscioff (1854-1925), la grande dirigente socialista di origine russa, compagna di Costa e di Turati fu incaricata dal partito di preparare un progetto di legge per la tutela del lavoro delle donne e dei bambini. Rivolgendosi alle donne disse: I diritti sono di chi sa conquistarseli.
Al primo congresso delle donne italiane che si svolge nel 1908 si parla di istruzione, di previdenza, a quei tempi quasi nulla, della condizione giuridica della donna, di cultura, di emigrazione e del voto. L’opinione pubblica reagisce con sarcasmo sottolineando i toni esasperati delle femministe, i loro radicalismi francamente ridicoli. Il terreno in Italia non è però ancora adatto alle rivendicazioni femminili. Giolitti concede nel 1912 il suffragio universale, ma lo riserva ai soli uomini anche se analfabeti e lo nega alle donne. E’ con la prima guerra mondiale che le cose cominciano a cambiare rapidamente. Fu sulle spalle della donna che si scaricò anche una delle più pesanti responsabilità del tempo di guerra: trovare il modo di sfamare la famiglia. Mentre gli uomini si uccidevano in un’inutile strage, le donne portavano avanti una loro guerra per il progresso. Alcune categorie di lavoratrici riuscirono ad ottenere la giornata lavorativa di otto ore, mettendo fine a quegli interminabili turni che in campagna erano dall’alba al tramonto. Alla fine della guerra non fu un caso se quasi contemporaneamente molti paesi concessero il voto alle donne. Il romanzo della straordinaria vita di Anna Kuliscioff ripercorsa da Tiziana Ferrario riporta alla vita la voce di una protagonista della cultura non solo italiana, una penna scomoda, talvolta polemica, ma sempre assetata di una cosa sola, la giustizia. Con il libro Anna K l’autrice Tiziana Ferrario restituisce la Storia alla sua dimensione umana. Con questo straordinario romanzo storico, narrato con garbo, dell’autrice Tiziana Ferrario la Storia diventa concreta e umana, animata da personaggi che sono messi a nudo nelle loro storie private, nelle loro sofferenze e debolezze, nei loro sogni, nei loro vizi e qualche volta perfino nella loro irritante mediocrità. Un libro scritto con amore, cura e stile. Una storia vera poetica e sorprendente.
Con Anna K, Tiziana Ferrario ci racconta una storia di donne: donne vere come Anna Kuliscioff che seppero rompere il fronte dei pregiudizi per ragionare a mente libera. Nella biografia di Anna K emerge il potere e il destino di tutte le donne dall’Ottocento ad oggi. Tiziana Ferrario è riuscita ad affrontare una materia scomoda con coraggio e intelligenza. Dal libro la determinazione di Anna Kuliscioff: (…) A Parigi non ci aspettano di certo a braccia aperte, ma ci andrò. Non possiamo lasciare che la pace venga decisa solo dagli uomini (…) A Parigi chiederemo di partecipare ai lavori della conferenza di pace. Di sedere, almeno una volta, accanto ai potenti. E se non vi lasceranno parlare? Parleremo lo stesso. Nelle piazze, sui giornali. Non siamo più le donne del silenzio. Ci sono delegazioni da Inghilterra, America, Olanda, Francia…tutte unite. Per il disarmo. Per il suffragio. Per un’Europa diversa (...).
Siamo nel ventunesimo secolo: non sappiamo quali passi compirà la donna in un quarto di secolo. Certo, per la coscienza che ha conquistato, oggi il suo ruolo è quello di chi non si accontenta più di essere accettata nella società, ma questa società con la sua presenza, vuole modificarla.
Tiziana Ferrario, giornalista, milanese, è stata uno dei volti del TG1-Rai. Conduttrice, inviata di politica estera, corrispondente da New York, ha raccontato guerre e crisi umanitarie, dall’Afghanistan al Medio Oriente all’Africa. Per il suo lavoro sui conflitti è stata nominata Cavaliere al merito dell’Ordine della Repubblica dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi. Ha scritto Il vento di Kabul (Baldini Castoldi Dalai 2006); Orgoglio e Pregiudizi. Il risveglio delle donne ai tempi di Trump (2017); Uomini, è ora di giocare senza falli! (2020); La principessa afghana e il giardino delle giovani ribelli (2021); La bambina di Odessa (2022), tutti pubblicati da Chiarelettere, e Cenere (Fuoriscena 2024).
Anna K
Tiziana Ferrario
Fuoriscena Libri
Pagine 239
Ogni epoca architettonica ha avuto influenze diverse a seconda della nazione e delle vicende storiche, presentando sempre anticipazioni e influenze tardive, senza contare i revival, che sono succeduti, dal neogotico al neoclassico sino al postmoderno. In Italia, il dibattito sull’urbanistica moderna, soprattutto nel dopoguerra, quando si deve dare un nuovo assetto alle città, è piuttosto vivace. Dagli anni ’60 in poi, l’urbanistica quale pianificazione territoriale è stata progressivamente politicizzata, lasciando sempre meno spazio ai tecnici e vincolando sempre più le scelte ad interessi partitici. Sono altrettanto attuali i problemi legati alle espansioni delle megalopoli, svuotamento e degrado dei centri storici e delle campagne, quartieri dormitorio, denutrimento ambientale, mancanza di alloggi ecologici, speculazione edilizia: l’urbanistica, fra progetti avveniristici e mancanza di programmazione, perde spesso il controllo con la realtà sociale. D’altra parte gli effetti distruttivi di questa prassi sono evidenti nelle brutture architettoniche che squarciano anche le zone storiche. Il deturpamento ambientale non si limita al centro. Molte periferie crescono senza aree verdi, perché il terreno è costoso e la programmazione degli enti pubblici è spesso impotente di fronte alla speculazione dei privati. L’atteggiamento degli architetti è poi, talvolta contradittorio e rivela una mancata conoscenza e aderenza alla realtà urbanistica. Vengono elaborati piani regolatori tecnicamente avanzatissimi, magari geniali dal punto di vista estetico e funzionale, ma del tutto astratti dalla realtà che dovrebbero orientare. Anche questo è un sistema capzioso per evitare la programmazione. Altro problema: tutti parlano di ecologia, ma in realtà in concreto nessuno agisce. La teoria slegata dall’applicazione pratica rimane fine a se stessa, tanto che la realtà è abbandonata allo spontaneismo degli interessi privati o a interventi pubblici disorganici, soggetti quindi alle pressioni dei gruppi economici più forti. Le nostre città crescono, così, in molti casi disordinatamente in quartieri nuovi primi di infrastrutture essenziali e irrispettose della natura. Si renderebbe necessario, a questo punto, che gli enti pubblici a livello internazionale si facessero portavoce di una seria programmazione urbanistica non solo nelle aree centrali e nelle periferie ma anche nelle campagne, nelle aree marginali, recuperate, così, ad una vita socialmente qualificata. Il libro Città foresta umana – L’empatia ci aiuta a progettare di Mario Cucinella con la collaborazione di Serena Uccello invita a costruire in modo empatico e meno impattante. Dal libro dell’Architetto Mario Cucinella: (…) Molto di quello che abbiamo costruito negli ulti i decenni lo abbiamo costruito contro la natura e non assieme alla natura o accanto ad essa. Di fatto costruiamo e distruggiamo allo stesso tempo. É incredibile il cortocircuito che abbiamo innescato: ci illudiamo di edificare il nostro mondo sottraendolo alla natura senza capire che la natura è il nostro mondo. Ecco perché parlare di sostenibilità significa oggi tornare a parlare di empatia (…).
Il libro Città foresta umana – L’empatia ci aiuta a progettare di Mario Cucinella e Serena Uccello è un viaggio imperdibile lungo la storia del pensiero dal mondo antico all’età moderna, che esorta ogni lettore a esercitare il più grande privilegio concesso all’uomo: quello di pensare in modo empatico. Ciò di cui l’architettura contemporanea ha bisogno – dice l’autore Mario Cucinella – non sono dogmi e chiusure, ma il coraggio di aprirsi ad altri punti di vista: una sfida che non riguarda solo l’architettura, ma l’intera umanità. Nessun romanzo è avvincente come certe storie di progettazione. Ce ne danno prova Mario Cucinella e Serena Uccello con il libro Città foresta umana – L’empatia ci aiuta a progettare, il racconto di quella che è forse la più sorprendente avventura architettonica: vi appassionerà.
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Mario Cucinella, architetto e designer, si laurea a Genova con Giancarlo De Carlo nel 1987. Dal 1987 al 1992 lavora nello studio di Renzo Piano a Genova e a Parigi, come responsabile di progetto. Nel 1992 fonda lo studio internazionale MCA - Mario Cucinella Architects, che oggi ha sede a Bologna (1999) e Milano (2019). Lo studio possiede una solida esperienza nella progettazione architettonica e integra strategie ambientali ed energetiche, portando avanti ricerche sui temi della sostenibilità secondo un approccio olistico. Nel 2015 fonda SOS - School of Sustainability, una scuola per giovani professionisti neolaureati che ha l'obiettivo di fornire loro gli strumenti necessari per affrontare le questioni ambientali con un approccio aperto, olistico e guidato dalla ricerca. Nel 2017 cura il Padiglione Italia alla Biennale di Architettura 2018. Cucinella curerà il Padiglione Italia di Expo 2025 a Osaka. Per Einaudi ha pubblicato, con Serena Uccello, Città foresta umana. L'empatia ci aiuta a progettare (2024).
Serena Uccello, giornalista de «Il Sole-24 ore», si è occupata di economia del lavoro. Per Einaudi ha pubblicato, con Nino Amadore, L'isola civile. Le aziende siciliane contro la mafia (2009), con Marzia Sabella, Nostro Onore. Una donna magistrato contro la mafia (2014), con Piergiorgio Baita, Corruzione (2016), con Cosima Buccoliero, Senza sbarre. Storia di un carcere aperto (2022) e, con Mario Cucinella, Città foresta umana. L'empatia ci aiuta a progettare (2024).
CITTÁ FORESTA UMANA
L’empatia ci aiuta a progettare
Mario Cucinella
con Serena Uccello
Edizioni Einaudi
Pagine 221
Ogni giorno affrontiamo conoscenze diverse e più ampie informazioni, e approfondiamo e allarghiamo la nostra esperienza nel mondo. Ma se le occasioni e gli incontri che direttamente ci si offrono sono limitati dai tweet e incompleti, infinite possono essere invece le scoperte consentite dalla lettura. Per questo il nuovo titolo
CHI NON LEGGE E’ PERDUTO – Cosa insegnano i grandi capolavori della letteratura di Vittorio Feltri è uno dei libri più importanti. Anzitutto, perché accoglie la più grande varietà di discorso possibile, inoltre perché, dal punto di partenza di un’offerta di lettura interessante, tende a raggiungere molti altri scopi. Quest’opera corale in CHI NON LEGGE E’ PERDUTO se ne pone parecchi: oltre a quelle comuni delle opere dello stesso tipo, essa si propone di invitare a riflettere, a giudicare, ad analizzare i problemi e di stimolare a creare in maniera autonoma occasioni personali di discorso. E questo soprattutto attraverso un metodo che può essere chiamato di dialogo: scorrendo l’indice generale, essa vi porrà delle domande, alle quali vi sentirete provocati a rispondere. Il libro CHI NON LEGGE E’ PERDUTO – Cosa insegnano i grandi capolavori della letteratura di Vittorio Feltri è un metodo di dialogo libero, di discussione serena e convinta su tutte le cose, importanti e utili, serie e spassose, dolorose e piacevoli, che circondano l’uomo. Gli scrittori hanno operato ed espresso le loro idee, da molti secoli prima di Cristo fino ad oggi per tutti. Perché si potesse imparare a scoprirne i valori, ad analizzarne i significati, a verificarne la validità e l’importanza. Tali idee fruttificheranno anche per mezzo dei giovani, anche oltre loro stessi, attraverso la parola, la memoria e lo svolgersi della quotidianità. L’antologia racchiusa in CHI NON LEGGE E’ PERDUTO – Cosa insegnano i grandi capolavori della letteratura di Vittorio Feltri invita ad esplorare gli aspetti meno superficiali della realtà individuale e sociale e offre l’occasione di riflettere sugli argomenti che interessano il pensiero umano di tutti i tempi: la conoscenza di se stessi e degli altri, i rapporti fra gli uomini. Da queste pagine, i giovani lettori, sentiranno il bisogno di chiarire chi sono e che cosa vogliono, chi sono gli altri e che cosa vogliono e l’esigenza di trovare un piano di accordo e di pacifica convivenza in una società che anche loro stessi contribuiranno a migliorare. La scelta e i commenti dell’autore, come d’altra parte ogni elemento di questa antologia, hanno in comune un medesimo scopo: condurre i giovani a sviluppare e ad esercitare su argomenti diversi il loro senso critico, che è l’elemento fondamentale del processo di maturazione attraverso il quale ciascuno arriverà a scegliere, con tranquilla certezza, con senso di responsabilità e con autonomia, negli anni futuri, la direzione di pensiero e di attività che gli sarà congeniale.
Un libro nitido nella scrittura, vibrante, appassionato e intenso nei sentimenti. Ecco perché, dall’Eneide, la Divina Commedia, il Decamerone a I Malavoglia, La coscienza di Zeno, il Gattopardo, i sedici autorevoli pensatori selezionati dall’autore Vittorio Feltri appaiono i più adatti a spiegare il magmatico mondo contemporaneo.
Vittorio Feltri
Direttore editoriale del quotidiano «Il Giornale». In precedenza ha diretto «Libero», «L’Europeo», «L’Indipendente» e il «Quotidiano Nazionale» («il Resto del Carlino», «La Nazione» e «Il Giorno»). Da Mondadori ha pubblicato Non abbiamo abbastanza paura (2015), Chiamiamoli ladri (2017), Il borghese (2018), L’irriverente (2019), Ritratti di campioni (2020), Com’era bello l’inizio della fine (2022), Il latino lingua immortale (2024); Una Repubblica senza patria (2013) e Il Quarto Reich (2014), scritti con Gennaro Sangiuliano, e Il vero cafone (2016), scritto con Massimiliano Parente.
CHI NON LEGGE E’ PERDUTO – Cosa insegnano i grandi capolavori della letteratura
Vittorio Feltri
Edizioni Mondadori
Pagine 169
Le prime pagine del libro FRANCESCO IL PRIMO ITALIANO di Aldo Cazzullo ci fanno riascoltare la voce di tre grandi maestri dell’umanità. Sono le tre figure che con il loro insegnamento hanno dominato la storia dell’umanità. Grazie allo studioso Aldo Cazzullo abbiamo l’opportunità di penetrare il pensiero di Francesco, di Gesù e del Buddha per imparare cosa ci renda davvero capaci di vivere con pienezza. Se vogliamo diventare compiutamente umani dobbiamo entrare nella logica dell’essere. Che significa imparare a conoscersi, a dominarsi, a superare le inevitabili sofferenze. Ecco dunque gli insegnamenti di Francesco, di Gesù e del Buddha su cinque grandi tematiche: l’amore, l’anima, la giustizia, la libertà, la verità. I tre maestri non ci propongono la ricetta della felicità “chiavi in mano”, ma ci educano all’amore che rende liberi. Non lasciarsi turbare dalle difficoltà, vivere con equilibrio le relazioni. La vita è un’arte che si impara.
Al capitolo 5 l’autore Aldo Cazzullo si sofferma su i santi di Assisi Chiara e Francesco. La storia di due giovani che, volgendo lo sguardo al mondo che li circondava, decisero di cambiarlo. Alle gigantesche figure dei due “soldati della povertà” lo studioso Aldo Cazzullo dedica questo capitolo nel quale tra slanci, abbandoni e ritorni, ripercorre il cammino dei santi di Assisi basandosi anche sui loro scritti. Un capitolo appassionante che omaggia due vicende straordinarie, unite in un’avventura spirituale ancora attualissima.
A soli due anni dalla morte, nel 1228, Francesco d’Assisi veniva proclamato Santo. La prigionia durante la guerra tra Perugia e Assisi, le visioni notturne, la cura dei lebbrosi, segnarono l’inizio della sua conversione, che culminò con l’episodio del Crocifisso custodito nella Chiesa di san Damiano, quando Francesco disse che Cristo gli aveva chiesto di riparare la sua casa in rovina. Fu allora che abbandonò ogni bene terreno: un gesto simboleggiato dal suo denudarsi davanti al vescovo Guido I. La carità verso i più deboli, l’essere stato il primo stigmatizzato, ma anche un ecologista ante litteram: tutto contribuì a trasfigurare nella leggenda la sua figura.
Per smentire i cliché, Aldo Cazzullo, ricostruisce la nascita del mito di Francesco, soffermandosi sull’influenza dirompente del suo messaggio. Con rigoroso metodo storico, l’autore va alla ricerca del vero volto del Santo Patrono d’Italia. Un profeta del suo e del nostro tempo, che contrapponendosi alle convenzioni aprì le porte al cristianesimo moderno. Significativa la scelta della copertina del volume FRANCESCO IL PRIMO ITALIANO: lo sguardo dolce, la bocca piccola, le orecchie prominenti: cosi come un uomo qualunque, Cimabue raffigura Francesco d’Assisi negli affreschi della basilica destinata ad accoglierne le ceneri. Francesco d’Assisi protagonista di una rivoluzionaria esperienza religiosa, anche dopo la sua morte non ha mancato di ispirare artisti diversissimi come Giotto e Gentile da Fabriano, Jan van Eyck e Caravaggio. Anche la più autorevole arte cinematografica ha reso omaggio al simbolo della pace e dell’umiltà.
Dal capitolo 12: L’Eredità di Francesco: (…) Se l’Italia è una superpotenza culturale, il merito è anche di San Francesco. Sotto certi aspetti, possiamo davvero sostenere che Francesco sia stato il primo italiano. Un Paese che per altri sei secoli e più non sarebbe diventato uno Stato, ma che nel tempo è diventato una patria in senso culturale, artistico, spirituale anche grazie a lui (…).
Aldo Cazzullo
(Alba, 1966) racconta da trentacinque anni i principali fatti italiani e internazionali. È vicedirettore ad personam del Corriere della Sera, dove cura la pagina delle Lettere. Conduce su La7 "Una giornata particolare". Ha scritto oltre trenta libri. Per HarperCollins sono usciti "Quando eravamo i padroni del mondo", un successo internazionale da 300.000 copie, e "Il Dio dei nostri padri", che è stato il libro più venduto in Italia nel 2024, superando le 400.000 copie. È tradotto o in corso di traduzione negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, Germania, Spagna, Francia, Portogallo, Brasile.
FRANCESCO IL PRIMO ITALIANO
Aldo Cazzullo
Edizioni Harper Collins
Pagine 262
Una domanda inquietante nasce dalla lettura del romanzo Tutto il mio folle amore dell’autore Francesco Carofiglio: nel rapporto umano, nelle nostre azioni quotidiane, quale sigillo di noi lasciamo sulle cose? È questo un invito ad esaminare a fondo le ragioni e le conseguenze dei nostri atti e a porsi come fine di avvicinarsi al cuore degli altri e di restarvi a lungo con la forza del nostro operare. Dateci un qualcosa in cui si può riporre fiducia sono le gravi parole che sembrano emergere dalle voci letterarie dei tre giovanissimi protagonisti: Alessandro, Italo e Carolina. Nel 1943 lo stivale cinico, subdolo e oscuro pesa su tutta l’Italia e il mondo intero: è un anno ricco di eventi drammatici, che segna un punto di svolta nella storia. Francesco Carofiglio in Tutto il mio folle amore, esplora temi come la guerra, la resistenza, il fascismo e la fragilità del potere, ma è soprattutto un racconto compiuto per un profondo senso di appartenenza, affetto e responsabilità verso i propri cari. Quella dello scrittore Francesco Carofiglio è una scelta narrativa potente che si basa anche su un'intensa connessione emotiva; una decisione letteraria motivata da un amore profondo con il nonno e dal desiderio di mantenere uniti i legami che si sono costruiti. Preziosi saranno i suoi diari. Il turbamento, l’incertezza e lo smarrimento che si diffusero in tutta Italia dopo l’armistizio dell’ 8 settembre 1943, induce all’azione Ale, il cugino Lallo e Carolina, una giovane italo-irlandese, che dalla vita apparentemente tranquilla della scuola, si trovano a passare, per libera e intelligente scelta, alla vita “del difensore della liberazione provvisoria” e pericolosa, occupando la sede di Radio Bari. Dal libro dell’autore Francesco Carofiglio: (…) Quella che i fascisti avevano chiamato Radio Vergogna e il “Times” aveva definito United Nations Radio of Bari continuò a essere la voce libera dei popoli in lotta, nel continente ancora sconvolto dalla guerra e dalla distruzione (…). Quella straordinaria intuizione di un gruppo di giovani intellettuali, studenti, antifascisti, uomini e donne, dimostrò al mondo che si poteva lottare per la libertà anche con la voce, con le parole, con la musica (…).
Una generazione di uomini voleva distruggere la loro giovinezza e la loro Patria. Traditi dalla frode, dalla ignavia e dalla violenza capiscono che devono rifare la storia dell’Italia, senza frugare nei segreti del passato, i soli responsabili di episodi delittuosi. Per lo sdegno che li accende non vogliono lasciare che l’oppressore disponga ancora della loro vita.
Con questo romanzo storico illuminante Francesco Carofiglio indica ai giovani l’importanza della loro funzione nel Paese dove solo attraverso la loro volontà e fermezza si potrà realizzare quel programma di costruzione nazionale, morale e civile, che, intuita dai grandi uomini del Risorgimento, conquistata col sangue dei morti della Libertà e della Resistenza, deve trovare ancora piena attuazione. Sulla libertà bisogna vigilare ogni giorno. Dal libro le esperienze degli avi: (…) Il potere manipolatorio della propaganda ha portato il paese nel baratro. E non è escluso che la storia possa ripetersi (…) bisogna vigilare, e bisogna continuare a dirsi antifascisti (…).
Dello stivale subdolo e ignoto anche i giovani di oggi ne sentono il lugubre minaccioso avanzare che ha già portato silenzio e morte agli spiriti liberi. Nel romanzo Tutto il mio folle amore di Francesco Carofiglio un dolore dominato, uno sdegno vissuto interiormente, un’implorazione piena di consapevolezza e di dignità umana danno alla protesta dei giovani protagonisti Ale, Lallo e Carolina valore di autentico messaggio e di solenne e accorata poesia. Tre giovani straordinari che hanno avuto il coraggio di scommettere sull’amicizia, l’amore e la musica, divenendo la forza trainante del futuro. Solo con la fiducia reciproca e con la persuasione che i problemi si risolvono pacificamente nel libero confronto delle idee, si potranno superare le difficoltà, gli attriti e le minacce che ancora sovrastano l’umanità.
Tutto il mio folle amore di Francesco Carofiglio è un romanzo storico che, sin dal titolo è un inno alla speranza e alla vita per le giovani generazioni.
Francesco Carofiglio è scrittore, architetto, illustratore e regista. Ha pubblicato con alcuni tra i più grandi gruppi editoriali, in Italia e all’estero. Tra i suoi numerosi romanzi L’estate del cane nero (Marsilio 2008), La casa nel bosco col fratello Gianrico (Rizzoli 2014), L’estate dell’incanto (premio selezione Bancarella 2020) e Le nostre vite (Piemme 2021).
Tutto il mio folle amore
Francesco Carofiglio
Edizioni Garzanti
Pagine 358
L’esordio narrativo di Gianni Oliva, Il Pendio dei noci è il racconto dolceamaro di un amore. E di un Paese in guerra. Giuliano e Maddalena si incontrano e si perdono mentre il mondo intorno a loro cambia e si trasforma.
Il racconto affascinante scorre sul destino di un uomo che doveva diventare prete e invece è andato a sparare in Africa e sul Monte Grappa. Il Sergente Julien - questo è il nome francese che Giuliano deve adottare per “la libertà di esistere” - nasce nella vallata di Sangone, figlio di una ragazza bambina la cui quotidianità è caratterizzata da continui spostamenti di una carovana di girovaghi che, in quella sua ultima notte di vita, salgono a Coazze per la festa dell’Assunta (15 agosto1880). La madre bambina ha vissuto un parto doloroso e solitario e si è sentita sopraffatta, ansiosa, triste, spaventata e in colpa. Consapevole di esporsi ad un destino estremamente grave come la morte, riesce ad abbracciare per pochi istanti il suo bambino.
In queste prime pagine la descrizione dell’autore Gianni Oliva è capace di provocare un sentimento intenso, doloroso e al tempo stesso commovente. In questa straziante descrizione emerge un tema molto attuale quello di molte ragazze madri che si sentono isolate o sopraffatte dal carico mentale e fisico, a volte lottando contro stereotipi sociali. In situazioni di guerra, questo isolamento può essere aggravato dall'assenza di infrastrutture di supporto, dalla disgregazione delle comunità e dal bisogno di migrare, rendendo la situazione delle madri adolescenti ancora più precaria.
Il teologo Don Battista Fornasio da Beinasco, parroco a Coazze, sarà il mentore, in quanto la sua figura viene descritta fortemente coinvolta nella guida spirituale, nell'accompagnamento e nel sostegno di Giuliano. La sua vita prende forma nel racconto e la si coglie nel suo essere felicemente quotidianità tra gli studi in seminario, il lavoro nella canonica e l’amore per Maddalena fino a quando le maldicenze e i pregiudizi della gente di paese lo forzano a cambiare vita: le voci e le accuse che si stanno pronunciando possono danneggiare irreparabilmente la sua reputazione, e rendere la sua permanenza e il suo amore per Maddalena insostenibile. Questa pressione sociale lo induce a cercare altrove un nuovo inizio. Da quel momento i due si dividono e, pur imboccando strade diverse, non si perderanno mai del tutto. Si amano e si devono forzatamente separare, mentre le loro vite corrono su binari apparentemente paralleli. Dal libro: (…) nella fureria di Ponte San Lorenzo veniva ufficialmente preso in carico il sottoufficiale Sergente Vertou Julien, classe 1880, proveniente dall’esercito francese e aggregato in data 18 aprile 1918 al 9° corpo d’armata, battaglione Alpini Susa, zona operativa Monte Grappa (…). “Il legionario senza emozioni” vive un senso di forte fratellanza e amicizia con il capitano Maglioli ma anche tra i giovanissimi combattenti nelle trincee (…) due eserciti di bambini che non sanno che cos’è la guerra, che cos’è un fucile. Disse con amarezza il capitano Maglioli. Era tra le tende di quota 1087 e guardava le reclute appena arrivate: avevano diciott’anni e gli occhi già stanchi (…) In questo ambiente di miseria, pericolo e costrizione, gli alpini sviluppano con il Sergente Julien legami profondi, trovando sostegno reciproco di fronte alla precarietà della vita. Sullo sfondo quarant’anni di storia italiana: impietosa immagine di un Paese in cui l’unica cosa a salvarsi (e a salvarci) sembra essere l’amore: lassù sul sentiero di Coazze dopo la canonica e la borgata, lassù nell’ultima baita dove si stende il pendio dei noci, le parole di Gianni Oliva esprimono non solo il vissuto di Maddalena nella maternità e nella crescita del figlio ma anche il viaggio che avvicina inaspettatamente padre e figlio. Una storia di amore e di colpa, di verità nascoste e di coraggio che rimane impressa nel cuore. Il Pendio dei noci di Gianni Oliva scorre come un fiume in piena, con capitoli alternati che affrontano l’amore, la guerra e il processo di ricostruzione delle vite dei due protagonisti e dei loro mentori e, si va avanti nella lettura spinti dal sospetto, dalla paura, dalla commozione. Quando due “predestinati in amore” si prendono per mano possono affrontare qualsiasi prova. Arrivare fino in fondo richiederà ad entrambi un grande coraggio: per far distinguere la verità dalla menzogna e per far accettare che l’amore può essere più forte di qualsiasi tragedia. Un romanzo magnificante bilanciato in cui la storia d’amore non è mai dimenticata né stemperata dalla cupezza del pregiudizio iniziale e della guerra. Dialoghi freschi, significativi, un ritmo controllato e una prosa sincera e genuina completano questo romanzo illuminante, in cui ogni lettore può trovare qualcuno a cui richiamarsi. In questo esordio narrativo, Il Pendio dei Noci di Gianni Oliva, tutta la forza e la fragilità della vita.
Gianni Oliva
Storico e giornalista, è nato a Torino ed è docente di Storia delle istituzioni militari. Ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza nel paese di Coazze, in val Sangone. È autore di numerosi saggi di carattere scientifico-divulgativo, tutti pubblicati da Mondadori. È presidente del conservatorio Giuseppe Verdi di Torino.
IL PENDIO DEI NOCI
Gianni Oliva
Edizioni Mondadori
Pagine 246
L’assertività è una delle caratteristiche chiave delle persone di successo: Nessuno ti regalerà libertà, giustizia o rispetto.
Devi andare a prendertele, affermava (Malcom X) così avviene per Virdimura nel romanzo di Simona Lo Iacono, dove una giovane donna ebrea intraprende un percorso di apprendimento e pratica medica contro ogni pregiudizio, affrontando sfide come le accuse di stregoneria e l'ostracismo sociale per ottenere il riconoscimento della sua capacità di curare. Virdimura di Simona Lo Iacono è un romanzo storico emozionante e avvincente ambientato nella Sicilia del XIV secolo. Oltre alla sua inestimabile importanza storica o estetica il mito di Virdimura reca in sé lezioni di saggezza di una profondità filosofica e di un’attualità che l’autrice Simona Lo Iacono sin da subito lascia intravedere. La premessa di un viaggio nel tempo davvero impagabile. Due mentori nella vita di Virdimura hanno avuto un ruolo di guida e insegnamento: il padre Urìa, medico ebreo, che la educa alla conoscenza delle erbe e delle sue proprietà, del corpo umano e dei suoi organi e Pasquale, amico di infanzia e poi marito, con un bagaglio di nozioni mediche acquisite in Oriente; questa formazione specifica offre ad entrambi un approccio olistico alla salute, mirando all'equilibrio energetico del paziente. Dopo la conquista normanna, Catania era una città in un periodo di sviluppo, ma come altre città medievali, l'affollamento, l'inadeguata gestione dei rifiuti e le condizioni abitative precarie favorivano il diffondersi di infezioni. Le scarse condizioni igieniche e la mancanza di conoscenze mediche erano problemi diffusi, contribuendo alla diffusione di epidemie e malattie. La dieta era spesso insufficiente o insicura, con diffusione di peste e carestie. Nel 1376, in un'epoca di forte patriarcato, le donne a Catania vivevano in una società dove erano considerate subordinate, con ruoli principalmente legati alla sfera domestica e familiare, ma Virdimura, è una donna che non si lascia scoraggiare dalle difficoltà, stabilisce obiettivi precisi e lavora per raggiungerli con risolutezza, una donna medico ebrea che riesce a distinguersi grazie alle sue eccezionali capacità. Virdimura lotta contro pregiudizi e tradimenti, intrighi e malvagità e diventa così la protagonista di un racconto mozzafiato in cui amore, avventura, virtù magiche delle erbe si mescolano sullo sfondo mirabilmente tratteggiato di uno dei periodi più oscuri della storia d’Europa. Questo libro è idealmente la confessione di una giovane anziana medico ebrea davanti alla commissione dei giudici presieduta dal Dienchelele. L’incontro-dibattito si svolge a Palermo nel 1376. Dal libro di Simona Lo Iacono le parole concrete e struggenti di Virdimura: Tanti anni fa quando le mie mani rispondevano ai miei comandi e il naso intuiva gli odori, tutta la mia persona distraeva la morte.
Non c’era malato che non sapessi leggere, sillabando sul suo corpo le lettere di uno stranissimo alfabeto.
Mi dicevano sei brava dutturissa Virdimura, vieni a guarirci, concedi la vista a questa cataratta, fai rinsavire i nostri pazzi, caccia la peste. Ovunque, tra i vicoli dove rivolava la fogna, o tra i filari di panni scottati dal calore (...) Ovunque li ho sempre soccorsi, anche se avevo molta più paura di coloro che curavo.
Ma voi lo sapete meglio di me augusti doctori. La medicina non esige bravura. Solo coraggio.
Al termine della autodifesa dell’imputata, (...) dopo averla interrogata ed aver sondato la sua abilità, la sottoposero a prove pratiche e accertarono che era perita nell’arte medica (...) i giudici pronunciarono una sentenza di assoluzione e concessero alla dottoressa Virdimura la licenza a curare. Era la prima volta che la “licentia curandi” veniva accordata ad una donna.
Virdimura per definire con precisione aspetti specifici della licenza di abilitazione alla professione, garantire la chiarezza delle obbligazioni delle parti e prevenire controversie, chiese che le fosse concesso soprattutto la possibilità di curare i poveri. Il presente testo è conservato presso l’archivio storico di Palermo. Quello di Virdimura è un patrimonio di sapienza e una lezione di vita sempre attuale e ha favorito l'accesso delle donne alla professione medica, da sempre, caratterizzato da battaglie e traguardi storici. Dall’astro nascente della narrativa italiana, la scrittrice Simona Lo Iacono, prende vita una mirabile biografia, una narrazione poetica della vita di una grande donna; un romanzo storico acuto e saggio, coinvolgente e profondamente commovente: un ritratto brillante del tempo che ci siamo lasciati alle spalle. E’ impossibile non ammettere il talento straordinario di questa scrittrice.
Simona Lo Iacono è nata a Siracusa nel 1970, è magistrato e presta servizio presso la corte d’appello di Catania, sezione minori e famiglia. Tra i suoi romanzi, Le streghe di Lenzavacche, vincitore del Premio Chianti e selezionato tra i dodici finalisti del Premio Strega 2016, Il morso, L’albatro, La tigre di Noto, vincitore del Premio Letterario Città di Erice 2022, e Il mistero di Anna.
VIRDIMURA
Simona Lo Iacono
Ugo Guanda Editore
Pagine 219

Il 25 novembre di ogni anno si celebra la giornata mondiale contro la violenza sulle donne ed è per questo che attingendo alla realtà, alla narrativa e alla saggistica si può indagare nell’interiorità delle donne come avviene nella lettura del romanzo La Femminanza di Antonella Mollicone, pagina dopo pagina emergono emozioni che curano ed emozioni che gridano nel dolore; emozioni che traspaiono dal silenzio e altre che si intravedono nella luce degli occhi. Ci si può immergere nelle emozioni perdute, nascoste, ignorate e, come tali ferite. Emozioni gracili e segrete. Episodi commoventi che turbano nel profondo. Ritratti sentimentali di una gioventù che fa venire i brividi. Intrecciate sullo sfondo di un' Italia oppressa, con il declino del movimento operaio e l'ascesa dello squadrismo, la seconda guerra mondiale, la battaglia di Montecassino e, una generale ripresa dell'economia mondiale, i destini di Camilla, di sua figlia Viola e delle donne confluite alla Cerchia di dipanano fino a comporre una vicenda memorabile in cui il coraggio e il senso dell’onore sono i supremi valori.
Per Viola molto tempo passerà prima che superi una difficile prova, ma infine più saggia e matura, e con l’aiuto delle donne della Cerchia che la comprendono, si libererà, come molte altre, dai tormentosi incubi che la ossessionano. Il romanzo d’esordio La Femminanza di Antonella Mollicone è un delizioso racconto e insieme uno spaccato di un mondo tutto al femminile ricco di fascino. Questa è una storia senza tempo che porta a nuova luce le vite tormentate di donne di diverse età e estrazione sociale, esplorando le loro esperienze dall'inizio del '900 fino agli anni del miracolo economico. Per molte di loro il matrimonio finisce in malo modo e finiscono nella depressione; anche per altre, le favole si interrompono. Molte di loro hanno subito atroci soprusi, vittime di uomini brutali che le hanno ingannate, sfruttate, e umiliate. Leggendo alcune di queste pagine si resta sgomenti. Come può una persona attraversare indenne certe esperienze estreme? Semplicemente non può. Ma nel buio più profondo, dopo molte lezioni brucianti, solo alla Cerchia le donne trovano rifugio e comprensione e imparano a difendersi e ad amare sé stesse.
Questo romanzo racconta le loro storie: vicende di dolore ma anche riscatto, coraggio e speranza. Il suono di mille silenzi viene infranto dalla Cerchia “un’associazione tutta al femminile” che si batte per la salvaguardia dei diritti fondamentali. Il romanzo La Femminanza di Antonella Mollicone è straordinario per caratterizzazione psicologica, realistico e talvolta spietato, come può essere la vita. Un libro tenero e spregiudicato, un inno alla ricerca di sé da parte di anime irrequiete nelle quali, per molte donne, è impossibile non riconoscersi.
Antonella Mollicone vive a Rocca d’Arce, un paese in provincia di Frosinone. Dopo la laurea in Lettere classiche, il baccalaureato e la licenza in Archeologia cristiana, inizia a insegnare materie letterarie e a occuparsi di epigrafia. Successivamente apre Bibliotè, libreria-caffè letterario al centro della città di Sora, che gestisce per diversi anni, e diventa ricercatrice letteraria per i Comuni del suo territorio e direttrice artistica del Labirinto dei Musei dello scultore Vincenzo Bianchi. A La femminanza ha lavorato per più di dieci anni, raccogliendo testimonianze sul campo e attingendo alla memoria popolare e storica del Lazio meridionale.
LA FEMMINANZA
Antonella Mollicone
Casa Editrice Nord
Pagine 417
In un unico volume riscopriamo il fascino, la ricchezza e la sapienza dell’immenso patrimonio delle fiabe delle Alpi. Otto leggende popolari, dalle più celebri, di cui spesso si ignora l’origine, a quelle meno note ma non per questo di minore pregnanza, tutte corredate da note al testo che offrono chiarimenti, informazioni aggiuntive, traduzioni, riferimenti bibliografici o commenti per integrare e arricchire il testo principale, senza interromperne la lettura. Sette leggende più una (sette sono tradizionali una è dell’autore Ballerini). Questa è la summa di un’opera innovativa, interessante per completezza di contenuti, che ci svela una parte del patrimonio delle leggende presenti nella cultura alpina. L’autore Antonio Ballerini non solo ha raccolto un’infinità di frammenti di sapienza popolare relativi a diversi aspetti della natura umana, ma con grande passione e rigore ci ha reso partecipi anche della storia e dell’origine, dei risvolti filologici, delle chiavi interpretative, dei rimandi e delle varianti di ciascuna leggenda. Un lavoro tenace e paziente, che si può considerare a pieno diritto una tra le più ricche raccolte disponibili in merito a questo vasto e affascinante argomento. Ma, soprattutto, un contributo prezioso in onore della continuità della memoria collettiva, che trova tra le pagine della raccolta DA UN ALTRO TEMPO Frammenti di folklore attraverso la (ri)scoperta di otto leggende popolari delle alpi uno tra gli insostituibili punti di riferimento. Così come i Fratelli Grimm trovarono nelle tradizioni orali e nei manoscritti antichi la fonte della loro opera Kinder und hausmärchen (1812-22), anche lo studioso Antonio Ballerini con DA UN ALTRO TEMPO Frammenti di folklore attraverso la (ri)scoperta di otto leggende popolari delle alpi, dell’Editore Priuli&Verlucca, ha selezionato e commentato la narrativa orale alpina e ha riportato a nuova luce non solo personaggi che possiedono vasta conoscenza nel loro contesto di “paese” ma anche autorevoli studiosi, meritano una citazione: Giuseppe Tancredi Tibaldi, saggista e scrittore italiano, di storia, folclore e cultura popolare valdostani; il docente universitario e storico Michele Rosi; Giuseppe Ferdinando del Torre, scrittore e farmacista friulano, noto per aver pubblicato il calendario "Il Contadinell", una preziosa fonte di informazioni sulla vita contadina friulana; Anton von Mailly, scrittore, etnologo e storico austriaco, la sua raccolta di leggende è tuttora fondamentale per conoscere l'etnologia delle zone dell'ex Litorale austriaco; Giuseppe Pitrè, medico, folclorista e intellettuale palermitano. Con la sua opera monumentale, la Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane, ha raccolto con completezza e precisione le tradizioni orali, i canti, le fiabe e i costumi della Sicilia.
Per l'esergo della raccolta, l'autore Antonio Ballerini, mostrando capacità di scelta e contestualizzazione e acuta sensibilità si affida a due massime che traggono la loro validità e autorevolezza da due opere distinte: Il mito di Sisifo di Albert Camus e Introduzione da fiabe italiane di Italo Calvino: riprese dal patrimonio popolare, queste fiabe uscirono plasmate dal tratto inconfondibile del grande scrittore che, con la leggerezza della sua arte, aveva saputo rendere immortali le figure della tradizione orale. Le fiabe sono una spiegazione generale della vita, diceva Calvino, perché rispecchiano la sostanza unitaria del tutto.
Antonio Ballerini
Nasce il 13 aprile 1962 nella Maremma toscana. Oggi vive e lavora, come insegnante, nella provincia di Firenze. Dopo un percorso di formazione piuttosto 'regolare' (maturità classica e laurea in Lettere presso l'ateneo fiorentino) nel 2014 ha pubblicato Cristalli di memoria (Alpinia), romanzo liberamente ispirato alla figura di Arnaldo Berni, giovanissimo Capitano degli Alpini scomparso nel settembre del '18 sulla cima del San Matteo (la medesima vicenda biografica è oggetto del docufilm di Matteo Raffaelli «Il Capitano dei ghiacci» - in onda su Sky e su Rai Storia - che si avvale dichiaratamente del suo lavoro). Il libro ha ottenuto riscontri di importanza via via crescente (Premio La tua montagna le tue emozioni; Premio Alpini sempre...) fino a risultare vincitore, nel 2016, del Premio Mario Rigoni Stern per la letteratura multilingue delle Alpi.
È inoltre autore di un volume monografico - frutto di una ricerca protrattasi per oltre un trentennio - incentrato sull'opera tragica di Lodovico Dolce (noto poligrafo veneziano del XVI secolo) e sulla circolazione del pensiero riformato nell'Italia del Cinquecento dal titolo L'innocente langue e ragion cerca invano: il mito attraverso lo sguardo degli sconfitti nelle tragedie 'riformate' di Lodovico Dolce (Edizioni CLORI, 2021), della Voce dolce, nel 2022 su "Ereticopedia: dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo"; di un articolo su Mario Rigoni Stern contenuto nella silloge Mario Rigoni Stern: un uomo tante storie nessun confine pubblicata da Priuli & Verlucca e premiata nel 2019 al Leggimontagna.
DA UN ALTRO TEMPO Frammenti di folklore attraverso la (ri)scoperta di otto leggende popolari delle Alpi
Antonio Ballerini
Priuli&Verlucca Editore
Pagine 317