
L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Intervista alla dottoressa Francesca Bittarello
Il fenomeno UFO è uno di quelli che spacca letteralmente in due l'opinione pubblica, viene trattato da due sfere di “competenti” l'una pro l'altra contro ed ovunque venga affrontato, semina una scia di polemiche interminabile da sempre. In questa intervista scoprirete alcuni dettagli che forse prima d'ora non vi erano noti e scoprirete anche che esistono in commercio pubblicazioni dedicate di tutto rispetto che rimangono una fonte straordinaria soprattutto alla luce del fatto che le stesse provengono da organi ufficiali, esattamente quelli che i “debunkers” (persone prezzolate che per vil denaro si abbassano a negare l'evidenza e ad insinuare il dubbio) badano bene a non citare per poter continuare a simulare una scioltezza che non appartiene loro.
L'intervistata è la Dottoressa Francesca Bittarello, geografa laureatasi presso l'Università "La Sapienza" di Roma con una tesi in Geopolitica e Geostrategia militare, nata dalla collaborazione con "Rivista Aeronautica", l'organo divulgativo ufficiale dell'Aeronautica Militare. Assieme alla Bittarello, vera e propria autorità in campo aeronautico ed ufologico, prolifica autrice, fondatrice della casa editrice Lux-Co Edizioni, già perito ufologico e padrina di Kermesse Ufologiche e Aeronautiche, in questa intervista scopriremo i files più affascinanti riguardanti avvistamenti di oggetti e soggetti UFO che ancora non trovano una risposta capace di soddisfare gli uni e gli altri.D: sappiamo che su cento avvistamenti, soltanto un misero 5% riesce davvero ad inchiodare gli esperti come lei al tavolo. Potrebbe illustrare per sommi capi quali siano i criteri che applicate in fase di analisi?
R: esattamente così. In media, soltanto un ristretto 5% di casi analizzati riesce a non trovare corrispondenza alcuna con quelli che potrebbero essere banalmente gli effetti dell'attività umana nei cieli. La nostra attività consiste nell'eseguire una serie di approfondimenti rispettando un protocollo severissimo facendo attenzione a non tralasciare il benché minimo dettaglio prima di passare alla fase di analisi successiva poiché ciò comporterebbe una leggerissima variazione sulla scala delle valutazioni che a lungo andare finirebbe inesorabilmente con lo spostare il risultato finale altrove. Un po' come accade in fase investigativa nel campo del crimine: si procede con il disporre sul tavolo ogni elemento noto, si interrogano i testimoni, si confrontano orari, presenze, si eseguono accertamenti sulle biografie dei soggetti coinvolti... insomma un lavoro certosino che nulla a che vedere con le analisi frettolose di improvvisati che si spacciano per esperti.
D: questo 5% come viene ricavato e come viene scartato il restante 95%?
R: la stragrande maggioranza delle persone non è a conoscenza di quelli che possono essere i numerosissimi tipi di velivoli sia civili sia militari che si spostano nell'aria. Questo fa sì che l'avvistamento di uno o più di questi velivoli di progettazione umana possano essere scambiati per qualcosa che non sia umano. E, conseguentemente, spinge l'avvistatore o gli avvistatori ad inoltrare segnalazione agli organi competenti i quali hanno il dovere di accertarne l'origine e quindi iniziano a svolgere quelle che possiamo definire “indagini preliminari” aventi lo scopo di effettuare una scrematura iniziale. Un esempio che desidero portare ai suoi lettori è quello relativo ai rotori di determinati tipi di elicotteri per il volo notturno che – per esser chiari con chiunque – sono dotati di fonti luminose. Molto spesso accade che queste fonti luminose vengano avvistate ed immediatamente segnalate. Negli uffici competenti, basterà raccogliere orario dell'avvistamento, confrontare le coordinate del luogo in cui l'avvistamento si è verificato e controllare se a quell'ora fossero in corso esercitazioni od attraversamenti di spazio di cielo da parte di velivoli militari (come nel caso dell'elicottero a rotore luminoso) ed ecco che la scrematura iniziale offrirà spontaneamente la risposta!
Diversamente, qualora ogni tipo di incrocio di dati continuasse ad offrire risultati non in linea con le attività di esercitazioni note o meno, ecco che entrano in funzione altri tipi di esperti che eseguiranno altri tipi di approfondimenti sino a trovare una risposta.
D: quante volte le capita di ripassare al vaglio le prove?
R: per correttezza professionale devo rispondere con franchezza e dirle che in realtà, prima di apporre una firma in calce alle mie analisi, ripasso tutti gli elementi al vaglio un numero incalcolabile di volte. Nemmeno io saprei dirle quante, in verità. Possono essere necessari giorni come anche settimane o mesi talvolta. Il mio è uno di quei lavori che devi svolgere per passione altrimenti non ce la puoi fare. A me capita di ripensare ai dettagli dei casi che analizzo anche mentre mi trovo alla guida della mia vettura o mentre sono seduta sulla poltrona di un treno. Non ho orari e spesso vengo colta da illuminazioni nei momenti più disparati della giornata.
D: quindi sarebbe corretto asserire che il suo libro intitolato “UFO a Roma, Volume 1” (l'autrice ha pubblicato diversi volumi aventi ad oggetto il tema UFO consultabili presso il sito della casa editrice ) sia nato collezionando tutte le sue esperienze di una vita professionale dedicata al fenomeno UFO ed aeronautico?
R: in buona sostanza sì. Ma in queste pagine ho inteso portare a conoscenza dei lettori ogni ambito riguardante le tecniche di cui sopra e soprattutto ho voluto donare al grande pubblico un qualcosa di inedito: quel famoso 5% di casi inquadrato ed analizzato da me, con la mia esperienza e la mia credibilità duramente conquistate sul campo in un quarto di Secolo di analisi ufologica.
D: non le chiederò di anticipare i contenuti dell'opera però le chiederò un qualcosa per i lettori di flipnews.org che sono tradizionalmente attenti, curiosi ed esigenti. Negli oltre trecento casi analizzati e riportati nel libro, qual è quello che l'ha maggiormente colpita?
R: ci troviamo presso la tenuta del Presidente della Repubblica Italiana di Castel Porziano. Erano le ore 21:32 del 25 Agosto del 1963. Il Presidente era Antonio Segni, padre del politico Mariotto. A riportare i fatti fu l'autista della vettura presidenziale il quale affermò di aver assistito all'arrivo di un disco volante proveniente dalle sue spalle. L'arrivo di questo oggetto sconosciuto venne accompagnato da forti sibili e da quello che potremmo definire un forte campo magnetico che ha interferito pesantemente con il corretto funzionamento della vettura che stava conducendo. A seguito di uno spostamento della vettura da questo campo magnetico, il motore ha cessato di funzionare e la terra ha cominciato a sussultare. L'oggetto sconosciuto aveva un diametro di circa quindici metri ed era sovrastato da una sorta di torretta posta in posizione centrale.
D: quindi la testimonianza è stata raccolta dalla viva voce dell'allora autista della vettura presidenziale?
R: c'è da dire che la notizia è rimasta per lunghi anni in archivio e nessuno, tranne un ristrettissimo numero di persone autorizzate, ne è entrato a conoscenza. Successivamente, alcuni 007 dei servizi italiani hanno iniziato a parlarne ma sempre con circospezione e prudenza. Fino ad oggi che il caso è noto a noi dell'ambiente e non solo.
D: un tipico esempio di “io so che tu sai che io so”... cambiando prospettiva, si narra che i piloti siano quelli che per forza di causa maggiore abbiano percentualmente più a che fare col fenomeno UFO. È una affermazione che ha del vero o no?
R: in parte è senza dubbio così. Io nel libro, ad esempio riporto il caso di un Ufficiale dell'Aeronautica Militare Italiana il quale, nel 1972, avvistò un oggetto volante discoidale di colore argentato mentre si trovava ai comandi del suo aereo in procinto di atterrare all'aeroporto di Guidonia alle porte di Roma. L'oggetto, come descrivo nell'opera, ha affiancato il pilota e ne ha seguito il volo ad una distanza non superiore ai seicento metri, prima di andarsi a piazzare ad una distanza maggiore per eseguire dei rapidissimi spostamenti nel cielo sull'asse dei punti cardinali.
D: molti si scervellano con ogni mezzo pur di far credere alle persone che il fenomeno non esista e che ogni singolo avvistamento abbia una spiegazione riconducibile alla natura umana. Quindi secondo questa specie di esperti saremmo soli nell'universo e nessun'altra forma di vita è mai entrata in contatto con noi. Le sembra plausibile?
R: questo genere di approccio al fenomeno UFO non ha nulla di scientifico. E per scientifico intendo proprio quell'approccio di cui sopra. Costoro altro non sono che meri esecutori di ordini. Non sono persone pagate per pensare con la loro testa ma pagate per redigere testi e discorsi vuoti, aria fritta. Io li potrei incontrare e mi divertirei moltissimo.
Conclusione: Upton Sinclair usava ripetere che “E' inutile tentare di far capire qualcosa a qualcuno se il suo stipendio dipende dal non capirla”. Costoro – e ne sono più che convinto – sanno benissimo come stanno le cose. Solo che non possono mettersi dalla parte della verità perché altrimenti perderebbero i loro stipendi, le loro trasmissioni, sinanco i loro followers. Là fuori è pieno di cervelli ristretti incapaci di svolgere il benché minimo processo mentale se non grazie all'intervento esterno di qualcun altro che pensa per loro. E questa gente lo sa e ne approfitta in una sorta di incapsulamento darwiniano.
Desidero ringraziarla del tempo dedicatoci e prima di passare ai saluti, vorrei che fosse lei a ricordare ai nostri lettori ed alle nostre lettrici l'appuntamento di Settembre, ormai alle porte.
R: grazie alla FLIP per avermi ospitata e colgo l'occasione d'invitare i vostri lettori e le vostre lettrici all'appuntamento internazionale patrocinato dall'Aero Club Italia che si terrà il giorno 24 Settembre presso la Sala Valle dei Templi dell'hotel Simon sito in Via P. F. Calvi al civico 9 in Pomezia (RM), cui prenderanno parte personalità del mondo aeronautico e non solo. Mi impegno, inoltre, ad offrire un piccolo omaggio a chi ci verrà a fare visita. Tutte le informazioni le potete trovare in tempo reale sul sito https://www.aviationyes.com/
Mai dimenticare mai Napoli” è un’antologia unica ricca di documenti storici del nostro tempo, scritto dalla Poliedrica scrittrice, Poetessa, Vice Presidente Dila Aps Angela Maria Tiberi.
Nel libro sono ricordate tante care persone di grande valore morale e storico che non sono più in questa vita, ma sono sempre con noi attraverso aneddoti mai sopiti e testimonianze che hanno lasciato una traccia indelebile nella storia d’Italia.
La poetessa Tiberi fa rivivere ricordi di persone dall’anima dorata che sono passati a miglior vita, riconoscendo in loro il sigillo di un meritato podio.
Dott.ssa Tiberi sei l’ideatrice e curatrice di questa antologia ricca di spunti umani, da cosa deriva questa idea?
Questa idea deriva dall’amore che ho per Napoli e i napoletani. Io sono cresciuta con i napoletani fin da bambina. Ricordo che avevo cinque anni quando conobbi per la prima volta la famiglia Longobardi che era un caro amico di mio padre. Le famiglie si riunivano a Roma dove vivevano , perché la povera gente si è sempre amata ed aiutata nelle situazioni di difficoltà, avendo come fine la sopravvivenza.
Ho sempre apprezzato incondizionatamente il vero amore e la vera fratellanza che esiste a mio parere solo nella povera gente. Ormai non è più tollerabile l’attitudine di ricchi miliardari dalla mente perversa, che hanno il solo ed unico pensiero di annientare tanta gente, in cambio dei loro sporchi interessi.
Di questa verità se ne ha la conferma tutti i giorni, osservando lo sterminio di incolpevoli esseri umani impiegati in assurde e lunghe guerre. Nel 2023 è inconcepibile che si continui ancora a combattere senza sosta e questo è per me motivo di grande amarezza.
Di cosa tratta questo libro?
Questo libro tratta del sogno della mia vita, l’amore per Napoli, della sua gente e dei miei proficui colloqui con tante persone. “Napoli ombelico del mondo” il mio precedente libro è stato premiato il 3 Aprile 2023 scorso a Montecitorio alla Camera dei Deputati, dal Presidente Internazionale La Sponda, Dott. Benito Corradini.
In “Mai dimenticare mai Napoli” ho inteso proseguire sulle medesime tematiche del libro precedente, con argomentazioni diverse. In questo modo, intendo testimoniare il mio amore per le tante persone di valore che ho avuto modo di conoscere durante la mia esistenza. Di certo preferisco investire i miei poveri risparmi versi i libri piuttosto in situazioni di poco conto.
Cito nel libro persone che hanno lasciato un’impronta in me che non potrò mai dimenticare, come il mio amato marito Vincenzo Ruotolo e Antonella Lavieri. Entrambi erano soli davanti alla malattia, così sono rimasta vicino a loro fino all’ultimo istante della loro esistenza. Tutto questo perché le persone vanno amate e non abbandonate. Giovanni Rotunno lo ricordo come un Poeta di grandi capacità espressive.
Due figure importanti che rimarranno per sempre impresse mei miei ricordi sono inoltre quelle di mio padre e di mia mamma. Mio nonno quando morì lasciò orfani i suoi quattro bambini, (che poi di conseguenza soffrirono la fame), compreso mio padre che aveva sempre gli occhi lucidi quando ricordava il padre. Nel libro c’è una menzione particolare per la persona di mio cognato, Antonio Iuè che a noi ragazzi giovanissimi ci dispensò sempre di amore infinito, ed era un momento particolare in quanto eravamo adolescenti.
Nell’opera non posso fare a meno di ricordare con affetto il mio sfortunato compare d’anello Carlo Longobardi che morì ad Orte con altri quattro amici in un terribile incidente stradale, appena un mese dopo essermi sposata.
Dott.ssa Angela Maria Tiberi, come stai vivendo questo momento?
Attualmente sono una nonna felice e sono contenta di vivere dei bellissimi ricordi che hanno accompagnato la mia vita. Sono lusingata di aver ricevuto circa 270 premi nell’ambito delle mie attività culturali durante gli anni, inoltre sono stata premiata tre volte alla Camera dei Deputati e una volta al Senato.
Nel libro racconto la storia di mio nonno che il prossimo 17 settembre a Milano sarà premiata in presenza del Presidente della Repubblica Mattarella presso palazzo Merino di Piazza della Scala per la silloge "indimenticabile" dedicata a lui Tiberi Angelo Maria medaglia di bronzo". La sollecitazione venne richiesta dell'eroe di guerra Primo Premiolato, medaglia d'argento vissuto tre anni nel Campo di concentramento tedesco dall'età di dodici anni per tre anni . Io ho un desiderio, quello di poter essere un giorno nominata cittadina onoraria di Napoli e vorrei che prima o poi questo sogno si avverasse.
Nell’intestazione del libro c’è un bellissimo ritratto, di cosa si tratta?
E’ raffigurata la Partenope simbolo della città di Napoli, un ritratto della Pittrice e Scultrice Milena Petrarca. Della sua vicenda ne intende ricordare le gesta mitologiche la mia cara amica Milena che visse in una famiglia di grandi personaggi e artisti.
Il mito ricorda la Sirena Partenope che con il suo bellissimo canto cercava di sedurre il giovane Cimone, ma questi la rifiutava. Partenope allora per il dolore si gettò dalla roccia più alta. Le onde portarono il suo corpo fino al golfo di Napoli e precisamente sull’isolotto di Megaride.
Rispetto al libro precedente in che cosa differisce “Non dimenticare mai Napoli” ?
Io non amo ripetere le stesse cose, scritte nel libro precedente, ma intendo evidenziare altre linee culturali di Napoli che ha una vasta storia. In questa mia opera mi sono dedicata alla canzone napoletane del Festival di Napoli e alla poesia che ha cominciato a farmi conoscere la figlia di Sergio Bruni.
C’è anche il ricordo di Federico Salvatore che mi regalò la bella prosa del padre donata dal figlio Iuri. Tutta l’Italia è piena di meraviglie e noi tutti dobbiamo essere orgogliosi di essere italiani, che nonostante siano sparsi nel mondo, contribuiscono a diffondere la nostra cultura.
Tra i tanti personaggi importanti che cito nel libro vorrei ricordare Mario Fratti che è stato uno degli uomini più rappresentativi al mondo, grande drammaturgo, scrittore e saggista. Con questo mio libro vorrei lasciare un’ impronta indelebile e a tale proposito mio zio eroe di guerra, medaglia d’argento, era solito dirmi “ Finchè vivi scrivi e cerca di farlo soprattutto a favore della pace, perché l’umanità deve conoscere l’importanza di questo valore.
Grazie Dott.ssa Angela Maria Tiberi.
Un libro utilissimo di Benjamin Abelow, al di là dei pregiudizi e delle faziosità politico-mediatiche.
Lo storico statunitense Benjamin Abelow, con il suo Come l’Occidente ha provocato la guerra in Ucraina, si è guadagnato la piena riconoscenza di tutti coloro (non moltissimi, purtroppo) che, insoddisfatti delle strabiche schematizzazioni politico-mediatiche ricorrenti, continuano ad interrogarsi in merito alle cause profonde del conflitto in corso fra Russia e Ucraina.
Come ha ben scritto Luciano Canfora nella sua Prefazione, su una materia che è diventata spesso “oggetto di rissa mediatica e di sbuffi di intolleranza”, libri come questo, privi di faziosità preconcette e “fondati essenzialmente su documenti”, meritano di essere salutati con gioia, in quanto utili a recuperare lucidità di analisi e oggettività di giudizio, virtù sempre più rare e, pertanto, sempre più preziose.
Si tratta, tra l’altro, non di un tomo corposo e ridondante, bensì di un agile e leggibilissimo libretto di una settantina di pagine, ovvero di un piccolo manuale densamente ricco di informazioni, una sorta di impagabile “Bignami sul contesto politico ed i retroscena internazionali nei quali si inserisce la tragedia della guerra.” *
“Il mio obiettivo - scrive Abelow al fine di evitare equivoci e facili etichettature - non è difendere l’invasione, ma spiegare perché è avvenuta. La maggior parte dei cittadini occidentali ha sentito una spiegazione unilaterale e semplicistica di come è nata questa guerra. Ovvero che l’Occidente è tutto buono e la Russia è tutta malvagia. Cerco di pareggiare quel conto. La verità può essere dolorosa, ma è comunque essenziale, perché se non diagnostichi correttamente un problema, non sarai in grado di trovare una soluzione.”
Come ha dichiarato Richard Sakwa (professore emerito di Politica russa ed europea all’Università del Kent), Abelow ha saputo dimostrare, in modo chiaro e convincente, che la crisi in Ucraina era “prevedibile, prevista ed evitabile” e che, di tale crisi, gli Stati Uniti sono i principali reali responsabili, per via della loro trentennale storia di crescenti, sistematiche ed insistenti provocazioni, iniziate fin dal processo di disgregazione dell’Unione Sovietica.
“Una storia di provocazioni, di accumulo di minacce militari, e di sfide politiche che è stata completamente oscurata, ignorata e cancellata dai leader politici delle nazioni europee e dai mass media, che hanno presentato lo scatenamento del conflitto (azione certamente ingiustificabile e criminale come tutte le guerre), come un fatto inspiegabile, frutto dell’impazzimento di un novello Hitler, deciso a soggiogare tutta l’Europa, in preda ad un delirio di potenza.” *
Che cosa sarebbe accaduto - si chiede Abelow - se gli Stati Uniti avessero agito diversamente?
Ossia, se:
E sarà pur vero, come molti dicono (rischiando, però, di scivolare nel determinismo o nel giustificazionismo), che la storia non andrebbe fatta con i “se”, ma chi potrebbe ragionevolmente dubitare che, se gli Stati Uniti e i loro alleati della NATO non avessero fatto tutto questo, molto probabilmente la guerra in Ucraina non sarebbe scoppiata?
Inoltre, gli americani facendo arrivare fiumi di armi in Ucraina, sospingendo il governo ucraino su posizioni intransigenti nei confronti della Russia, promettendo fantasmagoriche e rapide ricostruzioni dopo la guerra, proponendo di incorporare l'Ucraina alla NATO, invece di ricercare e sostenere un negoziato nel Donbass tra il governo ucraino e gli autonomisti filorussi, non hanno fatto altro che favorire l’ineluttabilità del conflitto.
Tutto questo, quando, secondo il già menzionato Richard Sakwa, Zelenskij avrebbe potuto evitare la guerra pronunciando soltanto cinque parole: "L'Ucraina non aderirà alla NATO".
Gli USA, fornendo 33 miliardi di aiuti all'Ucraina, di cui 20 miliardi in armi, si preparano a una lunga guerra piena di insidie, che potrebbe condurre le economie europee sull’orlo del baratro ed oltre. Continuando a cercare ad ogni costo la sconfitta della Russia, l'Occidente, inoltre, sta (quanto inconsapevolmente?) favorendo il consolidamento dell'alleanza tra Russia e Cina.
Ma come non comprendere le ineludibili potenzialità autodistruttive insite nel progetto americano di distruzione della Russia?
La via d'uscita da questa minaccia, secondo Abelow, è davanti ai nostri occhi:
sforzarsi di trovare un ragionevole quanto realistico accordo con Putin. Un accordo, cioè, che contempli l’impegno dell'Ucraina alla neutralità, il ritorno ai confini prebellici (senza riprendersi la Crimea) e l’autonomia della regione del Donbass.
In conclusione, possiamo dire che il libro di Abelow ha veramente molti pregi, facendo emergere, fra le varie cose, quanto sia stata grande e colpevole la cecità dei leader europei che, di fronte alle strategie imperialistiche statunitensi, hanno finito per dare prova di un “livello di deferenza e di codardia tali da essere quasi inconcepibili”.
Ma ha probabilmente ragione Domenico Gallo nell’affermare che il merito maggiore del libro di Abelow è quello “di far comprendere che non si possono valutare gli eventi internazionali se non si è capaci di mettersi nei panni dell’altro. Il libro stimola il lettore a porsi una domanda di una semplicità disarmante: “come reagirebbe Washington se la Russia stringesse un’alleanza militare con il Canada e poi piazzasse basi missilistiche a cento chilometri dal confine con gli Stati Uniti?” ” *
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*https://www.articolo21.org/2023/03/come-loccidente-ha-provocato-la-guerra-in-ucraina/
BENJAMIN ABELOW
COME L’OCCIDENTE HA PROVOCATO LA GUERRA IN UCRAINA
FAZI EDITORE
Questa autobiografia supportata in senso dialettico da una Intervista (come fa Fellini nel film del 1987, che presenta proprio quel titolo) è un libro fresco, senza pretese, senza retorica, senza falsa modestia, un libro di confessioni che è costruito come un testo di Svetonio, cioè un libro che racconta, racconta e offre spiragli di avvenimenti piacevoli e aneddoti ricchi di sapori, sempre raccontati con una autentica modestia priva di qualunque narcisismo, scanditi in un indice di eccezionale aderenza al testo (Il “demone” dello spettacolo prende il sopravvento; il mestiere dell’attore; i grandi incontri; l’avventura del film calabrese su Cesare Pavese; la tristezza e la nostalgia: a Roma con la Calabria nel cuore; non solo attore: varie e (soprattutto) eventuali; "Altro di me non vi saprei narrare").
Entri nel testo sempre in punta di piedi, come un osservatore attento di quella vita che ruota intorno a te e allo spettacolo, ossia al teatro, al cinema e alla televisione, con una discrezione e un rispetto, che ti permettono di descrivere e di fornire i dettagli dei tantissimi attori e dei cineasti a vario titolo, guardati dietro le quinte e dietro i set. Ci sono i cromosomi della tua carriera, a cominciare dalle recite con tua sorella a Bellizzi, destinate ai tuoi genitori. Tutto è gustoso e con un sapore gradevole, che sazia la curiosità quanto basta, senza mai scendere nel pettegolezzo o nell’autocompiacimento. Molto bello l’episodio del bacio con un’attrice, quando entrambi sbagliate la scena per ripetere molte volte il bacio, che ovviamente vi piaceva ripetere (“Mi chiedono spesso se sia possibile prendere una “sbandata” per una collega mentre si gira una scena d’amore. Certo che è possibile! Può succedere in tutti gli ambienti, in un ufficio o in un ospedale, anche se qui la vicinanza fisica ‘aiuta’. Di solito però, finito il lavoro, molte ‘storie’ terminano. A me è successo nel 1987 in un film per Rai Tre in costumi settecenteschi. C’era un feeling pazzesco con l’attrice protagonista che dovevo baciare con trasporto: baci veri, ovviamente. E io sbagliavo apposta le battute per ripetere la scena e baciarci ancora. La mia partner lo capì e sbagliava apposta anche lei. Insomma, ci piacevamo. Finito il film la collega mi telefonò per rivederci, ma per una serie di circostanze non fu possibile e ci perdemmo di vista. Seppi poi che si era sposata felicemente con un facoltoso gentiluomo e si era trasferita”). Ci sono le tue ricerche, le tue curiosità, i tuoi studi, da La TV di Mussolini alla Morte di Kennedy, alla Guerra del Viet-Nam, che scandiscono e rivelano i fuochi dei tuoi interessi di storico e di ricercatore, ma c’è anche l’emersione delle tue radici e il tuo grande amore per il mondo pugliese, come affermi esplicitamente (“La Puglia è la mia infanzia”), ma anche calabrese: insomma il sud e la Magna Grecia, del quale, in compagnia di illustri attori (da Arbore a Lino Banfi a Maurizio Micheli, nato a Livorno ma cresciuto a Bari, a Checco Zalone ecc.) rivendichi la conoscenza precisa cogliendo gli aspetti salienti di quella cultura antropologica, dichiarandoti orgogliosamente in un altro momento milanofobo di fronte a un leghista romanofobo. C’è anche il destino che ti era segnato di diventare pilota militare all’Accademia Aeronautica di Pozzuoli, al quale, fortunatamente, ti sottrasse il TEATRO.
C’è lo stato d’angoscia che prende un attore quando rimane in attesa per mesi che squilli il telefono, c’è il risvolto malinconico di che cosa significhi essere un attore e il continuo rischio di perdere la stima di se stessi. Molto bello è l’incontro con Fellini accanto a Fiammetta. [Fellini è stato un mio caro Amico e di lui conservo, oltre a tanti ricordi, sei letter autografe, compresa l’ultima, scritta nel maggio 1993, a quattro mesi dalla sua morte, che lascerò in eredità alla fondazione]. C’è anche il mondo del doppiaggio e insomma tutto lo spettro del mondo dello spettacolo, del quale hai partecipato tutta la vita in punta di piedi, nutrendoti di tutto quello che quel mondo ti offriva e che tu sapevi cogliere e decodificare, e che oggi racconti, quasi tirando le somme, consapevole che ogni momento, ogni episodio, ogni incontro (tra tutti meraviglioso è l’incontro con Sergio Leone, che racconti come in una sceneggiatura per un film), erano le varie tessere, tutte interessanti, che formavano l’intero mosaico. Forse l’incontro più umanamente denso di elementi profondi è quello con i due comici Ciccio Ingrassia e Franco Franchi, che getta molta luce sulla grande differenza dei due caratteri e sulla consapevolezza del significato della parola “attore”. Tu lo racconti in uno stile scarno e asciutto, ma rivelatore, anche grazie a questo tuo stile, di quello che i Latini chiavano histrio e i Greci υποκριθής, ossia il termine “attore” nel suo significato più profondo, che tu non hai mai dimenticato e che anzi, avendo anche esercitato per un breve periodo l’attività di insegnante, potrai oggi trasmettere a eventuali aspiranti attori affinché sappiano dall’inizio che cosa giace a livello semantico nella parola che usiamo con eccessiva semplificazione e superficialità (istrione e ipocrita): “A Canale 5 invece ebbi modo di lavorare con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia in uno sketch a Buona Domenica, negli studi Safa Palatino di Roma (dove fra l’altro, in quei giorni, conobbi Alberto Sordi). Erano una strana coppia, legata da amore/odio, come due vecchi coniugi che stanno insieme da una vita. Durante le prove Ciccio impose a tutti il silenzio e contestò una gag di Franco, dicendo che quelle erano pagliacciate.
A pausa mensa si divisero, immusoniti. Io capitai al tavolo di Franco, che mi disse, ancora di malumore: “Non vuole pagliacciate! Pazzesco! Ma non ha ancora capito che noi siamo due pagliacci?”. Un episodio monumentale, che dice tutto e potrebbe essere portato come esempio in tutti coloro che aspirano a diventare attori, facendo capire loro che, alla base di tutto (compreso Diderot e Brecht) c’è la coscienza di “esercitare un mestiere come un altro”. Una parola sul caro Amico Carlo Croccolo e alla sua confessione che ha trasmesso anche a me a proposito della sua relazione con Marilyn Monroe. Il libro è pieno di tanti aneddoti (per esempio quello di Nino Manfredi che decide all’ultimo istante di essere lui a dire la battuta conclusiva nello sketch pubblicitario “più lo mandi giù e più ti tira su”, destinata a te o anche quella analoga con Buzzanca). Io stesso mi vedo citato a proposito della francesizzata “Nini Pampan”, ossia Silvana Pampanini in una sera piovosa a via del Babbuino. Meravigliose e numerose sono le illustrazioni che completano il libro. Insomma questa tua bellissima autobiografia, non parla solo di te, ma parla del significato stesso dell’attore; delle sue speranze, dei suoi desideri, delle sue amarezze, delle sue malinconie, insomma del suo mestiere. Il motivo per cui questo testo affascina sta proprio nel fatto che racconta, senza alterarla, la pura VERITÀ.
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Il libro intitolato “L'era del pupazzanesimo”, scritto dallo storico contemporaneista Andrea Signini, utilizza lo scontro bellico tra Russia ed Ucraina come chiave interpretativa di gran parte dei codici comunicativi propri quell'architettura mondialista che si affanna a confinare l'Uomo del Terzo Millennio all'interno di un perimetro in cui tutto è artefatto, precostituito ed organizzato secondo schemi studiati ad hoc. Una sorta di truman-show in cui la popolazione del blocco occidentale e/o occidentalizzato rappresenta l'oggetto dell'ennesima sperimentazione di massa che altro non è che un agghiacciante tentativo di riprogrammazione culturale volto a ridurre se non addirittura ad azzerare le capacità stesse di discernimento di ognuno/a di noi. Saranno Lorsignori a doverci imporre cosa pensare e quando pensarlo? Ma chi sono costoro? Chi li rappresenta? Come agiscono ed in nome di chi operano?
A queste ed altre domande, l'autore risponde all'interno di queste pagine che potete acquistare direttamente sul sito di Amazon al seguente link:
Difficile di questi tempi conoscere la verità su qualsiasi argomento. Per decenni, durante il secondo dopoguerra, siamo stati immersi nell'ideologia pseudo-occidentale, ma più che altra mercantilistica, che ha proposto e imposto Valori, Principi, Prassi e Costumi non necessariamente utili ma in cui credere ciecamente. Una volta assorbita e assimilata la componente ideologica ci siamo trovati immersi nella manipolazione dell'informazione. È stato un passaggio obbligato perché le falsità proclamate dalle ideologie avevano bisogno di una comunicazione che le perpetuasse. La manipolazione ci ha tragicamente fatto perdere la cognizione della verità. Eppure tutti dicono di cercarla perfino nella sua forma superlativa: il verissimo.Così il Vero, che dovrebbe già essere assoluto, si riduce a un “quasi” vero, in parte vero, non del tutto vero che permea la sfera cognitiva e la altera. Il vero e il falso si compenetrano e confondono. Sappiamo però che chi dispensa facili verità è un millantatore o un imbonitore, un truffatore che carpisce la buona fede. Chi cerca la verità sfidando le menzogne sa di partire perduto. Rischia di arrestarsi dinanzi ai primi ostacoli e se li abbatte e distrugge presto si trova isolato perché le loro macerie si ammassano dietro di lui e lo separano dal resto del mondo. La vita è molto più facile se credi a tutto ciò che ti dicono, se non approfondisci niente, se ti accontenti di ciò che ti viene somministrato in modo suadente anche se palesemente falso.un truffatore che carpisce la buona fede. Chi cerca la verità sfidando le menzogne sa di partire perduto. Rischia di arrestarsi dinanzi ai primi ostacoli e se li abbatte e distrugge presto si trova isolato perché le loro macerie si ammassano dietro di lui e lo separano dal resto del mondo. La vita è molto più facile se credi a tutto ciò che ti dicono, se non approfondisci niente, se ti accontenti di ciò che ti viene somministrato in modo suadente anche se palesemente falso. un truffatore che carpisce la buona fede. Chi cerca la verità sfidando le menzogne sa di partire perduto.Rischia di arrestarsi dinanzi ai primi ostacoli e se li abbatte e distrugge presto si trova isolato perché le loro macerie si ammassano dietro di lui e lo separano dal resto del mondo. La vita è molto più facile se credi a tutto ciò che ti dicono, se non approfondisci niente, se ti accontenti di ciò che ti viene somministrato in modo suadente anche se palesemente falso.
In questi giorni la vicenda del rapimento e l'uccisione di Aldo Moro avvenuta 45 anni fa è descritta, ricostruita e commentata dal generale Piero Laporta in un libro autoprodotto disponibile in libreria e su Amazon: “Raffiche di bugie a via Fani” (ISBN9798385587193) . Il titolo è già indicativo del metodo avviato dal generale per riprendere la vicenda che non solo toccò emotivamente tutta la nazione, ma che espose l'Italia al primo vero pericolo per la propria sopravvivenza democratica: il terrorismo.Non quello internazionale che comunque già insanguinava mezzo mondo, ma quello interno perpetrato dalle frange nere neofasciste e quelle rosse comuniste con legami interni con apparati dello Stato, criminalità organizzata e massoneria e collegamenti internazionali con i servizi segreti di vari paesi “alleati e amici ” e “non alleati e non nemici”.
Piero Laporta è generale dell'Esercito proveniente dall'Arma del Genio. Fa parte di quella sparuta schiera di ufficiali che hanno detto e scritto mentre erano in servizio cose che nessuno si aspettava ma abbastanza di buon senso e ragionate da non poter essere censurate. La porta ha spesso toccato i limiti della libertà di espressione concessa anche ai militari (per graziosa elargizione della democrazia) ma sempre con una tale sagacia e franchezza da non poter essere impugnata contro di lui. Semmai i condizionamenti ei tentativi manifesti di silenziamento sono venuti dall'esterno del mondo militare invitandolo “a nozze” in un terreno che presto lo ha visto maestro e divertito contendente: quello giudiziario.Un ambito nel quale si è specializzato nella lettura e l'interpretazione delle leggi, delle relazioni ufficiali, dei reperti, delle escussioni testimoniali proprio attraverso l'esame degli atti che legislatori, magistrati, avvocati, esperti e consulenti stilavano e che spesso assieme ad accusa e contestazioni contenevano plateali svarioni ed errori grossolani. Con questa esperienza, gratificante e comunque pagata di persona, Laporta ha superato vari ostacoli aprendo la strada italiana ad un metodo di analisi diverso: non la ricerca della verità ma la ricerca delle bugie, delle menzogne volontarie e involontarie, frutto di pregiudizi ideologici o di semplici castronerie.Il metodo non è certo nuovo e quasi tutta la letteratura del giornalismo investigativo si basa sulla ricerca delle bugie e dei “vizi” di forma e sostanza. Sono bastate due o tre menzogne rivelate sul Vietnam per portare alla fine della guerra e alla sconfitta materiale e morale degli Stati Uniti. Un paio di bugie esposte dal Watergate hanno liquidato un presidente degli Stati Uniti, altre due sono ora esposte per liquidarne un altro, mentre un'altra serie di rivelazioni sull'Ucraina denuncia la fallacia dell'intera narrazione occidentale su quella guerra e sui suoi veri scopi e responsabile. La novità assoluta di Laporta e del suo libro sta nel fatto di esporre un racconto massa di bugie, incongruenze e mistificazioni da rendere l'intera storia conosciuta di quel delitto incredibile.Una sola di esse sarebbe sufficiente per avere uno scoop giornalistico ea promuovere una revisione di tutta la verità giudiziaria o extragiudiziaria ormai consolidata. Ma Laporta le espone tutte, e tutte assieme le ripete e ribadisce: in maniera brutale e raffinata, sottintesa e aperta, quasi alla ricerca di uno scontro con tutti. Uno che scontro possa portare in tribunale qualcuno e lui stesso dandogli modo di riaprire il “caso Moro” su basi nuove se non di prove almeno di dubbi legittimi e fatti ritenuti incontestabili diventati più che contestabili e inaccettabili anche e soprattutto a distanza di quasi mezzo secolo .Le “bugie” denunciate da Laporta riguardano tutta la vicenda: non furono soltanto quattro terroristi fai da te a sparare su Aldo Moro ma “lo Stato e le BR”, professionisti del crimine e dei servizi segreti. Aldo Moro non era a via Fani quando fu massacrata la sua scorta; dopo 55 giorni di prigionia chi gli sparò al cuore non volle firmare il delitto ma nascondere le torture inflitte. Il riferimento dell'autopsia sul suo corpo è incompleto. Ci fu un traditore, un Giuda, forse, ma lo Stato stesso tradì Moro. E le sue lettere dalla prigionia contengono sotto forma di complicati anagrammi informazioni preziose sulla verità. Non c'è un aspetto della vicenda sul quale Laporta non espone la falsità.E di esse è certo, non perché sia depositario di una verità nascosta ma perché la narrazione e le conclusioni “ufficiali” che lui e altri pochissimi analisti hanno acquisito e verificato nel corso di quasi mezzo secolo fanno acqua da tutte le parti e la verità, qualunque essa sia, spilla dai fori delle raffiche di bugie rischiando di disperdersi irrimediabilmente. Sono i documenti a parlare ei ragionamenti razionali ad elaborare i dubbi che la Magistratura, in questo Laporta è chiaro, ha l'obbligo di dirimere individuando esecutori e mandanti. Quelli veri. Non è un compito facile. Lo stesso lavoro di Laporta lo complica con collegamenti inesplorati o volutamente tralasciati da parte delle autorità competenti e dei media.La porta non finge di essere asettico e distaccato, è passionale e vuole dimostrarlo con le parole enfatizzate, i puntigli esasperati, le ripetizioni, le annotazioni, gli aggettivi e gli insulti, e con la stessa grafica zeppa di “accidenti”. Egli partecipa emotivamente con foga e una prospettiva critica e “militare” formata e de-formata dagli anni della guerra fredda – gli anni di Moro- in cui bisognava credere in un mondo minacciato da un Grande Male e difeso da un Grande Bene. Insiste sulla matrice tutta italiana del delitto ma cita ripetutamente Cia e Kgb apparentemente per esonerare la prima e accusare il secondo, mentre per Stasi (Germania Est) e altri Servizi nazionali e stranieri è più che esplicito.Il suo modo di chiamare la Disinformazione operata dallo stato italiano e dai nostri media con il nome russo Desinformatsiya non è un vezzo linguistico ma una chiara allusione alla matrice ideologica e operativa sovietica che secondo lui sarebbe alla base di tutta la disinformazione globale. Un primato forse meritato ai tempi di Stalin ma che l'Occidente dovrebbe reclamare dopo mezzo secolo di sistematica disinformazione istituzionale. Tuttavia, toni e visioni personali a parte, il cumulo di bugie denuncia da Laporta fa del suo libro qualcosa di più del semplice “sasso nello stagno”. Il libro non provoca onde concentriche che pian piano approdano alle rive. Ogni pagina lancia un macigno e tutte assieme provocano onde che interferiscono fra di loro, annullandosi e amplificandosi,finendo per sollecitare e collidere con le accuse ei sospetti di complottismo, revisionismo, disinformazione che puntualmente toccano chi non si adegua ad una narrazione precostituita. Il risultato è la creazione di una turbolenza generale, una vera e propria tempesta che modifica lo “stagno”, di per sé allegoria dell'immoto e del putrido. Ma anche questo non è casuale: Laporta, con le sue cannonate contro le raffiche vuole bonificare lo stagno anche a costo di eliminarlo: acqua e fango. Esponendo le bugie egli esaminò la melma che ricopre questa vicenda e che è tuttora in fase di accrescimento ed espansione anche in altri campi.
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L'autore del libro: Piero Laporta – Dal 1994, osservate le ambiguità del giornalismo italiano (nel frattempo degenerato) Piero Laporta s'è immerso nella pubblicistica senza confinarsi nei temi militari, come d'altronde sarebbe stato naturale considerando il lavoro svolto a quel tempo, (Ufficio Politica Militare dello Stato Maggiore della Difesa). Ha collaborato con numerosi giornali e riviste, italiani e non (Libero, Il Tempo, Il Giornale, Limes, World Security Network, ItaliaOggi, Corriere delle Comunicazioni, Arbiter, Il Mondo e La Verità). Ha scritto “in Salita, vita di un imprenditore meridionale” ed è coautore di “Mass Media e Fango” con Vincenzo Mastronardi, ed.Leonardo 2015. (leggi qui: goo.gl/CBNYKg) Oggi, definitivamente disgustato della codardia e della faziosità disinformante di tv e carta stampata, ha deciso di collaborare solo con Stilum Curiae, il blog di Marco Tosatti. D'altronde il suo più spiccato interesse era e resta la comunicazione sul web, cioè il presente e il futuro della libertà di espressione. Ha fondato il sito https://www.pierolaporta.it per il blog OltreLaNotizia. Lingue conosciute: dialetto di Latiano (BR) quasi dimenticato, scarsa conoscenza del dialetto di Putignano (BA), buona conoscenza del palermitano, ottima conoscenza del vernacolo di San Giovanni Rotondo, inglese e un po' di italiano. È cattolico, non apprezza Bergoglio e nemmeno quanti lo odiano, sposatissimo, ha due figli.(dal sito: https://www.pierolaporta.it/author/pierolaporta/ ) Lingue conosciute: dialetto di Latiano (BR) quasi dimenticato, scarsa conoscenza del dialetto di Putignano (BA), buona conoscenza del palermitano, ottima conoscenza del vernacolo di San Giovanni Rotondo, inglese e un po' di italiano. È cattolico, non apprezza Bergoglio e nemmeno quanti lo odiano, sposatissimo, ha due figli. (dal sito: https://www.pierolaporta.it/author/pierolaporta/ ) Lingue conosciute: dialetto di Latiano (BR) quasi dimenticato, scarsa conoscenza del dialetto di Putignano (BA), buona conoscenza del palermitano, ottima conoscenza del vernacolo di San Giovanni Rotondo, inglese e un po' di italiano. È cattolico, non apprezza Bergoglio e nemmeno quanti lo odiano, sposatissimo, ha due figli.(dal sito: https://www.pierolaporta.it/author/pierolaporta/ )
L'autore della recensione : Fabio Mini è generale del Corpo d'Armata dell'Esercito Italiano ed è stato Capo di Stato Maggiore del Comando NATO del Sud Europa e comandante della missione internazionale in Kosovo. Ha comandato tutti i livelli di unità meccanizzate ed ha prestato servizio negli Stati Uniti, in Cina e nei Balcani. Ha diretto la Comunicazione della Difesa e l'Istituto Superiore di Stato Maggiore Interforze. Laureato in Scienze strategiche con Master di secondo livello, specializzato in Scienze umanistiche e Negoziato internazionale è commentatore di geopolitica e strategia militare. È Consigliere della Fondazione ICSA e membro della Società italiana di Storia Militare. Scrive, tra l'altro, per le riviste “Limes” e “Geopolitica ” , collabora con “l'Espresso” ed è editorialista de “Il Fatto Quotidiano”. È autore di numerosi saggi e una decisione di libri. Tra gli ultimi pubblicati: L'Europa in guerra , La guerra dopo la guerra; Soldati; Mediterraneo in Guerra; La guerra spiegata a...; Eroi della guerra; I guardiani del potere e perché siamo così ipocriti sulla guerra? Per la Libreria Editrice Goriziana (Leg) ha curato le edizioni italiane di Guerra senza limiti dei colonnelli cinesi Qiao Liang e Wang Xiangsui, Fanteria all'attacco di Rommel, i Diari di Hitler, Paride di B. Liddel Hart e altri.È Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana e Commendatore dell'Ordine Militare d'Italia. Tra le insegne straniere è Officer della Legion of Merit Usa ed è insignito delle medaglie al merito militare della PRC e del Kosovo.
Per gentile concessione di Vision & Global Trends
(Storie vere di anziani e di malati rari)
Maddali e Bruni edizioni
Vi sono libri che hanno l'intento di fare comprendere quell'oltre lasciando il lettore arricchito interiormente dove la riflessione diventa tarlo emozionale e la sensazione della nostra impotenza umana si trasforma in specchio dove riflettersi e chiedersi se tutto ciò, potrebbe fare parte di noi.
"Guarda con i miei occhi" per esempio è uno di questi libri. Scritto da un medico, un dottore che della propria vita ha dedicato gran parte, vicino ai malati più fragili, più indifesi e spesso non compresi: gli anziani con le loro malattie legate all'età ma anche a persone non abili e a patologie complesse; malattie rare, forme maligne, depressioni e sofferenze psicologiche- Si tratta del dott.re Carlo Mugelli, medico chirurgo, specialista in geriatria e gerontologia di Firenze che attraverso una scrittura appassionata e emozionale ci trasporta nelle vite di alcuni suoi pazienti dove la disabilità fisica e psicologica hanno minato i loro giorni.
Il lettore che intraprende questa lettura coinvolgente fin dall'inizio, viene immediatamente attratto dal linguaggio letterario dell'autore, un linguaggio che ci trasporta con emozionalità nelle storie di alcuni suoi pazienti che ha tenuto nel cuore e nella mente tanto da riportarle con delicatezza e umanità fra le righe. Vi saranno momenti di rimembranze cliniche del dottore dove evocherà tutte quelle esperienze che lo hanno reso l'uomo e il medico che oggi è. Ogni storia fa male, fa pensare, fa intuire le varie complessità. Storie dove si intuiranno le difficoltà dell'uomo e del medico che non possono scindersi e che per questo vivono due vite a sé: quella di chi per professione deve gestire con le giuste modalità deontologiche il malato e quella dell'uomo che ha pietà, comprensione e vive il coinvolgimento umano/emozionale che spesso è costretto a soffocare per ovvi motivi. Mugelli non solo si limita al racconto della propria esperienza con il malato, ma ne esprime anche le difficoltà familiari di chi vive ogni giorno senza esperienza alcuna quelle patologie che trasformano i nostri cari e nonostante tutto li vigilano con amore.
Si esprimerà anche su quelle realtà quando non tutti gli affetti sono reali e dediti all'amore e dove il malato diventa peso da sostenere delegando altri al sostentamento come un qualsiasi pacco postale. Di tutto questo l'autore ne sente il dolore perché l'uomo a volte sovrasta (per fortuna) la professione.
Ci saranno ricordi, memorie mai dimenticate, aneddoti, si comprenderà quanto il dottor Mugelli fin dagli anni universitari fosse portato alla comprensione e al rispetto del malato, quanto di quei giorni gli sia rimasto dentro ad insegnamento perpetuo ancora adesso. Nelle sue parole pare di sentire la voce di Adolfo, di Mara, del signor Taddeo, di Cesare, della nonna che s'inventa otto nipotini, di Annamaria detta Dudy di Mary sorella di Gianni, di tutto coloro che sono stati toccati da malattie rare, degli anziani che non ricordano nulla, dell'amico perduto e di tutti quelli che grazie ai medici attenti, impegnati, rispettosi del malato rendono il mondo migliore. Un libro che tutti dovrebbero leggere poiché la vita può catapultare ognuno i noi in situazioni che mai penserebbe di vivere né personalmente né trasversalmente. La vita è preziosa e forse ce ne rendiamo ancora più conto solamente nei momenti difficili.
Da pochi giorni è uscito il libro "Una vita di emozioni" di Anna Rita Bassani A&A Marzia Carocci; pagine d'amore e di ricordi verso la propria madre Maria Fortunato scomparsa
recentemente a 100 anni. Era una poetessa introspettiva che ha saputo catturare le immagini ei sentimenti interiori facendone parole in versi ma soprattutto una donna dalle grandi qualità umane che ha saputo trasmettere i propri sentimenti materiali e spirituali con amore e intensità emotiva alla figlia Anna Rita.
Il libro ripercorre aneddoti, rimembranze e spaccati di vita di Maria Fortunato, una donna sempre impegnata in percorsi umanitari, un'attitudine all'ascolto, all'aiuto, alla comprensione. Anna Rita, attraverso le parole stampate, pare prenderla per mano e fa rivivere un passato che non può essere sepolto ma sottolineato per il valore e la potenza che solo l'amore e la dedizione verso l'altro possono osare . Le fotografie inserite nel libro ci rendono ancor più vivo e vivido il carattere e la forza d'animo di una donna che va ricordata e conosciuta attraverso le poesie, i racconti, gli episodi della sua lunga vita. Una donna dagli occhi buoni, dall'eleganza innata che anche dalle pagine di un libro riesce a trasmettere empatia in chi la osserva comprendendone la forza fatta anche di fragilità emozionali. Nella lettura ci rendiamo immediatamente conto di quanto alcune persone non conosciute dai più, abbiano qualcosa che fa la differenza; Maria Fortunato era una di queste.
D-Anna Rita, chi era tua madre?
R-Era una persona generosa e sensibile di fronte alla sofferenza e al dolore umano.
a sua sensibilità non le permise di essere indifferente rispetto al grande mistero della vita e, nonostante i suoi lunghi anni, riuscì sempre a provare emozioni giovanili.
La mamma era una “senza età”.
D- Cosa amavi di più in lei?
R- Affrontava i problemi con calma e serenità, senza trascurare il punto di vista altrui e con l'occhio sempre attento ai propri errori. Mi diceva spesso: “Tesoro non ti preoccupare, a tutto c'è rimedio”. Amavo in lei il suo pensiero profondo e la capacità di scavare nell'animo umano. Era un piacere ascoltarla!
D_ Tua madre ha svolto assistenza nei consultori pediatrici questo negli anni '60, cosa ti ha raccontato di quel periodo?
RI bambini che afferivano ai consultori pediatrici, vivevano in contesti familiari spesso disagiati, con casi frequenti di mamme in difficoltà e figli con problemi psico-fisici. A volte, si presentava la necessità di svolgere un'assistenza non solo medico-sanitaria ma anche sociale e, in questi casi, la mamma prestava servizio a domicilio, con tanto impegno e passione. Al servizio pediatrico in sede, dotato di dispensario di latte in polvere, si affiancava il consultorio mobile , accolto con successo nel territorio da mamme che con i loro bambini affollavano le piazze e accoglievano il personale sanitario con grande entusiasmo.
D- Nel libro parli di una casetta di cartone che tua mamma costruì per te: vuoi parlarcene?
R-Era una casetta delle bambole che, in miniatura, racchiudeva tutte le comodità di una casa, fin nel piccolo dettaglio d'arredamento. Con le sue magiche mani riuscirono a trasformare semplici scatole di cartone in una cucina arredata, in un salone con porta e in una splendida camera da letto, con armadio e toilette, tutto con decorazioni colorate con stoffa e carta adesiva. Fu una grande sorpresa per me trovare la magica casetta come regalo di Natale!
D- Nel libro scrivi che tua mamma ha iniziato a scrivere poesie in un momento di particolare dolore, questo è usuale in chi si accinge in questo tipo di letteratura. Vuoi dirci cosa spinse mamma a scrivere i propri sentimenti in versi?
R-La spinta motrice che la indusse a comporre poesie fu una voce interiore che voleva dar vita ai suoi sentimenti, alle sue emozioni, ai suoi stati d'animo, come la solitudine, che fu il primo motore. Fu la stessa voce che le permise di tradurre in versi il suo passato, che portava sempre nel cuore.
D- Cara Anna Rita, hai un ricordo particolare che non hai annotato nel libro e che vorresti dirci?
R-Il primo giorno di scuola, la nonna le raccomandò di scrivere con la mano destra, dal momento che la mamma era mancina. Con grande sforzo e concentrazione ottenuta nell'impresa e compose i primi segni sul quaderno, proprio con la mano destra. Un vero miracolo!
D- -Dio o il nulla eterno-fu un mantra emotivo che tua mamma sentiva interiormente. Vuoi parlare?
R Il dubbio sul mistero della vita, ha sempre accompagnato e affascinato la mamma e, nello stesso tempo, ha arricchito il suo pensiero, con una spinta emozionale verso l'assoluto, verso un Dio universale, unità di tutte le cose. Di fronte all'immensità sentiva dentro di sé una grande emozione, proprio come recitò nella poesia “La speranza “: In un abbandono travolgente / nello sconfinato universo mi trovai / dove la speranza, / motore della vita, / è l'ultima a morire .
D- Quali sono stati gli insegnamenti profondi che tua mamma è riuscita a impartirti?
e quale domanda non le hai mai fatto e che adesso vorresti farle?
R-Ha stimolato in me il pensiero logico, aiutandomi ad acquisire consapevolezza delle mie emozioni, senza trascurare il punto di vista altrui. Mi trasmise un approccio empatico verso la vita, che mi aiuta a sentirmi “parte di un tutto”.
Alla seconda domanda rispondo così:
Cara mamma,
con me hai vissuto una vita d' intense emozioni che ti hanno reso felice. Qual è l'emozione più grande che ti è rimasta nel cuore?
Credo che la sua risposta sarebbe stata: “quando ti ho stretta per la prima volta sul mio grembo”.
D- Prima di lasciarci cara Anna Rita mi piacerebbe che in poche righe dicessi a chi ti legge perché hai voluto ricordare mamma e se vuoi, al termine, regalaci una sua poesia.
Fu Antonietta Risolo a propormi di scrivere la sua storia. Con entusiasmo accettai, con il proposito di rendere sempre vive le sue emozioni e lasciare una testimonianza della sua vita meravigliosa.
Tra le sue poesie, scelgo quella che dà il titolo alla sua ultima silloge e che rappresenta una parte della sua personalità:
Testa tra le nuvole
Piange, ride e si dispera
quella bimba che non vuol capire
e, ribellandosi, inseguir vorrebbe
quel mondo che ritrovar non puote.
“Che colori, che luce, che sussurìo,
in quel fantastico mondo!....
c'è sempre l'alberello, dai candidi e profumati fiori
coi provvidi rami tesi,
per riabbracciarla
in un ampio
che fermar vorrebbe il tempo.
E le altalene improvvisate
o con la corda pendente dalla ringhiera della scala,
o con la tavola da letto bilanciata su due pezzi di tufo,
in attesa dei piccoli amici
che proiettar si lasceranno in volo.
E sono tutti lì, timidi e indecisi,
ma pur sempre felici,
ora attorno a Bobi che la zampa alza in segno di saluto,
ora dietro al gattino che ratto attraversa il cortile
e alle farfalle che rincorrer si lascian.
E che dire, infine, di testa tra le nuvole,
seriamente occupata a far mangiare
le patatine fritte alla sua bambina
ea seppelir, pietosamente,
quell'uccellino dalla breve vita?
E' tutto intatto e immacolato,
in quel mondo che non può svanire
perché, ribelle e mai paga,
c'è sempre quella bimba
che non vuol morire.
Per educare al futuro troviamo in libreria “Quale mondo quali futuri”, l’ultimo libro pubblicato dall’editore Asterios per il Movimento di Cooperazione Educativa. Destinato a docenti, educatori, operatori socioculturali, ambientalisti, ricercatori, giovani sensibili a questi temi e che vogliano intraprendere un percorso didattico sul futuro, il libro è stato scritto da Giancarlo Cavinato, Marta Fontana, Leonardo Leonetti e Patrizia Scotto Lachianca, autori impegnati da lunghi anni con il MCE nella formazione, per una scuola democratica e cooperativa.
Degrado ambientale, mutamenti climatici, disuguaglianze sociali, riduzione crescente delle risorse del pianeta, con conseguenti trasmigrazioni di popoli, pandemie e nuovi focolai di guerra rendono sempre più incerto il nostro futuro.
L’impatto di tali problematiche sui giovani è molto forte e impegna i docenti nell’offrire ascolto e comprensione per i loro bisogni e a ricercare nuove strategie didattiche, per trovare insieme risposte e speranze per il futuro.
Nato da riflessioni ed esperienze del gruppo Educazione alla pace del MCE, “Quale mondo quali futuri” realizza un percorso di formazione e laboratori didattici per alunni, docenti, educatori e sostenitori dell’idea che futuri alternativi sono possibili e necessari. Così come è necessaria un’educazione attenta al Pianeta, agli esseri viventi, all’ecologia della mente, alla convivenza pacifica, con l’obiettivo di una vita dignitosa e giusta per tutti. Le indicazioni e le proposte concrete esposte nel libro sono orientate in questa direzione. Il testo, alla luce dell’Agenda 2030, della Carta della Terra e dei nuovi paradigmi conoscitivi, affronta come sviluppare, attraverso giochi e attività operative, una coscienza planetaria e la consapevolezza della necessità dell’impegno e della responsabilità di ciascuno.
Il libro è composto di un ricco repertorio di oltre 70 giochi, attività e simulazioni organizzate per obiettivi, temi, materiali occorrenti, istruzioni per insegnanti ed educatori, da proporre a bambini e ragazzi a partire dai 6/7 anni. Alcune attività sono adatte anche alla scuola secondaria.
Le schede-proposta possono essere utilizzate anche per lezioni di educazione civica, in linea con le Indicazioni nazionali.
Collana MCE. Narrare la scuola
Formato 16 x 23
Illustrazioni b/n e colore
Pagine 192
Prezzo di copertina e 23,00
ISBN 9788893132343
Acquisto disponibile presso www.asterios.it
http://www.mce-fimem.it/pubblicazioni/mce-libri/narrare-lascuola/
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* Rosaria Cetro , dirigente scolastico, componente MCE della redazione per la collana Narrare la scuola.
Lo scrittore comasco Silvio Foini è tornato in libreria con il suo ultimo romanzo a titolo "Contado del Seprio Morbus" per i tipi dell'editore varesino Macchione.
Si narra di una terribile pestilenza intorno all'anno 1460 dc che infuriò nelle contrade del Seprio, territorio longobardo. Carestie e morti decimarono le povere popolazione contadine e si dovette ricorrere all'arguzia di un monaco, priore di un piccolo convento di Varese, sostenuto da una divina apparizione per debellarla. Il romanzo ruota attorno al monastero di Torba, oggi patrimonio Unesco, ed al paese di Gor, oggi Gornate Olona.
Il romanzo è l'ultimo dei quattro sulla saga del Seprio medievale, iniziato con "IL MONASTERO DEL MALE" Newton Compton seguito da altri tre sempre per l'Editore varesino Pietro Macchione assoluto interprete del territorio della provincia di Varese. Del primo è stata fatta un'edizione di audiolibro visibile su internet. I romanzi hanno ottenuto un buon seguito in tutta la provincia di Varese e Como.
La bella copertina ad alto impatto visivo è stata realizzata da una giovane, studentessa di nome Gaia Petrarca residente nel territorio del Seprio ed appassionata della sua storia millenaria.
In occasione di un incontro culturale tenutosi presso uno degli ultimi circoli romani in cui si investe ancora il tempo seguendo interessanti confronti tra studiosi, ho casualmente incrociato tal Gabriele Furiosi. Personaggio azzimato, curato tanto nell'estetica quanto nel linguaggio. Sono rimasto colpito dalle sue analisi e dal promettente lavoro che è in procinto di dare alle stampe entro la prossima estate. Raggiunto poi telefonicamente, ho avuto modo di intervistarlo. Il testo che segue, è la fedele trascrizione della comunicazione occorsa.
D Ho avuto modo di assistere al suo intervento a margine dei lavori dedicati alla “Conferenza sui condizionamenti delle masse”. Ho trovato davvero interessanti sia i dati scientifici menzionati, sia l’approccio multidisciplinare impiegato per scandagliare i comportamenti delle masse medesime in relazione coi sistemi del vero potere. Mi aiuti a comprendere più da vicino alcuni elementi della sua persona e questo modo di approcciare al tema.
R Su di me, credo ci sia ben poco da dire. Son semplicemente uno studioso, un ricercatore indipendente. La mente, il cervello, il comportamento, la politica e, più propriamente la natura umana nel suo complesso ed il suo ambiente di riferimento, son stati per trent’anni e, continuano ad esser l’oggetto esclusivo delle mie indagini. Ciò che però senza dubbio, mi distingue dagli altri uomini di scienza, è l’aver recisamente e pervicacemente ricusato sin da giovane l’approccio iperspecialista del nostro tempo, edificando financo una nuova disciplina, la neuropsicobiopolitica applicata all’ambiente.
D Neuropsicobiopolitica applicata all'ambiente! Una sorta di nuova disciplina? In sintesi: qual è la radice di questa indagine sui meccanismi della Natura Umana e qual è la missione di questo innovativo approccio allo Studio?
R Come preaccennatole, ho informato gran parte della mia vita allo studio della natura umana e, di quelle determinanti endogene ed esogene, ovvero biologico-ambientali, che ne hanno condizionato e modellato nel tempo l’espressione genetico-comportamentale. Ben tosto mi son però avveduto che nessuna disciplina, presa singolarmente, era invero in grado d’esplicar e dar conto dell’ineffabile complessità umana: struttura, funzione, cognizione, comunicazione, interazione, comportamento ed ambiente. Ciononostante, l’organismo umano viene ancora studiato a compartimenti stagni, ed alle diverse aree ed organi corrispondono altrettante discipline scientifiche non comunicanti tra loro, sebbene sia stato ormai ampiamente dimostrato che sistema nervoso, endocrino ed immunitario interagiscano costantemente tra loro e con l’ambiente. Ciò mi ha indotto appunto a dar vita alla neuropsicobiopolitica applicata all’ambiente, che contempera gli studi di neurofisiologia, endocrinologia ed immunologia, con quelli di psicologia, filosofia, economia e politologia.
D Durante il suo intervento, ho avuto modo di appuntare “la teoria neurobiologica rivoluzionaria” sul mio taccuino. Ora le domando: per cosa si contraddistingue “la teoria neurobiologica rivoluzionaria” e su quali fenomeni intende gettare luce?
R Una parte delle mie ricerche, ha avuto come oggetto i processi di aggregazione, conflittualità, dominanza e gerarchia all’interno dei sistemi gruppali, consentendomi alcuni anni fa d’individuar il più importante meccanismo neurobiologico alla radice della socialità in genere e dei processi d’attaccamento, gregarismo e leadership in particolare. In altre parole, il succitato meccanismo - che ho chiamato “monofobia”- esplica ed enuclea cosa induca gli individui a ricercar una figura guida e, come si strutturino le gerarchie all’interno del gruppo. Come suggerisce il suo nome, la mono-fobia è un’avversione innatista all’isolamento, la cui filogenesi è riconducibile al rischio di predazione a cui l’isolamento espone. Più propriamente, è un meccanismo neurobiologico difensivo congenito di risposta automatica che viene elicitato da segnali di minaccia e da sensazioni d’insicurezza ed incertezza, spingendo il soggetto a fugar appunto l’isolamento ed a superar il pericolo e l’impasse decisionale ricercando sicurezza, protezione e collaborazione attraverso la connessione sociale con una figura guida o con il gruppo. È d’uopo tuttavia considerare che i livelli basali della monofobia, così come dell’ansia, son tratti stabili della personalità e son ovviamente variabili da soggetto a soggetto.
D In che modo questo “meccanismo neurobiologico” verrebbe a collegarsi al tema ambientale? Quali relazioni sottendono al collegamento tra le due sfere?
R I dati raccolti nelle mie annose e pluridisciplinari ricerche, mi hanno di fatto persuaso che gli organismi non possono che esser studiati e compresi a principiar dalla loro relazione con l’ambiente e, dal loro inesausto modificarsi nel conato di adattarvisi. Potremmo definir la relazione tra organismi ed ambiente, come una coevoluzione biologico-culturale in cui organismi ed ambiente si condizionano reciprocamente. È tuttavia patente che l’uomo, avendo sviluppato metodi plurisecolari di trasmissione culturale e tecnologie sempre più avanzate, sia in grado di condizionar l’ambiente in modo ben più marcato e pervasivo. Tecnologie, che numerosi Stati non esitano ad impiegar tanto sui propri cittadini, quanto su quelli di altri paesi. Mi riferisco ad esempio all’impiego di software spia per controllar politici, giornalisti, ricercatori, medici, attivisti e dissidenti, o alla costante manipolazione dell’informazione attraverso il capillare controllo dei principali media, al fine di orientar e condizionar il pensiero e la percezione della realtà nelle masse.
Già nell’aprile del 2021 nel mio articolo “Libertari e Sicurtari”, evidenziai che le élite dominanti avevano preso contezza che i popoli tendono a barattar la propria libertà, se credono possa esser a rischio la propria sicurezza. Pertanto - statene pur certi - faranno in modo che codesto stato di emergenza ed assoggettamento si protragga il più a lungo possibile, giacché è proprio sulla teme ed insicurezza delle masse che si regge il loro mendace dominio. Come infatti ho seppur concisamente dianzi esplicato, i fattori di minaccia - reali o fittizi che siano - attivano la “risposta monofobica” un meccanismo neurobiologico congenito d’allerta e difesa, che spinge appunto gli individui a ricercar protezione, sicurezza e rassicurazione nell’autorevolezza di una figura guida - sovente incarnata da una figura socialmente autorevole - e o nella connessione con il gruppo. Non è certo un caso che ormai da trent’anni si passi senza soluzione di continuità da un’emergenza all’altra, sia essa economica, bellica, terroristica o pandemica. Mi corre altresì l’obbligo evidenziar che il costante ed artatamente reiterato allarmismo propalato da media e politici non impatta meramente su comportamenti e stati d’animo. Codesti fattori stressogeni - come è ampiamente dimostrato - oltre ad abbassar le difese immunitarie e ad esser cagione di disturbi d’ansia e dell’umore, possono ad esempio comprometter il funzionamento delle surrenali, della tiroide, delle gonadi, del sistema gastroenterico, del cuore e dell’encefalo. Oggi gli studi epidemiologici hanno ampiamente dimostrato che l’eziopatogenesi di molteplici morbilità e mortalità è riconducibile alle risposte neurofisiologiche di adattamento agli stress ambientali. Pertanto - come dimostrerò nel mio trattato - non è possibile studiar in modo approfondito l’uomo, prescindendo da un approccio pluridisciplinare e dal suo ambiente di riferimento, nonché da quei fattori politici e geostrategici che contribuiscono a foggiar il suddetto ambiente. Ambiente, in cui gran parte dei disagi sociali, son invero ahimè artatamente creati dalle politiche imperialiste di taluni Stati e da un’empia cleptocrazia finanziaria, proprio per mantener in un costante stato di prostrazione e sottomissione i popoli.
D Sottomissione dei popoli, cleptocrazia finanziaria... uno scenario corrispondente all'amara realtà dei tempi correnti. Si riconoscono, sostanzialmente, i segnali allarmanti di un futuro ancor più distopico...
R … La complessità del momento presente e, l’impegno che ci attende, potrebbero esser sintetizzati in un mirifico passo di Miguel de Cervantes “combattiamo contro tre giganti, mio caro Sancho: l’ingiustizia, la paura e l’ignoranza.” Ebbene, nell’attuale società neoliberista, l’individuo e la sua autodeterminazione son stati sacrificati sull’altare dell’utile, della competitività e della crescita illimitata, che di fatto nei paesi maggiormente industrializzati stanno accrescendo pauperismo, sperequazione, disagi psichici, consumo di antidepressivi e suicidi. In una società siffatta, non v’è ovviamente spazio per la libera ricerca e, chi intenda intraprenderla non ha altra strada che “il passaggio al bosco”. Cionondimeno, è d’uopo rammentar che nessun governo, sia esso monarchico, oligarchico o democratico, possa reggersi senza il consenso popolare e, le misure autoritarie e liberticide imposte da molti governi nel periodo pandemico, hanno di fatto determinato l’attraversamento di quella linea, di quel meridiano zero di jungeriana memoria che hanno suscitato la riprovazione e la rivolta - pacifica e via internet, s’intende - di numerosi intellettuali. Dai loro articoli, ha così preso abbrivo quel “processo di decondizionamento delle masse”, che da un lato sta appunto minando la capacità di condizionamento sociale della propaganda mediatico-governativa e, dall’altro sta riunendo gruppi di ricercatori indipendenti, intellettuali e liberi pensatori dal cui impegno ed ingegno stanno germinando le premesse di un mondo nuovo. Ma che cos’è un uomo in rivolta? Camus risponderebbe “un uomo che dice no… questo no afferma l’esistenza di una frontiera.” E, sebbene la battaglia sarà lunga e complessa, Codesto è irrefutabilmente il prodromo d’un cangiamento epocale, in cui la comunicazione che per oltre un secolo è stata meramente verticale, ossia dai media ai cittadini, non solo ha cominciato a circolare anche in modo orizzontale - ovvero da cittadino a cittadino - ma a determinarne il successo son finalmente i leader naturali, non un potere iniquo ed autoreferenziale. Ciò ovviamente minaccia la capacità di governi e media di orientar e condizionar le masse e, credete a me, questo sarà il campo di battaglia su cui l’uomo moderno combatterà la sua prossima e più importante battaglia, quella per la Libertà.
E, sebbene la battaglia sarà lunga e complessa, auspico e mi lusingo che la pubblicazione della mia opera e l’innovativa teoria neurobiologica ch’essa espone, possano da un lato favorir il dialogo con le istituzioni e, dall’altro addivenir un infungibile strumento d’esegesi politica ed un baluardo contro le minacce, le pressioni e le manipolazioni del Leviatano.
Chi desiderasse mettersi in contatto con l'intervistato, può farlo inviando una mail a: This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.
Roma, Gennaio 2023
“… i soldi girano il mondo dove vogliono loro, le fabbriche di armi e quelle farmaceutiche sono le grandi potenze che decidono da che parte deve tirare il vento. E noi, in questo orizzonte, cos'altro siamo se non dei poveri maialini d'allevamento, la cui salute, farmacologicamente controllata, ha un unico fine, quello del rendimento? "
SUSANNA TAMARO
Non so quanti, nel mondo della cultura e dell'editoria e, in particolare, nel mondo cattolico, si siano accorti dell'ultimo libro di Susanna Tamaro, Tornare umani*
Certamente se n'è accorta Selvaggia Lucarelli che, in maniera goffamente sarcastica, ha tentato di ridicolizzare la Tamaro, riuscendo soltanto a dare, una volta di più, convincentissima dimostrazione della sua incapacità di confrontarsi con chi ama e pratica il ragionamento e non le mere baruffe dell'insulto volgare e dell'anatema.
E se ne sono anche accorti, fortunatamente, Gilberto Corbellini e Alberto Mingardi che, sul Foglio del 31 ottobre, hanno dedicato al libro della Tamaro una recensione ampia e riccamente argomentata, non priva di qualche riserva, ma fondamentalmente orientata a sottolinearne e a valorizzarne i contenuti .
Tornare umani è un libro che ha molti meriti e che, pertanto, potrebbe rappresentare uno splendido cadeau natalizio o capodannizio da raccomandare senza esitazione a provax convinti (soprattutto) oppure apostati, a novax, freevax ed anche bohvax.
Si tratta, infatti, prima di ogni altra cosa, di un libro onestissimo e coraggioso, nato dall'amarezza di chi, in questi terribili anni di dichiarata pandemia (funestati da coercizioni vacciniste, demonizzazioni antinovax e “ comportamenti sociali aberranti ”, in cui il virus più pericoloso in circolazione è stato quello “ della paura, dell'ignoranza, del fanatismo e della violenza ”), si è dolorosamente riconosciuto vittima delle menzogne dei governanti del proprio Paese.
La Tamaro, infatti, come tante altre persone nel mondo, si è inizialmente trovata ad accogliere l'invito pressante ed assillante a sottoporsi all'iniezione di Stato, dogmaticamente celebrata come unica possibile risposta all'Apocalisse incombente, per poi accorgersi, giorno dopo giorno , dei tanti aspetti ingannevoli di tutto l'ingranaggio pseudoscientifico e delle strategie mediatico-governative volte a trascinare l'intero Paese in quella che lei definisce “ una vera e propria guerra civile ”.
Forse il pregio maggiore del libro è rappresentato dall'estrema sincerità che caratterizza l'Autrice nel ricostruire un quadro fedele di quanto accaduto e dei cambiamenti inquietanti da lei riscontrati all'interno della nostra società, conducendo un'analisi critica di apriorismi ideologici e di faziosità di ogni genere, e limitandosi ad osservare la realtà fattuale nella sua dolorosa crudezza, con lucidità di intelletto unita a poetica attitudine all'empatia.
E sono davvero molte le pagine che andrebbero menzionate, esaminate e dibattute, sia quando ci parla di come i media hanno diffuso e fomentato la paura, sia quando si chiede come sia stato possibile che tanto rapidamente si siano “ diffusi comportamenti che di scientifico non hanno nulla ” (come l'impiego paranoico e delirante delle mascherine), sia quando si interroga sull'ingannevole efficacia dei salvifici sieri vaccinali, nonché sull'imbarazzante livello etico dei nostri presunti salvatori (ovvero le pluricondannate case farmaceutiche, con Pfizer in primissima linea) …
Ma c'è un capitolo fra i tanti che merita in modo particolarissimo di essere letto e riletto, un capitolo che, in una scuola del futuro, auspicabilmente restituito al rispetto dei diritti umani e delle verità storiche e scientifiche, meriterebbe di essere inserito in qualche splendida antologia o in qualche sapiente libro di storia o di educazione civica: quello intitolato Errare humanum est .
In esso, dopo aver preso atto dei vizi procedurali che hanno consentito la somministrazione dei cosiddetti vaccini senza il rispetto dei necessari processi di controllo e di verifica sperimentali (e, quindi, dell’impossibilità di prevedere i loro effetti a breve, a medio e, soprattutto, a lungo termine), e dopo aver constatato che, oramai, “si hanno le prove sul campo che il susseguirsi di dosi in tempi ravvicinati non fa altro che creare danni sempre più gravi al sistema immunitario”, tanto che “i danni ormai superano i benefici”, conclude che i nostri governanti dovrebbero ringraziarci per aver creduto alle loro promesse (tanto da “essere stati obbedienti come topolini bianchi davanti alla pressoché infinita varietà di limitazioni imposte alla nostra vita”), e successivamente abbandonare “i toni autocelebrativi” e sentirsi chiamati a “chiederci perdono”.
Perdono per il servizio sanitario nazionale distrutto,
le autopsie vietate,
la sudditanza alle case farmaceutiche,
la Tachipirina e “vigile attesa”,
l’”infinità folle di regole che di scientifico non avevano nulla, ma di vessatorio molto”.
“Perdono alle forze dell’ordine, costrette a inseguire i cittadini onesti”,
ai negozianti e ai ristoratori ridotti alla bancarotta,
perdono ai bambini costretti a indossare la mascherina.
Perdono “per tutti i morti chiusi in sacchi neri”,
“per i silenzi della magistratura, dei sindacati, di tutte quelle persone che per anni hanno esaltato la Costituzione più bella del mondo e, all’arrivo del virus, si sono dimenticati di questa bellezza.”
Perdono “alle persone costrette a vaccinarsi per non perdere il lavoro”,
agli anziani isolati nelle Rsa,
a tutti coloro a cui, per mesi, “è stato cancellato il diritto di esistere nella società”.
Il perdono, dice Susanna, è “linfa vitale di ogni rapporto umano”, ma, purtroppo, non ci è ancora dato cogliere segnali in tale direzione. I politici che dovrebbero invocarlo, infatti, proseguono vergognosamente a praticare imperturbabili il “rito dell’autoincensamento”.
“Lungi dal dare spazio a un sentimento umano come il perdono, - scrive, a conclusione del capitolo - abbiamo imboccato la via di una deriva transumana che affonda le radici in una pagina nerissima della storia collettiva.”
Tornare umani è un libro dalle molte anime: un po’ lucida analisi sociologica, un po’ tagliente “j’accuse”; un po’ zibaldone dalle amare riflessioni filosofiche e un po’ toccantissimo lirico diario interiore.
Un libro, insomma, dai forti contrasti, che oscilla fra cupi scenari di sapore apocalittico e orizzonti luminosi di speranza. Fra la dura condanna di una politica che ci sta rubando l’anima e che sembra aver adottato gli allevamenti intensivi come “paradigma della futura umanità” e la convinzione che il nostro cuore sappia portarci ancora alla compassione, alla misericordia, all’umiltà, insegnandoci a chiedere perdono alla “nostra cara amatissima Terra” e a tutte le meravigliose creature che vivono in lei, vittime innocenti della nostra sciocca ignoranza.
Giunti alla fine del libro, sarà veramente arduo, ne sono certo, riuscire a non trovarsi in felice sintonia con la Tamaro nel suo approdare ad una sorta di francescano misticismo, e con il suo rivolgersi, con immensa gratitudine, alle amate (sorelle) rondini :
“ Siano benedette dunque le rondini.
Sia benedetto il segreto nascosto nel mondo.
Sia benedetto lo stupore dello sguardo di ogni creatura chiamata alla vita .
*SUSANNA TAMARO
TORNARE UMANI
edizioni Solferino (settembre 2022)
L'attuale conflitto russo-ucraino, affonda le proprie radici in tempi cronologicamente non
distanti da oggi. Tempi che assumono tutt'altra estensione se inquadrati sotto l'ottica geopolitica da
dove si potrebbe arrivare a parlare – per assurdo – di un'era geologica fa. Il motivo di questa
“distorsione percettiva” risiede tutta nel fatto che la divulgazione offerta a partire dal tristemente
noto 20 Febbraio 2014 (massacro di Piazza Maidan a Kiev) dai mass media afferenti all'universo
del cosiddetto mainstream abbia deliberatamente seguito piste tutt'altro che convergenti a seconda
dell'obbiettivo da raggiungere nei diversi archi di tempo occorsi in questi nove anni.
L'inquinamento dei pozzi dell'informazione è solo uno degli strumenti utilizzati nell'intento di
riuscire a pilotare le menti e le coscienze della popolazione soprattutto occidentale. Infatti, non va
dimenticato che i tre quarti di mondo estranei al mainstream godano di tutt'altro regime relativo alla
teoria ed alla tecnologia dell'informazione e posseggano prospettive diametralmente opposte circa le
dinamiche che hanno condotto il pianeta sull'orlo di una guerra atomica per volontà degli stessi
occidentali sedicenti democratici.
Dunque, allo scopo di far chiarezza in questo mare di menzogne ad orologeria, ho deciso
d'intervistare Francesco Amodeo. Senza ombra di dubbio, il giornalista italiano più esperto in
smascheramenti. Sua la locuzione:
“Complottista è chi racconta cose incredibili che non può
dimostrare. Io ho dimostrato cose incredibili che non potevano essere
raccontate”.
Da questo incontro è nata la seguente intervista. Chi avrà l'opportunità di leggerla, ne uscirà
con una prospettiva scevra da qualsivoglia aspetto retorico negativo e sfavorevole. Ma soprattutto
ricaverà il dato essenziale: la capziosità dei “professionisti dell'informazione” non si arresta
nemmeno davanti alla minaccia nucleare.
D:
Il titolo del suo ultimo successo editoriale s'intitola “Perché il conflitto è NATO”. Al di là dell'acuto
gioco di parole, qual è il carattere dominante dell'opera e – se c'è – qual è la scintilla che ha acceso
l'iter delle complesse ricerche?
R:
In buona sostanza, si tratta di un esercizio che possiamo paragonare ad una sorta di imponente
riassunto. Un lavoro di emeroteca che ho inteso condurre allo scopo di sbattere la realtà in faccia a
chi, incurante dei danni provocati da una distorta informazione, si ostini a farne di nuovi ogni
giorno arrivando persino a contraddirsi pur di continuare ad assecondare i desiderata di scaltri
editori mossi da interessi spesso inconfessabili. E per riuscire in questo intento – salvo rarissime
eccezioni – ho fatto uso di fonti esclusivamente occidentali. Statunitensi in primis; ovvero quelle
provenienti dalla Nazione che più di tutte ha interesse a mantenere celati determinati aspetti per
scongiurare scomodi conflitti senza confini, per intenderci.
Poi, quando mi sono sentito sicuro e soddisfatto del materiale raccolto, non ho fatto altro
che riunire le tessere, dando così forma ad un mosaico completo intelligibile a chiunque.
La parte iniziale mi ha particolarmente impegnato. Non è stato facile ripercorrere quelle
che erano state spacciate come le ragioni ufficiali che avrebbero portato Putin a prendere le
distanze dall'Alleanza Atlantica e da altri riferimenti internazionali, e ridare forma a quello che
una forma non aveva. È il solito giochino volto a responsabilizzare solo ed esclusivamente un
soggetto per farlo apparire pericoloso, sporco e cattivo agli occhi dell'opinione pubblica. Si
definisce propaganda. Ed è proprio questa la prima vittima di cui liberarsi se si ha intenzione di
fare le cose come si deve.
Per venire alla seconda parte della domanda, rispondo dicendo che la scintilla che ha
acceso l'iter delle ricerche è riconducibile al massacro di Piazza Maidan del 2014. Anche qui,
stesso copione: da un lato la versione secondo cui il popolo sarebbe sceso in piazza al fine di
ottenere le dimissioni dell'allora Presidente ucraino Janukovyc accusato di non aver inteso
sottoscrivere determinati accordi europei perché ritenuto mero fantoccio nelle mani di Putin; e
dall'altro chi vedeva in quel bagno di sangue di innocenti un vero e proprio colpo di Stato ai danni
![]() |
Francesco Amodeo |
del popolo ucraino poi costretto a nuove elezioni sotto asfissiante controllo statunitense affinché
dalle urne uscisse un premier inviso alla Russia ma ben visto dai controllori.
Stante il fatto che la verità è una solamente, mi sono messo a studiare per ricostruire con
documenti alla mano se Janukovyc fosse realmente filorusso o meno. Io stesso vengo individuato
come filoputiniano da coloro i quali sono impegnati da mattino a sera a raccontare menzogne solo
perché racconto la verità vera e non mi allineo a quella ripetuta dal mainstream.
D:
Si accennava alle diverse fonti giornalistiche occidentali. Quale, tra le molte consultate, le ha
consentito di dare il là al lavoro di recupero delle tessere del mosaico?
R:
Senza dubbio un articolo apparso sul settimanale tedesco Der Spiegel risalente al 2014. Pezzo che
ho ampiamente citato nel mio lavoro. In esso si riportava chiaramente che l'ex Presidente ucraino
non fosse affatto filo-russo e men che meno filo-putiniano. Anzi: Putin stesso – si legge sempre in
quell'articolo – “aveva disprezzo per Janukovyc” in quanto costui agisse alla costante ricerca di
stringere accordi con chiunque fosse stato in grado di garantire prosperità all'Ucraina. Per costui,
Russia o Europa non erano che interlocutori dai quale ottenere le condizioni migliori, non so se mi
spiego: stava applicando i criteri politici a vantaggio del proprio popolo, esattamente quello che
qualunque premier dovrebbe fare.
D:
Ci aiuti a comprendere più da vicino la natura di questi accordi che l'ex Presidente ucraino fosse
intenzionato a portare a casa e per quali ragioni si è poi giunti al massacro di gente innocente.
R:
L'Europa stava cercando in tutti i modi di applicare una sorta di Troika in territorio ucraino
mediante l'imposizione dell'abbassamento del prezzo del gas di un folle 40% e la svalutazione della
moneta locale del 25%. E pur di far cadere nel tranello l'amministrazione ucraina, aveva fornito
allo stesso Janukovyc grafici e prospetti inattendibili contenenti cifre sballate e relazioni
inattendibili redatte da una società privata tedesca. Ecco perché costui arrivò a parlare di
“suicidio politico” ad un passo dalla fine del proprio terzo mandato. Prova ne è che i medesimi
conteggi fatti dalla Germania sulle perdite che avrebbe avuto l'Ucraina nel chiudere i rapporti con
la Russia risultavano 50 volte inferiori rispetto alla realtà. Un'assurdità! Ed ecco spiegato il motivo
per cui egli divenne dall'oggi al domani un “tremendo putiniano nemico dell'UE”. Il resto è storia,
come preciso nelle oltre 530 pagine della mia opera.
D:
Potrebbe accennare al ruolo svolto dal Fondo Monetario Internazionale nella faccenda dei fondi da
destinare all'Ucraina in quell'anno?
R:
Il ruolo svolto dal FMI fu quello di rispondere a Janukovyc che siccome si era rifiutato di
sottoscrivere gli accordi così come presentati dall'UE e siccome si era rifiutato di attuare le riforme
di cui sopra (riduzione costo del gas e svalutazione monetaria) la sua richiesta era da ritenersi
nulla ed inammissibile. Ergo, all'ex premier non rimase che accettare l'offerta di Mosca ma così
facendo non fece che cadere nell'altra trappola che il progetto “WIN TO WIN” escogitato da EU e
USA prevedeva. In parole povere, egli non avrebbe avuto speranze di essere rieletto o comunque
avrebbe affamato il suo popolo lasciando la Nazione nelle mani del sistema cleptocratico che ben
conosciamo. Altrimenti si sarebbe ritrovato isolato e con un esercito di manifestanti orchestrati da
“fondazioni” riconducibili ai soliti “filantropi” che lo avrebbero costretto alla fuga se non a
rimanere appeso a qualche lampione.
D:
La storia che il FMI abbia rifiutato l'occasione di sfruttare una Nazione ricca come l'Ucraina suona
un po' curiosa. Thomas Sankara, martire per eccellenza, rivelò al mondo come funzionasse il
meccanismo di vampirizzazione delle risorse. Qual è la sua riflessione in merito a questo
inspiegabile diniego?
R:
Credo che sia giunto il momento di far luce sul ruolo svolto da una donna nota a pochi la cui
influenza internazionale è devastante. Sto parlando della statunitense Victoria Nuland, attuale
Sottosegretario di Stato USA. Al tempo impegnatissima sul fronte ucraino sempre con la medesima
carica, l'equipollente del Viceministro degli Esteri italiano per intenderci. Costei fece di tutto per
mandare in fumo le aspirazioni di Janukovyc di ottenere fondi dal FMI poiché intenzionata a
mettere le mani direttamente dentro ai meccanismi del governo ucraino, chiaro? A lei ed agli USA
di Obama già fiaccati dalla pessima performance in Siria in cui proprio l'appoggio russo aveva
messo in crisi Washington, non era sufficiente far rientrare l'Ucraina tra le Nazioni
finanziariamente schiavizzate ma intendevano proprio farne un loro possedimento confinante con
la nemica russa. Lei e non altri ha messo in piedi quella rivolta a Kiev. Tant'è vero che
nell'intercettazione con l'ambasciatore in loco, lei aveva già comunicato la lista dei nomi di chi
avrebbe dovuto assumere formalmente il potere, riferendo il nome del primo ministro da lei stessa
individuato nella persona di Yatsenyuk.
Quello che davvero lascia a bocca aperta è che nessuno del mainstream abbia mai mostrato
o commentato la figura di questa americana in Piazza a Kiev che si faceva riprendere sul palco
assieme ai rivoltosi che avrebbero avuto la loro parte in commedia. Tutti accompagnati dagli
slogan dell'invasato neocons McCain che arringava col microfono in mano: “Voi avete bisogno
dell'Europa e l'Europa ha bisogno di voi”. Una messinscena surreale interpretata da una coppia di
stranieri che stava ordendo piani occulti a danno di un intero popolo sino al momento in cui è
scoppiato l'inferno con ammazzamenti inenarrabili che hanno visto una sola regia.
D:
Qualcuno ha idea di chi fossero i “cecchini” che hanno aperto il fuoco sulla Polizia e sui
manifestanti? Per quale ragione non ne venne catturato ed interrogato nemmeno uno? Da chi erano
pagati e quale sarebbe stata la loro nazionalità?
R:
Rispondo attingendo ancora una volta al Der Spiegel in merito ad una intercettazione telefonica
che ho riportato nel mio lavoro. Vi erano coinvolti da un capo della linea l'allora Ministro degli
Esteri estone Urmas Paet e dall'altro l'Alta Rappresentante per la politica estera e la difesa dell'UE
Catherine Ashton; colei che venne poi sostituita nel ruolo dalla Nogherini. Ebbene, in quella
conversazione l'estone – che era appena rientrato da una visita ufficiale proprio a Kiev – affermò:
“Tanto tra le persone quanto tra i manifestanti ci sono stati morti
ammazzati da cecchini. E quegli stessi cecchini uccidevano persone su
entrambi i fronti. Ho l'impressione che dietro a questi cecchini non vi sia
Janukovyc ma qualcuno della nuova coalizione filo-occidentale”.
D:
Si è fatto un'idea sul come mai proprio in Germania i suoi colleghi giornalisti siano stati i primi ad
aver osato raccontare i fatti per come stessero?
R:
Ritengo opportuno ricordare che nel 2014 la Germania a trazione Merkel non avesse alcun tipo di
evidente frizione con la Federazione Russa. Anzi! L'accordo di fornitura del gas godeva di ottima
salute e garantiva all'industria tedesca tutto l'approvvigionamento necessario a costi pattuiti e
concordati. Nulla a che vedere con i macabri resoconti di oggigiorno. La stampa indipendente
interna stava semplicemente riportando i fatti, niente di così eccezionale. Per giunta i tedeschi
hanno una sorta di handicap nei confronti dell'uso della violenza. Una ferita tutt'ora aperta e mal
digeriscono scene come quelle occorse in Piazza Maidan per giorni e giorni.
D:
Ricapitolando, abbiamo due necons americani intenti a selezionare fisicamente i futuri burattini da
piazzare a capo dell'Ucraina; un Presidente con l'acqua alla gola ed un'intera nazione inondata di
propaganda dem-pro-nato. La domanda è: non manca nessuno all'appello o c'è ancora qualche losco
figuro dietro le quinte?
R:
C'è e risponde al nome di Gyorgy Schwartz, più conosciuto come Geroge Soros, [arcinoto
“filantropoH” con l'H finale come scienzaH, NDR]. Costui, in quel 2014, rilasciò un'intervista alla
CNN, intervista poi ripresa pure da IlSole24Ore in cui si piccava impunemente di “aver contribuito
a rovesciare il governo filo-russo”. Egli, al pari dei succitati McCaine e Nuland, era certo che non
appena gli USA fossero riusciti a sbarazzarsi del Presidente ucraino, Putin si sarebbe vendicato
entrando in guerra giustificando così il loro ingresso nell'agone militare per procedere ad
esautorare anche lui da Mosca come Janukovyc da Kiev.
Errore! Si sbagliavano di grosso. Non soltanto la Russia non ha raccolto la provocazione.
Ma ha accolto e protetto Janukovyc, non si è chiusa in un angolo come erroneamente previsto ma
soprattutto Putin sta ancora dove stava mentre Obama è stato spedito nel dimenticatoio
dall'elezione di Trump il quale per tutto il mandato ha mandato in soffitta tanto la questione
ucraina quanto quella siriana poiché intelligentemente edotto circa le insidie rappresentate dal
rafforzamento dei rapporti russo-cinesi. Addirittura il chiacchierato Biden è giunto ben oltre la
metà del proprio mandato e nulla è cambiato negli assetti interni russi.
I lobbisti americani che si riconoscono sotto la definizione di “realisti” come Henry
Kissinger per capirci, pur mantenendo l'impianto di un'America al centro del Mondo, mettono sul
chi va là i neocons: “Un conto era il 2014, un conto è oggi. La nostra leadership è minacciata
dalla Cina di Xi. Se non utilizzeremo la Russia in funzione anticinese, saremo destinati a cedere lo
scettro del potere” [cosa che è inevitabile, NDR].
Per tutta risposta i guerrafondai dem e neocons cos'hanno scelto di fare? Far combattere
una guerra per procura all'Ucraina contro la Russia e quindi sono tornati al vecchio progetto con
un ritardo di anni. Anni in cui la Russia ha stipulato accordi e rafforzato intese che non lasciano
scampo.
D:
Dunque, riassumendo il tutto, sarebbe corretto sostenere che l'attuale allargamento del conflitto
bellico da un'area ben circoscritta extra-NATO all'intera Europa con annessi e connessi – vedasi
rischio nucleare – sarebbe imputabile alle sole smanie di dominio di quel gruppo statunitense
formatosi dall'unione di parte dei neocons (che sono l'ala estremista del Partito Repubblicano) con i
dem-neorealisti (l'ala radicale del Partito Democratico) di stampo guerrafondaio legati manie piedi
al complesso militare ed industriale americano che sostanzialmente foraggia le campagne elettorali
dei candidati della sinistra USA?
R:
Esattamente così. La forte pressione dell'opinione pubblica ha comportato una naturale quanto
inevitabile spaccatura interna agli apparati statunitensi stessi i quali si sono raggruppati su due
diversi fronti. Da un lato troviamo chi ha la consapevolezza di non potersi spingere oltre quello che
è già stato fatto, dall'altro chi invece soffia sul fuoco per lasciare la patata bollente nelle mani di
un'Europa altrettanto incapace di mantenere una condotta unanime; è la cosiddetta “guerra per
procura” che comunque non potranno mai vincere. Ecco perché ora c'è chi spinge a tutta forza
affinché si riesca ad individuare una “exit strategy” [una via d'uscita NDR].
Il tempo è poco, a Washington sanno benissimo che una forzatura in tal senso, darebbe
fuoco alle polveri e ciò significherebbe catapultare gli Stati Uniti d'America in una guerra civile. E
dico di più: a causa dei rincari, la vita dell'americano medio sta peggiorando. Vedremo a breve
cosa accadrà.
D:
Ma l'Europa Unita che fa? Sta a guardare?
R:
Gli ordini che giungono dal settore d'oltreoceano, sono spesso contraddittori. Lo ripeto: non c'è
una linea comune. Oggi si afferma il contrario di ieri e domani chi lo sa. Basta gettare lo sguardo
ai quotidiani italiani ed europei per rendersene conto. Provate a farlo voi stessi, semplicemente
accedendo agli archivi delle varie testate e andate a contare quante volte, in un arco di soli trenta
giorni, abbiano mutato equilibri.
Voglio essere ancor più incisivo: l'ala dem-neocons che oggigiorno comanda in America ha
una radice del tutto diversa da chi comanda qui in Europa dove da sempre è il settore che fa capo
al Club Bilderberg a dettare legge; sto parlando di quel Bilderberg che vede in certi uomini come
Kissinger i diretti capi cui affidarsi. E Kissinger, difatti, è proprio tra quelli che tenta di frenare
l'escalation.
D:
Come mai un uomo scaltro e dotato di esperienza impareggiabile come Kissinger si spende per una
soluzione pacifica? L'età lo ha fatto rinsavire?
R:
Magari! La verità è che costui sa benissimo che se gli USA dovessero portare ancora avanti questo
conflitto, ne usciranno perdenti a tutto vantaggio del loro vero nemico numero uno, la Cina di Xi
Jimping.
D:
La vecchia volpe emana segnali distensivi per scongiurare un rafforzamento cinese in chiave
antiamericana, l'Europa non sa che pesci prendere, mentre sul Gran Palco della Corona alla Scala
Mattarella, Meloni, Larussa e la von der Leyen assistono alla Prima del “Boris Godunov”
capolavoro ottocentesco del Maestro russo Mussorgskij, Opera drammatica in cui lo Zar di tutte le
Russie muore. Che lettura ne dà?
R:
Costoro non comunicano secondo quelli che sono i canali e le modalità convenzionali. Attenzione!
Emanano segnali specifici all'indirizzo di chi sa decodificarne alla perfezione il contenuto. Non
sono un uno di questi ultimi ma so per certo che quell'istantanea, ripresa in quel luogo in cui è
andato in scena un capolavoro russo quando sino al giorno prima solo ordinare un'insalata russa
avrebbe gettato nel panico le segreterie di mezzo Continente, gli applausi di un quarto d'ora e l'eco
recuperata a mezzo stampa e letteralmente sparata nell'etere ai quattro punti cardinali, significano
qualcosa di ben preciso. Siamo alla vigilia di un cambiamento. E per dare il benvenuto a questo
nuovo ciclo, si è reso necessario ripartire dal Teatro più famoso d'Europa che sorge in una Italia
che da due mesi a questa parte ha la prima donna della storia a Palazzo Chigi.
D'altra parte, anche gli Stati Uniti comunicano a loro modo, ad esempio premiando i
cosiddetti “personaggi dell'anno”. E cosa rappresenterebbero queste premiazioni se non
l'adamantina emanazione di un segnale a tutto il resto del mondo di chi può essere considerato un
loro uomo? La stessa premiazione recentemente toccata a Draghi ha funzionato come
ufficializzazione dell'affidabilità di costui al mondo che conta: garantiamo che è dei nostri. E
questo lo hanno compreso benissimo in Germania come in Francia ed altrove. Gli hanno dato il
bollino blu come si fa coi frutti maturi e garantiti.
D:
Ricordo di aver letto in un suo libro di qualche anno fa intitolato “Il Diego rivoluzionario” che
Maradona ebbe a rifiutare denaro e premi offerti dal solito Kissinger. Vuole aggiungere un
commento?
R:
Molto volentieri. Fu proprio allo scopo di sottrarre Maradona dall'influenza di stampo castrista
che Henry Kissinger decise di rivolgergli un invito ufficiale prontamente rispedito al mittente.
Correva l'anno 1987, El Pibe de Oro lo sportivo più famoso in quel mondo aveva appena vinto i
Mondiali dell'anno precedente in Messico. Teniamo presente che al tempo il Mondo era ancora
ancora spaccato in due dalla Guerra Fredda. Nonostante il rifiuto servito, Kissinger reiterò
l'offerta in occasione dei Mondiali USA '94 (Mondiali di calcio che vedevano proprio Kissinger nel
direttivo). L'offerta fu di ben cento milioni di dollari. Ma non appena Diego Armando Maradona
apprese che le clausole contrattuali prevedessero l'impossibilità di recarsi nuovamente a Cuba e
rinnegare Castro per ottenere la cittadinanza americana, stracciò il contratto e fu così che finì nel
mirino di certi apparati fino alla squalifica. Il resto è storia.
D:
Ritorniamo ai giorni nostri. A suo avviso, esiste davvero una differente manovra propagandistica
nel bacino mediterraneo rispetto a quella che viene attuata al Nord di questa Europa politicamente
segmentata?
R:
Personalmente ritengo che la nostra informazione sia quella più sfacciatamente infiltrata rispetto a
tutte le altre. E lo affermo sulla base degli studi condotti in questi ultimi tempi in cui ho passato in
rassegna le testate di tutta Europa ed ho potuto notare questo elemento incontrovertibile. Volendo
fare un esempio, ricordo che in tempi non sospetti, la nostra stampa qualche anno fa manteneva
tutto sommato un atteggiamento non proprio imparziale ma contenuto, questo sì. Chi al tempo
parlava esplicitamente di neonazisti ucraini erano quelli che ancora oggi scrivono su La Stampa
ma non si azzardano a riproporre le loro analisi del 2014. Anzi questo articolo cui mi riferisco è
stato rimosso dall'archivio. Non so se mi spiego. Altrove, questo genere di censure non avvengono.
Poi, quando un giorno arrivi a vedere in trasmissione una Monica Maggioni ospite di Lilli
Gruber, ti cadono le braccia, per voler rimanere nell'alveo della buona educazione! La prima,
membro della Commissione Trilaterale, lobby anglo-statunitense e l'altra esponente di spicco e
presenza fissa del Club Bilderberg. E cosa arrivano a sintetizzare le due signore? Che Putin è
cattivo e l'altro è buono. Come se non bastasse, quando il giorno dopo, sempre in televisione, trovi
ospiti Enrico Letta, noto lobbista legato sia alla Trilateral sia al Bilderberg e l'ambasciatore
Massolo famoso membro del board della Trilaterale e uomo vicino ai servizi segreti i quali
triangolano con un Gianni Riotta, capisci che siamo al paradosso perché se fai parte di quel
genere di circoli decisamente atlantisti, non puoi essere attendibile nei giudizi sugli USA. Ergo non
puoi venirmi a spiegare le dinamiche geopolitiche e gli assetti del Mondo contemporaneo, perché
sei un player. O meglio, se proprio intendi farlo, almeno abbi l'onestà di inserire una equivalente
partecipazione di membri esterni a quel mondo.
D:
Secondo il suo punto di vista, quanti esperti di geopolitica possono dirsi veramente estranei
all'influenza di questi grumi di potere?
R:
Le rispondo, portando un esempio che mi ha particolarmente deluso. La mente più lucida è quella
di Dario Fabbri, ex prestigiosa firma della rivista Limes. Forbito nel lessico, acuto nelle
interpretazioni, inappuntabile nelle ricostruzioni e preparato come nessun altro. Un vero esperto
della materia che purtroppo è passato al lato oscuro da quando ha abbandonato Caracciolo per
andare a lavorare col gruppo di Stefano Feltri, interno al Club Bilderberg. Sentirlo parlare ora, fa
cadere le braccia!
D:
Prima di giungere alle conclusioni finali, sarei curioso di sapere come crede che verrà accolta dagli
italiani la stangata che si sta per abbattere sull'economia.
R:
Il problema è di ordine matematico: quando ti arriva una bolletta con uno zero in più rispetto
all'anno precedente, non c'è retorica politica che tenga. La storia che ci sia un pazzo che ha invaso
un altro Paese, non regge come spiegazione. La politica può aggrapparsi – come in effetti sta
facendo – alla qualunque, perfino arrivando a strumentalizzare le morti dei bambini pur di
giustificare le sanzioni che si collocherebbero all'origine dei rincari. Ma questa, parliamoci chiaro,
è una narrazione e la realtà è ben altra! Quando le aziende chiudono e la disoccupazione aumenta
e con essa diminuiscono i consumi a fronte di aumenti di ogni genere, il tempo a disposizione è
poco e devi agire dando soluzioni. Nel mio libro riporto un articolo de IlSole24Ore di tempo fa in
cui veniva offerta una onesta ricostruzione sulle politiche energetiche, gas in particolare. E si
sottolineava il fatto che importarne dagli USA con tutte le complicazioni che ciò determina,
sarebbe stata una scelta insensata. Siamo alle ultime battute. In pochissimi sanno misurarsi
davvero con temi come il MES. Ma quasi tutta la popolazione è in grado di afferrare la questione
del gas perché c'è poco da ricamare. Ad esempio, coi vaccini hanno capziosamente scomodato la
scienza-h ben consapevoli che la gente comune, non avendo alcuna competenza in materia,
avrebbe teso – come in realtà è accaduto – istintivamente a dare credito al primo che ne parlasse
in maniera autorevole. Ma qui – ripeto – è la matematica di base che conta.
D:
Chiudiamo dando uno sguardo al nuovo panorama parlamentare. In parecchi, all'inizio del conflitto
russo-ucraino – e mi riferisco a partire dal 2014 ovviamente – hanno, col trascorrere del tempo,
ritrattato le proprie posizioni. Se la sente di fare qualche nome?
R:
Il primo che mi viene in mente è Lorenzo Fontana, attuale Presidente della Camera dei Deputati il
quale, nel 2017, si fece latore di una interrogazione parlamentare in sede europea riportando
l'intercettazione telefonica di cui sopra, quella tra Paet e la Ashton. Egli, dopo aver appreso che i
famosi cecchini fossero mercenari al soldo di ambienti occidentali, domandò come fosse possibile
schierarsi a favore della coalizione antirussa arrivando a negare che la Russia fosse stata vittima
di un colpo di Stati nei propri confini.
La stessa Meloni, a mio parere, è stata scelta proprio perché nel momento in cui questa
narrativa verrà a cadere, servirà una testa da offrire sul piatto dei responsabili. Una sorta di capro
espiatorio per intenderci. E se consideriamo che la sporcizia sotto al tappeto non è poca, è
questione di tempo e lo scandalo colpirà. Pensiamo al segreto militare imposto sulla fornitura delle
armi al governo ucraino. Un unicum nel panorama mondiale. Intendo dire che solo qui da noi in
Italia, il Governo si nasconde dietro al segreto militare per non rivelare al proprio popolo se sta
inviando una rivoltella o un carrarmato o cento missili. Ci sono nomi importanti dietro tutto ciò,
vicini ad ambienti in cui si scherza poco. Perfino Lucio Caracciolo ha sollevato la questione sulla
rivista che ha fondato e dirige.
Che ci sia una regia occulta, è palese. Ma prima o poi qualcuno capirà, verrà a conoscenza
dei fatti reali. E lì ci si domanderà, ad esempio, come mai non si siano spesi pochi milioni di euro
per mettere in sicurezza Casamicciola ma dissipati patrimoni immensi per le armi. Perché si tenga
bene a mente un fatto: qui paga pantalone! L'Italia paga le armi che invia e la spesa viene fatta
ricadere direttamente nelle tasche del popolo. Non sono fondi speciali europei o baggianate simili.
Ma anche questo elemento, credo non sia abbastanza diffuso e la casalinga di Vigevano o l'operaio
di Terracina non lo sanno perché il mainstream se ne guarda bene dal dirglielo.
D:
Non mi sorprende che nei salotti in cui viene offerto lo “spezzatino mediatico” di braudeliana
memoria, lei e quelli come lei non trovino spazio.
R:
Se mi invitassero, in mezz'ora, ribalterei il piano della percezione di tutta la popolazione. Sono i
trenta minuti che solitamente utilizzo quando presento il mio libro nei vari luoghi presso cui vengo
invitato. Loro lo sanno benissimo. Mi temono e non corrono il rischio che ciò possa accadere.
D:
Quanto le è costato l'aver intrapreso la carriera di giornalista d'inchiesta?
R:
Confesso che mi è costata parecchio. Ad un figlio lo sconsiglierei. Con ciò non voglio mandare un
messaggio fuorviante. Adoro il mio lavoro e adoro farlo quotidianamente con passione e sacrificio.
Dico solo che le difficoltà incontrate sono state e continuano ad essere moltissime. Se ne
presentano di nuove ogni giorno, solo perché non sono allineato. Solo perché non mi piego. Ad
esempio, di recente, mi è stata cancellata una pagina social che contava oltre mezzo milione di
iscritti. Per non parlare di tutta quella serie di angherie e sotterfugi che sistematicamente incontro
sempre nell'ambiente dei social attraverso cui mi faccio conoscere e pubblicizzo il frutto del mio
lavoro per guadagnarmi onestamente da vivere. Ebbene, il mio nome magari appare ma il link non
funziona; oppure i miei libri vengono presentati in elenco nei siti di maggior diffusione ma al
momento dell'acquisto un messaggio informa i miei clienti che l'opera non è disponibile.
Ormai ho imparato e so come aggirare anche questo genere di bassezze. Giro tutta Italia da
Nord a Sud godendomi l'incontro col mio pubblico. E questa è l'altra faccia della medaglia. È
bellissimo salire a bordo di un treno o di un aereo ed essere riconosciuto da gente che mi manifesta
un'ammirazione che mai avrei potuto immaginare. Quasi mi commuovo quando mi sento
ringraziare per il lavoro che faccio. E mi domando: ma di cosa mi dovrebbero irngraziare? Io
lavoro, faccio il mio. Mica quando vai dal fornaio lo ringrazi perché ha impastato a cotto la farina,
no? O chi ha asfaltato un tratto di strada o il benzinaio che ti fa il pieno. Sono mestieri come
mestiere è il mio. Però poi a ben pensarci comprendo che mi ringraziano perché grazie al mio
lavoro hanno compreso che per anni sono rimasti in ostaggio di una propaganda volgare che ha
impedito loro di aprire lo sguardo sulla realtà. E questo, non ha prezzo.
D:
Chi volesse acquistare i suoi libri od invitarla a presentarli, come può mettersi in contatto con lei?
R:
Semplicemente accedendo ai siti www.matrixedizioni.it o www.francescoamodeo.it od inviando una mail a This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.