L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Human Rights (217)

Roberto Fantini
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Free Lance International Press

Con l’adesione di:

Amnesty International                            

Soka Gakkai

Vita

Fondazione Centro Astalli

Peacelink

Medici Contro la Tortura

Medici Senza Frontiere

________________________________________________________________

Roma 14 ottobre 2005

Premio Italia Diritti Umani2005

“Civiltà Globale e Diritti Umani”

Dedicata alla memoria dell’ ex Vice-presidente della Flip Antonio Russo.

Fondazione Europea “Dragan”- Foro Traiano 1/A Roma

ROMA 17 –18 –19 Ottobre 2005

Il Premio Italia Diritti Umani nasce dall’ esigenza da parte delle associazioni coinvolte di voler dare un giusto riconoscimento a coloro che, per la loro attività, si sono distinti nel campo dei diritti umani. In un mondo in cui il profitto sembra essere lo scopo ultimo di ogni intento, bisogna sostenere chi lotta veramente, sacrificando spesso gran parte (o del tutto) la propria esistenza per aiutare il prossimo. I Mass Media spesso non prestano la dovuta attenzione al tema dei diritti umani, se non in maniera superficiale. È giunto quindi il momento, non solo di dare un giusto riconoscimento a chi lotta per la difesa dei più deboli, ma anche di parlare su come possano essere tutelati meglio questi diritti che, anche in paesi come l’Italia oltre che all’estero, sono sistematicamente violati, soprattutto nei confronti dei più deboli.

Lunedì 17 ottobre 2005

“Le vittime di guerra.

I diritti dei bambini e delle Donne”.

Ore 10:00

  • Proiezione video

“MAI PIU’ VIOLENZA SULLE DONNE” 16 min (Amnesty International)

Interventi

Ore 10:30 – 13: 00

  • Gabriele Eminente (Direttore Amnesty International)

“VITTIME DI GUERRA”

“Europa - Diritti dell’uomo e ordinamento italiano”

  • Dibattito

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“Diritti dei Malati e assistenza sanitaria”

Interventi

ore 15:00-18:00

  • (Associazione culturale Fisher)

“IL MALATO TRA REALTA' E SPERANZA:

QUALI SONO LE SUE ASPETTATIVE, I SUOI BISOGNI, i SUOI DIRITTI”

" Richiedenti asilo, rifugiati e ricorrenti”

salute e cura - accoglienza e integrazione

“Esperienza nei campi profughi Palestinesi”

  • Dibattito

Martedì 18 ottobre 2005

“Educazione ai diritti umani.

educazione alla Pace”

Interventi

ore 10:00-13:00

  • Daniela di Capua (Rappresentante Soka Gakkai)

“PACE, FONDAMENTO DEI DIRITTI UMANI”

  • Simona Valesi (Direttivo Flip)

“Informazione etica e diritti umani”

  • Ahmad Rafat (giornalista, membro del direttivo di "Information, Safety and Freedom")

“non c’e’ pace senza democrazia”

  • Roberto Fantini (Amnesty International)

“MetodologiE per l’educazione ai diritti umani”

  • Dibattito

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“Migranti e rifugiati”

Interventi

ore 15:00-17:00

  • Berardino Guarino (Responsabile Progetti Centro Astalli )

“La situazione dei rifugiati in italia”

“La tutela dei diritti umani in Italia”

  • JSAC (Docente Università “NINAWA”, Mosul - IRAQ)

Richiedente asilo

  • Proiezione documentario

“I fRutti dell’IPOCRISIA” (Medici senza Frontiere)

  • (Medici Senza Frontiere)

“I lavoratori stagionali impiegati nell’agricoltura”

  • (Medici Contro la Tortura)

“Prendersi Cura delle Vittime di Tortura”

“La condizione dei Rom Sinti e Camminanti“

ore 17:00

  • Proiezione Documentario

Cronaca di ROma – 14/15 settembre 2005

regia Valeria brigida e Giulia zanfino.

Interventi

ore 17:30 – 19:00

  • (Sociologo, Doc.Università “La Sapienza” Roma)

“Integrazione”

  • Giada Valdannini

Autrice del libro “Carovane tra le pagine”

(Giornalista e scrittrice, esperta della cultura dei Rom, Sinti e Camminanti)

  • Sevla Seijdic Occhio del Riciclone)

  • Najo Adzovic

Autore del libro “Il popolo Invisibile Rom”

  • Stephanie Gengotti

Fotografa del calendario “Me sem rom-sono rom”

Mercoledì 19 ottobre 2005

“Informazione e diritti umani”

Interventi

Ore 10:00 - 13:00

  • Giorgio Ferraresi

“Antonio Russo difensore dei diritti dei ceceni”.  

  • Luca Cocci

“ informazione Internet e diritti umani: il caso Peacelink ”

  • Mario Pinzauti (Già direttore GR3)

“Può l’informazione Offendere i Diritti umani?”

“Effettività della tutela dei diritti in Italia”

  • Giorgio Fabretti (Docente e Giornalista)

“Fatti e versioni in zona di guerra”

  • Virgilio Violo (Presidente FLIP)

“La struttura della catena informativa in Italia”

________________________________________________________________________

Ore 15:00 –16:00

  • Le canzoni di Fabrizio De André interpretate da Carlo Ghirardato

Omaggio musicale ad Antonio Russo (voce e chitarra)

Ore 16:00 –18:00

  • Proiezione documentario

“Per non morire.Rifugiati a Roma” - Centro Astalli 26min

  • Proiezioni Audiovisive realizzate da Giorgio Fornoni

(Presidente della commisione Video-reporter della FLIP)

“C’è sempre l’uomo con il suo passato ed i suoi valori” 20min

“Il calvario ceceno” 20min

“La pena capitale” 11min

“Kosovo” 13min

“Sarawi” 7 min

  • Presenta Giovanni Cavaliere

(Redattore della testata “Prove Aperte”)

Ore 18:00

  • Premiazione

Consegna i premi l’attrice Antonella Ponziani

Sono stati premiati:

Padre Giorgio Poletti

“Padre Giorgio Poletti, missionario Comboniano nella comunità di Castel Volturno (CE), da anni è impegnato nel riconoscimento dei diritti fondamentali degli immigrati nel nostro Paese.

In una società che li emargina, e in un contesto globale che genera continuamente emergenze nel Sud del mondo, l'opera dei Padri missionari non si può racchiudere in gesti di pura liturgia ma si interroga anche qui in Italia sulla situazione degli "ultimi" di questa Terra.

La sensibilità di padre Poletti si è concretizzata più volte in numerosi scritti oltre che in gesti anche provocatori - seppure sempre nonviolenti - nei confronti della nostra società e delle stesse istituzioni spesso sorde e "faresaiche" nella rigorosa applicazione di leggi anche ingiuste, nei confronti dei diritti umani di chi bussa ai nostri confini con l'illusione di una vita migliore. Abbiamo individuato in lui il soggetto per l'attribuzione del Premio FLIP per i diritti umani, consci dell'impegno costante e totale che offre ogni giorno nel sanare con la sua forza di volontà e col suo amore le ferite anche invisibili alla dignità e alla sopravvivenza di fratelli, "diversi" e "lontani", ma vicini a noi nel cammino comune di viventi su questo Pianeta.  “

Fabrizio Gatti

Fabrizio Gatti ha fatto quello che tutte le associazioni dei diritti umani cercano di fare da tempo, ed è stato costretto a farlo illegalmente e mettendo in gioco la propria vita: entrare in un Cpta e verificare il modo in cui vengono trattati i cittadini stranieri che arrivano nel nostro paese. La sua inchiesta ha reso per un attimo trasparente cio' che e' invisibile e nascosto all'opinione pubblica: le violazioni dei fondamentali diritti umani nei centri di permanenza temporanea.   

Teresa Petrangolini

Per essersi mossa in uno dei campi più delicati, quello della salute, dove l'inferiorità psicologica del malato e dei suoi parenti nei confronti della struttura sanitaria permette a volte che vengano calpestati i più elementari diritti (della privacy, del rispetto umano..). Per l'aver svelato un altro modo di essere malato, un malato attivo e consapevole. Per il suo impegno nel sollecitare i singoli cittadini a prendersi cura e ad imparare a tutelare i propri diritti: “Su un cittadino consapevole e preparato sarà ben difficile operare abusi e coercizioni.”

FREE LANCE INTERNATIONAL PRESS

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“Premio Italia diritti umani 2006

 

“Civiltà Globale e Diritti Umani”

Dedicata alla memoria dell’ ex Vice-presidente della Flip Antonio Russo.

Fondazione Europea “Dragan”- Foro Traiano 1/A Roma (via dei Fori imperiali)

 

ROMA 17 –18 –19 Ottobre 2006

 

 

Il Premio Italia Diritti Umani nasce dall’esigenza da parte delle associazioni coinvolte di voler dare un giusto riconoscimento a coloro che, per la loro attività, si sono distinti nel campo dei diritti umani. In un mondo in cui il profitto sembra essere lo scopo ultimo di ogni intento, bisogna sostenere chi lotta veramente, sacrificando spesso gran parte (o del tutto) la propria esistenza per aiutare il prossimo. I Mass Media spesso non prestano la dovuta attenzione al tema dei diritti umani, se non in maniera superficiale. È giunto quindi il momento, non solo di dare un giusto riconoscimento a chi lotta per la difesa dei più deboli, ma anche di parlare su come possano essere tutelati meglio questi diritti che, anche in paesi come l’Italia oltre che all’estero, sono sistematicamente violati, soprattutto nei confronti dei più deboli.

Con l’adesione di:

Amnesty International – sezione italiana

Centro Astalli

Associazione “Altri Mondi”

“Medici senza Frontiere”

Associazione “Wam”

Associazione culturale “Aurum il divenire”

Associazione ”Figli del Darfur”

Associazione “Information, Safety and Freedom”

mostra fotografica di Maria Nives Salvatori e Stefanie Gengotti

 

Saluti del Presidente della Free Lance International Press Virgilio Violo  

 

Interventi :

 

17 ottobre ore 15-19

Ore 15,00 - Rosalia Grande – medico counselor supervisore – (Associazione culturale Aurum il divenire). I diritti dei bambini e degli adolescenti: quale futuro?- documentazione Cecilia Erede

 

 

 

Ore !5,30 - Mambaye Diop– mediatore interculturale – “ La discriminazione istituzionale in Italia”

 

 

 

 

Ore 16,00 - Najo Adzovic – “Il diritto alla cittadinanza”scrittore - Autore del libro “Il popolo Invisibile - I Rom”

 

 

 

 

Ore 16,30 - Omar Mih – portavoce in Italia del “Fronte Polisario”– “Il diritto all’indipendenza del Sarawi”

 

 

 

 

Ore 17,00 - Giuseppe Serrone:fondatore dell'Associazione italiana dei "Sacerdoti lavoratori sposati" e co-fondatore del Movimento Intenazionale "Married Priests Now" –“Relazione: "Sacerdoti sposati: alcuni Diritti Umani in materia religiosa. Un Tentativo di rinnovamento"

 

 

Ore 18,00 - avv. Elisabetta Macrina – “la tutela legale dei diritti umani in Italia”

 

 

 

18 ottobre ore 15-19

 

Ore 15.00 - Isac Mati – Responsabile Flip per i diritti umani –“ Diritti dell’uomo e interculturalità”

 

 

 

Ore 15,30 – Suliman Hamed – portavoce in Italia del “Movimento di liberazione del Darfur””– “la guerra nel Darfur. Una guerra dimenticata dal mondo”

 

 

 

Ore 16,00 - Ahmad Rafat - membro del Comitato Esecutivo di Information, Safety and Freedom, - “libertà d'informazione e sicurezza dei giornalisti nel mondo”

 

 

 

 

Ore 16,30 - Giorgio Ferraresi – giornalista - Direttivo FLIP – “ diritti umani e religione”

 

 

 

 

Ore 17,00 - Sevla Seijdic – artista rom “ esperienza di lavoro sul campo” Coop. Occhio del Riciclone”

 

 

 

 

 Ore 17,30 - Carlo Quintozzi – Presidente dell’associazione “Altri Mondi” – “Il diritto all’autodeterminazione dei popoli”

 

 

 

 

Ore 18,00 - Carlo Sordoni, counselor “ Il diritto di essere laici – religione e libertà di coscienza” documentazione Giorgio Scadino

 

 

Ore 18,30 - Valentina Fabbri – Medici senza Frontiere – Missione Italia –“Le barriere al diritto d'asilo in Italia".

 

 

 

 

Ore 19 – avv. Francesco Canepa – I”Diritti dell’uomo hanno cittadinanza in Italia?”

 

 

 

 

19 ottobre ore 16,30 – 18,00

 

 

Ore 16,30 -“Sogni di donna” (20’)- Documentario diretto da Martha Elvira Patiňo e Anna Maria Chica

(cinque storie di donne immigrate in Italia a causa delle difficoltà incontrate nel loro paese). Progetto finanziato da Ministero e politiche sociali e Unione Europea.

Intervista a Martha Elvira Patiňo dell’associazione Nodi.

 

 

17,00 - Esibizione musicale a favore del dialogo del gruppo interetnico di Ramzi Harrabi – poeta e cantante tunisino. Misto di culture musicali che si riuniscono per fare del suono una preghiera universale per la pace.

 

 

ore 18,00 consegna dei premi da parte degli attori:

 

Barbara Maudino e Stefano Pesce.

 

Conduce Giovanni Cavaliere della redazione di  “Prove Aperte”

 

Premio Italia Diritti Umani 2006 a Paola Zanuttini    

 

                                                                      

“Premio Italia diritti umani 2007 ®


“Civiltà Globale e Diritti Umani”

 

Dedicata alla memoria dell’ ex Vice-presidente della Flip Antonio Russo.

Fondazione Europea “Dragan”- Foro Traiano 1/A Roma (via dei Fori imperiali)

 

ROMA 16 Ottobre 2006

 

 

Il Premio Italia Diritti Umani nasce dall’esigenza da parte delle associazioni coinvolte di voler dare un giusto riconoscimento a coloro che, per la loro attività, si sono distinti nel campo dei diritti umani. In un mondo in cui il profitto sembra essere lo scopo ultimo di ogni intento, bisogna sostenere chi lotta veramente, sacrificando spesso gran parte (o del tutto) la propria esistenza per aiutare il prossimo. I Mass Media spesso non prestano la dovuta attenzione al tema dei diritti umani, se non in maniera superficiale. È giunto quindi il momento, non solo di dare un giusto riconoscimento a chi lotta per la difesa dei più deboli, ma anche di parlare su come possano essere tutelati meglio questi diritti che, anche in paesi come l’Italia oltre che all’estero, sono sistematicamente violati, soprattutto nei confronti dei più deboli.

Con l’adesione di:

Amnesty International – sezione italiana   -   Centro Astalli

 

Interventi

Mattinata

Ore 11.00- “Libertà e bisogno di sicurezza” - Maurizio Navarra - socio Flip  

 

Ore 11, 30 Ricordo di Paolo Ungari – Sokol Borshi - socio Flip    (video)

Ore 11,45 Proiezione del cortometraggio “Noi che siamo stati buio” alla presenza dei registi Renzo Ridolfi e Antonietta Are e del poeta minatore Manlio Massole.  

(Dal buio della miniera alla luce della coscienza)   Ore 12,15 – video su Antonio Russo – commento di Enzo Coletta – socio Flip   

Ore 12,45/13,15 – Educare ai Diritti umani - L'esperienza di Amnesty International”.Roberto Fantini - insegnante, attivista di Amnesty International nel campo dell'Educazione ai Diritti Umani.  

Attualmente del gruppo di lavoro EDU di Amnesty Lazio.

Pomeriggio

Ore 15,30 - "Messico 2002-2007".

Carrellata sulla repressione dei diritti umani in Messico dal 2002 al 2007, attraverso i titoli degli articoli dei quotidiani messicani - Daniere Laudato – socio Flip -  

 

 

 

Ore 16,00 - “I diritti umani sono ancora universali? La sfida della tortura”. Claudio Giusti socio. Fondatore della Sezione Italiana di Amnesty Internationale, fondatore nel 2002, della World Coalition Against The Death Penalty. Da settembre 2006 fa parte del Comitato Scientifico dell’Osservatorio sulla Legalità e i Diritti.  

Ore 16,30 - “La tutela del minore” – Prof. avv. Elisabetta Macrina –

 

 

 

Ore 16, 50 –“Testimonianze della situazione in Birmania” Alice Stopponi – socia Flip.     

”Ore 17,10 -”"Bosnia: alle soglie di un nuovo conflitto? Il caso di Srebrenica, tra cooperazione, presenze straniere e giornalismo"  

Andrea Foschi - fotogiornalista, specializzato in fatti di Bosnia– socio Flip.

Ore 17,30 - Darfur: Origine del conflitto – situazione attuale e opportunità per la risoluzione. Stefano Cera – prof. – assistente universitario e ricercatore in teorie e tecniche della trasformazione dei conflitti .

Ore 18,00 - concerto french-creyol-jazz della cantautrice Josette Martial e Arturo Valiante, pianoforte jazz        

Ore 18,30 premiazione

Presentazione del premio: Giovanni Cavaliere – redattore della testata “Prove aperte”

Consegna del premio “Italia diritti umani 2007” da parte dell’attore di teatro e televisione Vito Favata

 

 

Premio a Manlio Massole   

Premio a Sr. Maria Teresa Piras  

 

Premio a Alessandra Garagnani  

Opere d’arte donate dagli artisti

1) Paolo Ristonchi

2) Stefania Ciranna

3) Elio Mazzella

Mostra fotografica di

Andrea Foschi (sulla Bosnia)

Alessandra Quadri (i rom a Roma)

Paola Del Rio e la classe 1^ C della Scuola media Alghero 2+ Fertilia

“A piene mani per i diritti dei bambini e degli adolescenti”

Molto ha fatto discutere la panciuta esibizione salviniana al Papeete Beach, con tanto di graziose fanciulle ghepardate gioiosamente zompettanti sulle note dell’ Inno di Mameli.

Credo, però, che su una cosa non ci si sia soffermati con la dovuta serietà, su una cosa che ritengo di primaria importanza:

l’uso ripugnantemente strumentale ed iniquo che si è fatto di quelle note musicali. Ovvero: il problema cruciale non credo sia tanto l’indiscutibile volgarità di scenografia e coreografia, bensì il connubio venutosi a creare tra un certo “significante” ed un certo “significato”. Cioè il fatto che (scientemente o incoscientemente, poco importa) si sia fatto uso di un determinato strumento comunicativo (l’Inno nazionale) per veicolare valori antitetici a quelli che quello strumento hanno partorito e per promuovere un processo identitario anch’esso antitetico alla sostanza ideale e ideologica originaria. Si è ridotto, infatti, un prodotto culturale altamente simbolico, scaturito da mille sofferenze e da lotte coraggiose e dolorose, nate dal nobile sogno della ricerca del bene comune e della costruzione di una società più giusta e più libera, a calamita aggregatrice faziosa e propagandistica, mirante non ad allargare orizzonti, ad abbattere antiche mura e ad oltrepassare ben consolidati fossati e terrapieni, ma a fomentare odiose contrapposizioni, ad alimentare un modo di essere, di pensare e di fare fondato sul feticcio ideologico del “noi”, del “solo NOI”, volto a rinchiudere (alcuni), a separare (gli uni dagli altri), ad estromettere (quelli che non risultano inseribili nelle anguste coordinate del “noi”).

Ed è su questa operazione politico-mediatica (ahimè abile ed efficace, come tante altre analoghe) che dovrebbero concentrarsi le nostre più che legittime preoccupazioni. Ciò che risulta davvero intollerabile, infatti, è il volersi appropriare di un simbolo che, al di là di ogni trita retorica, rappresenta (come il tricolore) qualcosa che si colloca necessariamente e doverosamente al di sopra di tutti, al di sopra delle opinioni e degli interessi di singoli individui, partiti, chiese, ecc., e che, pertanto, non appartiene e non può e non DEVE appartenere a nessuno in particolar modo, né appartenere a qualcuno di più e a qualcuno di meno.

Se quell’Inno ha un senso, esso consiste nell’essere in grado di continuare ad insegnarci che soltanto dallo stringersi insieme, dal sentirsi parte di qualcosa di unico ed unificante (l’essere italiani e, prima ancora, donne e uomini alla ricerca del BENE di TUTTI), soltanto dalla volontà e dalla capacità di abbandonare egoistici campanilismi vecchi e nuovi, soltanto dallo scegliere strategie improntate all’altruismo e alimentate da sincero spirito di fratellanza e di affratellamento, sarà possibile intraprendere un cammino di liberazione dall’ingiustizia e di costruzione di reale felicità.

Insomma, quell’Inno non è e non può diventare maschera nobilitante per settarie mire di potere, né arma di difesa di interessi bottegai, né tantomeno arma di offesa contro chi vorremmo collocare oltre il confine della nostra opinabilissima “italianità” o “umanità”. Meglio farebbero, dunque, Salvini e salviniani ad imitare i protoleghisti che, assai più coerentemente con i propri principi ed obiettivi politici, rifiutavano l’Inno nazionale, sostituendolo con l’aria verdiana dei “Lombardi alla prima crociata”. Perché la mentalità e la sensibilità dei primi quanto dei secondi erano e restano quelle che tante sventure nel corso della storia hanno prodotto:

quelle dei crociati, quelle presuntuose ed aggressive di coloro che, in nome di un qualche dio (o di qualche invocata Madonna!), sono sempre pronti a tutto per conseguire le proprie méte.

                 Sul tema della “morte cerebrale” e della prassi dei trapianti di organi regna, a livello mediatico, la massima indisponibilità ad affrontare e a discutere i numerosi aspetti oscuri, problematici e controversi che da decenni vengono evidenziati da insigni pensatori e scienziati, primo fra tutti il filosofo Hans Jonas, già dalla fine degli anni sessanta dello scorso secolo.

Ma la cosa a mio avviso più sconcertante è constatare come anche la stampa cattolica sia acriticamente allineata sulle posizioni oggi dominanti, caratterizzate da assoluto plauso nei confronti di pratiche che vengono ritenute, senza alcuna ombra di dubbio, scientificamente, eticamente e civicamente encomiabili, nonché degne di essere alacremente promosse.

Caso emblematico è l’articolo apparso (qualche giorno fa) in prima pagina di Popotus, l’inserto dell’ Avvenire destinato ai ragazzi, in cui si racconta con grande enfasi di un trapianto di fegato “donato” da un uomo di 97 anni.

In merito a detto articolo, ho ritenuto doveroso scrivere al direttore del noto “Quotidiano di ispirazione cattolica”, esprimendo assai sinteticamente (e credo assai garbatamente) qualche perplessità e qualche (probabilmente piuttosto scomodo) interrogativo.

In assenza tuttora di risposta, ho deciso di pubblicare sul nostro sito, da sempre sostenitore e fautore del libero pensiero, il testo della mia lettera, nella speranza di riuscire a promuovere un sereno confronto di opinioni e di contribuire ad avviare un costruttivo quanto necessario dibattito scientifico ed etico-teologico.

 

 

 

     Gentile Direttore,

sul numero di Popotus di giovedì 30 maggio, ho avuto la sgradevole sorpresa di imbattermi in una prima pagina occupata quasi per intero da un articolo (“La generosità è senza età”) di elogio nei confronti di coloro (anche molto in avanti con gli anni) che decidono di donare i propri organi a scopo di trapianto.

A tale proposito, mi permetta di farle presente una cosa non certo irrilevante, ma che troppo spesso viene ignorata o taciuta, e cioè che l’evento della cosiddetta donazione degli organi implica necessariamente il fatto che il soggetto donatore non sia in condizioni di morte cardiaca e respiratoria (ossia un vero e proprio cadavere) ma in quella condizione che, in seguito a quanto proposto-imposto dal Comitato di Harvard nel 1968, siamo soliti chiamare “morte cerebrale”, ovvero mancanza di segni oggettivamente registrabili di presenza di funzioni cerebrali.

Ora, le chiedo, perché tanta parte del mondo cattolico (pur non essendoci una posizione dottrinale ufficiale), ivi incluso il giornale da lei diretto, che mostra tanta encomiabile attenzione nei confronti degli embrioni e delle persone in stato vegetativo (anche da decine di anni), non si sente minimamente in dovere di porsi il problema di cosa sia veramente la condizione di coloro che vengono dichiarati (con procedure diverse da paese a paese!) “morti cerebrali” (anche dopo poche ore)?

Cosa le dà, mi chiedo, la categorica certezza che questi pazienti siano veramente privi di ogni forma di coscienza e che la loro anima (sempre che si voglia continuare a prendere in considerazione la sua esistenza) si sia realmente e definitivamente separata dal corpo?

Come può, mi chiedo, da uomo di fede e da uomo di cultura, ritenere che la scienza odierna (spesso ancora tanto discutibilmente positivistica e meccanicistica) possa pretendere di disporre di criteri e di strumenti perfettamente in grado di stabilire con infallibile certezza quando un individuo non sia più degno di essere considerato persona e, di conseguenza, non più doverosamente meritevole di venire come tale rispettato, e pertanto declassabile al livello di cosa inanimata?

Infine: possibile che lei non sia al corrente del fatto che non pochi illustri intellettuali cattolici come, ad esempio, il neonatologo Paul A. Byrne, il filosofo J. Seifert, il neurologo D. Alan Shewmon, la teologa Doyen Nguyen (recentemente impegnati a Roma in un convegno internazionale dal titolo “La Morte Cerebrale. Un’invenzione medico-legale: evidenze scientifiche e filosofiche”) sostengano fermamente, con ricchissime argomentazioni, che la morte cerebrale sarebbe un’invenzione di carattere eminentemente utilitaristico, del tutto priva di fondamenti scientifici e teologici, nata - come lo stesso Comitato di Harvard ebbe a dichiarare - per sollevare la collettività dal peso di tante persone in stato comatoso e di consentire ai medici espiantatori di non essere accusati di omicidio?

Possibile che lei non sia neppure minimamente sfiorato dall’atroce sospetto che l’invenzione della morte cerebrale (che permette di considerare morta una persona con il cuore che batte, il sangue che circola, capace di reagire positivamente a farmaci in caso di malattia, capace di portare felicemente avanti una gravidanza, nel caso di donna incinta) possa rappresentare, al di là della sua filantropica veste esteriore, l’espressione più cinica ed estrema della tanto giustamente deprecata “cultura dello scarto”?

Cordialmente,

Roberto Fantini

Questa la tesi sostenuta in un recente Congresso internazionale.

 

 

Una delle tante errate convinzioni intorno alla pratica dei trapianti è quella che, in merito ad essa ed al suo necessario presupposto teorico-pratico rappresentato dalla morte cerebrale, ci sia, all’interno della comunità scientifica, come all’interno del mondo religioso, un consenso totale e universale.

Le cose, in realtà, sono ben diverse. Numerosi sono gli scienziati, i teologi e i filosofi che, da sempre (a cominciare dagli scritti di Hans Jonas), avanzano riserve, sollevano dubbi ed esprimono ferme obiezioni e critiche decise nei confronti sia del criterio della morte cerebrale, sia nei confronti della pratica di espianto-trapianto di organi. Ma di queste voci, molte delle quali di indubbia autorevolezza, si preferisce non parlare. L’intera grancassa mediatica è infatti compattamente impegnata in una inesausta apologia della donazione degli organi e nell’esaltazione delle imprese chirurgiche attuate dalle équipes trapiantistiche. Per i perplessi, i dubbiosi e gli oppositori, sul palcoscenico mediatico non risulta esserci posto, neppure sottoforma di fugace comparsata.

Un importante tentativo di incrinare le alte muraglie che difendono le (presunte) certezze dei sostenitori dell’indiscutibilità dei trapianti di organi ha avuto luogo in questi giorni (20-21/05) a Roma, ad opera della John Paul II Academy for Human life and the Family (fondata da ex docenti dell’Accademia pontificia per la Vita), che ha dato vita ad un convegno internazionale (“La morte cerebrale”. Un’invenzione medico-legale: evidenze scientifiche e filosofiche) a cui hanno preso parte importanti scienziati, filosofi e teologi di fede cattolica, accomunati dal fermo rifiuto nei confronti della morte cerebrale.

Tutte di grosso spessore le relazioni di entrambe le giornate, vere miniere di puntuali informazioni scientifiche e di corpose argomentazioni filosofiche e teologiche.

Il filosofo Josef Seifert, uno dei padri spirituali dell’iniziativa, ha aperto i lavori dedicandosi, in particolar modo, a denunciare l’assoluta mancanza di giustificazioni di ordine scientifico alla base della decisione del Comitato ad hoc di Harvard che, nel 1968, propose-impose il nuovo criterio di definizione di morte, sganciandolo dalle attività respiratoria e circolatoria, e fondandolo unicamente sul riconoscimento della cessazione delle funzioni cerebrali.

Le uniche due motivazioni addotte dal Comitato, infatti, furono esclusivamente di carattere pragmatico ed utilitaristico:

  • sollevare la collettività dal peso di numerosi pazienti mantenuti nelle strutture ospedaliere in condizioni di assenza di coscienza;

  • sollevare i medici espiantatori dal rischio di essere accusati di omicidio nei confronti dei pazienti “donatori”.

La morte cerebrale - ha detto Seifert - è una delle maggiori vergogne della medicina”, responsabile dell’uccisione di migliaia di persone a cui vengono tolti gli organi “da vive”.

 

Il neurologo Thomas Zabiega ha sottolineato, poi, come la morte cerebrale non sia altro che una diversa definizione di quella condizione denominata da Mollaret e Goulon, nel 1959, coma dépassé (ossia coma irreversibile), mettendo anche in luce che i criteri adottati per la morte cerebrale, invece che rafforzarsi, sarebbero stati indeboliti rispetto a quelli precedentemente adottati.

Con particolare incisività, poi, il neurologo si è soffermato nel sostenere l’inaccettabilità morale di criteri di ordine utilitaristico ed emozionale, esulanti da adeguate valutazioni di natura rigorosamente razionale.

Particolarmente coinvolgenti sono risultati i contributi di Paul Byrne, neonatologo statunitense, il quale, anche utilizzando numerose immagini e filmati, ha operato una variegata rassegna di casi (da lui seguiti in prima persona) di individui strappati alle procedure di espianto, grazie ad una serie di circostanze propizie, prima fra tutte l’opposizione dei familiari. Toccantissima, fra le tante, la vicenda di Joseph, nato prematuro nel 1975 che, nonostante l’EEC piatto e la conseguente dichiarazione di morte cerebrale, continuò ad essere curato con eroica caparbietà, potendo così sopravvivere, godere di una vita normale, essere, oggi, felice padre di famiglia.

Quante altre persone - si è chiesto Byrne, vero indomabile combattente a favore degli individui più fragili e vulnerabili - avrebbero potuto essere salvate qualora le cure non fossero state troppo frettolosamente interrotte?

L’anziano pediatra è stato categorico:

Non ha senso - ha detto - essere “donatori”: ogni organo è preso da un essere vivente!

Nel caso di persone veramente morte - ha poi aggiunto - le si porta in obitorio, non in sala operatoria, somministrandole accuratamente farmaci immobilizzanti. Questa si chiama vivisezione!

Davvero molto interessanti, infine, gli interventi densissimi di Doyen Nguyen, ematopatologa e teologa morale,* soprattutto per quanto concerne l’analisi condotta, con rara perizia ermeneutica, delle parole pronunciate da papa Giovanni Paolo II in uno storico discorso al 18° Congresso Internazionale della Società dei trapianti, del 29 agosto 2000, parole erroneamente ed arbitrariamente intese da molti (cattolici e non) come una sorta di implicita approvazione della pratica trapiantistica.

La Nguyen ha evidenziato, in maniera assai efficace, che il pontefice si trovò ad insistere chiaramente nel sottolineare come l’eventualità del prelevamento degli organi dovrebbe essere sempre inderogabilmente subordinata al rispetto di ben precise pre-condizioni:

  • adeguata corretta informazione e consenso pienamente consapevole ed esplicito da parte del paziente-donatore;

  • accertamento senza il minimo margine di dubbio della reale condizione di morte del paziente-donatore (prelievo “ex cadavere”);

  • applicazione di criteri di accertamento della morte universalmente accolti ed approvati dall’unanime comunità scientifica.

Insomma, pre-condizioni che, nella realtà vigente, non sono mai rispettate e che, nel caso lo fossero davvero, verrebbero a rendere pressoché nulle le reali possibilità di espianto-trapianto di organi.**

 

 

NOTE

*La Nguyen è autrice, tra l’altro, di un monumentale volume:The New Definitions of Death for Organ Donation: A Multidisciplinary Analysis from the Perspective of Christian Ethics. Foreword by Professor Josef M. Seifert  , chemeriterebbe davvero di essere tradotto al più presto.

** PER SAPERNE DI PIU’:

  • Fondamentale il sito della Lega Nazionale contro la Predazione di Organi e la Morte a Cuore Battente : www.antipredazione.org

- Paolo Becchi, Morte cerebrale e trapianto d’organi, Morcelliana, Brescia 2008

- Roberto Fantini, Vivi o morti? Morte cerebrale e trapianto di organi. Certezze vere e false, dubbi e interrogativi, Efesto, Roma 2015

Sabato 25 maggio, presso il Teatro Golden di Roma, si è svolta la cerimonia di premiazione del concorso nazionale per le scuole “Un Corto per i Diritti Umani”.

 

Il concorso, giunto al quarto anno, è un’iniziativa ideata e progettata dall’Associazione per i Diritti Umani e la Tolleranza Onlus nell’ambito del progetto Gioventù per i Diritti Umani, in collaborazione con la prestigiosa Academy del Teatro Golden di Roma, la cui direzione didattica è affidata dal 2004 all’attrice, ballerina e coreografa Laura Ruocco.

Lo scopo del progetto – che anche quest’anno ha visto la partecipazione di un altissimo numero di istituti primari e secondari di tutta la nazione - è promuovere la conoscenza, la divulgazione e l’applicazione dei Diritti Umani, cosi come espresso nella Dichiarazione Universale promulgata dalle Nazioni Unite.

La giornata di premiazioni si è aperta con un laboratorio teatrale – presso la sede dell’omonimo teatro capitolino – offerto alle scuole dalle straordinarie e coinvolgenti docenti dell’Academy del Teatro Golden Laura Ruocco e Barbara Pieruccetti, ed è proseguita con la consegna dei premi ai primi 3 classificati e delle menzioni speciali a 7 corti, scelti fra gli oltre 70 video partecipanti al concorso dalla giuria di esperti, fra cui la giornalista e docente di cinema e regia Ketty Carraffa.

Vincitori della terza edizione del concorso: per la categoria Scuole medie, il corto dal titolo “Libertà di Espressione, realizzato dagli studenti dell'I.C.S. “P. Impastato Polo 1” di Veglie (LE), mentre per la categoria Scuole superiori, il corto dal titolo “Anch’Io, Anche Noi” presentato dall’I.S. “Notarangelo-Rosati” di Foggia.

Tre le menzioni di merito attribuite alle scuole medie in concorso: Menzione per la scenografia e la creatività al corto “Civitafarfalla” presentato dall’Istituto “Ennio Gallice” di Civitavecchia (RM); Menzione per la sceneggiatura e la recitazione al corto “Sopravvissuti” realizzato dalla Scuola secondaria “Dante Alighieri” di Selargius (CA) e Menzione speciale per la recitazione a Sofia Mayer per il ruolo nel corto “Speciale Tg Bullismo” dell’I.C. "Antonio Gramsci" di Aprilia (LT).

Quattro invece le menzioni di merito consegnate alle scuole superiori: Menzione per la grafica e il sound design al corto “Un valore inestimabile” del Liceo Artistico “Camillo Golgi” di Breno (BS); Menzione per la recitazione e l’ambientazione al corto “No Torture” realizzato dalla Rome International School (RM) e Menzione per il soggetto originale al corto “Guardami adesso” presentato dall’I.S.I.S. “EUROPA” di Pomigliano d’Arco (NA). Menzione speciale per la recitazione a Lorenzo Bruni per il ruolo nel corto “Siamo nati tutti uguali” del Liceo Scientifico "A. Messedaglia" di Verona.

 

Anche per questa quarta edizione, la splendida scultura in ceramica omaggiata ai vincitori del concorso è stata realizzata dal ceramista Antonio Grieco, maestro d’arte di grande spicco del panorama artistico romano.

Con la vicenda della professoressa di Palermo sottoposta a severi provvedimenti disciplinari perché ritenuta (direttamente o indirettamente) responsabile del video realizzato da alcuni suoi alunni, in cui vengono proposti accostamenti fra dolorose pagine del nostro passato e molto discusse scelte politiche del nostro presente, ci troviamo di fronte a qualcosa di cui appare davvero arduo quantificare e qualificare la gravità.

Ciò che più appare inquietante ed estremamente allarmante del fatto che delle autorità istituzionali si siano sentite in diritto-dovere di intervenire in merito a quanto operato all’interno di una scuola in un ambito di carattere storico-culturale è l’evidente mancanza di consapevolezza messa in mostra da dette autorità rispetto a princìpi e valori di cui si parla da qualche secolo e che, dopo tanta fatica e tanto sangue, sono stati proclamati diritti inviolabili e inalienabili della persona da tutti i fondamentali documenti del diritto internazionale e da quella cosa non proprio irrilevante che chiamiamo Costituzione della Repubblica Italiana.

Ora, a mio avviso, il problema che dovremmo porci tutti, con la massima determinazione e con la massima urgenza, non è se i fanciulli palermitani dicano cose più o meno giuste, sensate o balorde, e neppure se la loro professoressa li abbia adeguatamente “sorvegliati”, bensì il seguente:

le cariche pubbliche che hanno deciso di applicare ai danni dell’insegnante la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione relativa hanno compiuto qualcosa di legittimo o qualcosa che fuoriesce dalla legalità costituzionale, calpestando libertà di pensiero, libertà di espressione, libertà di insegnamento, ecc.?

E, nel caso si riscontrasse (come a me appare del tutto evidente) che sia stato compiuto un atto totalmente arbitrario e giuridicamente insostenibile, i responsabili del provvedimento disciplinare in questione possono ancora meritare di restare ad occupare il posto che occupano, retribuiti da pubblico danaro?

Un’ultima considerazione:

in queste ultime ore si sta innescando una patetica gara tra ministri e cariche dello Stato nel manifestare solidarietà e/o volontà di incontrarsi con la professoressa umiliata e sospesa.

Possibile che non si comprenda che il potere politico, invece di limitarsi a scrivere letterine e ad esprimere desideri per future cordiali chiacchierate, dovrebbe sentirsi in assoluto dovere di adoperarsi a restituire alla docente la dignità professionale che le è stata sottratta, consentendole di riprendere immediatamente il suo posto in mezzo ai suoi alunni?

Il quadro globale relativo alla pena di morte delineato dall’ultimo rapporto di Amnesty International presenta, nello stesso tempo, dati di segno contrastante. Se, infatti, risulta certamente positivo il fatto che il Burkina Faso abbia adottato un nuovo codice penale abolizionista, che Gambia e Malaysia abbiano annunciato una moratoria ufficiale sulle esecuzioni, che negli USA la legge sulla pena di morte dello stato di Washington sia stata dichiarata incostituzionale e che, nel corso dell’Assemblea delle Nazioni Unite, ben 121 stati abbiano votato a favore di una moratoria (con la sola opposizione di 35 Stati), altri dati risultano assai meno incoraggianti. Fra questi:

l’aumento delle esecuzioni in Bielorussia, Giappone, Singapore, Sud Sudan e Usa; la prima esecuzione in Thailandia dal 2009; il quadruplicarsi delle condanne in Iraq; la crescita del 75 per cento in Egitto, a causa di condanne a morte in massa al termine di processi palesemente iniqui, imperniati su “confessioni” estorte tramite tortura.

In ogni modo, nonostante tali parziali regressi, dai dati complessivi del 2018 la pena di morte risulta stabilmente in declino, essendo il numero delle esecuzioni documentate calato del 30 per cento, raggiungendo pertanto il valore più basso registrato nel corso degli ultimi dieci anni. Inoltre, anche il numero dei paesi che hanno eseguito sentenze capitali appare ridotto.

Va sempre tenuto presente, però, il perdurare in Cina del segreto di stato relativamente all’uso della pena di morte, cosa questa che non impedisce di ritenere, in maniera sufficientemente fondata, che le condanne e le esecuzioni continuino sistematicamente nell’ordine delle migliaia.

                       “La drastica diminuzione delle esecuzioni dimostra che persino gli stati più riluttanti stanno iniziando a cambiare idea e a rendersi conto che la pena di morte non è la risposta”, ha dichiarato Kumi Naidoo, segretario generale di Amnesty International.

Questo bilancio cautamente ottimistico è costretto a fare i conti, però, anche con le recenti informazioni provenienti dall’ Arabia Saudita, dove si è da poco verificata l’esecuzione di ben 37 prigionieri (fra cui anche un minorenne) condannati per “terrorismo”, in seguito a processi irregolari basatisi su “confessioni” ottenute attraverso il ricorso alla tortura.

Undici prigionieri erano stati condannati per spionaggio in favore dell’Iran, mentre almeno altri quattordici per reati violenti nell’ambito di manifestazioni contro il governo che si erano svolte tra il 2011 e il 2012, nella Provincia orientale a maggioranza sciita.

Tra i prigionieri messi a morte c’era anche Abdulkareem al-Hawaj, un giovane sciita arrestato a 16 anni, sempre per reati commessi durante manifestazioni antigovernative. La sua esecuzione costituisce una evidente violazione del divieto assoluto di usare la pena di morte contro minorenni.

                       “Questa esecuzione di massa - ha dichiarato Lynn Maalouf, direttrice delle ricerche sul Medio Oriente di Amnesty International - mostra ancora una volta e in modo agghiacciante il profondo disprezzo delle autorità saudite per la vita umana e l’uso della pena di morte come strumento di repressione politica contro la minoranza sciita del paese“,

Finora, nel 2019, in Arabia Saudita sono state eseguite almeno 104 condanne a morte, 44 delle quali nei confronti di cittadini stranieri, per lo più per reati di droga. In tutto il 2018 le esecuzioni erano state 149.

Tra coloro che restano in attesa di esecuzione vi sono Ali al-Nimr, Dawood al-Marhoon e Abdullah al-Zaher, tre sciiti minorenni al momento del reato per cui sono stati condannati a morte.

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Aveva sicuramente ragione Norberto Bobbio quando ci diceva che la realtà dei diritti umani è in perenne movimento e destinata ad espandersi e ad arricchirsi sempre più. Ma è anche vero che si tratta di una realtà fragile e vulnerabile, che può subire, in tempi anche molto brevi, attacchi gravi e dolorosi regressi e limitazioni .

E’ proprio quanto si sta verificando nel piccolo stato del Brunei, in cui, a partire dal 3 aprile, entrerà in vigore il nuovo codice penale basato sulla shari’a, che comporterà l’introduzione di punizioni crudeli e disumane, quali la lapidazione per atti sessuali compiuti da persone dello stesso sesso e l’amputazione per il reato di furto.

Rachel Chhoa-Howard, ricercatrice di Amnesty International per il Brunei, ha dichiarato che

                 “Il Brunei deve fermare immediatamente questi feroci provvedimenti e deve rivedere il codice penale in conformità con i suoi obblighi in materia di diritti umani. La comunità internazionale deve condannare urgentemente la decisione del Brunei di applicare queste pene crudeli”.

Aggiungendo anche che

         “Legittimare sanzioni così crudeli e disumane è già terrificante, ma alcuni dei ‘reati’ previsti, come ad esempio i rapporti fra persone dello stesso sesso consenzienti non dovrebbero nemmeno essere considerati tali ”.

In realtà, già dal lontano aprile del 2014, in occasione dell’entrata in vigore della prima parte dello stesso codice penale, Amnesty International aveva prontamente espresso le proprie preoccupazioni, in quanto tale codice (limitando anche in modo evidente i diritti alla libertà di espressione, religione e credo, e legittimando la discriminazione nei confronti dei soggetti femminili) risulta viziato da una serie di disposizioni lesive dei diritti umani più elementari.

E’ da precisare che il sultanato del Brunei non ha ancora ratificato la Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, respingendo tutte le raccomandazioni provenienti dal Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite.

Ciò benché le norme internazionali sui diritti umani proibiscano con fermezza tutte le punizioni corporali come la lapidazione, l’amputazione o la flagellazione, ritenute a tutti gli effetti vere e proprie forme di  tortura.

Tale divieto, tra l’altro, è riconosciuto come una norma perentoria del diritto internazionale consuetudinario e quindi vincolante anche nei confronti di stati non aventi siglato alcun trattato in merito: tutti gli atti di tortura costituiscono crimini in base al diritto internazionale.

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