
L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Conversazione con Linda Maggiori, autrice di Semi di Pace!*
Abbiamo conosciuto Linda Maggiori all’inizio di giugno, a Roma, alla presentazione del suo Semi di pace! (La nonviolenza per curare un mondo minacciato da crisi ecologica, pandemia e guerra, Centro Gandhi Edizioni), libro bellissimo, straordinariamente illuminante, capace di fornire preziose chiavi di lettura su quanto accaduto in questi ultimi anni terribili, e capace di suggerire, su basi anche sperimentali, possibili concrete ed efficaci alternative al disumano sistema dominante. Linda è veramente una persona ammirevole, per la fermezza, la coerenza e la forza gentile con cui cerca di portare avanti non soltanto intelligenti discorsi controcorrente, ma anche e soprattutto per l’impegno da lei gioiosamente condotto nel praticare uno stile di vita ispirato con lucida sapienza a valori autenticamente ecopacifisti.
Con lei è nata la conversazione che segue.
Con queste parole, Linda, sei riuscita a mettere a fuoco, i due interrogativi cruciali relativi a quanto accaduto nel nostro Paese, nei mesi passati, con l’introduzione del green pass, nelle sue varie declinazioni.
Qualcosa di terribile è accaduto. Qualcosa che non avremmo mai, fino a poco tempo fa, potuto immaginare. Ti ritieni soddisfatta delle risposte che sei riuscita a darti con la scrittura del tuo libro o ci sono ancora aspetti della vicenda che non riesci a spiegarti?
Ancora adesso sono sconvolta dall'efficacia delle strategie di psicologia sociale di manipolazione del consenso. Terrorizzare, martellare con continui messaggi sempre uguali, trovare un capro espiatorio, mettere gli uni contro gli altri, aizzare la rabbia del popolo contro un ipotetico nemico interno, premiare gli zelanti, umiliare i riottosi... ha sempre funzionato e sempre funzionerà, anche nelle nostre "democrazie occidentali". Per me è davvero qualcosa di inedito, che fa crollare tanti punti di riferimento, e di difficile comprensione, ancora adesso. E' incredibile come si possa scatenare la guerra civile tra gente che fino a poco prima viveva senza problemi insieme. Ma la storia ce lo insegna da tempo, e non c'è forse niente di nuovo sotto al sole, come dice una musicista, che ha rilasciato una toccante testimonianza nel mio libro. Nel libro traccio la trama degli interessi che sono sotto a queste gestioni autoritarie e tecnocratiche delle crisi: i grandi capitali finanziari traggono profitto da ogni crisi, come diceva Naomi Klein e lo abbiamo visto chi si è arricchito, chi è sprofondato.
Tu esprimi stupore ed amarezza a proposito di come la sinistra italiana e i sindacati abbiano potuto tollerare e sostenere le misure governative liberticide e discriminatorie, anche le più severe.
Ma, mi chiedo, non è ancora più sconcertante il silenzio o la complicità di buona parte del mondo cattolico, di quello del volontariato e dell’associazionismo (soprattutto quello relativo ai diritti umani)?
Assolutamente sì, e aggiungo alla lista anche il mondo ambientalista dal quale io derivo. Ora che ne siamo fuori, o almeno siamo in mezzo ad una parentesi, è come se quel periodo di discriminazione sia un vuoto spazio temporale, un blackout di coscienza. Fino a qualche mese fa io (come tanti altri) ero trattata come un paria, esclusa dalle riunioni, respinta dai bus, o dalle biblioteche, e quasi nessuno degli amici attivisti si indignava, ma tollerava in silenzio o ne era un fiero sostenitore. Proprio coloro che da anni lottavano per le minoranze oppresse e per tutti gli emarginati, improvvisamente hanno accettato questa barriera invisibile, che separava umani da subumani, cittadini di serie A da cittadini di serie B. Hanno accettato la soppressione dei diritti di base. Qualcosa di pazzesco e surreale. Ora che siamo di nuovo tutti uguali, queste associazioni preferiscono glissare, non ricordare, non rivangare. C'è stato davvero un atteggiamento poco onesto da parte di tante associazioni. Uniche eccezioni: Amnesty, a gennaio, fece un timido comunicato contro le discriminazioni e anche Attac Roma lanciò pesanti e preoccupanti moniti, che ho prontamente citato nel libro, e ovviamente il mio gruppo Famiglie senza Auto. Per il resto il vuoto cosmico, a parte, come racconto, semi di pace che germogliavano qua e là, ma non da associazioni "storiche".
Sicuramente lo diranno, ma la logica purtroppo è quella. La logica fascista è sempre stata "credere, obbedire combattere" e così gli insegnanti non vaccinati, pur non essendo pericolosi, sono stati puniti per non aver obbedito. Non facevano male a nessuno, ma sono stati prima sospesi, poi demansionati, come un mobbing di stato. Una scuola che privilegia l'obbedienza cieca e punisce e umilia chi dissente usa una logica e una modalità educativa fascista, una pedagogia nera. Esattamente il contrario dell'insegnamento di Don Milani che diceva che l'obbedienza non è più una virtù!
Nonostante questa devastante pressione per schiacciare la scuola pubblica, io ancora ci credo. Tutti e quattro i nostri figli vanno nelle scuole pubbliche, sono consigliera nel consiglio di istituto, e resto a combattere per migliorarle. So che ci sono tante scuole parentali, ma non tutti possono permettersi di pagare 2-300 euro al mese per ogni figlio. Non mi sembra neppure giusto che si stia andando verso un modello americano, con una scuola pubblica rottame e fiorenti scuole private.
Come diceva ancora Don Milani, uscire da un problema insieme è politica, uscirne da soli è egoismo.
Hai fatto veramente bene a raccontarci di tante esperienze e di tante iniziative belle, intelligenti e, soprattutto, utili! Non credi, però, che, nel complesso, la popolazione italiana abbia troppo subito e continui a troppo subire le strategie governative, senza esercitare nessuna forma di pensiero critico?
Sì, nonostante tanti semi di pace germogliati qua e là, la veduta complessiva è desolante. Una società spaccata, divisa e piegata, dove chi crea alternative lo fa in modo pressoché clandestino. Come spesso accade, invece che riflettere su ciò che è accaduto e cercare di comprendere, si preferisce dimenticare e non parlarne. Per questo ho voluto scrivere un libro, perché è successo qualcosa di così grosso, nella nostra società, che non possiamo dimenticare. Anche la libertà di stampa è crollata. Anch'io ne ho fatto le spese. Collaboravo con un quotidiano di sinistra, ma dopo aver criticato pubblicamente la gestione della pandemia e la linea editoriale filogovernativa, sono stata di fatto messa da parte.
La vita da freelance e scrittrice indipendente è sempre più difficile, in questo paese.
A fine agosto del 2021, sull’ottimo giornale online La Pressa di Modena, è apparsa, a firma della diciannovenne Camilla Dolcini, una originale Lettera all’essere umano*, in cui apparivano considerazioni e riflessioni di rara profondità in merito ai dolorosi processi degenerativi in atto nella psicologia e nella moralità individuali e collettive, in seguito al terrore pandemico e alle misure liberticide imposte a tutti noi. A tale Lettera, ha fatto seguito, il giorno 8 dello scorso mese, sempre ad opera della medesima studentessa, un corposo articolo** in cui sono state esaminate, con grande acutezza e con insolita sensibilità psicopedagogica, le problematiche relative all’infanzia e all’adolescenza, legate alla attuale situazione di negazione dei più elementari fondamenti della civiltà costituzionale.
Ora, dopo aver già segnalato detto articolo***, sono felice di poter riportare un’ampia conversazione grazie alla quale l’Autrice ha potuto riprendere ed approfondire i principali nodi tematici da lei precedentemente affrontati. Ciò nella convinzione che le parole di Camilla, tanto dense di saggezza e di intrinseca rigorosa logicità, scevre da asprezze e da nocivo livore, possano aiutarci a comprendere meglio la gravità di quanto ci sta accadendo e ad affrontare con maggiore lucida e ragionata speranza i giorni difficili che certamente ci attendono.
Senz’altro le circostanze nelle quali abbiamo vissuto negli ultimi due anni hanno contribuito fortemente in questo processo di disumanizzazione che purtroppo ha colpito la società intera. La paura, alimentata anche da una propaganda martellante e malsana, ha giocato, prima su tutto, un ruolo molto importante. Essa, infatti, costituisce un sentimento molto forte e profondo, oserei dire totalizzante e, spesso, ci induce a pensare in modo confuso e irrazionale facendoci dimenticare quelli che sono i nostri principi, le nostre idee e i nostri punti di riferimento.
Quando abbiamo paura, infatti, tendiamo ad agire in modo impulsivo e il nostro scopo primario è quello di cercare di scappare a qualunque costo da questo sentimento che causa in noi un grande disagio. Non importa come. Basta trovare una via d’uscita. Se poi tale via d’uscita sia più o meno sensata, più o meno giusta o coerente con i nostri valori è solamente secondario.
Inoltre, alla paura, dobbiamo aggiungere altri fattori che sicuramente hanno contribuito a renderci tutti più insensibili come, ad esempio, l’isolamento e la progressiva perdita di socialità che hanno caratterizzato le nostre vite in questi due anni. Credo, infatti, che tutto ciò abbia portato a chiuderci sempre di più in noi stessi e a pensare in modo sempre più egoistico al nostro piccolo orticello, facendoci perdere il desiderio di confrontarci con l’altro e persino il semplice piacere di stare insieme.
Tuttavia, penso che, nonostante la paura, la propaganda e la mancanza di socialità tra le persone abbiano giocato un ruolo importante nel privarci di gran parte della nostra sensibilità. Era da tempo che la società mostrava delle serie lacune in quella che è la sua sfera etico-morale, sia da un punto di vista collettivo, sia per quanto riguarda il singolo, cioè ciascuno di noi.
La paura, l’isolamento sociale, l’ipnosi di massa infatti non hanno semplicemente condizionato e influenzato il nostro modo di relazionarci con l’altro e di vedere la realtà che ci circonda, ma sono stati capaci di dominare completamente le nostre vite assoggettando persino la nostra coscienza, la quale, invece, avrebbe dovuto aiutarci a superare nel modo più umano possibile questo momento difficile.
Personalmente, ritengo, che tutto ciò abbia svelato come quelli che ritenevamo i nostri valori universalmente riconosciuti, come ad esempio l’uguaglianza, la solidarietà, la difesa del pluralismo e delle libertà personali, il rispetto della dignità umana, la condanna nei confronti delle discriminazioni etc…, erano in realtà molto fragili e non abbastanza radicati nella nostra interiorità, nella quale invece covava un crescente sentimento di menefreghismo e povertà morale.
Devo inoltre aggiungere che già da tempo avvertivo intorno a me un mondo, una società con molte contraddizioni, nella quale spesso faticavo a identificarmi. Una società che definirei piatta e conformista, fondata sull’apparenza e la competizione, nella quale ormai da anni vi era poco spazio per la riflessione e il pensiero critico. Insomma, detto questo, credo che il progressivo imbarbarimento della società si fosse innescato ben prima della pandemia, ma le condizioni nelle quali abbiamo vissuto e le scelte politiche prese negli ultimi due anni lo abbia messo veramente in luce e, in alcuni casi, esasperato.
Certamente, la propria libertà implica sempre delle responsabilità verso gli altri e qui mi sento di citare una ormai ricorrente frase che in questi mesi mi è stata ripetuta più volte: “La tua libertà finisce dove inizia la mia”. Un principio giustissimo, ma che ritengo inapplicabile ai provvedimenti presi negli ultimi mesi per contrastare l’avanzata del virus, in particolare per quanto riguarda lo strumento del green pass che è stata presentato come uno strumento in grado di garantire luoghi sicuri e permettere alle attività di restare aperte.
Oramai, è stato ampliamente dimostrato, anche dall’ondata di contagi di questo inverno, che non è affatto così, in quanto anche le persone che hanno scelto legittimamente e liberamente di vaccinarsi possono, purtroppo, infettarsi e contagiare. Dunque, quella presunta sottrazione di libertà in nome dell’interesse comune e della prevenzione nei confronti di un pericolo collettivo non è altro che un’ingiustizia fondata su una menzogna a sua volta costruita sulla base di un diffuso sentimento di paura.
Inoltre, credo sia doveroso spendere due parole sui concetti di benessere del singolo e rispetto della collettività. Per come la vedo io, credo che questi due aspetti non possano essere l’uno subordinato all’altro ma debbano, al contrario, coesistere. Sono entrambi importanti e penso che costituiscano i pilastri fondamentali di una società giusta, equilibrata e democratica. Voler creare una sorta di gerarchia tra questi due principi come è stato fatto negli ultimi mesi penalizza e svilisce entrambi. La società, infatti, è composta da individui, persone diverse con idee, pensieri e valori differenti, i quali contribuiscono personalmente a dare forma alla comunità in cui vivono, ognuno apportando il proprio unico e originale contributo. Tutti. Nessuno escluso. Ognuno a modo suo.
Ecco, detto questo, credo sia doveroso chiedersi in che tipo di società vogliamo vivere per poter stare bene ed essere felici. Personalmente ho sempre desiderato vivere in un mondo nel quale ci fosse posto per tutti, dove ognuno venga accolto e accettato per quello che è, perché credo che soltanto attraverso il rispetto reciproco e la valorizzazione del singolo, ogni persona possa rendersi disponibile a fare la propria parte per la collettività. In caso contrario, se l’individuo non viene rispettato, ma bensì giudicato, deriso o escluso per qualunque motivo, raramente egli sarà disposto ad avere a cuore il benessere altrui dopo aver subito un tale trattamento.
Credo che solo in questo modo potremmo davvero costruire una società equa, pacifica e soprattutto coesa, altrimenti rischiamo di dare vita ad un collettivo privo di personalità e di anima che non agisce tanto in nome dell’altruismo o del rispetto della comunità, ma per la necessità di conformarsi a ciò che è ritenuto socialmente accettabile. Insomma, credo che il rischio di una subordinazione delle libertà del singolo alla tutela della collettività sia proprio quello di dare origine ad una società in cui la salvaguardia di tutti viene sostituita con la repressione di pochi. Una società in cui il rispetto delle regole viene sostituito con l’obbedienza cieca a qualunque ordine. Una società in cui il bene e il male sono determinati da un pensiero unico e conforme.
Infine vorrei aggiungere che questa tanto propagandata tutela e rispetto della collettività stoni fortemente con l’individualismo che, purtroppo, ormai da anni caratterizza la società in cui viviamo, sempre più fondata sull’arroganza e la competizione, due aspetti che purtroppo predominano in ogni suo ambito, (scolastico, lavorativo, economico, sociale, politico etc…) e questo grazie anche al contributo di chi oggi, con una lieve nota di ipocrisia, insiste a schierarsi a fianco di coloro che si ritengono dalla parte giusta.
Personalmente, credo che lo sfruttamento e la strumentalizzazione abbiano rappresentato le principali strategie adottate negli ultimi due anni per diffondere nelle persone i sentimenti più negativi, come la paura, il senso di colpa, la rabbia. Prima è toccato a coloro che purtroppo hanno perso la vita durante la pandemia, poi alle persone più anziane e fragili e, infine, sono riusciti a colpire persino i bambini.
Per come la vedo io, queste strategie, specialmente se applicate a persone in un certo senso più deboli che necessitano di essere tutelate come, ad esempio, i minori, non siano soltanto frutto dell’ignoranza pedagogica di chi ha preso certe decisioni. Usare o strumentalizzare qualcuno, soprattutto se ciò viene fatto in contrapposizione a qualcun altro, è, a mio parere, un atto violento, meschino e soprattutto ben calcolato.
Lo sfruttamento, infatti, ha spesso dei fini e degli obiettivi ben precisi e raramente avviene per caso. Da mesi, mi pare che lo scopo primario di chi ci rappresenta sia quello di dividere e punire chi rifiuta di piegarsi a certi provvedimenti. Ma per raggiungere tale obiettivo, per punire qualcuno si deve necessariamente dare l’idea di “premiare” tutti gli altri, ed ecco che qua subentra quella che è la strumentalizzazione, l’inganno, l’atto violento di gratificare una persona non tanto perché la si stima, ma perché la si vuole usare per metterne un’altra in cattiva luce. Per farla breve questo tipo di sfruttamento consiste nel servirsi indirettamente di alcuni per fare del male ad altri.
A tale scopo, se si fa riferimento ai bambini, aggiungerei anche la volontà da parte di chi ha messo in campo questi provvedimenti di educare all’obbedienza, al conformismo e alla demonizzazione del diverso. I ragazzini, infatti, non essendo ancora abbastanza maturi per distinguere ciò che è bene da ciò che è male, rappresentano delle ottime prede per chi desidera dare vita ad una società fondata sul pensiero unico e sull’intolleranza.
Sicuramente ripongo una grande fiducia nei bambini, perché, proprio grazie alla loro coscienza ancora in formazione, al loro animo puro e non ancora corrotto dagli egoismi e dagli interessi personali, possono davvero offrici una grande lezione di umanità. Credo che, ogni volta che nel mondo nasce un bambino, egli rappresenti un’occasione per la società di rigenerarsi.
Questo mio pensiero non è solo una convinzione personale, ma credo che dovrebbe diventare una necessità per tutti noi. E’ dal bambino, infatti, che si costruisce l’uomo e soltanto se riusciremo a preservare la sua purezza e la sua bontà potremmo far crescere adulti responsabili e onesti.
E’ una necessità, così come dovrebbe esserlo anche il bisogno di guardarsi dentro e fare i conti con la propria interiorità, perché credo che soltanto in questo modo possiamo preservare la nostra coscienza e sviluppare un patrimonio di valori in grado di guidarci nelle nostre azioni.
Infine, per quanto riguarda il mio invito a non rispondere all’odio con l’odio e non farsi condizionare dai sentimenti negativi, ammetto che la sua componente consolatoria è un aspetto molto significativo. In questi mesi, infatti, vedere la progressiva spaccatura che si è venuta a creare nella società mi ha causato molta sofferenza e delusione e cercare di non darla vinta a questa disumana contrapposizione è stato, prima di tutto, un modo per farmi coraggio. Tuttavia, soprattutto nell’ultimo periodo, devo dire che sta diventando un’impresa sempre più difficile. Perciò non lo definirei una vera e propria filosofia di vita maturata e consolidata ma una sorta d’impegno, di tentativo o di obiettivo verso cui tendere per cercare di continuare a vivere in armonia con i miei principi e la mia coscienza, ai quali non posso assolutamente rinunciare.
Spunti tratti dal libro di Bruno Melas “La Bibbia, gli Ebrei e le altre storie”
Per chi pensi che 20.000 italiani infoibati siano poca cosa in confronto con i 6 milioni di Ebrei uccisi dai nazisti, ricordiamo che:
1) Stalin il 17 agosto 1942 disse a Churchill che in Russia era stato necessario uccidere 10 milioni di Kulaki per la loro opposizione alla collettivizzazione delle fattorie. E non esistono stime attendibili per gli stermini successivi voluti da Stalin. Ma secondo il premio nobel Solzenitsyn, dal 1918 al 1953 Stalin avrebbe fatto uccidere circa 66.700.000 persone.
2) Mao Tse Tung dal 1949 al 1965 ha fatto uccidere almeno 26 milioni di cinesi, senza che né cristiani né ebrei abbiano fatto nulla per impedirlo. Secondo uno studio pubblicato sul Figaro nel novembre del 1978 le vittime cinesi sarebbero state 63. 700.000.
3) Pol Pot dal 1975 al 1979 ha fatto uccidere circa 3 milioni di Cambogiani armeni, su una popolazione totale di 8 milioni.
4) I turchi nel 1915 hanno massacrato 2 milioni di cristiani armeni.
5) I Negri americani rivendicano l’esistenza di un grande olocausto nero perpetrato per tre secoli ai danni dei Negri africani, deportati a decine di milioni nelle americhe. I gruppi di Negri americani rimproverano in particolare agli Ebrei, titolari dell’unico olocausto riconosciuto, di aver gestito una grossa fetta del mercato degli schiavi.
Quello che viene ricordato con insistenza è quello degli Ebrei, ammesso che le vittime siano ugualmente rispettabili indipendentemente dalla razza o dalla religione, occorre domandarsi quale sia in criterio di questa scelta:
1) Se il criterio è il numero dei morti allora occorre ricordare prima quello di Mao o di Stalin;
2) Se il criterio è quello del fatto più recente allora occorre ricordare prima quello di Pol Pot, poi quello di Mao;
3) Se il criterio è quello della vicinanza geografica ed etnica allora agli italiani occorre ricordare quello delle foibe;
4) Se il criterio è quello della durata allora è primo l’olocausto nero:
Evidentemente il criterio non è tra questi 4. Ma chi ci ricorda con insistenza sempre lo stesso olocausto non ritiene le vittime ugualmente rispettabili indipendentemente dalla razza o dalla religione. Il genocidio degli Ebrei è più grave del genocidio degli Zingari o dei Kulaki o dei Cinesi o dei Negri?
Quanto poi ai campi di concentramento questi furono usati precedentemente dagli Inglesi in Sudafrica nel 1900-1902 durante la guerra contro i Boeri (contadini ed allevatori di origine olandese): nella seconda fase della guerra; i Boeri difendevano la loro terra con una guerriglia di stampo resistenziale. Gli Inglesi incendiarono allora 40.000 fattorie, ne distrussero i raccolti, abbatterono o confiscarono il bestiame e deportarono figli e mogli dei Boeri in campi di concentramento. Vi fu un vero e proprio genocidio. Il tasso di mortalità raggiunse tra i Boeri proporzioni spaventose: il 36% degli adulti e l’88% dei bambini. Di queste, pur essendo cifre superiori a quelle dei campi di concentramento nazisti, non se ne parla mai, né mai si fanno film per ricordare le colpe dei grandi crimini e criminali della storia.
Un toccante articolo di Camilla Dolcini.
Mentre prosegue asfissiante, da parte dei principali soggetti mediatici, la campagna filogovernativa, mirante a glorificare in maniera indecorosamente propagandistica la bontà indiscussa e indiscutibile dei cosiddetti “vaccini anticovid”, ridicolizzando, infangando e criminalizzando - al contempo - tutti coloro che, non volendo abbandonare l’uso del pensiero autonomo, continuano a sollevare e proporre dubbi, perplessità e analisi critiche, capita, fortunatamente, nel grande universo della libera informazione, di trovare interventi di grande intelligenza e di ricco spessore civile. E’ quanto mi è potuto accadere con l’imbattermi nello splendido articolo di Camilla Dolcini su La Pressa dell’8 febbraio (https://www.lapressa.it/articoli/parola_d_autore/follia-green-pass-i-bambini-prime-vittime-di-una-societ-disumana).
In questo articolo, la giovanissima Camilla, mettendo in luce una sensibilità psicopedagogica davvero pregevole, affronta un problema dolorosamente molto, troppo trascurato: quello delle conseguenze rovinose che la strategia dei green pass sta producendo nell’esistenza dei nostri bambini e dei nostri ragazzi.
“Oggi un ragazzino di appena dodici anni, - scrive - sprovvisto di super green pass non può salire sul bus per andare a scuola, venendo così ostacolato in quello che è il suo diritto allo studio, un diritto primario di ogni bambino o ragazzo in un paese civile e democratico come ormai un tempo era il nostro.
Oggi un ragazzino di appena dodici anni sprovvisto di super green pass non più fare sport, un’attività fondamentale per il benessere psico-fisico degli adolescenti e che fino a poco tempo fa medici, psicologici ed educatori raccomandavano di praticare.
Oggi un ragazzino di appena dodici anni sprovvisto di super green pass non può più andare al cinema o mangiare una pizza insieme agli amici, venendo così privato di quella vita sociale che per gli adolescenti costituisce una vera e propria necessità.
Oggi un bambino non vaccinato, nel caso in cui in classe vi sia un determinato numero di alunni positivi è costretto a rimanere in DAD, persino alla scuola primaria, mentre i suoi compagni inoculati possono tranquillamente andare a scuola, nonostante alcuni esponenti politici abbiano dichiarato espressamente che la didattica a distanza sia una pratica che crea profonde discriminazioni e disuguaglianze.
Oggi un ragazzino non vaccinato rappresenta un potenziale pericolo per la società, egli fa parte dei cattivi, dei nemici e per questo deve pagare. Deve pagare, ma senza aver fatto nulla di male, senza aver avuto alcuna voce in capitolo per la sua attuale condizione. Deve pagare per le scelte compiute legittimamente dai suoi genitori, ai quali secondo alcuni dovrebbe essere attribuita la colpa per la sofferenza dei propri figli.
Oggi ad un ragazzino di appena dodici anni in possesso di super green pass, non ancora in grado di distinguere con chiarezza ciò che è bene da ciò che è male vista la sua giovane età, è concesso salire sui mezzi pubblici, giocare a calcio, andare al cinema e al ristorante, rimanere in classe con i suoi compagni. A lui è concesso, è proprio questo il problema. Tutte queste attività non dovrebbero essere concesse, ma rappresentano, al contrario, una serie di diritti e di libertà che ogni ragazzo, dovrebbe possedere fin dalla nascita e che la Costituzione stessa gli garantisce a prescindere dalla sua etnia, religione, classe sociale e quanto meno dalle scelte sanitarie che i suoi genitori hanno compiuto per lui.
Oggi, dunque, un ragazzino di appena dodici anni in possesso di un super green pass che gli concede di vivere una vita relativamente normale, rischia di maturare un’idea malata di libertà, vincolata unicamente ad un passaporto sanitario, un lasciapassare che funge da permesso per esercitare i propri diritti costituzionali. Un’idea di libertà materiale, slegata dal suo significato più profondo intrinsecamente connesso alla dignità umana.
Oggi un ragazzino di appena dodici anni in possesso di super Green pass, rischia di crescere con la convinzione che sia accettabile discriminare gli altri, che bambini della sua stessa età con i quali ha sempre condiviso momenti ed esperienze di vita meritino di essere tagliati fuori perché i loro genitori hanno compiuto una determinata scelta, senza che nessuno si preoccupi delle conseguenze che tale atteggiamento potrebbe avere a lungo andare sulla società, senza che nessuno pensi che un domani, quando ormai odiare, discriminare ed escludere, sarà divenuto normale, il nuovo cattivo, il nuovo nemico potrebbe essere proprio quel ragazzo che oggi sembra apparentemente salvo grazie al suo lasciapassare.
Oggi un bambino i cui genitori hanno scelto altrettanto legittimamente di sottoporlo alla vaccinazione viene sfruttato dai media e dalle istituzioni per contrapporre a quei bambini cattivi, ai piccoli nemici non vaccinati, ai figli dei colpevoli, un modello di bambino buono e virtuoso che merita un premio o un attestato di coraggio. Ma la verità è che quel bambino, come ogni altro minore, meriterebbe solo di essere rispettato e tutelato e non strumentalizzato in modo così falso e meschino.”
E i bambini, ci dice Camilla, in questa società spaccata in due dalla mannaia dell’odio sociale e schiavizzata e abbrutita dal terrore, sono tutti (vaccinati e non) vittime incolpevoli e inconsapevoli. Gli uni ingannati, gli altri emarginati. Gli uni usati e strumentalizzati, gli altri emarginati e ghettizzati.
Tutto ciò nell’indifferenza o, addirittura, nel compiacimento vergognoso degli adulti. E, aggiungerei, molto spesso con il silenzio o con il supporto imperdonabile (diretto o indiretto) del mondo delle chiese, delle associazioni civili, delle istituzioni caritatevoli, ecc.
Tutto ciò mentre era tutto un ipocrita blaterare di responsabilità sociali e di doveri civici. Tutto ciò con la complicità di tutti coloro (poliziotti, allenatori sportivi, insegnanti, ecc.) che avrebbero dovuto tutelare i bambini, impedendo qualsiasi forma di discriminazione ai loro danni.
Tutto ciò grazie a
“tutti quegli uomini e quelle donne, che in molti casi sono anche padri e madri, i quali pur di non rinunciare alla propria tranquilla e mediocre esistenza apparentemente non minacciata da queste restrizioni perché magari i loro figli hanno il lasciapassare oppure sono ancora troppo piccoli per dover sottostare a queste regole, hanno preferito chiudere gli occhi e abbandonarsi ad un atteggiamento di impotenza e oserei dire di vigliaccheria.”
Bellissima, in particolar modo, la conclusione (di spirito decisamente montessoriano) dell’articolo:
a salvare questa società impazzita e disumanizzata, ipnotizzata, accecata e desensibilizzata, potranno essere LORO, soltanto loro, i bambini e i ragazzi che rifiuteranno di lasciarsi ingabbiare nelle nostre paure, nelle nostre bassezze, nelle nostre logiche ciniche ed opportunistiche di divisione e di esclusione!
Gli ultimi provvedimenti adottati dal Governo italiano in nome della emergenza pandemica vanno a colpire ancor più gravemente le fondamenta stesse della nostra civiltà democratica, rendendo, di fatto, cittadini di serie Z tutti coloro che continuano a rifiutarsi di sottoporsi alla cosiddetta vaccinazione anticovid. Tali cittadini, che non fanno altro che avvalersi legittimamente del diritto contemplato dalla nostra Costituzione di libera scelta in ambito sanitario, vengono progressivamente espulsi dalla vita sociale e sottoposti a restrizioni sempre più severe che li obbligano, in pratica, ad una vera e propria ghettizzazione.
Purtroppo, a molti di coloro che si trovano in sintonia con la linea governativa e con il pensiero mediaticamente dominante, sfuggono gli aspetti barbaricamente antidemocratici di tali provvedimenti, sfugge la loro gravità abnorme, sfugge, soprattutto, la portata incommensurabile del disagio e della sofferenza a cui vengono condannati i cosiddetti ribelli novax.
E’ nostra speranza, pertanto, che la lettera che qui presentiamo, inviataci da un caro amico professore di Filosofia in pensione, possa risultare di aiuto nel mettere meglio a fuoco la dolorosa realtà che si sta imponendo nel nostro Paese.
È solo uno sfogo.
I giovani che continuano a rifiutare i cosiddetti “vaccini”, oltre a non poter accedere a palestre e piscine, non possono neppure praticare sport di squadra all’aperto.I vaccinati POSITIVI possono fare tutto liberamente; il non vaccinato NEGATIVO è in gabbia come me. Il malato di covid guarito e difeso dagli anticorpi naturali, ben più forti e duraturi di quelli prodotti dal vaccino, si dovrà vaccinare, altrimenti in gabbia pure lui. Fuori posso fermarmi a parlare con gli amici che incontro, ma non posso bere un caffè al bar, né al bancone né all’aperto.
La passeggiata in campagna per raggiungere Padova, partendo da Venezia e rispettando le regole, è stata proibita a persone sia pro che contro i vaccini, assolutamente pacifiche, senza cartelli, senza slogan, senza simboli di nessun genere, che facevano questa (ripeto) passeggiata SOLO per il ripristino delle libertà costituzionali: ad attenderle, all' ingresso del primo paesino prima di Padova, c'era la polizia in assetto antisommossa.
Dopo una manifestazione autorizzata, chi si trattiene a parlare viene prelevato e schedato.
Se invii un messaggio in cui compare una parola di sdegno contro quello che sta accadendo ti oscurano per giorni: è successo varie volte.
Continua la narrazione a senso unico senza mai una voce dissenziente sui canali nazionali.
I farmaci validi, proposti ed utilizzati da tanti medici coscienziosi, continuano ad essere boicottati, la gente continua ad ammalarsi senza cure domiciliari precoci e muore. Le varianti continuano a moltiplicarsi, probabilmente proprio su stimolazione dei cosiddetti “vaccini, e le vaccinazioni continueranno all' infinito con profitti miliardari (40 miliardi in un anno Pfizer). La tachipirina non è uno sfiammante e quando ci si ammala di covid è assolutamente controindicata, ma è prescritta dal CTS. Il covid è diventato, di colpo, una malattia pediatrica.
Continua il silenzio sulle decine di migliaia di morti da vaccino e sui milioni di gravi effetti avversi da vaccino in Europa (dati EMA).
I non vaccinati possono fare solo due cose: la spesa e acquistare le medicine. Vengono privati dello STIPENDIO anche se devono accudire un parente disabile non autosufficiente.
Non possono più esprimere liberamente un proprio parere non in linea con la narrativa di regime senza venire ammoniti e schedati. Le poche emittenti che ospitano medici non allineati vengono spesso oscurate. Non c'è più libertà di opinione, di parola, di riunione in luogo pubblico.
I vaccini messi in commercio sono scarsissimamente efficaci, gravidi di controindicazioni e di gravissime incognite ( queste ultime dichiarate dalle stesse case produttrici insieme all' ammissione che si tratta di prodotti in fase ancora pienamente sperimentale). L' OMS, nonostante sia fortemente condizionata dalle pressioni esercitate dai suoi finanziatori, nella stragrande maggioranza privati, ha espresso parere chiaramente contrario alla vaccinazione dei bambini. Eppure …
Draghi ha fatto carriera nelle banche e con le multinazionali e, dal 1992, ha iniziato la politica delle privatizzazioni e della svendita delle nostre eccellenze in tutti i settori.
La scienza vive di confronti e di dibattiti: nel CTS vige il pensiero unico e Speranza è laureato in legge.
La Costituzione è continuamente VIOLATA nei suoi principi FONDAMENTALI. In parlamento si parla con una sola voce e, a volte, con qualche pigolio prima di dare il proprio assenso all' autocrate.
Non potrò più acquistare un libro, un paio di scarpe, un maglione, degli occhiali, delle stoviglie, prendermi un caffè nemmeno da solo all' aperto.
Non potrò vedere un film, non potrò spedire un pacco, non potròprendere il bus, il treno.
Non potrò viaggiare con NESSUN mezzo anche se sono NEGATIVO al tampone. I vaccinati (che contagiano e si contagiano perlomeno come i non vaccinati) hanno potuto fare quello che hanno voluto e si sono recati ovunque e ora, come ho ricordato, anche se POSITIVI, possono recarsi dove vogliono (con l' unico obbligo della mascherina). Per LORO, io e quelli come me, siamo terroristi, complottisti, terrapiattisti.
Ciò nonostante, pare che la maggior parte degli italiani creda ancora di vivere in democrazia. A questo punto, preferirei che a diventare presidente della repubblica fosse Berlusconi piuttosto che Draghi.
Però, ho ancora dei dubbi: si è candidata alla presidenza della repubblica anche Gianna Nannini!
Alberto
30/12/21 - All’evento “Diplomazia umanitaria e diritti umani: teoria e pratica”, organizzato dall’Università Federale degli Urali (Ekaterinburg, Russia), hanno partecipato ricercatori e professionisti russi e stranieri – Lyudmila Berg, viceministro delle relazioni economiche internazionali e straniere della regione di Sverdlovsk, Rashid Aluash, responsabile del Programma congiunto della Federazione Russa e dell’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per Diritti Umani, Anastasia Kushleiko, Consigliere per i Programmi Preventivi e Leader del Settore per l’Asia-Pacifico e l’Eurasia presso il Dipartimento di Diritto e Politica Umanitaria della sede del Comitato Internazionale della Croce Rossa; Wellington Pereira Carneiro, consigliere giuridico senior, Ufficio dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati; Tatyana Zonova, PhD, Professore del Dipartimento di Diplomazia presso MGIMO (Università), Elizaveta Gromoglasova, Ph.D., Esperto del Russian International Affairs Council, Tiberio Graziani, Presidente del Vision & Global Trends Analytical Center (Italia); Pasquale Policastro, professore all’Università di Stettino, direttore del centro “Cattedra UNESCO per i diritti umani, la pace, la democrazia, la tolleranza della comprensione internazionale”, PhD, Olga Bogatyreva, professore associato del Dipartimento di teoria e storia delle relazioni internazionale dell’UGI Ksenia Tabarintseva-Romanova, ecc.
I partecipanti provenienti da Russia, Italia, Polonia, Brasile, Svizzera e altri hanno discusso problemi di attualità di teoria e pratica del settore umanitario della diplomazia moderna. Durante la discussione sono stati evidenziati i seguenti aspetti teorici e metodologici nello studio della moderna diplomazia umanitaria:
1) la diplomazia umanitaria è l’arte di tradurre le componenti umanitarie in un piano politico e pratico (A.S. Kushleiko);
2) la diplomazia umanitaria è diplomazia del potere “soft”; un ruolo speciale nelle situazioni moderne nella risoluzione delle questioni diplomatiche dovrebbe essere assegnato alle ONG (T.V. Zonova);
3) la tutela dei diritti umani non deve trasformarsi in uno scontro di interessi geopolitici e non può dipendere dall’“egoismo” nazionale nella sua interpretazione e attuazione. La tutela dei diritti umani, inoltre, affinché sia efficace nella sua attuazione, anche in campo diplomatico, deve, paradossalmente, emanciparsi criticamente dalla sua ideologia fondativa quella del “dirittoumanismo”, imperniata sulla esclusiva interpretazione occidentale dell’essere umano, tener conto delle variegate culture dei popoli che abitano il Globo e trovare un equilibrio con la tutela dei diritti collettivi (T. Graziani);
4) Il concetto di diplomazia umanitaria al momento può essere piuttosto voluminoso e capiente. Può includere obblighi per proteggere le persone da varie minacce (create dall’uomo e non dall’uomo) e un’agenda positiva (ad esempio: promozione di iniziative culturali, scambi educativi, cooperazione scientifica). Tutta questa agenda positiva non ha perso la sua rilevanza. La pandemia ci ha mostrato che la minaccia alla vita non protetta è universale, globale. La minaccia di uno stato di emergenza, di cui scrive D. Agamben, mostrando come in tali condizioni nasce e si diffonde la “vita nuda” – è rilevante sia per i singoli paesi che per il mondo nel suo insieme in relazione all’introduzione di restrizioni, in connessione con l’appello degli Stati a tutti più a strategie di politica estera di mutua esclusione. Ad esempio, si può condurre una politica di sanzioni unilaterali volta a dimostrare il proprio potere sovrano e guidata dal desiderio di punire arbitrariamente quei paesi che perseguono un corso di politica estera indipendente (E.S. Gromoglasova);
5) Lo sviluppo di una cittadinanza transnazionale diretta a salvaguardare la nostra casa comune, ovvero la Biosfera, apre la strada ad una diplomazia, nella quale gli individui da una parte pongono i loro buoni uffici a disposizione delle comunità dei singoli stati. Dall’altra, chiama le diplomazie degli Stati, e le loro amministrazioni ad una attività di ascolto della società civile diretta a sviluppare una cittadinanza diretta al servizio per la protezione della Casa comune. Le opzioni che sono in grado di sostenere ogni comunità statale andando al di là delle differenze, e soprattutto evitando strumentalizzazioni dei discorsi e degli argomenti in favore della protezione dell’ambiente, appaiono così un importante elemento di ausilio per ricostituire le relazioni tra gli Stati (P. Policastro);
6) La moderna diplomazia umanitaria è multivettoriale e polimodale. Coinvolge stati, organizzazioni intergovernative, associazioni di integrazione e ONG, poiché i problemi umanitari globali possono essere risolti solo da sforzi congiunti di attori statali e non statali. La diplomazia umanitaria, basata sui classici principi umanitari di umanità, imparzialità e neutralità, nel XXI secolo è completata dai principi del rispetto e della protezione dei diritti e delle libertà umani e dell’umanesimo della sostenibilità. In accordo con il concetto di “triplo legame”, l’azione umanitaria moderna include non solo la fornitura di assistenza umanitaria di emergenza, ma anche di costruzione della pace e progetti a lungo termine volti allo sviluppo e all’attuazione dell’Agenda 2030 (O. N. Bogatyreva);
7) il concetto di diplomazia umanitaria è finalizzato all’implementazione di diverse modalità: 1) percettiva – una percezione positiva a livello internazionale di un paese / organizzazione internazionale; 2) emotiva: aiutare i gruppi vulnerabili della popolazione; cura per l’ambiente; 3) logica e semantica – l’attuazione e la tutela dei diritti umani, costruendo un dialogo interculturale; prevenzione dei conflitti. La diplomazia umanitaria come concetto ombrello poggia su due pilastri: la fornitura di assistenza umanitaria e il raggiungimento degli SDGs, mentre la protezione e l’attuazione dei diritti umani saranno una risorsa per l’attuazione di questo tipo di diplomazia, e la cooperazione umanitaria è l’obiettivo stabilito pratica di applicazione/interazione degli stati (KM Tabarintseva-Romanova).
La tavola rotonda si è svolta nell’ambito del progetto RFBR n. 20-014-00033 A “Il concetto di diplomazia umanitaria polimodale: implementazione, strumenti e modelli di civiltà”.
per gentile concessione di Vision and Global Trends
No, non potrà essere un Buon Natale il Natale di questo orribile 2021.
Perché sarà un Natale in cui una parte della popolazione, per il fatto di non aver accettato di farsi inoculare un farmaco di natura sperimentale ricco di incognite, si ritroverà escluso dalla vita sociale, fatto oggetto di discriminazioni fino a poco tempo fa assolutamente inimmaginabili.
Per molti nostri concittadini, che non hanno commesso alcun reato, che hanno servito onestamente lo Stato in mille modi (medici, insegnanti, poliziotti, vigili del fuoco, ecc.), sarà un Natale in cui non sarà possibile salire su un bus o prendere un caffè al bar.
E per molti sarà un Natale in cui si ritroveranno costretti a dover scegliere fra il continuare a rispettare la propria coscienza e il continuare a portare il pane quotidiano nelle proprie case.
Sarà un Natale in cui tanti genitori si ritroveranno ad interrogarsi in merito a quali scelte fare per i propri figli, dibattendosi fra il timore di poter esporli a danni gravissimi, da una parte, e la prospettiva di renderli degli emarginati, esclusi da tutto, dall 'altro.
Sarà un Natale in cui i Diritti Umani non saranno gli stessi per tutti.
Sarà un Natale in cui i valori della Fratellanza saranno traditi e ingiuriati.
Abbiamo davvero bisogno di farci gli Auguri!
Auguri di conservare la nostra capacità di giudizio autonomo, di conservare spirito di tolleranza, disponibilità al dialogo, sentimenti di autentica solidarietà, soprattutto verso le tante vittime delle tante ingiustizie.
Auguri di riuscire a tenere viva in noi, nonostante l'imbarbarimento dilagante e dominante, la fiducia in un futuro di Luce e di Saggezza.
Pierre-André Udressy è una ex guardia svizzera che, non intendendo sottostare all’obbligo vaccinale imposto dalle autorità vaticane, insieme a pochi altri colleghi, ha preferito accettare di subire il provvedimento di licenziamento. Ha voluto, però, anche cercare di esprimere e di comunicare le proprie riflessioni, rivolgendosi direttamente al pontefice con una lettera aperta, ricca di dignità quanto di contenuti, pubblicata dal sito web Renovatio 21 (https://www.renovatio21.com/lettera-aperta-di-una-guardia-svizzera-che-ha-resistito-alla-vaccinazione-obbligatoria-in-vaticano/).
E, pochi giorni dopo, sempre sullo stesso sito, è apparsa una intervista a Udressy che permette di meglio comprendere le ragioni che lo hanno condotto ad operare una scelta di tale rilevanza. (https://www.renovatio21.com/per-me-cattolico-e-qualcosa-che-non-e-umano-intervista-alla-guardia-svizzera-che-ha-rifiutato-il-vaccino-obbligatorio-in-vaticano/)
La ex guardia svizzera, partendo dal presupposto filosofico secondo cui il dubbio andrebbe considerato come il vero padre della conoscenza, sottolinea l’entità dei rischi e della pericolosità degli attuali “vaccini anticovid”, non sufficientemente testati.
“La frequenza di incidenti mortali - scrive - dopo la vaccinazione è “sottostimata”, secondo il Direttore dell’Università di Heidelberg, Peter Schirmacher, che aggiunge: ‘Il vaccino è la causa della morte nel 30-40% delle autopsie delle persone vaccinate di recente’ “.
Inoltre, anche l’efficacia stessa dei vaccini somministrati risulterebbe alquanto incerta, come dimostrerebbe il caso dei membri della Guardia Svizzera, tutti vaccinati, risultati positivi al COVID-19, nonché la situazione critica di Israele, uno dei paesi più vaccinati al mondo.
Ma particolarmente degne di attenzione risultano le sue parole destinate a mettere in luce la sua esigenza di “testimoniare e sostenere così tutti quelli che si permettono di pensare diversamente, di reagire con intelligenza ed evitare con convinzione ciò che non è ragionevole”.
“Quanti dei miei cari colleghi - dice - hanno purtroppo ceduto a un trattamento medico a cui non davano pieno consenso, obbligati dalla forza, per riottenere delle libertà? Per me - aggiunge - è fondamentale difendere con convinzione la Libertà. Perché dovrei obbligarmi a qualcosa della cui assurdità sono cosciente?”
Ma la parte della lettera indubbiamente più interessante è quella che mette in chiara evidenza l’oggettiva contraddittorietà della posizione ipervaccinista assunta da papa Francesco rispetto a quelle che sono le posizioni tradizionali della Chiesa cattolica, limpidamente espresse dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, in data 21 dicembre 2020, secondo cui
“appare evidente alla ragione pratica che la vaccinazione non è, di norma, un obbligo morale e che, perciò, deve essere volontaria”.
Inoltre, il documento della Pontificia Accademia per la Vita, del 5 giugno 2005, afferma con chiarezza che è doveroso combattere i “vaccini illeciti”, ossia quelli “preparati da feti umani abortiti, arrivando anche ad auspicare l’obiezione di coscienza da parte del personale medico cattolico
“rispetto all’uso di vaccini prodotti mediante ceppi cellulari di origine fetale umana abortiva.”
“Ora - prosegue Udressy - il Vaticano, l’istituzione della Chiesa, ha scelto il vaccino Pfizer, testato su linee cellulari abortive. Che pensare? Addirittura impone il vaccino a tutti i suoi dipendenti, benché come Stato sovrano, avrebbe la possibilità di scegliere dei prodotti non contaminati dall’aborto, che pure esistono.
Come cattolico che segue il Magistero, avrei il dovere di battermi contro le scelte vaccinali della Città del Vaticano?
Se si leggono i documenti citati, si deve rispondere di sì.
(…)
Ciò che è certo in tutto questo, - conclude - è che quanto stiamo vivendo non ha più niente di umano né tantomeno di cristiano, ed è davvero intollerabile vedere la santa Città del Vaticano arrivare a questo punto!”
Pierre André, da cattolico coerente, ha scelto di non essere più al servizio del papa e di ritornare, all’età di 24 anni, nel suo Canton Vallese. Riprenderà presto, senza lasciapassare verde ma con animo lieto, il suo vecchio lavoro di falegname.
Il tentativo governativo di imporre alla cittadinanza del nostro Paese l’adozione (sempre più estesa) di un lasciapassare lesivo dei diritti fondamentali della persona, discutibilmente denominato “green pass”, sta producendo numerose forme di riflessione e di discussione critica.
Molti, tra l’altro, i documenti in cui, medici, docenti e studenti hanno espresso una ben ragionata quanto ferma condanna di detto provvedimento (https://www.flipnews.org/component/k2/no-green-pass-appello-alle-piu-alte-cariche-dello-stato.html ).
Ci sarebbe ottimo materiale per confezionare una splendida antologia da proporre nelle scuole per affrontare proficuamente tematiche di Educazione civica e di Educazione ai diritti umani.
Un’attenzione tutta particolare, merita, comunque, il coinvolgente discorso della dottoressa Nunzia Alessandra Schilirò, dirigente della Polizia di Stato, nel corso della manifestazione anti-green pass tenutasi a Roma, in piazza S. Giovanni, sabato 25 settembre.
Questi i punti salienti del suo non previsto e applauditissimo intervento.
Il commovente discorso della dottoressa Schilirò si è concluso, poi, con due domande.
La prima a proposito di cosa potrebbero mai fare i nostri governanti qualora il 15 ottobre si trovassero milioni di italiani pronti a dire NO alla tessera verde.
La seconda, in perfetto stile socratico-gandhiano, relativa a cosa gli onesti dovrebbero temere. Dai presenti la risposta migliore:
“Di nulla! Gli onesti non debbono avere paura di NULLA!”
Da questa donna (che in molti candideremmo senza alcuna esitazione alla Presidenza della Repubblica) abbiamo ricevuto una meravigliosa e toccante lezione di saggezza etica e di coerenza giuridica e civile.
Con la speranza che, veramente, siano Amore e Verità a illuminarci la strada.
![]() |
clicca sull'immagine per il video |
Alle 9 del mattino Athos de Luca è già accanto al piccolo palco, quest’anno senza verde intorno, concentrato a ripassare i suoi minuscoli appunti per la scaletta degli interventi. Campeggia alle sue spalle la scritta grande: “Mai Più Hiroshima 1945-2021”. La piazza conta meno presenze degli anni precedenti e anche i relatori sono di meno, così De Luca ha più spazio per l’introduzione. Ringrazia Forze dell’ordine, i militari, il I° Municipio, e prega la manodopera che sta effettuando dei lavori nell’ala destra della piazza di contenere il rumore.
Sottolinea che sono 23 anni che organizza questo evento. Quest’anno è d’obbligo ricordare la madrina che non c’è più: Carla Fracci. Lo fa con minuzia di riferimenti biografici. Aveva 84 anni, è stata considerata tra le 14 ballerine più brave al mondo, Montale la definì “l’eterna fanciulla danzante”, diceva che la danza non è questione di gambe ma di testa. Per questo motivo ogni edizione della commemorazione è anche un evento artistico, perché la bellezza e la cultura salveranno il mondo. Se si continua ogni anno è perché la forza delle cose è nella durata. Il disastro di Hiroshima ha rappresentato il punto critico più profondo nel mondo: l’arma nucleare usata sulla popolazione civile. E’ un’arma che non dovrebbe essere né prodotta né usata. Einstein diceva che se scoppiasse la guerra nucleare torneremmo all’età della pietra. Abbiamo in Europa due generazioni che non hanno conosciuto la guerra, a loro si rivolge per far capire che la Pace non è un dato acquisito ma un bene che va guadagnato e per il quale dobbiamo impegnarci tutti. Senza risolvere le diseguaglianze nel mondo non c’è pace. Da una parte abbiamo benessere e spreco, da un’altra mancanza di cibo. Il Presidente Sandro Pertini diceva: «Svuotiamo gli arsenali e riempiamo i granai».
I “caccia” hanno un costo con il quale si può sfamare il mondo. Dobbiamo batterci per la Pace e la convivenza pacifica, devono farlo anche il nostro governo e gli organi internazionali per garantire questo bene primario. Questo è un monito per tutti, mantenere la pace costa fatica ma è la fatica più importante. La banda dei Carabinieri intona l’inno nazionale giapponese e poi quello italiano. L’attore Fabrizio Barboni, presentato come un amico, trasmette i saluti del I° Municipio e poi legge la poesia di Nazim Hikmet “La bambina di Hiroshima” : «avevo occhi limpidi, li ha resi di vetro». La cantante Heiko Misumi, una presenza abituale della cerimonia, si esibisce intonando le canzoni “Libellule rosse” e “Questa strada”: un flauto vestito di blu, di immensa grazia e compostezza. Poi viene introdotta Paola Iorio, direttrice della scuola di ballo che porta ogni anno in piazza allieve ed allievi. Ricordando Carla Fracci legge una lettera che lei aveva scritto, consapevole di non avere molto tempo avanti a sé. Voleva essere ricordata come una donna forte, che aveva lavorato tanto, tornando ad essere sempre e soltanto Carla. Iorio ha scelto il balletto con il quale Carla Fracci si esibì per la prima volta, seduta con una bambola. Sottolinea che la novità quest’anno è un’allieva giapponese: è lei e solo lei a tenere la colomba della pace alla conclusione del balletto, eseguito da dodici fanciulle-libellule in bianco, sulle note di un’orchestra di violini.
Segue l’intervento di Patrizia Sterpetti della sezione italiana di Women’s International League for Peace and Freedom. Per ricordare con coerenza dobbiamo continuare a contrastare i due mali intrecciati, alla base del disastro di Hiroshima e Nagasaki: la guerra e le armi nucleari. Esattamente da 100 anni, nel suo 3° congresso a Vienna nel 1921, la Wilpf, adottò il Manifesto per il Disarmo totale, ispirato dalla tragedia della Prima Guerra Mondiale. Nel corso degli anni tutti i tipi di armamento sono stati problematizzati, in particolare prima le armi chimiche e biologiche, con un intervento che portò all’adozione del Protocollo contro le armi chimiche a Ginevra nel 1925, poi il nucleare. In occasione della Conferenza di Bejing del 1995 è stato sottolineato da Wilpf il connubio necessario tra Uguaglianza tra uomini e donne, Pace e Sviluppo. Per reagire alle impasses delle revisioni del Trattato di Non Proliferazione nel 1999, è nato il programma di monitoraggio di tutti gli armamenti denominato “Reaching Critical Will” e dopo ciò la partecipazione alla redazione del testo del Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari, adottato a New York nel luglio 2017 con il voto di 122 Paesi membri ed entrato in vigore il 22 gennaio 2021 – senza alcun eco nei media italiani – e ormai ratificato da 55 Paesi. Il Disarmo, che Wilpf Italia ha fatto includere tra le Azioni del IV ° Piano italiano di attuazione della Risoluzione 1325 su Donne, Pace, Sicurezza” monitorato dal Consiglio Interministeriale dei Diritti Umani del Ministero degli Affari Esteri; la soluzione delle controversie in modo negoziato (nello spirito originario delle Nazioni Unite); la parità uomo–donna e bambini; il rapporto stretto con gli animali, le piante e tutto l’ecosistema, divulgato da una pedagogia specifica, come espresso da donne eco pacifiste, ecologiste, antispeciste sin dal 1700, sono le quattro strategie per la vivibilità e la sopravvivenza del pianeta. Abbiamo di fronte la COP 26, la conferenza sugli accordi di Parigi il prossimo novembre a Glasgow, in Scozia.
L’obiettivo di Wilpf e di altre organizzazioni pacifiste sarà quello di includere fra i fenomeni scatenanti l’inquinamento ambientale e l’ecocidio, gli effetti delle attività militari. Contemporaneamente si sta costituendo un coordinamento antinucleare europeo e il 5 settembre una catena umana protesterà contro il trasferimento nella base tedesca di Büchel delle bombe nucleari B-61 12, triste destino che coinvolge anche l’Italia, che in violazione dell’articolo VI del Trattato di Non Proliferazione ha accolto bombe nucleari statunitensi, in ossequio all’atlantismo. Ma i dati rivelano che le popolazioni sono contrarie alle armi nucleari e favorevoli alla ratifica del Trattato di Proibizione. Questo è l’obiettivo di ICAN, International Campain Against Nuclear Weapons di cui in Italia fanno parte diverse organizzazioni come Wilpf, Rete Disarmo, Senza atomica, Medici per la prevenzione della guerra nucleare, Disarmisti esigenti, Peace Link, Pax Christi, IALANA, Pressenza, Majors for Peace e condiviso da molte associazioni e reti, non ultima il Gruppo Pace, Disarmo Giustizia Globale de La società della cura. Questo movimento di opinione deve essere reso edotto su quali sono le banche italiane che finanziano il nucleare. Un ulteriore iniziativa portata avanti da associazioni come “The Wapon Watch” e il “Comitato Danilo Dolci di Trieste” mira alla denuclearizzazione e neutralità dei porti italiani, a partire da Trieste. E’ inoltre in atto la campagna “No Fist Use Global” per la prevenzione della guerra nucleare e l’eliminazione di queste armi. La Wilpf vuole Trattati che portino alla pace contro accordi e alleanze foriere di conflitti e insicurezza umana; l’empowerment delle donne, il cui elettorato è prevalentemente pacifista, per far regredire il trinomio Maschilismo, Militarismo, Ecocidio e chiede l’abolizione totale delle armi nucleari partendo dalla ratifica del Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari.
L’Italia dovrebbe essere tra i Paesi osservatori alla prima riunione degli Stati parte, che si terrà nel gennaio 2022 a Vienna ed essere tra i Paesi che coprono le spese dei Paesi vittime del nucleare. Purtroppo c’è il rischio concreto di una concomitanza con la decima revisione del Trattato di Non Proliferazione, che si svolgerà dal 4 al 28 gennaio 2022 a New York. Insieme a molte associazioni, Wilpf ritiene scellerato l’orientamento a considerare il nucleare civile una soluzione per la riconversione energetica in Italia. L’impegno di tutti per il cambiamento è quanto si deve alle vittime di Hiroshima, Nagasaki e di altre le guerre, esercitazioni, attività con uso di armi nucleari. Penultimo intervento è quello del rappresentante diplomatico giapponese, letto in italiano. Esprime solidarietà alle vittime del passato e a coloro che ancora soffrono. Una nuova minaccia affligge il mondo come il nucleare: il corona virus. Si stanno svolgendo i giochi olimpici in Giappone, di cui assistiamo giornalmente ai risultati. E’ stato un notevole impegno promuovere i giochi olimpici, simbolo di pace nella comunità internazionale.
Il Giappone, unico Paese vittima dell’era atomica, continuerà a dare il suo contributo in questo senso. Arriva il momento dell’omaggio da parte del “Comitato Terra e Pace” ad una organizzazione della società civile. Athos de Luca specifica che non è un premio ma un attestato di stima, assegnato quest’anno all’Ordine dei medici, che tanto si sono spesi durante la pandemia. Invita a parlare Cristina Patrizi, che con un breve ringraziamento ricorda i quattrocento medici morti e l’importanza fondamentale della protezione della Salute e della Pace. De Luca, offrendo l’omaggio, spiega che si tratta di un piccolo fossile, per ricordarci che la vita viene da molto lontano, - per chi crede da Dio, per gli altri dall’evoluzione della specie - e lontano noi dobbiamo poter arrivare. Il trombettiere della banda dei Carabinieri esegue l’assolo e la cerimonia finisce seguita da saluti calorosi. Il 76 ° anniversario di Hiroshima ha unito ancora e dimostrato la determinazione ad agire per abolire le armi nucleari.
Di fronte ad un obbrobrio come il lasciapassare impropriamente definito “green pass”, è sommamente auspicabile che la reazione popolare nonviolenta di fermo ed indignato rifiuto sia quanto mai ampia e pluralista, nettamente e dichiaratamente sganciata dalle opinioni e dalle scelte personali relative ai cosiddetti vaccini anticovid.
E’, infatti, indispensabile fare fronte comune a difesa dei princìpi fondativi della cultura dei Diritti umani, mettendo completamente da parte ciò che divide e stringendoci compatti intorno a ciò che ci unisce in quanto membri della famiglia umana: il valore assoluto e inviolabile della persona e dei suoi inalienabili diritti, al di là di ogni possibile differenza di carattere individuale.
La posta in gioco non è certamente soltanto il poter andare o meno al cinema, allo stadio o al ristorante.
Ad essere messi in discussione in modo grave, con conseguenze che potrebbero rivelarsi oltremodo rovinose, infatti, sono i valori di Libertà, Uguaglianza e Fraternità che stanno alla base della nostra intera moderna civiltà democratica. Non accorgersene, non comprenderlo, sottovalutarlo rappresenterebbe per TUTTI noi e per il nostro comune destino una vera e propria catastrofe dalle dimensioni incalcolabili.
Vent’anni sono trascorsi dalle terribili vicende del G8 di Genova, da quelli che Amnesty International ebbe a definire come “una violazione dei diritti umani di dimensioni mai viste nella recente storia europea”. In molti, fra gli agenti coinvolti in quegli eventi, sono rimasti totalmente impuniti, non soltanto per via della prescrizione, ma anche a causa dell’impossibilità di individuazione dell’identità dei responsabili.
Due funzionari di polizia, tra l’altro, Pietro Troiani e Salvatore Gava, condannati in via definitiva a tre anni e otto mesi più cinque anni di interdizione dai pubblici uffici (Troiani per aver introdotto le due bombe molotov nei locali della scuola Diaz e Gava per averne illecitamente registrato il ritrovamento) hanno anche potuto ricevere, nello scorso ottobre, una sconcertante promozione alla carica di vicequestore. Promozione opportunamente definita dal Direttore generale di Amnesty Italia Gianni Rufini come “un’offesa alle centinaia di persone che vennero arrestate, detenute arbitrariamente e torturate in quella pagina nera della storia italiana”.
Negli anni successivi, non sono certo mancate altre circostanze in cui agenti di polizia hanno fatto ricorso ad un uso sproporzionato della forza, nel corso di manifestazioni o assemblee pubbliche.
Vedi, ad esempio, il caso del tifoso del Brescia, Paolo Scaroni, che, il 24 settembre 2005, ebbe l’esistenza distrutta a causa di una violenta aggressione da parte delle forze di polizia: due mesi di coma e stato di invalidità al 100%.
Nel suo, come in casi analoghi, non è stato possibile ottenere giustizia per l’impossibilità di identificare i suoi aggressori.
La risoluzione del Parlamento europeo del 12 dicembre 2012, sulla situazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea ha esplicitamente esortato “gli Stati membri a garantire che il personale di polizia porti un numero identificativo”.
Anche da parte del Relatore speciale delle Nazioni Unite per il diritto alla libertà di assemblea pacifica e di associazione e di quello sulle esecuzioni extragiudiziali è provenuta, in merito alla corretta gestione delle manifestazioni, la raccomandazione secondo cui “ i funzionari delle forze di polizia siano chiaramente e individualmente identificabili, ad esempio esponendo una targhetta col nome o con un numero.” Ora, nella maggior parte degli stati dell’Unione europea (21 su 28), identificare gli agenti di polizia impegnati nel mantenimento dell’ordine pubblico è diventata la regola. La Germania la prevede in nove regioni su sedici, mentre in Ungheria e in Svezia, pur non essendoci un obbligo, gli agenti espongono nome, carta d’identità, grado sull’uniforme e un codice sull’ equipaggiamento speciale.
Al momento, restano ancora fuori soltanto: Austria, Cipro, Lussemburgo, Olanda e Italia. Al fine di raggiungere l’obiettivo anche nel nostro paese, Amnesty International sta rivolgendo una petizione alla Ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, in cui, fra l’altro, si dice:
“Crediamo sia ormai urgente la previsione di misure che consentano l’identificazione degli agenti impegnati in operazioni di ordine pubblico. (…) Crediamo fortemente che l’introduzione dei codici identificativi sarebbe non solo uno strumento di garanzia per il cittadino, ma anche e soprattutto di maggiore tutela per tutti gli agenti che svolgono il proprio lavoro in maniera corretta.”
(https://www.amnesty.it/appelli/inserire-subito-i-codici-identificativi/)
Enzo Palladino, infermiere al Torrette di Ancona, convintamente e fermamente contrario ad accettare di subire quella che ritiene essere una ingiusta vessazione, ha scritto al presidente Mattarella e al ministro Speranza illustrando le ragioni per cui non intende sottoporsi alla vaccinazione Sars-Cov 2, resa obbligatoria dal Decreto Legge del 1 ° aprile 2021 per gli operatori sanitari, esprimendo, così, tutta la propria angoscia e le proprie preoccupazioni.
" La circostanza per cui questo decreto è stato dichiarato immediatamente efficace - ha scritto - mi ha spinto ad una profonda riflessione, da un lato come" essere umano "con una propria identità, con le sue origini, i principi ed i valori a cui non voglio e non posso rinunciare e dall'altro come "professionista" o meglio come infermiere che ha dedicato circa 30 anni della propria vita a proteggere la salute delle persone più fragili . "
Palladino ritiene inaccettabile l'obbligatorietà per un farmaco che non è un “vaccino” e che è di natura palesemente e dichiaratamente sperimentale, sottolineando come risulti estremamente inquietante il fatto che, in merito ai suoi eventuali effetti nocivi, sussista una sorta di “scudo penale "In grado di porre al riparo chi lo inocula o lo fa inoculare da accuse" di reati gravi quali lesioni o omicidio colposo ".
Inoltre, va tenuto presente che: " Chi si vaccina può continuare a contrarre il virus e può contagiare gli altri ".
In assenza, quindi, delle elementari quanto doverose garanzie per la propria salute, l'infermiere si dichiara pronto a subire i provvedimenti disciplinari del caso, affermando di preferire di essere privato del lavoro e ridotto in povertà, piuttosto di sentirsi ricattato e di dover accettare di “Vendere” la propria dignità di persona e di professionista.
“ Se nei primi mesi della pandemia - ha concluso - noi operatori sanitari eravamo eroi, addirittura angeli, oggi siamo ritenuti i responsabili della diffusione del coronavirus e il mio lavoro è diventato oggetto di ricatto. Mi sento trattato come un topo di laboratorio . "
In un momento come quello attuale, in cui il buon senso e la ragione sembrano, troppo spesso, ricordi lontani, schiacciati come siamo da paure e dogmatismi pseudoscientifici, atti di disobbedienza civile come questo credo rappresentino un fecondo invito alla riflessione e un monito morale per tutti noi: i diritti umani conquistati nel tempo, non sono e non potranno mai essere un mero dono del passato, ma sempre saranno il frutto vivente di quello che siamo disposti ad essere ea non essere, a fare ea non fare.